appunti di filosofia antica

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Categoria:Filosofia

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Testo

I Sofisti
Nel corso del V sec. a.C. assistiamo al trionfo della Grecia sulla Persia e alla lotta fratricida tra Atene e Sparta che coinvolgono gran parte delle città greche e determinano una generale decadenza. Nel giro di pochi anni il costume tradizionale si corrompe, lo Stato perde di autorità.
Nel contempo ad Atene Pericle instaura la democrazia, migliorando le condizioni dei cittadini e permettendo a tutti di poter accedere alle cariche pubbliche.
In questo nuovo clima sociale si diffonde un enorme bisogno di istruzione e si inserisce la figura del Sofista (letteralmente “sapiente”).
Quindi alle antiche sette aristocratiche riservati a pochi, quali erano le scuole dei maestri presocratici (v.Pitagora), si sostituisce l’istruzione dietro pagamento e ciò determinò grande scandalo e accuse di immoralità.
I Sofisti non insegnavano la verità, ma formavano i giovani affinché diventassero buoni avvocati e uomini politici, capaci di far valere la propria opinione su molte altre durante le assemblee.
Perciò facevano apparire vero ciò che è falso e falso ciò che è vero.
Essi si servivano della dialettica (arte del saper convincere parlando), della retorica (arte del saper parlare e scrivere bene) e dell’enciclopedismo (conoscenza generale di tutte le discipline).
I Sofisti si trasferivano di continuo da una città all’altra in cerca di clienti, e questo era anche un modo per sfuggire alle accuse di immoralità, poiché, quando la situazione si faceva difficile, andavano altrove.
Comunque, va riconosciuto ai Sofisti un grande merito, quello di aver attuato una rivoluzione antropologica della speculazione filosofica, rivolgendosi all’uomo piuttosto che alla natura.
I più grandi sofisti furono Protagora e Gorgia .
Per Protagora l’uomo è misura di tutte le cose e tutto è relativo.
Ad es. durante una gara la vittoria è un bene per chi vince, ma un male per chi perde; oppure la malattia è un male per il malato ma un bene per il dottore.
In Gorgia invece si ha una concezione tragica della vita umana: l’uomo non è responsabile delle sue azioni, ma è preso dalle passioni e dalla fatalità degli eventi.
Inoltre nulla c’è; e se qualcosa c’è non è conoscibile dall’uomo; e se qualcosa è conoscibile, non è esprimibile dall’uomo.

Socrate
Secondo quando afferma la tradizione, Socrate non scrisse nulla. Il suo insegnamento è perciò affidato alla testimonianza dei discepoli, e innanzi tutto a Platone che fece di Socrate il protagonista della maggior parte dei suoi scritti.
Socrate nasce ad Atene nel 469 a.C.
Egli, al contrario dei Sofisti, non si allontanò mai da Atene, se non per compiere i suoi doveri di soldato. Il luogo da lui frequentato era la piazza della città, dove insegnava alla gente ad essere consapevole di sé.
Egli procedeva per interrogazioni, cioè con un dialogo fatto di continue domande e risposte.
Egli, contrariamente ai Sofisti, non si presentava come padrone di un sapere, ma anzi come colui che ignora e ricerca.
Socrate sosteneva di essere stato spinto a questa ricerca dall’oracolo di Delfi.
L’oracolo avrebbe infatti rivelato che nessuno ad Atene era più sapiente di Socrate. Socrate, che era convinto di non sapere nulla, cominciò ad interrogare coloro che avevano fama di sapienti, e scoprì che in effetti essi non andavano al di là di un semplice sapere pratico : politici, artigiani, artisti…, ma ignoravano la risposta ai più importanti interrogativi dell’esistenza. Socrate allora capì il significato dell’oracolo : egli era il più sapiente perché, almeno, sapeva di non sapere.
Il sapere di non saper diventa quindi la premessa della ricerca del sapere.
Rinnovando il motto “conosci te stesso”, Socrate continua ad interrogare i suoi concittadini per renderli consapevoli della loro ignoranza.
Questa interrogazione è ironica nel senso che, fingendo di voler apprendere dall’interlocutore, tende a condurlo a riconoscere di non sapere, è dialettica , cioè consiste nel dialogare e ragionare con sé per agire moralmente conoscere cioè che è bene, ed è maieutica ,cioè intende aiutare l’anima dell’interlocutore a partorire delle verità.
Quindi, il male consiste nell’ignoranza di sé.
Naturalmente la ricerca socratica, mettendo in crisi le tradizionali certezze, doveva apparire troppo rivoluzionaria ai governanti democratici che si proponevano un ritorno alla tradizione.
Inoltre Socrate finì per urtare il prestigio di vari potenti. Ciò spiega l’accusa di corruzione dei giovani (che lo seguivano in gran numero) e la condanna a morte. La seconda accusa, relativa all’introduzione di nuove divinità, si riferiva al demone che Socrate diceva manifestarglisi dentro come una voce che lo distoglieva dal commettere errori morali.
In realtà, dietro il demone, si celava l’anima o, più esattamente, la coscienza.
Perciò, dopo un mese di detenzione, durante il quale Socrate si rifiutò di fuggire come gli amici avrebbero voluto per rispettare le leggi dello Stato, a 70 anni beve la cicuta.

Platone
Nasce ad Atene nel 428 a.C. da una famiglia aristocratica.
Fu discepolo di Socrate. Fu chiamato alla corte del tiranno di Siracusa e tornato ad Atene fondò l’Accademia, nei pressi del parco dell’eroe Accademo. Morì nel 348 a.C.
Di Platone ricordiamo: scritti socratici giovanili, come l’Apologia di Socrate e Critone; scritti di trapasso (es. Gorgia e Menone), in cui si passa dal pensiero di Socrate a quello di Platone; scritti della maturità, come Repubblica e Fedone; scritti della vecchiaia, come Parmenide e Il Sofista.
Platone contrappone all’educazione specialistica, l’esigenza di una formazione più globale della personalità dell’uomo.
La filosofia si distingue dalle altre discipline, perché non si limita ad un sapere particolare, ma accompagna ogni sapere.
Platone capovolge il motto socratico “sapere di non sapere”: noi “non sappiamo di sapere”.
L’uomo cioè possiede già una conoscenza approssimativa e incerta delle cose.
Infatti, la tesi tipica del platonismo è la teoria delle idee.
Egli afferma che ci sono due mondi: uno delle idee (mondo reale e ultraterreno, iperuranio) e uno delle cose (mondo apparente e terreno, creato a imitazione del primo).
L’uomo conosce già il vero perché la sua anima, prima di incarnarsi nel corpo( secondo la teoria della metempsicosi che Platone deriva dai pitagorici),viveva nell’iperuranio, al cospetto delle idee e della verità delle cose.
Le anime sono carri alati guidati da aurighi(anima razionale) e trainati da due cavalli, uno bianco e uno nero. Il cavallo bianco rappresenta l’anima irascibile, il cavallo nero l’anima concubiscibile da cui derivano le passioni in contrasto con la ragione.
Il cavallo nero riesce sempre a trascinare il carro verso il basso. facendo cadere le anime sulla terra.
Incarnandosi nel corpo, che è la tomba dell’anima, l’anima dimentica, ma può essere stimolata a ricordare attraverso la ricerca filosofica e quindi ritornare a contemplare il mondo delle idee: conoscere è ricordare (reminiscenza). Se invece si fa trascinare dalle passioni e dalle apparenze (es. il denaro), essendo immortale, deve continuare ad incarnarsi in altri corpi per scontare la sua colpa(metempsicosi).
Per Platone la filosofia non è fine a sé stessa, ma deve servire all’uomo per vedere il bene e il vero delle cose.
Ciò si deve tradurre nella perfetta organizzazione della società umana.
I governanti perciò devono essere filosofi.
Quindi Platone ci presenta il suo stato ideale diviso in tre classi: i filosofi,
(virtù: sapienza) che rappresentano l’anima razionale, i guerrieri (virtù : coraggio) che rappresentano l’anima irascibile e gli artigiani (virtù : temperanza).
Platone dice che i membri delle prime due classi non dovevano avere figli poiché dovevano essere al servizio dello stato.
Nei primi 10 libri della Repubblica viene sviluppato il tema dell’educazione che deve mirare al perfezionamento dell’uomo. Tutto questo è possibile solo se alla base dell’educazione vi è l’amore.
Platone dà importanza alla musica, alla danza, che riescono a conciliare anima e corpo, e alla matematica, ma è contro la poesia, che è imitazione del mondo delle idee.

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