Appunti di filosofia

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

L’ETA’ ELLENISTICA
Nel 323 a.C. inizia l’età ellenistica, con la morte di Alessandro Magno, età strettamente legata all’impero macedone, in particolare all’obiettivo di Alessandro magno, che non riuscì a realizzare. Egli aveva conquistato molti territori e voleva unificarli sotto il segno della civiltà greca. Questo obiettivo verrà realizzato dai suoi successori. Alla sua morte l’impero viene diviso in 3 parti: la macedonia (che comprendeva anche parte Grecia), l’egitto e l’Asia, nelle quali vi era la civiltà greca (lingua, tradizioni). Gli storici fanno terminare quest’epoca nel VI secolo d.C., quindi è un arco temporale molto lungo.
Caratteristiche: dal punto di vista politico si affermarono regimi assoluti ispirati al modello orientale. In essi il potere è nelle mani del re e dei suoi stretti collaboratori, poi ci sono i sudditi che non hanno nessuno diritto di partecipare alla vita politica. C’è questa grande distanza anche in campo economico, dove un ristretto gruppo di aristocratici esercita monopoli, mentre il resto della popolazione sono lavoratori o poveri, disoccupati. La miseria si accentua in seguito all’uso del lavoro schiavile, molto diffuso. Dal punto di vista culturale si sviluppò la scienza, la capitale dello studio scientifico sarà Alessandria d’Egitto, ed anche la filosofia, con centro ad Atene, separata dalla scienza. La scienza in questo periodo è specializzata, ovvero si sviluppano scienza particolari senza dei collegamenti tra di esse, ogni scienziato coltiva una scienza e l’impostazione dello studio scientifico è teorica, gli scienziati alessandrini studiano la scienza in modo astratto senza nessuna traduzione concreta. Il loro obiettivo è il sapere fine a se stesso. Questo perché alla società aristocratica non interessava applicare praticamente le scoperte, non c’era la spinta a trasformare la scienza in tecnica. Ad Alessandria vennero creati una biblioteca ed un museo, importanti per la cultura. La biblioteca serviva a raccogliere e conservare il sapere elaborato dall’umanità (qui verranno radunati volumi che però nel Vi secolo d.C. varranno distrutti dagli Arabi). Il museo fu voluto da Alessandro, era un centro per svolgere la ricerca scientifica non il museo come lo intendiamo noi. Vi era l’orto botanico, il giardino zoologico, l’osservatorio astronomico e una sala per la dissezione dei cadaveri. Era dedicato alle muse, per questo si chiamava museo. Atene nel V secolo era il centro di elaborazione della filosofia, e rimase anche in età ellenistica, quando si sviluppano filosofie che hanno il compito di consolare e rassicurare gli uomini di quest’epoca, che sono profondamente turbati nell’animo da alcune paure fondamentali: la morte e gli dei. Gli uomini che non potevano più partecipare alla vita politica e che non avevano quindi sicurezza politica, iniziarono a sviluppare queste paure. L’uomo si chiude in se stesso e trova la paura della morte e delle divinità. Le filosofie si presentano come delle medicine che curano l’animo dell’uomo, non il corpo. Quelle fondamentali sono tre: - l’epicureismo: filosofia fondata ad Atene da Epicuro, insegnava agli uomini a non aver paura della morte perché quando il nostro corpo muore noi non siamo più in grado di percepire né piacere né dolore, quindi perché temere? Riprendono la teoria degli antichi atomisti. Inoltre l’uomo non deve avere paura degli dei perché gli dei esistono in un altro mondo, vivono felici e beati e non pensano mai agli uomini. Quindi non sono da temere ma da imitare nella loro perfezione. – stoicismo: il fondatore è Zenone di Cizio, lo stoicismo diceva che tutto il mondo è manifestazione di un ente divino immanente, quindi è positivo nella sua essenza. – scetticismo: esso diceva che l’uomo non è in grado di capire l’essenza della realtà, quindi tanto vale sospendere il giudizio su tutto, e mettere il dubbio su ogni cosa. L’esponente maggiore è Pirrone. Il nome deriva da skèpsis=ricerca, perché gli scettici avevano ricercato a lungo l’essenza del mondo ma non avendola trovata avevano sospeso tutto.

LA FILOSOFIA CRISTIANA:
A partire dalla predicazione di Gesù Cristo, inizia a svilupparsi in contemporanea con l’ellenismo, una nuova filosofia, quella cristiana. La predicazione e la vita di Gesù venne trascritta dai discepoli nei vangeli però vennero stesi anche altri testi come le lettere di San Paolo. Questi erano i testi base della nuova religione. Il cristianesimo non fu la prima, la predicazione di gesù era basata sull’ebraismo e gesù stesso era ebreo. Il cristianesimo si collega all’ebraismo, anche se poi si staccherà da esso. Differenze: il dio degli ebrei è un dio giusto, ma severo e implacabile. La sua predicazione si rivolgeva ad un popolo eletto, gli ebrei, non a tutta l’umanità. Questo popolo aveva come obiettivo quello di creare la volontà di dio costruendo uno stato politico concreto ma anche un progetto spirituale. Comunque il compito era quello di creare uno stato reale. Gli ebrei attendevano un messia, quando comparve gesù sembrò essere arrivato, ma poi non lo riconobbero, perché gesù aveva un pensiero diverso da quello degli ebrei. Parlava di un dio d’amore e poi il discorso cristiano è orientato verso elementi spirituali, non legati alla pragmaticità. Quindi gesù non venne riconosciuto come messia. I cristiani volevano separare cose terrene da spirituali, gli ebrei no.
Una religione si fonda sulla fede e sulla credenza, la filosofia usa la ragione. Nacque la filosofia cristiana perché dopo le lettere di san paolo e i vangeli nacque l’esigenza di spiegare questi testi ai fedeli. Sembra contrastare con il significato di filosofia, ma non è così. Un altro scopo era quello di chiarire la teologia cristiana e di difenderla dalle altre religioni. Il conflitto tra fede e ragione emergerà nella seconda fase della filosofia cristiana, la scolastica. La prima fase è la patristica. Prima fase: il nome deriva dal fatto che i filosofi di questo periodo erano considerati i padri della chiesa cristiana. Essa si sviluppò nei primi secoli d.C. e dura fino al VII VIII secolo d.C. L’esponente principale della patristica è Sant’Agostino. Seconda Fase: la scolastica dura dal VIII al XIV secolo d.C., in età medievale. Qui emergerà il conflitto tra fede e ragione. Il termine deriva da scola, venne chiamata così perché gli scolastici pensavano che il loro scopo fondamentale fosse quello di insegnare ai fedeli la dottrina cristiana. Gli scolastici scrissero delle opere che erano o una sorta di conferenza (gli insegnanti proponevano una questione agli allievi che la dovevano risolvere→disputatio) o sottoforma di dialogo. Ripreso alcuni aspetti della scuola universitaria del tempo, come ad esempio la lezione. La scolastica si fonda sul principio di auctoritas: i filosofi dovevano rispettare i fondamenti della religione cristiana definiti dai padri della chiesa e dai pontefici. La filosofia greca aveva una libertà d’indagine, questa no. Alcuni non li rispettarono e per questo la scolastica terminò. La scolastica riprende concetti e termini della filosofia greca antica, che venivano ripresi e rielaborati in un’ottica cristiana. Ad esempio: idea del bene=dio, mondo delle idee=paradiso. Per questo gli scolastici vennero accusati di non avere senso storico, stravolgendo la storia e non comprendendo in modo oggettivo le filosofie antiche, nell’ottica del periodo in cui sono state elaborate.
La scolastica può essere divisa in 3 periodi: - primo periodo: nei primi secoli del medioevo (VIII/XI secolo), secoli dell’impero carolingio e sono caratterizzati da un’idea: tutti gli uomini sono inseriti in una gerarchia politica e sociale voluta da dio e devono rimanere al proprio posto. L’imperatore, la chiesa ed il feudalesimo, sono strumenti creati da dio per governare il mondo. Idea che viene imposta ai ceti subalterni, chi si ribella, si ribella a dio. A livello filosofico abbiamo produzioni poco originali, vengono stese opere che confermano quest’idea. Il centro culturale di questo tempo è la scola Palatina. – secondo periodo: dall’XI al XII secolo, è caratterizzato dallo sviluppo e dalla ripresa della vita cittadina e dell’economia. Si diffonde un clima di rinascita. Nella scolastica si hanno produzioni più interessanti, nuove. Ad un certo punto si profila il contrasto tra fede e ragione. I filosofi erano senza vincoli ed entravano in conflitto con i dogmi. Lo scontro fu evitato dalla filosofia di Tommaso d’Aquino. – terzo periodo: XII/XIV secolo, quando si affermano le monarchie nazionali. Rinasce il conflitto tra fede e ragione che non troverà più una conciliazione, ma si risolverà a favore della ragione. La filosofia cristiana è destinata a scomparire. Il filosofo che la farà scomparire è Guglielmo d’Ockham. La scolastica riprende due filosofie: quella di Platone e quella di Aristotele. La filosofia platonica viene ripresa fin dall’inizio senza creare problemi perché si adottava bene al pensiero cristiano, anche se pagana, Platone aveva infatti parlato di trascendenza del mondo delle idee e quindi viene ripreso dai cristiani che credevano nell’aldilà (dualismo ontologico). Invece Aristotele si legava ad una prospettiva immanente, non al dualismo, l’essenza è nelle cose stesse, non ci sono due mondi. Inoltre c’è un’altra difficoltà: dio come motore immobile con una funzione fisica non è conciliabile con il dio cristiano. Fino al XIII secolo la chiesa cattolica proibì in Europa l’insegnamento delle dottrine aristoteliche. Prima del 1000 circolava in europa solo la logica, quando però gli arabi iniziarono a diffondere sempre di più i libri di Aristotele, che circolavano nella corte di Federico II, la chiesa inizio a pubblicare delle proposizioni di Aristotele e diceva che esse non dovevano essere trasmesse agli alunni. Aristotele verrà accettato solo alla fine del 1200 grazie alla grande sintesi filosofica di Tommaso d’Aquino, aristotelico e cattolico convinto, che fuse le due prospettive introducendo il pensiero di Aristotele.
ANSELMO D’AOSTA:
Visse nel XI secolo, è un santo. Si pose innanzitutto il problema del rapporto tra fede e ragione, era filosofo ma anche ecclesiastico. Dice che tra le due non c’è contrasto ma cooperazione perché entrambe sono doni di dio, discendendo da esso. E poi elabora delle prove dell’esistenza di dio, le prime della scolastica, cioè usa la ragione per dimostrare l’esistenza di dio, per rafforzare la fede. Scrisse le prove in due opere: Monologion e Proslogion, si dividono in due gruppi: quelle a posteriori e quella a priori. Quelle a posteriori dimostrano l’esistenza di dio partendo da caratteristiche del mondo sensibile, partono da ciò che è inferiore a dio, quindi sono a posteriori. La prova a priori la dimostra partendo invece dal concetto stesso di dio. Struttura delle prove a posteriori: partono da caratteristiche come la bellezza, l’ordine, l’essere, tutti aspetti positivi. Esempio: bellezza→dice che in natura esistono enti più o meno belli, cioè nessuna cosa in natura ha la bellezza assoluta. Si domanda: da dove deriva la bellezza? Afferma che deriva dalla bellezza assoluta trascendente, che è dio. La prova a priori: viene elaborata con il proposito di convertire anche l’ateo. Anselmo dice che nella mente dell’ateo c’è il concetto di dio. 1^proposizione: Anselmo definisce dio come l’essere di cui non si può concepire nulla di più grande perché dio è somma di tutte le perfezioni. 2^prop.: tra tutte le perfezioni possedute da dio dobbiamo collocare anche l’esistenza, perché un ente perfetto deve esistere. Conclusione→dio esiste. Un monaco del tempo, Gaunilone, disse che noi non possiamo passare dal piano logico a quello della realtà. Noi a livello mentale possiamo affermare qualsiasi cosa e provarla, ma non possiamo pretendere che questa cosa esista. Anselmo rispose che in realtà la prova a priori può essere applicata solo a dio, che non può essere paragonato a nessun’altra realtà. Gaunilone aveva colto il punto debole. Nel 1770 ci sarà Kant che riprenderà la critica di Gaunilone, ed elaborerà l’argomento dei 100 talleri (moneta prussiana), che erano tanti. Sostituisce dio con i 100 talleri e dice che i talleri esistono, ma egli non ce li ha.

DISPUTA SUGLI UNIVERSALI:
Si sviluppa tra XII/XIII secolo. Spesso vi erano dispute tra gli intellettuali. Universale=parola riferita ai termini generali che indicano i generi e le specie. Nacque la disputa perché gli scolastici studiando Porfirio, studioso di Aristotele, si erano chiesti la natura degli universali. Sono semplici nomi o ad essi corrisponde una realtà? Quindi si sono posti questa domanda e per trovare una risposta si delinearono due posizioni: la posizione dei realisti e quella dei nominalisti. I realisti affermarono che gli universali esistono, invece i nominalisti dicevano che gli universali non esistono, non sono nella realtà. I realisti si dividevano in estremi e moderati, quelli estremi dicevano che l’universale esiste prima delle cose sensibili ante rem, cioè essi sono delle essenze trascendenti, e s’ispiravano al modello platonico, assomigliano alle idee. Quelli moderati dicevano: l’umanità come essenza esiste in modo immanente: ogni uomo è tale perché possiede l’essenza di umanità. I nominalisti si dividono in estremi e moderati. Quelli estremi dicevano che l’universale non esiste ed è solo flatus vocis, cioè solo l’emissione di voce con cui lo pronunciamo. Quelli moderati sostenevano che l’universale possiede lo stato di concetto, è un concetto della nostra mente di cui noi ci serviamo per indicare gruppi di esseri dotati di caratteristiche simili. Riconoscono a essi una realtà logica e basta.
TOMMASO D’AQUINO:
Nacque nel 1225 vicino ad Aquino, appartiene all’ordine dei dominicani e nel corso della sua vita insegnò all’università di Parigi, illustre per gli studi di teologia. Le sue opere fondamentali sono “Summa contra gentiles” e “Summa teologiae” (summa=sintesi) La prima è una sintesi contro gli infedeli, la seconda sulla teologia. Studiò con passione Aristotele e si rese conto che il pensatore cristiano deve cercare di spiegare prima di tutto il rapporto tra fede e ragione. Aristotele aveva usato la ragione, Tommaso era fedele a dio. Quindi dice che alla fede dobbiamo riconoscere un ruolo superiore perché per il cristiano è lo strumento fondamentale, ma la ragione pur essendo inferiore alla fede può aiutare il credente a chiarire i contenuti della religione. La ragione quindi può servire alla fede. Se ci fosse un contrasto tra fede e ragione, bisognerebbe riconoscere la validità della fede, che è più importante. Uno dei modi in cui la ragione può servire alla fede è la dimostrazione dell’esistenza di dio. Anselmo era stato il primo e Tommaso elabora un giudizio sulle sue prove, rifiuta la prova a priori perché l’uomo può conoscere solo partendo dai sensi (riprende Aristotele). Mentre la prova a priori parte dalla definizione dell’essenza di dio, che è astratta, per poi affermare l’esistenza di dio, che però non è provata. Quindi Tommaso si concentra sulle prove a posteriori, che partono dal mondo sensibile. Quelle di Tommaso sono 5 chiamate le 5 vie verso dio. Partono tutte dalla considerazione di un aspetto del mondo sensibile, che viene collegato al principio di causalità es: Tommaso cerca la causa di quell’aspetto, che verrà sempre identificata con dio. 1^ via: si fonda sulla considerazione del movimento, il divenire presente nel mondo sensibile. Tommy dice che per spiegarlo dobbiamo cercarne la causa. Per trovare quella vera dobbiamo trovare un principio primo immobile, un motore immobile da cui derivi il movimento, trascendente→dio. 2^ via: si fonda sul collegamento tra causa ed effetto. Dice che nella natura ogni effetto trova una giustificazione in una causa. Fondandoci sulla ragione capiamo che ad un certo punto dobbiamo affermare l’esistenza di una causa ultima da cui derivano le altre, questa è dio. Essa non è causata da niente, quindi è incausata. Mediante questa possiamo spiegare l’esistenza delle cose terrestri. 3^ via: si fonda sull’osservazione nel mondo sensibile di esseri contingenti, ovvero tutti gli esseri che esistono ma il loro essere è destinato a interrompersi con la morte e questi potrebbero anche non esistere, es:un albero può nascere casualmente. Tommy dice che per giustificare l’esistenza di questi esseri dobbiamo cercare la loro ragione d’essere in un ente necessario, ovvero dio, che non nasce, non muore, non è per caso ed è sempre e dio giustifica la sua esistenza, non ha bisogno di giustificazioni. La precarietà della nostra esistenza viene fondata sul fatto che esiste un ente necessario e ridotta da questo. 4^ via: la prova dei gradi di perfezione. Tommy dice che se noi osserviamo gli enti del mondo, essi possiedono l’essere in modo diverso. In base a cosa affermiamo ciò? Perché abbiamo come punto di riferimento l’essere assoluto, massimo che è dio. Tutti gli altri enti possiedono l’essere per partecipazione, cioè lo prendono da dio. 5^ via: argomento teleologico (da telos=fine). Tommy dice che nel mondo osserviamo molti enti privi di intelligenza che perseguono comunque un fine es:albero, quindi sono guidati da dio, esiste un disegno divino che spinge gli enti verso il loro fine. Tommy fornisce quindi una visione ottimistica della realtà, perché se tutto è ordinato da dio allora il male non dovrebbe esistere. Questa è la prova più criticata perché mostra una visione del mondo che contrasta con la vita quotidiana.
Poi Tommaso elabora una teologia negativa perché con le prove dio ha tutte caratteristiche positive, con questa cerca di caratterizzare dio negandogli le caratteristiche degli esseri creati es:dio non è nel tempo, dio non è mutevole, gli toglie le caratteristiche che sono limitanti. Tommaso inoltra dice che dio ha creato il mondo per libera scelta, ovvero non è stato costretto a farlo, proponendosi come fine quello di far conoscere la sua bontà e perfezione. Nell’ambito della creazione l’uomo è l’essere più elevato ed occupa un ruolo centrale, è l’unico essere creato che è persona, l’unico che può conoscere e amare dio.

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