Distribuzione giocattoli

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Categoria:Economia

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Testo

Capitolo 1
CONCETTO DI DISTRIBUZIONE
Tra le molteplici attività svolte all’interno della catena del valore, la distribuzione, intesa come insieme delle attività dirette a trasferire i beni e i servizi dal produttore al consumatore, è sicuramente quella di più vasta portata.
La sua funzione è quella di adattare i beni prodotti ai bisogni e ai desideri dei consumatori; comprende pertanto anche le attività antecedenti la produzione, come la scelta del mercato, l’analisi della domanda, e tutte le attività collaterali come il trasporto e il magazzinaggio delle merci, la pubblicità, il finanziamento delle operazioni, l’assicurazione, ecc.
In sintesi, la distribuzione può essere definita come l’insieme di attività coinvolte nell’acquisizione e nel mantenimento degli acquirenti; ed anche come la combinazione di soggetti, tecnologie e strutture di vendita finalizzata alla creazione di un rapporto di fedeltà fra gli acquirenti e l’impresa.
E' essenziale la presenza di questa fase intermedia tra la funzione di produzione e quella di consumo o utilizzo dei beni.
Data l’impossibilità dei fabbricanti di assumersi interamente i compiti e le funzioni inerenti a rapporti di scambio conformi alle attese degli acquirenti potenziali si rende necessario il ricorso ad un circuito di distribuzione per la commercializzazione dei prodotti. Esso consente di eliminare tutti gli ostacoli che in qualche modo potrebbero impedire l’incontro tra domanda e offerta o comunque renderlo poco soddisfacente.
Nel circuito di distribuzione intervengono numerosi soggetti: oltre al produttore e al consumatore vi sono le imprese mercantili (grossisti, dettaglianti), gli ausiliari del commercio (rappresentanti, commissionari, agenti, commessi viaggiatori, piazzisti), le società di servizi e altre imprese coadiuvanti (depositari, vettori); la loro funzione è quella di mettere beni e servizi a disposizione dei consumatori o degli utilizzatori industriali.
In generale, il ruolo della distribuzione è quello di ridurre le disparità che esistono tra i luoghi, i tempi e i modi di fabbricazione e quelli di consumo, tramite la creazione di condizioni vantaggiose sotto il profilo dell’ubicazione, del tempo e delle modalità, condizioni che costituiscono ciò che viene chiamato “valore aggiunto della distribuzione”.
Le principali funzioni della distribuzione sono:
- trasporto
- assortimento
- frazionamento
- magazzinaggio
- contatto
- informazione
Il carattere delle funzioni distributive è, oltre che fisico-merceologico, anche comunicativo e psico-sociologico: esse coinvolgono sia le attività commerciali in senso stretto che i rapporti umani e sociali implicati nello svolgimento del servizio.
Dal punto di vista delle imprese, sono rilevanti le decisioni concernenti il tipo di canale attraverso il quale i prodotti devono essere presentati sul mercato : diretto o indiretto a seconda del tipo di rapporto intercorrente tra produttore e consumatore; quello indiretto, caratterizzato dalla presenza di intermediari che assumono la proprietà del bene scambiato e il cui ricorso diventa sempre più necessario per favorire l’incontro tra domanda e offerta, può essere a sua volta breve (che prevede la sola figura del dettagliante come anello di congiunzione tra produttore e consumatore) o lungo (che presenta un ulteriore anello costituito dal grossista). Importanti decisioni da prendere sono quali punti vendita utilizzare e quali margini riconoscere loro.
Solitamente, è preferibile affidare la gestione dei compiti e dei flussi commerciali ai terzi in quanto, grazie alla loro specializzazione, possono occuparsene con maggiore efficienza e minori costi rispetto al produttore che decidesse di farlo direttamente.
La scelta dei canali di distribuzione da parte delle imprese produttrici è vincolata da numerosi ed eterogenei fattori quali:
-la deperibilità dei prodotti,
-il loro elevato valore unitario,
-la dispersione territoriale degli acquirenti e la dispersione quantitativa dei loro acquisti,
-la scarsa disponibilità di risorse finanziarie da parte dell’impresa produttrice,
-l’importanza e l’efficienza della catena distributiva (il grande commercio nelle sue più svariate modificazioni può assicurare un’ampia distribuzione dei prodotti sempre che esistano i presupposti materiali per il raggiungimento di quest’obiettivo).
Tali scelte interessano il consumatore in quanto comportano differenze nella distanza da percorrere, nella fatica o nel dispendio di tempo richiesti per acquistare un dato prodotto. Inoltre, c’è da dire che il consumatore ha sempre più richiesto un rapporto preciso in funzione di bisogni altrettanto precisi non solo più circoscritti al prodotto, come tale, ma anche come sommatoria di servizi.
La commercializzazione finale si è quindi basata su due grandi discriminanti. Da una parte la distribuzione moderna e organizzata, articolata soprattutto sulla Grande Distribuzione, dall’altra la distribuzione commerciale. Rispetto a questi due modelli il consumatore presenta atteggiamenti e comportamenti completamente antitetici che caratterizzano ancora due modi di rapportarsi al mercato.
In linea di massima va detto che non esiste per ogni tipo di prodotto un canale di distribuzione migliore di altri; il grado ottimale di classificazione di validità di un canale distributivo e la conseguente scelta di quello più conveniente dipendono unicamente e di volta in volta da particolari e mutevoli condizioni di mercato e aziendali.
Due criteri da considerare basilari per stabilire la scelta del giusto canale distributivo sono il potenziale di vendita che è in grado di assicurare e il costo che si deve sostenere per ottenere il volume di vendita pianificato; il canale di vendita più conveniente è senz’altro quello che assicura la maggiore redditività a lungo termine. Un terzo criterio collegato al consumatore-utilizzatore deve essere scelto in funzione di ciò che lui vuole, di come lo vuole, dove e in quali circostanze.
Con lo sviluppo dei consumi la distribuzione ha accresciuto, in termini esponenziali, dimensioni e caratterizzazioni e l’analisi dei canali distributivi è divenuto un fattore preciso di commercialità.
La segmentazione del mercato ha quindi creato nuovi modelli distributivi:
a) canale tradizionale: sotto questa voce si raggruppa la distribuzione al dettaglio costituita da punti vendita più o meno qualificati e definiti per area merceologica. A questa formula si rivolgono le aziende che scelgono come politica l'assenza dei canali della distribuzione moderna;
b) canale grossista: che vede la presenza di intermediari che vendono soprattutto agli altri rivenditori, come dettaglianti e clienti istituzionali ma non ai singoli consumatori;
c) canale distribuzione organizzata: formato da punti vendita indipendenti, le forniture sono centralizzate per area, il contatto commerciale è affidato sia alle strutture interne della direzione vendite, sia ai diversi responsabili di zona;
d) canale grande distribuzione: formato da aziende che gestiscono un numero variabile di punti vendita propri, con il supporto di strutture logistiche disposte in modo opportuno sul territorio.
Le forniture sono consegnate per grandi quantità e i contatti commerciali sono realizzati direttamente dall'azienda;
e) distribuzione diretta, senza la presenza di intermediari.
La perdita del controllo di certi elementi del processo di commercializzazione solo in alcuni casi potrebbe generare spiacevoli inconvenienti.
Le decisioni relative alla distribuzione commerciale sono centrali nelle strategie di marketing delle imprese, sia perché una buona distribuzione può essere determinante per il successo o l’insuccesso di un prodotto, sia perché la distribuzione trattiene un cospicuo margine sul prezzo di vendita finale in corrispettivo delle sue prestazioni.
L’intervento nel canale di distribuzione da parte degli operatori economici introduce maggiori oneri per i compensi dovuti sia agli intermediari sia agli ausiliari minori determinando uno scarto maggiore tra il prezzo di vendita e quello di produzione.
Pur riconoscendo l’utilità della funzione distributiva sorge il problema, essenzialmente organizzativo, di ridurre tali oneri. Le imprese sono stimolate a cercare procedure di distribuzione sempre migliori e a razionalizzare le modalità di gestione.
E’ chiaro che l’eliminazione di un livello richiede che le sue funzioni e i suoi compiti vengano svolti da altri: le funzioni, infatti, possono essere trasferite da un livello all’altro, ma non eliminate.
La posizione privilegiata dei distributori in rapporto ai produttori deriva da vari fattori: moltiplicazione dei contatti, economie di scala, riduzione della disparità di funzionamento, assortimento migliore, servizio più vantaggioso.
Le soluzioni al problema sono diverse.
E’ stata intrapresa una vasta azione di modernizzazione del settore commerciale mediante la costituzione di gruppi di grossisti (consorzi di vendita), di cooperative di dettaglianti, di supermercati, di discount houses, di centri commerciali, di case di vendita per corrispondenza. Alcune di queste formule, accessibili alle aziende a struttura personale, si traducono in uno spostamento di clientela dalle unità meno dinamiche a quelle più moderne. Altri rimedi, anche se indiretti, sono una migliore disciplina delle licenze di commercio, il divieto o la disciplina delle vendite e dei concorsi a premio, una riforma della legge sull’IGE per alleviarne l’onere introducendo un’imposta sul valore aggiunto.
L'importanza da riconoscere oggi alla funzione di distribuzione è indiscutibile: da un semplice ruolo passivo di appendice dell’industria, è passata a svolgere un ruolo attivo, innovatore e talvolta dominante, condizione che ha sensibilmente modificato i rapporti di forza tra fabbricante e distributore.
I modelli organizzativi operanti non sono più ritenuti appropriati alle nuove esigenze del mercato; le imprese si vedono costrette ad adottare nuove tecnologie di informazione e di comunicazione al fine di poter valorizzare la propria performance distributiva.
Questa evoluzione, accompagnata da mutamenti importanti dell’ambiente socioeconomico, ha indotto i distributori ad accordare uno spazio maggiore al marketing strategico, ridefinendo il proprio ruolo in una prospettiva orientata a un migliore adattamento ai bisogni dei consumatori.
Poco tempo fa, l’orientamento alla produzione era dominante in molte imprese di distribuzione, mentre il marketing era ridotto alla semplice distribuzione fisica e alla politica di acquisto.
Oggi la situazione è cambiata. Il marketing strategico segue l'evoluzione del mercato di riferimento, identifica i differenti prodotti-mercati e individua segmenti reali o potenziali presenti sui mercati in base a un'analisi dei diversi bisogni incontrati.
L’esigenza di posizionamento strategico è, in particolare, perseguita dalle imprese di Grande Distribuzione che operano nel settore non alimentare; è meno evidente, invece, nel caso del grocery dove, specie in Italia, è stato più marcato il processo di modernizzazione del settore.
La vendita diretta senza intermediari è una pratica corrente, specie nei mercati industriali, dove i clienti potenziali sono pochi e, in ogni caso ben identificati, i prodotti sono complessi, spesso fabbricati su misura e presentano un elevato valore unitario.
Il cambiamento degli ultimi anni consiste nello sviluppo di questo tipo di distribuzione laddove meno lo si attendeva, vale a dire nel mercato dei beni e servizi di consumo. Questa evoluzione è stata resa possibile in gran parte dallo sviluppo dei nuovi mezzi di informazione (Minitel, Videotex, Telematica).
La crescita del potere contrattuale nei confronti dei produttori delle forme di distribuzione organizzata e l’esigenza di razionalizzare i sistemi logistici hanno favorito lo sviluppo del trade marketing nel cui contesto di riferimento è di assoluta importanza la scelta del giusto sistema distributivo nei confronti del grande commercio.
Si tratta, difatti, di un aspetto strategico della politica di vendita. La realizzazione di una politica di distribuzione deve tenere conto degli obiettivi generali e particolari dell’azione di marketing senza ignorare il tipo di prodotto che deve essere commercializzato, nonché il tipo di consumatore-utilizzatore cui ci s’indirizza.
La selezione del giusto sistema distributivo prenderà in considerazione tutta una serie di elementi condizionatori come il prodotto, la stessa realtà aziendale, il consumatore-utilizzatore.
L’importanza che riveste la scelta della più rispondente politica distributiva, per un’azienda che voglia vendere con successo i suoi prodotti presso il grande commercio è assoluta: infatti sono disastrose le conseguenze che ne deriverebbero da una scelta sbagliata.
Importanti sono le potenzialità della funzione distributiva nella raccolta ed elaborazione iniziale delle informazioni necessarie all’impresa per mantenere un continuo controllo sull’andamento del mercato.
Proprio gli operatori commerciali costituiscono l’interfaccia tra l’area funzionale di distribuzione e vendita dell’impresa e il mercato; in tale veste assolve una funzione vitale di affinamento delle capacità competitive dell’impresa industriale.
Nelle attuali condizioni di turbolenza ambientale caratteristiche della situazione odierna, le imprese industriali trovano sempre più difficile ricorrere al prezzo e al prodotto come strumenti autonomi di lotta competitiva.
Ciò non solo a causa dell’aumentata incidenza di altri fattori e dei rischi connessi ad una guerra dei prezzi, ma anche in seguito ai mutamenti avvenuti nel sistema commerciale che hanno aumentato il potere della grande distribuzione, favorendo ancor più il ricorso al prezzo e al prodotto da parte dell’impresa produttrice.
Dato che l’uso di queste due leve dovrà essere “contrattato” con una piena distribuzione, il produttore avrà un minore margine di manovra.
Per questa ragione, la rilevanza del fattore distribuzione risulta ancor più accentuata, al punto che ormai si può dire che la distribuzione è diventata una componente della strategia di marketing e non più solo una leva tattica.
Capitolo 2
LA DISTRIBUZIONE NEL MERCATO DEI
GIOCATTOLI
Il canale tradizionale di questo mercato, essendo i giocattoli comunque dei beni non alimentari e quindi rientranti nel settore dei beni non grocery, prevede una serie di collegamenti tra parti diverse: c'è il produttore che interagisce e concentra gli sforzi sul grossista, il grossista che dirige gli sforzi verso il distributore e a sua volta il distributore che concentra gli sforzi sul consumatore finale. In un canale convenzionale come questo, ogni membro risulta allineato in maniera molto sciolta con gli altri. Il maggiore orientamento è verso l'organizzazione successiva del canale.
Con il termine giochi si intende un universo quanto mai complesso e variegato; non è un’impresa facile definire i confini di un settore tecnologico ad un così alto rischio.
L’assortimento dei prodotti “giocattoli” può essere suddiviso in tre differenti tipologie: alla prima categoria appartengono i giocattoli, i giochi di società, la didattica, gli articoli per prima infanzia; risulta inclusa tutta la gamma tradizionale commercializzata, seppur in proporzioni differenti sia nei maxistore che nei negozi specializzati. Nella seconda rientrano i giochi elettronici, i videogiochi, la microinformatica di tipo didattico, i giocattoli musicali; nella terza sono compresi gli articoli di modellismo, più legati ad una fascia adulta di consumatori.
Risulta evidente da questa ripartizione quanto possano essere numerosi e diversificati i produttori.
Nel panorama mondiale dell’industria del giocattolo, oggi i più attrezzati e i più interessanti nel settore della ricerca, sono i costruttori Nord-Americani; essi si presentano come gli inventori più qualificati di nuovi tipi di giocattoli, destinati ad essere rapidamente imitati o introdotti in altri paesi.
I paesi dell'Estremo Oriente, dopo un'iniziale periodo in cui erano stati all'avanguardia nella costruzione di giocattoli spaziali e di robot, in questi ultimi anni si sono distinti nella realizzazione di giocattoli che traggono ispirazione dai cartoni animati, mettendosi al traino dell'enorme pubblicità che deriva a questi personaggi televisivi di cui i bambini sono grandi ammiratori.
Gli asiatici sono invece produttori di tutta una serie di videogiochi, che vengono realizzati su licenza americana; oggi i principali produttori mondiali di giocattoli sono proprio quelli che ne consumano di più: gli Stati Uniti, il Giappone, l'Inghilterra, l'Italia e i paesi dell'Estremo Oriente come Hong Kong, Taiwan e Singapore.
Per quanto concerne la situazione italiana, se nel 1994 il fatturato è stato di ben 2.200 miliardi di lire, di cui 1.462 miliardi rappresentanti il valore delle esportazioni, nel 1996 è salito a 2.700 miliardi con un valore in termini di esportazioni che raggiunge i 1.800 (oltre il 65% del totale).
Un vanto della industria italiana dei giocattoli sono la sempre migliore qualità dei prodotti, un costante aggiornamento del relativo contenuto educativo e pedagogico, il rispetto puntuale delle norme di sicurezza costantemente superiore ai livelli previsti dalle norme in vigore. Soprattutto in questi ultimi anni, l’industria del giocattolo si sta difendendo bene.
Nel campo delle esportazioni i giocattoli nostrani stanno registrando una crescita massiccia. Dopo gli ottimi risultati del 1993 (+27,6%), 1994 (+27%) e 1995(+26,7%) e la leggera flessione accusata nel 1996 (-3,2%), l’export italiano si è prontamente ripreso nei primi mesi del 1997 (+1,6%).
Il commercio estero è un’ottima valvola di sfogo anche quando le imprese dispongono di linee che implicano aggiustamenti.
I beni che si vogliono allocare sul mercato estero devono rispondere al requisito della multiversatilità, con personaggi universali, con grafica esaustiva, poco materiale scritto.
Nel settore dei giochi e del giocattolo tradizionale, i puzzle, le costruzioni e i giocattoli a motore costituiscono i prodotti che vanno per la maggiore sul mercato internazionale; i giocattoli italiani traggono gran parte delle risorse dalle esportazioni: risultano molto apprezzati nei paesi asiatici e nei paesi del Nord America (gli Stati Uniti rappresentano il quarto maggior cliente dopo i paesi dell’Unione Europea a cui è destinato l’80% delle esportazioni: Germania, Francia, Regno Unito). Anche l’Argentina si è rivelato un paese compratore assai profittevole: nei primi nove mesi del 1997 ha incrementato difatti i suoi acquisti del 999.9% rispetto allo stesso periodo del 1996.
Nel corso degli ultimi tre anni, le vendite all’estero effettuate nel 1° semestre del “sistema giocattolo” italiano, hanno rappresentato mediamente il 49,1% di quanto viene venduto all’estero nell’arco dell’intero anno.
Stimando che il primo semestre del 2000 rappresenti la percentuale media calcolata sulla base del periodo 1996/1999 si può ritenere che a fine anno il volume delle nostre esportazioni presenti, rispetto a quelle registrata al 31 dicembre 1999, un ulteriore calo del 7/ 8%.
Per quanto riguarda invece le dinamiche anno su anno, non esiste una regola fissa essendo queste dovute ad una concatenazione di eventi che riguardano situazioni esterne al nostro paese. Infatti, mentre nel 1992 il primo semestre ha mostrato un movimento molto debole, lo stesso periodo del 1993, del 1994, del 1995 ha fatto registrare dinamiche molto elevate, le più consistenti degli ultimi otto anni, e nel caso specifico del periodo gennaio-giugno 1994 un incremento superiore (+32.9%) a quello medio dell’intero anno (+27%) anche se su valori percentuali lievemente inferiori il fenomeno si è ripetuto anche negli anni successivi.
Infine, note negative emergono negli ultimi due anni che seguono un rallentamento consistente delle nostre vendite sul mercato internazionale: -1,7% nel 1° semestre del 1998 e –12,3% nel gennaio-giugno1999.
Nel periodo gennaio-giugno 1999 il settore dei giocattoli ha esportato per 756,5 miliardi di lire con una riduzione, rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, del -12,3%.
ESPORTAZIONI IN ITALIA ANNI 1992-1999
Specularmente, per le importazioni, sul mercato italiano (valutabile in oltre 2.300 miliardi di lire, se si tiene conto dei prezzi di fabbrica, e in oltre 3.700 miliardi , considerando i prezzi al pubblico), sono i produttori stranieri, e in particolare Cina e Taiwan, a fare la parte del leone, con un valore complessivo delle importazioni che supera i 1.400 miliardi. Nel prendere in considerazione le importazioni, va detto che la frequenza degli acquisti risulta essere abbastanza regolare.
Nel periodo 1996/1998 la frequenza media degli acquisti nel primo semestre è stata sui mercati mondiali pari al 42,9%.
Al 31 dicembre del 1999 l’ammontare degli acquisti nel “sistema giocattolo” italiano sui mercati esteri si è avvicinato ai 1.500 miliardi di lire circa con una riduzione dell’11% rispetto agli stessi valori nel 1998.
IMPORTAZIONI IN ITALIA ANNI 1992 - 1999
ANNI
TOTALEANNI
1° SEMESTRE
Miliardi
%
Miliardi
%
Peso %
1992
1.118,5
20,80%
538,5
30,10%
48,10%
1993
1.265
13,10%
570,2
5,90%
45,10%
1994
1.238,9
-2,10%
553,1
-3%
44,60%
1995
1.387
12,00%
592,9
7,20%
42,70%
1996
1.360
-1,90%
624,5
5,30%
45,90%
1997
1.740,3
28,00%
690,2
10,50%
39,70%
1998
1.687,5
-3,00%
730,8
5,80%
43,30%
1999
1.500
-11,10%
632
-13,50%
42,90%
La fonte dei dati di cui sopra e della tabella precedente è l’Elaborazione Assogiocattoli sui dati Istat.
Contrariamente a quanto è avvenuto nei paesi di più vecchia industrializzazione, in passato in Italia, le formule de-specializzate non sono riuscite a svilupparsi in maniera considerevole a causa della mancata standardizzazione dei consumi. La struttura industriale è stata sempre dominata da produttori di piccole e medie dimensioni.
La polverizzazione della distribuzione non alimentare si è mantenuta coerente con le caratteristiche del tessuto economico che ha servito ed ha assunto un carattere altamente differenziato.
Ciò sia a causa della forte omogeneità delle diverse tipologie dei punti vendita tra cui ha dominato nettamente il piccolo negozio specializzato per merceologia che per le tipologie di forme organizzative non troppo particolareggiate.
Un ruolo ancora oggi poco significativo è svolto dalle imprese a succursali e dalle forme di collegamento economico tra imprese su base contrattuale.
La modernizzazione e la concentrazione del trade sui rapporti con l'industria oggi sono legati da un lato al progressivo sviluppo\affermazione delle marche commerciali e dall'altro alla sempre più spinta selettività che contraddistingue le politiche assortimentali della distribuzione self-service.
Entrambi gli effetti della concorrenza verticale hanno confortato i riflessi competitivi di natura verticale summenzionati, con un sensibile restringimento delle alternative "prodotto\marca" presenti negli assortimenti dei negozi ed un significativo ruolo svolto dalle marche private.
Non si può negare che i forti mutamenti che stanno intervenendo nell'ambito della distribuzione generano inevitabili ripercussioni anche nel settore dei giocattoli.
2.1 STORIA DEL GIOCATTOLO. Le origini del gioco e del giocattolo si perdono nella notte dei tempi, anche se nell’antichità il giocare era un’attività che non aveva l’importanza che è venuta assumendo con il progredire dell’umanità. E’ nella natura di ogni bambino il ricercare un oggetto che gli consenta di fantasticare, di apprendere quelle nozioni elementari che lo iniziano alla vita o anche, più semplicemente, di divertirsi.
I primi giocattoli veri e propri, costruiti cioè appositamente per il gioco del bambino, erano costituiti da oggetti che riproducevano le armi o gli aratri (presso le popolazioni peruviane), dalle bambole, dagli animali trainabili e da alcuni oggetti sonori (tipici delle città-stato greche del V e del VI secolo a.C.). Vennero poi i cerchi, i primi rudimentali strumenti musicali, le trottole e le bambole di legno o di osso (particolarmente in voga presso gli antichi romani ed egiziani).
Fino al Medio Evo compreso il giocattolo rimane un oggetto molto semplice e povero, anche se i materiali utilizzati erano i più nobili di allora (bronzo, rame, ferro). Sono nel Rinascimento si realizza un vero salto di qualità.
Le prime fabbriche di bambole di cui si ha notizia compaiono nel XV secoli in Germania, vicino a Norimberga, mentre nelle altre parti d’Europa sono sempre i giocattoli d’ispirazione militare a divertire i bambini.
Nell’‘800 vengono introdotti i primi giocattoli meccanici e dalla fabbricazione esclusivamente artigianale si comincia a diffondere la prima produzione di massa concepita come attività industriale.
Quanto ai materiali utilizzati all’inizio è il legno a farla da padrone, seguito poi dalla stoffa, dalla carta, dalla gomma per arrivare a tempi recenti quando viene introdotta la plastica.
Nel ‘900 con l’arrivo dei cartoni animati e dei personaggi dei fumetti si registra una novità nel mondo dei giocattoli: molte ditte chiesero ed ottennero le licenze per produrre i personaggi più popolari. Topolino, Biancaneve ed i sette nani, Pinocchio e tanti altri furono riprodotti in milioni di pezzi.
Negli ultimi anni anche nella realizzazione dei giocattoli si è fatto ricorso alla tecnologia più sofisticata che ha portato alla costruzione, accanto a quelli tradizionali, di giocattoli a cristalli liquidi, di videogiochi, che utilizzano la tecnologia elettronica, e di giochi che impiegano addirittura la micro-informatica.
In Italia, la tradizione ludica sin dai primi anni dell’‘800 è legata ad un valente artigianato, specializzato nella realizzazione in legno di bambole, pupazzi, cavalli e cavallini su ruote, carretti e burattini.
Per anni, in Italia, è stato considerato il Nord la patria del giocattolo.
La prima fabbrica in Italia di giocattoli in legno è nata ad Asiago, in provincia di Vicenza, verso il 1885 ad opera di Giovanni Lobbia. In seguito, piccoli e grandi laboratori si svilupparono un pò dappertutto, ma fu solo nel decennio 1946-55, che le aziende italiane conobbero un notevole sviluppo.
Oltre alla Val Gardena, nella produzione del giocattolo in legno grande importanza hanno anche le Valli di Omegna (Novara), mentre altre fabbriche e laboratori sono in Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio, Liguria, Toscana, Sicilia e Sardegna.
Degni di nota sono i giocattoli in legno di Firenze, come i pinocchi e i burattini dagli arti snodati. A Palermo si fanno tipici i caratteri siciliani, con cavallino, finimenti istoriati e fiancate dipinte.
La prima fabbrica italiana di giocattoli è Furga, fondata nel 1870 da Luigi Furga Gomini a Canneto sull’Oglio (Mantova); il marchio della società è attivo ancora oggi nella linea della Grazioli. Nei primi anni del ‘900, nella stessa zona, se ne videro nascere delle altre: la Giulio Lorenzini, la Zanoni, la Zanini & Zambelli. Nell’immediato dopoguerra molte altre società, come la Grazioli, la GioCart, la Faiplast e tante altre hanno fatto di Canneto uno dei più importanti centri italiani per la produzione di giocattoli.

2.2 FUTURI CAMBIAMENTI. Si avverte oggi una generale tendenza verso formule evolutive e soluzioni nuove, a livello sia nazionale sia mondiale; la tendenza riguarda tanto il mondo della produzione quanto quello della distribuzione.
Il primo sta attraversando una fase di transizione segnata da acquisizioni e fusioni che stanno segnando l’assetto proprietario di diverse società.
Per quanto riguarda invece la seconda, da alcuni anni sono comparse insegne di grandi dimensione, che hanno introdotto logiche e dinamiche tipiche del dettaglio più avanzato. Il giocattolo è un prodotto che ha sempre transitato su vari tipi di circuiti commerciali.
I canali di distribuzione settoriale tradizionali lasciano posto a scelte e alternative all'avanguardia, riconoscendo la dovuta importanza alle integrazioni verticali che si sono realizzate e si stanno realizzando nel settore; il dettaglio focalizzato ha subito il contraccolpo della fusione di alcune insegne che hanno cominciato ad aprire grandi superfici specializzate (GSS).
La frammentarietà della realtà distributiva italiana ha perso vigore; il cambiamento delle dimensioni ha voluto, in sostanza, la despecializzazione dei canali di vendita indipendenti e la diffusione delle grandi catene.
In un settore così frammentato i segmenti portanti sono ben definiti: gli atteggiamenti dei consumatori presentano similitudini a livello internazionale. In pochi altri mercati hanno un tale peso marche note a livello mondiale, in grado di offrire ai consumatori gli stessi prodotti dovunque essi siano.
Grazie anche alle enormi possibilità di comunicazione offerte dalla televisione e all’uso sapiente di tale mezzo che viene effettuato dalle grandi imprese del settore è divenuto possibile per loro riuscire in poco tempo ad individuare segmenti di consumo davvero globali.
Sarebbe, tuttavia, un errore pensare che il mercato dei giocattoli sia totalmente globalizzato, in quanto esistono ancora tipologie di consumo strettamente legati ad usi e tradizioni locali, così come aree in cui non si sono affermate grandi marche internazionali, con la conseguenza che restano spazi per le piccole e medie imprese, anche se l’evoluzione della distribuzione sta imponendo un ripensamento alle stesse imprese produttrici.
La tendenza alla globalizzazione di alcuni segmenti di mercato comporta anche la concentrazione dell’industria, con le multinazionali più importanti impegnate in processi di acquisizione di aziende specializzate in possesso di brand forti.
Esiste tuttavia un altro dato importante, per le aziende di produzione: la necessità di ripensare l’offerta merceologica per tenere conto dei cambiamenti in atto in seno alla domanda.
Oggi le aziende della distribuzione avvertono la necessità di trovare risposte adeguate a tematiche nuove come lo sviluppo di Category Management o di modelli per la previsione della domanda, come la conoscenza approfondita del profilo del consumatore o, ancora, la pianificazione di promozioni efficienti (per capire come veramente sta cambiando la realtà distributiva è sufficiente pensare al Giappone dove addirittura è possibile acquistare i giocattoli ricorrendo ai distributori automatici !!).
Circa il Category management va per l'appunto detto che si tratta di una strategia di differenziazione fondata sulla gestione per categorie per la quale si assume come centrale al processo decisorio di marketing, il comportamento di acquisto e di consumo della domanda.
I produttori hanno ormai accettato la tesi che vede il “category management” come un “dovere” proprio della distribuzione, a cui essi però devono collaborare non cercando di “spingere” i prodotti ma proponendo soluzioni.
I settori divengono più efficienti nell’espletare il proprio ruolo e nello stesso tempo più preparati a collaborazioni concrete e mirate; aumenta la loro imprenditorialità grazie alla diversità/autonomia delle mission.
Con un Category Management che finalmente opera a livello di “sistema paese”, le logiche di gestione delle categorie vengono tradotte in pratiche di business quitidiane. Il Category non viene più “ghettizzato” in progetti pilota ma diventa un processo fisiologico alla vita aziendale: un modo di fare business ed ottimizzare il valore offerto al consumatore.
Il settore commerciale è stato stravolto, nel giro di pochissimo tempo, da mutamenti strutturali di grande portata: scompaiono le imprese del piccolo dettaglio e i grossisti che li servivano e si ridimensionano il piccolo dettaglio e lo sviluppo del dettaglio organizzato.
Il mercato è variegato; se dal lato della domanda, la cultura ludica ancora non decolla e il tenore di spesa procapite è abbastanza modesto, dal lato dell’offerta, la struttura del settore risulta essere abbastanza polverizzata e caratterizzata da una diffusa presenza di distretti.
Nella catena di fornitura dei prodotti è la distribuzione che si trova ad occupare posizioni di rilievo superiore, per lo meno rispetto ad altre attività quali sarebbero potute essere la logistica, la gestione delle risorse umane, la comunicazione.
Sempre più spesso vengono delegati alla distribuzione commerciale compiti che prima erano propri di processi di produzione, come le operazioni di assemblaggio finale, il collaudo e la personalizzazione dei prodotti. L’attuale evoluzione dei mercati sta favorendo infatti l’affermarsi, nei diversi comparti industriali, di estese strategie di outsourcing.
Capitolo 3
CANALI DI DISTRIBUZIONE
Il settore distributivo presenta in Italia una situazione molto frastagliata; gli esercizi che commercializzano giochi sono numerosi e diversificati: si va dalle cartolerie, con un assortimento limitato di giocattoli e giochi di società, ai negozi specializzati; dagli specializzati in articoli di informatica ai punti di vendita della moderna distribuzione alimentare, senza dimenticare l’ambulantato.
Per vendere, ci vuol sempre un buon livello di competenza, disponibilità al servizio, assortimento ampio e nonostante la massiccia presenza delle multinazionali anche i piccoli, quando hanno una strategia, riescono a conservare il proprio spazio. La capacità imprenditoriale degli operatori è oggi sempre più richiesta.
Benchè non in possesso di stime attendibili sul peso di ciascun canale, appare con una certa evidenza che il ruolo del moderno sta prendendo piede a scapito del tradizionale, che attualmente rappresenta circa il 30% di un mercato valutato intorno ai 2.600 annui. E’ comunque recente la progressiva diffusione delle grandi e medie superfici specializzate.
La configurazione distributiva domestica appare sempre più simile al profilo medio del grande mercato europeo. In base all’ultimo rapporto TIE, la leadership deve indiscutibilmente attribuirsi agli specialisti, con una quota del 34%, ma si muovono molto bene anche iper e super (24%) e i grandi magazzini.
Il dettaglio specializzato e la grande distribuzione totalizzano oggi nel complesso quasi l’85% del mercato.
E se il 6% va appannaggio delle vendite per corrispondenza, il restante 10% è oggetto di conquista da parte di un variegato drappello di pdv, nel cui ambito si annoverano specialisti di videogame, cartolibrerie, autogrill, bazar e altri ancora.

I nuovi canali distributivi che rendono piede sono:
- la Grande Distribuzione,
- il Franchising,
- le Patnership,
- le Grandi Superfici Specializzate,
- il Self Service,
- le Associazioni.
- Oggi la Grande Distribuzione rappresenta il modello senza dubbio più razionale ed efficace attraverso il quale effettuare i nuovi acquisti.
Questo canale viene praticato dalla stragrande maggioranza dei prodotti di largo consumo e presenta concreti vantaggi: concentrazione degli ordinativi, efficacia distributiva, razionalità, possibilità di praticare costanti ed efficaci azioni promozionali. Solitamente scelgono questo canale le aziende che operano su mercati ad alta competitività e che, pur curando la loro immagine, non fanno di questo fattore un esclusivo elemento di commercializzazione. Il canale della grande distribuzione consente margini unitari generalmente più elevati rispetto ad altri e permette la concentrazione massiccia delle vendite con conseguenti relativi vantaggi.
Da recenti valutazioni emerse in occasione del “Salone del Giocattolo” tenutosi a Gennaio a Milano, è emerso che, a partire dalla fine degli anni ‘90, essa ha introdotto forme innovative di vendita su intere grandi superfici specializzate; si è introdotta come nuova forma di distribuzione accanto alle catene specializzate e ai dettaglianti indipendenti.
Come ha messo in evidenza una recente ricerca “Chermes”, la distribuzione rimane molto frammentata perché i giocattoli sono trattati in 16.000 punti vendita, ma i 6500 negozi coprono l’85% del mercato.
Di questi, oltre 4000 sono di piccola o media dimensione, indipendenti o organizzati in catene e rappresentano il 40% del mercato.
E’ una percentuale ancora elevata se confrontata con il 29% della Francia mentre è in linea con quello della Germania e della Spagna.
I vari formati della distribuzione moderna hanno raggiunto una quota complessiva del 45%. Le grandi superfici specializzate controllano il 10% del mercato, 800 grandi magazzini e a prezzo unico veicoloso il 10% dei consumi mentre 1200 supermercati ed ipermercati raggiungono il 25%.
L’ingresso nel mercato dei giochi che utilizzano nuove tecnologie influenza anche i canali di vendita.
La ristrutturazione delle grandi superfici del colosso americano Toys “R” US che recentemente ha annunciato radicali cambiamenti nel format, nel merchandising e nella politica assortimentale di 90 punti vendita, con l’inserimento massiccio del multimediale, sta avendo significative ripercussioni anche in Italia.
Tanti sono poi i PRODUTTORI alla ricerca di nuove strategie distributive e che autonomamente decidono come collocare i loro prodotti sul mercato, senza ricorrere ad ulteriori intermediari.
Per esempio, le giapponesi Sony e Nintendo hanno riportato un enorme diffusione in Italia dei loro prodotti e sono riuscite in pochi anni a divenire dei brands mondiali.
La prima spopolando con la consolle Playstation grazie ad una strategia distributiva che non ha utilizzato i tradizionali canali di distribuzione dei giocattoli ma 200 punti vendita tra distribuzione moderna, negozi di elettronica e specializzati visitati da una rete di 300 agenti monomandatari e sfruttando quelle che sono la caratteristiche specifiche dei giochi interattivi.
Addirittura in questi giorni pare sia arrivata dal Giappone la Playstation 2, una versione nuova e più evoluta che può essere utilizzata anche per navigare in Internet e per vedere i film in DVD; tutto ciò a dimostrazione del fatto che un oggetto così desiderato e di tendenza come Playstation possa nel giro di poco tempo rivoluzionare il mercato e mutare le sorti di un’azienda.
La seconda invece, la Nintendo, ha avuto successo grazie a forti scelte strategiche: le fortunate invenzioni della serie Mario Bros da un lato e Game Boy dall’altro, l’esempio di maggior successo di un videogioco portatile, capace di liberare dalla schiavitù del legame con il televisore, ma soprattutto in grado di consentire ai bambini e teenager di giocare in qualunque situazione, dal viaggio alla vacanza.
Sempre nel settore la danese Lego sta diversificando la sua offerta con nuovi giochi elettronici, ma anche attraverso una linea di abbigliamento per bambini. Per commercializzare i suoi prodotti Lego ha aperto una catena di negozi monomarca che attualmente sono una dozzina e sono destinati a diventare 50 in tutta Europa. Solo in Italia, il 30% dei prodotti venduti vengono collocati sul mercato tramite il canale del dettaglio specializzato, il 47% tramite il ricorso alla grande distribuzione organizzata, il restante 23% mediante grossisti.
La strategia distributiva dei negozi monomarca è già utilizzata con successo da Artsana: l’azienda di Cuneo dopo aver sviluppato dei propri punti vendita con insegne Tutto Chicco, ha acquisito di recente anche il controllo della catena Prenatal.
I due leader mondiali del giocattolo Mattel e Hasbro stanno affrontando con interventi molto drastici la crisi del loro mercato. Le dinamiche dei rispettivi ricavi sono state diverse ma la redditività è aumentata per entrambe.
Il canale della grande distribuzione viene considerato il canale del futuro, il più pratico, il più popolare e anche quello di maggiore consistenza; la possibilità di grandi smerci, di rapide rotazioni permettono alle aziende fornitrici di contare su fatturati e quindi su ordini di una certa importanza, che richiedono obbligatoriamente una pianificazione produttiva oltrechè di consegna.
Le mosse più recenti sono state l’allestimento di corner specifici e la ristrutturazione del format specifico dei nuovi business.
Tale canale, se fornito direttamente dall'azienda produttrice o tramite un intermediario, dotato evidentemente di deposito, presenta in ogni modo caratteristiche di maggiore economicità rispetto al tradizionale e maggiormente articolato sistema distributivo; infatti, vendere alla grande distribuzione presuppone generalmente tre passaggi (acquistare, immagazzinare, vendere), mentre, se si dovesse inserire un intermediario, il circuito verrebbe incrementato di due ulteriori passaggi, cioè l'acquistare e l'immagazzinare da parte dell'intermediario (distributore o grossista); non si contano invece i passaggi che si inseriscono nel sistema tradizionale di vendita (distributore, grossista, dettagliante tradizionale).
La vendita mediante la grande distribuzione deve essere considerata senz'altro come una delle più importanti sia per il volume di merce che viene trattato e sia per la varietà degli scopi che attraverso di essa l'azienda produttrice si prefigge di conseguire. Essenzialmente i fattori chiave sui quali si decide di far leva sono la semplificazione della organizzazione, dei percorsi e della segnaletica, l’ammodernamento delle strutture; in modo puntuale vengono indicati sia i reparti che le marche, se non addirittura il singolo prodotto, quando questo ha un particolare peso sull’assortimento.
L’immagine del punto vendita diventa fortemente unitaria, nonostante la superficie sia estesa e presenti un alto livello di complessità; anche la comunicazione viene gestita altrettanto bene.
Si persegue una importante esigenza di posizionamento strategico al fine di poter creare ulteriori differenziazioni rivolte a soddisfare al meglio le esigenze di determinati gruppi di consumatori.
L'approccio solitamente più utilizzato solitamente è quello per attributi; i maggiormente utilizzati sono il prezzo, il livello di servizio e di qualità dei prodotti offerti. La tendenza generale è quella di agire su altre variabili meno tradizionali, più innovative e originali e su elementi intangibili.
- Dopo aver parlato della Grande Distribuzione, va prestata una considerevole attenzione al Franchising: esso può costituire il veicolo con cui realizzare in tempi anche brevi una maggiore strutturazione dell'offerta attorno ad insegne in grado di proporsi con maggiore forza al consumatore e a consentirgli quel più agevole orientamento negli acquisti.
Tra l'elevata frammentazione del sistema distributivo italiano e la progressiva affermazione del franchising esiste un vero e proprio rapporto di causa-effetto.
La formula costituisce, infatti, uno strumento di difesa per le piccole imprese, che rischiano di essere estromesse da un mercato in cui l'alto grado di competitività e i veloci cambiamenti della domanda richiedono modelli organizzativi basati sulla centralizzazione delle funzioni aziendali e sulla fruizione di prodotti e strategie commerciali e di marketing omogenee, definite attraverso una gestione avanzata delle informazioni provenienti dal mondo dei consumi e sostenute dalla forza dell'insegna.
Questa forma di collegamento verticale fra un franchisor che cede il proprio know-how, il marchio, i prodotti e l'assistenza consente alle parti di usufruire dei vantaggi derivanti dalle reti dirette ed indirette e al franchisee, di operare con minori rischi in un sistema assistito e protetto.
Il fine pratico di questo accordo è la vendita e distribuzione di prodotti e servizi secondo precise modalità indicate e previste nel pacchetto di affiliazione.
Il canale di vendita assume un ruolo sempre più strategico per l'industria che, in quest'ottica, cerca di sfruttarne le potenzialità creando e controllando reti monomarca.
In un contesto simile le opportunità del franchising assumono una valenza particolare, in quanto permettono di centrare l'obiettivo in tempi relativamente brevi e soprattutto, con investimenti ridotti e senza stravolgere l'assetto organizzativo aziendale.
Certo non si tratta di una formula magica ma di un modo innovativo di organizzare e gestire l'impresa; attraverso il franchising si riducono le possibilità di errore perché si è assistiti, fin dal principio, con processi di formazione, assistenza per l'avvio dell'attività e successivamente, con visite e consulenze di personale della catena che aiutano a gestire al meglio la nuova attività.
Il fatto di dover rinunciare ad una parte della propria autonomia imprenditoriale potrebbe non risultare gradevole ma viene accettato per via del vantaggio di minimizzazione dei rischi che ne scaturisce.
Esempi di forme di franchising che hanno avuto successo nel settore sono diversi: nella realtà bolognese nomi importanti sono i negozi Giocheria di Giochi Preziosi, AmicoGiò di Gig, i punti vendita Tuttochicco della Divisione Chicco di Artsana, gli empori Gulliver Town, Grande Emporio Sterlino ed altre presenze tradizionali quali Lupi Giocattoli, Pesaro & Zabban, Toys s.r.l.,....
Nei negozi Gulliver gli oggetti trattati non sono esclusivamente giocattoli; altri prodotti sono i libri delle migliori case editrici, gli articoli di cancelleria, i gadgets, gli articoli da regalo, i giornali.
In totale in Italia si contano almeno 62 punti vendita; la loro superficie media è di 150 mq., l’ubicazione ottimale sono i centri storici e i centri commerciali; il bacino di utenza oscilla tra i quarantamila e i cinquantamila abitanti; l’investimento iniziale è di quarantacinque, cinquantacinque milioni e il fatturato medio annuo è di circa 3.000.000.000.
- Partnership : costituisce una evoluzione del franchising. Si tratta di una formula contrattuale di collaborazione tra due imprese legate da un rapporto societario in cui il nuovo imprenditore si appropria del know-how trasferito, recuperando con il diritto di socio, parte della sua autonomia imprenditoriale, partecipando a quegli utili che nel franchising sarebbero altrimenti riservati esclusivamente al franchisor.
Il negozio partner partecipa attivamente e con diritto pro-quota alla definizione e alla elaborazione delle strategie a livello di mercato nazionale.
Sotto la guida del capostipite opera il comitato, può avere anche una veste giuridica: il suo compito è quello di condurre l'organizzazione generale e l'uniformità dell'immagine.
In Italia uno strumento di partnership a cui si fa spesso ricorso per sfruttare al meglio i vantaggi derivanti dalle collaborazione con i fornitori è l’ECR; esso rimane al di fuori dal classico confronto della negoziazione e consente l’ottenimento di frutti concreti di efficienza soprattutto nel campo della logistica.
L’ECR consente di comprendere meglio l’“altro settore” nonchè l’importanza della filiera per cui il comune consumatore dev’essere raggiunto insieme. Per il futuro, secondo la conferenza di ECR Europa tenutasi a Torino, sembra che ora le problematiche siano soprattutto tre: mettere in piedi concretamente fra le imprese produttive e distributive ciò che ECR ha progettato ed indicato nella teoria, realizzare progetti sul fronte della domanda (cioè del comune consumatore) e integrare nel processo la tecnologia web. I compiti di ECR stanno crescendo di numero e di importanza.
Una recente forma di partnership che ha coivolto due importanti nomi dell’economia mondiale è stata quella avvenuta fra la Ferrari e la Mattel. All’azienda americana sono stati concessi i diritti esclusivi mondiali per produrre giocattoli, abbigliamento e accessori per bambini e automodelli in scala che riproducono la Ferrari Gran Turismo e Formula 1. Nel contratto pluriennale alla Mattel viene anche conferito il diritto di realizzare giocattoli per bambini e bambine, inclusi, oltre alle automobili, bambole, giochi da tavolo, puzzle.
- Circa poi le Grandi Superfici Specializzate, vi sono ampie prospettive di sviluppo in questo senso; si è stimato che quasi il 45% degli acquisti di giocattoli viene fatto presso i negozi che presentano una scelta ampia di articoli ed offrono una consulenza specialistica che i genitori sembrano apprezzare in grande misura. I giocattoli e gli articoli ludici nel loro complesso, rappresentano categorie di prodotti con livelli di attrattività opposti.
Il paese europeo in cui la Gss è oggi più diffusa è la Francia.
Sono veramente pochi coloro che acquistano i loro giocattoli nei grandi magazzini o negli ipermercati; le vendite di giocattoli nella grande distribuzione a dominante alimentare possono essere considerate rilevanti solo nei periodi di picco stagionale ma durante il resto dell’anno si riducono a dimensioni davvero molto scarse, ai limiti della stessa sopravvivenza. Per i beni con basso grado di problematicità, come i giocattoli, il ruolo delle piccole e medie superfici tende a crescere. La concorrenza proveniente dai grandi magazzini, dai reparti non alimentari degli ipermercati, dalle gallerie dei sempre più numerosi centri commerciali, da ipermercati, discount, negozi non specializzati (cartolerie, farmacie, alimentari misti) potrebbe sembrare preoccupante ma non lo è visto che nel complesso tutti questi punti vendita attirano solo il 18% di compratori. Il loro unico “asso nella manica” resta la politica di prezzo praticata, di per sè molto aggressiva sui prodotti largamente richiesti.
La miopia di una politica di questo genere è lampante; basta ricordare la prima impresa distributiva mondiale, la Wall-Mart, che ha contribuito pesantemente alla crisi di Toys “R” US inserendo progressivamente i giocattoli nei suoi assortimenti, ma trattandoli costantemente e con grande attenzione così da fidelizzare i consumatori e strappare per la prima volta nel 1998, la leadership di settore a Toys proprio sul mercato americano.
Il punto di vendita specializzato, e ancor di più il cosiddetto tradizionale, vede così fortemente ridurre il proprio monopolio naturale sulla domanda captiva, cioè su quell'insieme di consumatori che frequentando un punto di vendita per la sola ragione della vicinanza spaziale al proprio domicilio o al luogo di lavoro.
L'aderenza ai bisogni di consumo e alle modalità di acquisto preferite dal consumatore diviene allora un elemento strategico, proprio perché aumenta l'imprevedibilità delle scelte di quest'ultimo sia sui prodotti, in funzione dell'elevata frequenza con cui egli rinnova i propri modelli di consumo, sia sulle forme distributive frequentate, in funzione della personalizzazione dei comportamenti di acquisto e della maggiore scelta.
Gli obiettivi gestionali degli specializzati nel mutato quadro competitivo divengono quindi una maggiore profondità dell'assortimento e una migliore capacità di risposta non solo alla domanda dei beni ma anche ai nuovi modelli di acquisto.
Volendo dare un senso commerciale alla ricerca della vera anima delle Gss, va detto che la loro superficie deve essere tale da contenere assortimenti più ampi e profondi di quelli rintracciabili nelle formule specializzate di piccola e media dimensione e in quelle despecializzate (mercatoni, ipermercati, magazzini popolari, grandi magazzini).
Lo spazio deve ottimizzare la presentazione del prodotto, non il prodotto essere scelto per ottimizzare lo spazio. Anche la tecnica di vendita, deve essere a libero spazio; al consumatore viene garantita la possibilità di visionare in un’unica spedizione di acquisto un’ampia e selezionata gamma dell’intera offerta industriale potendone così confrontare immediatamente prezzi e prestazioni.
Vengono rese tra loro funzionali variabili di gestione tendenzialmente divergenti: specializzazione dello assortimento e adeguata rotazione degli stock, da un lato, tecniche di vendita a parziale self-service e merceologie ad acquisto problematico, dall’altro. La diffusione delle Gss finisce con il sottrarre quote di mercato direttamente alla parte tradizionale e scarsamente specializzata del sistema commerciale.
Le Gss rappresentano dunque un elemento di rottura, soprattutto se operano all’interno di una struttura a succursali basata su una forte identità di insegna e su un’offerta di convenienza visibilmente alternativa a quella che connota il commercio specializzato di picciola dimensione. In definitiva, gli elementi che meglio consentono di individuare le caratteristiche delle diverse tipologie di Gss sono tre: settori merceologici interessati, localizzazione e raggio di azione dell’insegna; per esplicitare tutto il suo potenziale concorrenziale, la Gss deve puntare ad essere leader del mercato, ossia deve puntare a divenire un vero e proprio “category killer”.
La specializzazione può riferirsi :
- ai prodotti, sia nell'approccio classico che in quello innovativo basato su un tema fino ad arrivare al limite della specializzazione mono prodotto;
- alla clientela, in base alla decisione di operare con un gruppo di clienti selezionato sulla base dei comportamenti di acquisto o delle abitudini di consumo;
- ai momenti di acquisto. E' il caso tipico del convenience store che cerca di inserirsi negli spazi lasciati liberi dalle altre forme distributive offrendo al consumatore una possibilità di acquisto connessa al momento in cui se ne sta compiendo una di natura diversa.
Le uniche debolezze dei mega stores specializzati in giocattoli risiedono nella forte stagionalità cui è soggetto il settore, con una concentrazione delle vendite molto elevata nel periodo natalizio e un loro appiattimento durante gli altri mesi.
Solitamente operano nel canale delle grandi superfici specializzate tutti quei gestori che, piuttosto che ricorrere a forme solite di franchising o semi-franchising, preferiscono scavalcare il canale tradizionale del grossista e personalizzare la propria rete di fornitori; così come hanno fatto i negozi bolognesi Hoffmann e Città del sole.
Il primo che ricorre ai produttori stranieri per la propria fornitura e sceglie accuratamente il tipo di prodotto da proporre al proprio cliente; il secondo che, con tutta una sua serie di prodotti didattici alternativi, permette al cliente di tornare indietro negli anni e di ricordare con i balocchi di una volta le tradizioni del passato.
L’unico problema di questa catena resta una immagine troppo seriosa e rivolta al pubblico adulto per riuscire a coinvolgere i bambini, veri destinatari dei giochi.
L’opinione di questi negozianti è che, ricorrendo a forme di economie diverse da quelle associate alla grande distribuzione, si ha la possibilità di costruire un mercato si alternativo ma più selezionato e curato nel suo genere risolvendo anche il problema loro tipico dei flussi di vendita stagionali. Tra gli obiettivi vi è quello di proporre alla distribuzione specializzata l’inserimento di merceologie inedite che possono far aumentare e rendere più omogenea la frequenza di visite al punto vendita.
Non sono solo i negozi o le proposte fieristiche a seguire questa tendenza. Euro Disney ha recentemente annunciato l’apertura nella primavera del 2002 dei Disney Studios che andranno ad arricchire l’offerta di Disney Paris. L’investimento per questa operazione ammonta a 4 miliardi di franchi francesi, pari a 1.200 miliardi di lire. Le attrazioni si snoderanno fra strutture architettoniche ispirate ai set cinematografici, il dietro le quinte di produzioni, animazioni e studi di Disney Channel.
Attualmente il negozio specializzato di giocattoli più grande per assortimento e per estensione in Europa è Hamleys, a Londra, in Regent Street, una delle più importanti vie commerciali, a pochi passi da Piccadilly Circus. Il pay-off dell’insegna lo definisce appunto “ il più bel negozio di giocattoli del mondo”.
Si tratta di un vero e proprio colosso all’interno del quale si è addirittura pensato di allestire degli enormi spazi per il gioco dove i bambini sono liberi di giocare e di muoversi in libertà.
Simon Burke, il direttore generale, suggerisce per il suo negozio come antidoto all’e-retail una formula nuova: quella di renderlo un’esperienza eccitante per il consumatore amplificando i contatti e sfruttando la forza dell’insegna anche al di là della dimensione fisica del punto vendita; non teme l’e-commerce poichè non lo considera una minaccia concreta.
A livello mondiale, il più grande store che si sia mai ricordato è invece a New York, il Fao Schwarz, un mega negozio allestito su cinque piani, status symbol dello shopping americano. I propositi di questo colosso per il futuro sono orientati verso un progetto di forte globalizzazione; l’intenzione è quella di allestire strategici punti vendita presso le più grandi capitali di ogni singolo continente. La questione ha sollevato serie perplessità tra i distributori di tutto il mondo che vedono ora l’America come una vera e propria minaccia da temere.
- Self service. La novità sta nel fatto che il cliente si serve da sé, scegliendo direttamente le merci che desidera e senza bisogno del commesso.
Le regole di gestione della formula self-service sono :
- un assortimento concentrato sugli articoli più richiesti, allo scopo di ottenere una rotazione frequente delle scorte di magazzino;
- un prezzo di costo contenuto;
- un margine ridotto e un prezzo al pubblico contenuto;
- una politica promozionale dinamica;
- economie di scala nella gestione e nel personale.
- Una nuova forma di cooperazione, sorta in virtù di profondi mutamenti economici e sociali, è l'associazionismo. Il motore di avviamento per la nascita e lo sviluppo della cooperazione tra imprese commerciali è stato costituito da due mutamenti fondamentali:
- il diverso comportamento delle componenti strutturali del metasistema economico ambientale;
- il passaggio da un commercio al minuto "artigianale" ad uno capitalistico.
L'atteggiamento dei consumatori è difatti cambiato; a seguito dello sviluppo dell'economia una parte sempre maggiore della popolazione sta modificando la propria domanda indirizzandola verso panieri di beni sempre più articolati e meno legati ad un contesto di sussistenza. I distributori cominciano a porre la loro attenzione sulla domanda focalizzandola come centro propulsore del sistema economico e a ragionare in termini competitivi, analizzando il comportamento di acquisto del consumatore e al fine di adattarvi le proprie strategie di azione.
La grande distribuzione che ne scaturisce è caratterizzata da una sorta di integrazione verticale ascendente in quanto, escludendo il ricorso alla figura del grossista tradizionale, assume contatti diretti con l'impresa di produzione realizzando notevoli economie di costo dovute alla rinuncia a molti servizi offerti dal grossista e alla produzione in proprio di essi e di altri tipi di servizi. Inoltre, data la quantità delle merci trattate e la concentrazione delle vendite in grandi complessi distributivi, riesce ad ottenere notevoli economie di scala.
Tutto ciò si traduce nella possibilità di fissare prezzi di vendita inferiori alla media, soprattutto per quanto riguarda le marche commerciali, le marche minori e i prodotti anonimi, e di acquisire, quindi, un notevole vantaggio competitivo nei confronti della piccola distribuzione tradizionale.
E' proprio per far fronte a questo tipo di distribuzione che nasce una nuova forma distributiva imperniata sull'integrazione delle due funzioni di grossista e dettagliante e che genera organizzazioni anche di notevole ampiezza quali i gruppi di acquisto e le unioni volontarie.
Il Gruppo di acquisto rappresenta una forma di associazione volontaria tra operatori commerciali, in genere dettaglianti, ma non è escluso che la forma associativa possa riguardare i grossisti o i pubblici esercenti. Elemento caratterizzante di questo rapporto associativo è la centralizzazione degli ordini di fornitura: per ottenere economie di scala di approvvigionamento, gli operatori si affidano, sulla base di un contratto associativo che lascia loro la propria autonomia gestionale, ad un solo operatore il quale provvede alle funzioni di acquisto per conto e a favore esclusivo dei soci.
In tal modo, concentrando gli approvvigionamenti, i dettaglianti riuniti riescono ad ottenere considerevoli economie sui costi di acquisto recuperando competitività sul mercato pur senza attuare un effettivo ampliamento che, specialmente per la miriade di piccoli dettaglianti, non sarebbe impresa facile data l'esistenza di innumerevoli vincoli di carattere imprenditoriale e finanziario, oltre che logistici.
La cooperazione tra operatori commerciali (o distribuzione organizzata), rientra, quindi, nell'ambito del processo di modernizzazione del sistema distributivo e rappresenta un fenomeno di innegabile crescita per le piccole imprese commerciali basato sulla collaborazione e sulla fiducia di un elevato numero di operatori, e che garantisce, nel contempo, il mantenimento di un'adeguata autonomia imprenditoriale agli aderenti. Inoltre, esso rappresenta oggi, lo strumento più adatto per un miglior adeguamento dell'offerta alle esigenze locali. Il commercio associato, infatti, nel suo processo di crescita, è andato sempre più dimensionando il proprio modello di vendita su un ampio ventaglio di tipologie commerciali.
Il fenomeno associativo, nella sua evoluzione, svolge una funzione di aiuto alla modernizzazione del sistema distributivo, in quanto consente alle unità collegate, non solo di ottenere un valido ausilio nel processo di adeguamento delle proprie strutture al mutare delle condizioni ambientali, ma anche di raggiungere un maggiore grado di efficienza, grazie alla gestione centralizzata di quelle funzioni ed attività che difficilmente riuscirebbero a svolgere autonomamente ed all'utilizzo di tutti gli altri servizi messi a disposizione dal gruppo stesso; inoltre, attraverso, il raggiungimento di un'immagine di gruppo unitaria ed omogenea, riescono ad ottenere un migliore impatto con i consumatori.
- Per concludere, esempi di formule inusuali, inedite, alternative a quelle più classiche se ne possono trovare di diversi.
A Venaria Reale (To) ha sede Borgione centro didattico, che da oltre novant’anni opera nel campo della scuola e dell’educazione. Seleziona e distribuisce prodotti per soddisfare le esigenze degli istituti, degli educatori e dei bambini. Stampa regolarmente un catalogo con oltre 5.000 articoli, diviso in dieci sezioni; materiale per attività espressive, creative artistiche, libri, audiovisivi, materiale pedagogico, giochi per imparare, materiale linguistico, materiale logico e scientifico, ludico, materiale per l’addestramento fisico, arredi. Oltre che visitando il negozio (e lo show-room localizzato nel centro del capoluogo piemontese), il cliente può prendere contatto con Borgione anche a mezzo posta e tramite posta elettronica.
A Belluno opera Cosmic Shop, il negozio che offre l’assortimento più completo di fumetti italiani e fumetti originali statunitensi, inclusa la ristampa anastatica dei primi numeri di Topolino, Flash Gordon,...
Ci sono poi giocattoli e carte da gioco che riguardano il mondo dei fumetti, poster, t-shirt, modellini, miniature e giochi di ruolo. La varietà dell’offerta distributiva trova conferma nell’ampiezza dei settori accolti dalle rassegne dedicate al comparto.
Per esempio è importante segnalare che il moderno quartiere fieristico di Rimini, con una superficie complessiva di 8.000 mq, ospita ogni anno Gio-Sun, cioè la più importante rassegna specializzata nel giocattolo estivo e nei giochi all’aria aperta.
Unica nel suo genere presenta ogni anno, in un solo evento, il meglio della produzione nazionale e internazionale. La mostra apre le porte sia agli espositori italiani, sia a quelli stranieri, in arrivo da tutto il mondo e si rivolge agli operatori della distribuzione commerciale alla grande distribuzione, ai grossisti e ai dettaglianti.
In linea di massima va detto che non esiste per ogni tipo di prodotto un canale di distribuzione migliore di altri; il mondo della distribuzione dei giocattoli, soprattutto nel nostro paese, è soggetto a continue modifiche ma rimane, di per sè, estemamente frammentato.
Il grado ottimale di classificazione di validità di un canale distributivo e la conseguente scelta di quello più conveniente dipendono unicamente e di volta in volta da particolari e mutevoli condizioni di mercato e aziendali.
Capitolo 4
IL SETTORE NEL PARTICOLARE
Per chi ragiona in termini di marketing, pensando ai bimbi, la famiglia non può più essere vista come un target di riferimento.
La tendenza è quella di identificare i soggetti che la compongono: adulti (genitori) e bambini (figli) e poi formulare due offerte di prodotto e di servizio diverse, allettanti e complementari.
Gli scenari che emergono nel mondo dell’intrattenimento, del family entertainement, sono due: quello appunto della focalizzazione e del miglioramento dei servizi sui due pubblici di riferimento, e l’allargamento a 360° dell’offerta rivolta al bambino.
Il mercato dei giocattoli è soggetto a continue evoluzioni. Oggi in particolare in Italia il giocattolo tradizionale sta soffrendo di fronte a tanto scompiglio. Quali sono le nuove tendenze?
La struttura del settore va cambiata; si avverte l’esigenza di apportare modifiche radicali negli aspetti che presentano maggiori inefficienze: i flussi stagionali delle vendite di cui si è parlato, il calo demografico, l’immagine statica dei punti vendita, la varietà negli assortimenti, ...
Il business si fa più innovativo, è alla continua ricerca di soluzioni nuove e di modelli alternativi di mercato (l’educational, la didattica, la correlazione del gioco a tutte quelle realtà dalle quali il bambino si sente attratto: lo sport, la natura, la scuola).
4.1 STAGIONALITA’. Una delle sfide che aspetta il sistema giocattolo è tentare di decongestionare la concentrazione delle vendite nelle ultime settimane dell’anno. In una parola destagionalizzare.
Il Natale è il momento culminante del settore in tutto il mondo; il momento dove produttori e commercianti tirano le somme di un intero anno di attività. Le conseguenze più evidenti sono le difficoltà delle grandi superfici, che per lunghi periodi devono sopportare costi di struttura e di giacenza che non è possibile coprire con le sole vendite dei periodi favorevoli. Si tratta di un problema al quale si confrontano ormai tutti gli operatori.
Dal punto di vista sociologico, la distribuzione, soprattutto le grandi superfici, sta cercando tutte le soluzioni possibili per contenere la stagionalità, ma opera solo sul versante dell’allargamento degli assortimenti, trascurando di trasmettere messaggi e informazioni nella direzione dell’educazione del consumatore.
Alla fiera “Univers d’Enfants”, a Parigi, come soluzione al problema è stata proposta l’intenzione di rendere omogenea la presenza dei consumatori durante tutto l’anno così come ha poi fatto la Toys “R” US cioè attraverso l’ampliamento dell’offerta nei settori orbitanti intorno al settore del bambino: giocattoli, decorazioni, audiovideo e multimedialità, cretività, publishing, cartoleria, dolci e snack, sport e outdoor, prodotti per la casa.
Il direttore della divisione vendite di Lego Italia, Ignacio Ramos, propone come soluzione alternativa quella di trasformare gli scaffali in centri di divertimento, di intrattenimento e di esperienza.
Si tratterebbe di spostare l’accento della negoziazione dallo sconto all’investimento sulle attività per sviluppare il sell-out investendo in attività che hanno la massima focalizzazione nel punto vendita ma che sono articolate con iniziative anche prima e dopo l’acquisto secondo un meccanismo ciclico di stimolazione del consumatore.
Dal momento in cui entra nel pdv a quando paga alle casse il cliente verrebbe accompagnato nel suo itinerario verso la destinazione a tema, per mezzo di segnalazioni aeree, display box complementari, percorsi guidati a pavimento, nonchè messaggi audio, richiami a distanza, carrelli appositamente abbigliati, dispenser di cataloghi. L’espressione massima la si avrebbe davanti allo scaffale che è organizzato in modo tale da costituire un vero e proprio centro di divertimento per il bambino.
Tutte queste iniziative sono flessibili e modulabili in funzione degli spazi a disposizione, perchè in tutte le realtà di vendita possano essere creati dei centri di divertimento Lego.
4.2 CALO DEMOGRAFICO. Tra le cause di questa crisi strisciante, vi è in primo luogo il calo demografico che, tra il 1996 e il 1997, ha registrato l’ennesima perdita (-0,9%) nel numero dei potenziali utenti dei giocattoli. Da oltre 8,6 milioni che erano nel 1995, i bambini italiani sono passati, infatti, a poco più di 8,4 milioni. Anche nei Paesi economicamente più avanzati si sta riscontrando una caduta progressiva della natalità, al punto che alcuni presentano già oggi un trend negativo della popolazione nelle fasce di età più giovani.
La conseguenza è che il mercato dei giochi per l’infanzia è influenzato negativamente da questo elemento: le imprese di produzione devono progressivamente ampliare l’offerta verso fasce di età più elevate.
Un’idea potrebbe essere quella di coinvolgere nell’acquisto e nel consumo delle fasce di età più alte di quelle dell’infanzia e della prima adolescenza e che comunque presentino anche un peso percentuale molto rilevante e tassi di crescita promettenti.
Il coinvolgimento dei segmenti “adulti” passa attraverso un riposizionamento del giocattolo, da oggetto di regalo a bene di cui godere in qualunque momento, a prescindere, quindi, dalle festività tradizionali.
4.3 CONCORRENZA PRODOTTI HIGH TECHNOLOGY. Altri fattori che stanno favorendo un repentino mutamento del mercato sono, poi, la forte concorrenza di prodotti ad alta tecnologia, come i videogames e i cd-rom, e la diffusione di altri passatempi come lo sport, la musica e soprattutto la televisione che stanno sottraendo sempre più tempo e spazio al gioco.
Andrebbe escogitata una linea di azione che induca i bambini a riscoprire i prodotti tradizionali, magari rivisitandoli o esaltandone l’intramontabile sex-appeal. Ritrovare un vecchio trenino, tornare a giocare con bambole di pezza e soldatini non comporterebbe soltanto un ritorno indietro nel tempo ma anche la scoperta di un nuovo modo di giocare.
All’ultimo Salone Internazionale del Giocattolo è stato presentato un preconsuntivo di TIE (Toy Industries Europe) dal quale emerge un valore della spesa degli italiani in giochi e giocattoli per il 1999 notevolmente sbilanciato verso il commercio elettronico.
I giocattoli “intelligenti”, cioè quelli che incorporano un microchip, sono stati la più grande sorpresa di questi ultimi anni.
La distribuzione si è dovuta muovere di conseguenza.
Se per i prodotti tradizionali il fatturato al consumo viene stimato a quota 2.400 miliardi di lire (quasi 1 miliardo 240 milioni di euro), il valore degli acquisti di videogiochi, considerando unicamente l’hardware, raggiunge i 1.000 miliardi (oltre 516 milioni di euro).
Forte di tale performance, il gioco elettronico si aggiudica ormai più del 29% del mercato interno del giocattolo, contro il 24,1% di appena un anno fa.
Tali risultati non fanno che avallare un fenomeno già in atto da qualche tempo. La segmentazione dei consumi europei, elaborata da TIE sui consuntivi ’98, accoglieva al primo posto proprio i videogiochi (21,5%), che allungavano decisamente il passo nei confronti dei più immediati follower, nell’ordine giochi di attività (13%), articoli prescolari e per la prima infanzia (11%), giochi di società/puzzle e bambole.
Le preferenze puntano verso l’omologazione, ma ciò che distingue i bimbi italiani dai coetanei europei è la spesa media procapite: se a livello UE per un bambino si spendono mediamente 407mila lire, le famiglie italiane ne stanziano solamente 346mila, di cui 263mila per acquistare articoli di tipo tradizionale.
Per quanto riguarda gli altri numeri, le stime di Assogiocattoli per il ’99 indicano un totale export a quota 1.550 miliardi, con una flessione del 7,6% sull’anno precedente, e importazioni ridimensionate a 1.500 miliardi, vale a dire 11 punti meno rispetto al risultao ’98, nonostante il boom dei videogames.
Nessuna inversione di tendenza, dunque, al ciclo congiunturale che sta caratterizzando l’evoluzione del mercato italiano ed internazionale.
Le vendite di “Made in Italy” all’estero, in particolare, risulterebbero ancora penalizzate dal cedimento soprattutto dei partners europei un tempo ottimi clienti, come Gran Bretagna, Francia e Germania.
Non sono più solo giochi e giocattoli, ma veri e propri fenomeni multimediali a livello globale quelli che affollano le camere e l’immaginario dei bambini.
Gli ultimi arrivati in Italia sono i Pokémon: piccoli mostrini lottatori nati in Giappone come gioco Nintendo per Game Boy nel ’97, propagatisi negli Usa nel’99. La loro storia si snoda in vari passaggi: la televisione, il mondo del giocattolo e non ultimo il cinema. Recentemente lanciati su Italia Uno, sono tra le proposte di Hasbro al Salone Internazionale del Giocattolo di Milano; si prevede che saranno un grande boom nel nostro paese: presto dilagherà fra i bambini con le sue carte da gioco, i peluche, i videogame, i film e quant’altro.
Altro protagonista è Action Man: eroe sempre più attento alle tematiche ambientali e sociali e sempre più tecnologico, tanto che dal 1999 il suo corpo include anche una macchina fotografica.
Attrazioni ispirate al suo mondo caratterizzeranno in Italia, l’allestimento di otto centri attività “Play Planet”, in grado di ospitare ogni anno più di 100.000 bambini.
L’eco dei successi cinematografici, dall’animazione alla fantascienza, crea i presupposti per lo sviluppo di importanti ritorni in termini di merchandising.
Oltre a Disney, che trasferisce la propria magia su prodotti e servizi in linea con i suoi valori, si può citare il caso di Warner che ha recentemente lanciato il marchio “Looney Tunes 2000” per riunire un pool di aziende che abbracciano la filosofia dei suoi personaggi.
Attualmente, non c’è da stupirsi se nel nostro paese l’utilizzo di giocattoli da parte dei bambini e adolescenti è tra i più bassi a livello europeo, con un consumo procapite inferiore alle 350.000 lire annue e in leggera discesa: non si cresce più giocando, ma guardando la televisione.
Si tratta di un trend che ha origini remote e che negli ultimi venti trent’anni ha provocato l’uscita di scena di numerose aziende con una diminuzione del numero degli addetti da 20.000 ad appena 8.500-9.000 unità.
Nell’ultimo quinquennio, inoltre, la concorrenza si è fatta ancora più accanita a causa del prepotente ingresso sul nostro mercato di produttori stranieri, soprattutto quelli provenienti dall’Estremo Oriente. Un attacco portato contemporaneamente su due fronti: quello dei videogiochi e quello dei giocattoli tradizionali; i prodotti asiatici che rientrano nella seconda categoria possono godere di un doppio vantaggio, costituito dal basso costo della manodopera e dai maggiori costi delle nostre materie prime.
Oggi le nostre tradizionali case produttrici hanno deciso di cavalcare il mezzo concorrente e non più di combatterlo.
La presenza nell’offerta di giochi multimediali è una variabile strategica per le aziende del settore del giocattolo, che devono fare i conti con una domanda sempre più ricettiva. La frontiera dell’entertainment vede la multimedialità secondo una prospettiva di matrice ludico-educativa.
Dopo averli snobbati i videogiochi per molti anni, società come Mattel, Hasbro, Lego, si sono rese conto che rischiavano di perdere contatto con il loro pubblico proprio perché, come ha dichiarato Mark Livingstone, della Lego Media International, “la tecnologia sta avendo un enorme impatto sui modelli e le aspettative di gioco dei bambini”.
Le strategie di comportamento che le case hanno deciso di adottare sono molteplici.
• La MATTEL è stata tra le prime a puntare sul nuovo tipo di pubblico con il “Barbie Fashion Designer”, il più venduto software per ragazze nel 97. Mattel Interactive, dopo l’acquisizione avvenuta nel 1999 di The Learning Company, può vantare l’offerta di uno dei maggiori produttori di programmi educativi su Cd-rom per bambini.
• La LEGO oggi sta aggiornando il suo catalogo con diverse proposte "digitali" e di recente, ad Atlanta, ha presentato i nuovi prodotti della divisione Lego:Lego Creator, Lego Loco e Lego Chess.
Lego Media pensa alle bambine fra i 5 e i 10 anni con il gioco in Cd–rom Lego Friends, basato sulla creazione di uno spettacolo da parte di un gruppo di amiche che suonano musica pop. Lego Racers è poi il primo prodotto software dell’azienda utilizzabile con Playstation, Nintendo 64 e Pc.
Il collegamento tra l’offerta tradizionale e quella virtuale si esprime con Lego Rock Raiders, lanciato contemporaneamente ai giochi a mattoncini: con le stesse minifigurine, veicoli e mostri delle rocce.
• L’HASBRO Inc., l'azienda fondata nel 1923 dagli Hassenfed titolare di giochi classici come Monopoli, Risiko, Trivial Pursuit e Battaglia Navale, nel 1997 ha dato vita alla divisione Hasbro Interactive, che dopo l’acquisizione delle linee Atari e Microprose, ha reso disponibile gli stessi nella versione per PC e su CD ROM raggiungendo un fatturato, a livello mondiale, di circa 200 milioni di dollari.
In più ha introdotto sul mercato nuovi prodotti come orsetti interattivi, puzzle tridimensionali, tastiere per computer a prova di bambino.
Una notevole performance commerciale è stata realizzata dal peluche interattivo Furby che in prossimità delle feste presso molte grandi superfici veniva offero a prezzi veramente stracciati.
• Infine, la RAVENSBURGER si è impegnata per l'apertura di sue Divisioni Interactive e da poco ha lanciato sul mercato la versione digitale di Scotland Yard, uno dei giochi da tavolo più venduti in Germania. E’ inoltre riuscita a mettere a segno un colpo da maestro con i nuovi puzzle 3D luminescenti; l’ingresso nel mercato dell’elettronica e dell’informatica, ha regalato alla casa un incremento del 19% e la filiale italiana ha realizzato 26 miliardi di vendite, in crescita del 21%.
Oggi le caratteristiche tecniche, le finalità educative e le età di riferimento di ciascun prodotto possono essere valutate anche sul web dove la Ravensburger è entrata di recente con il suo sito ufficiale dimostrando come Internet possa aiutare i bambini e fare cultura.

La febbre del gioco è un fenomeno che non sta risparmiando nemmeno i tradizionali serial televisivi, che danno vita ad un indotto in continua ascesa. I filmati trasmessi dai principali network italiani, creano, sin dalla nascita, un proficuo legame tra l’emittente e le industrie.
Così Mattel, Hasbro, Gig, Giochi Preziosi, Lego e Grazioli sono le più impegnate in questo senso e affiancano Rai, Mediaset e Telemontecarlo.
Ad una serie televisiva di successo in America si è ispirata la Hasbro per la realizzazione degli Animorphs, personaggi capaci di trasformarsi in animali. E anche Giochi Preziosi, leader italiana del cartone-giocattolo è legata, in questo momento, a ben 9 titoli, proiettati soprattutto da Italia 1. Seguono Gig (con 5 film), Hasbro (con 3), Mattel (2) e Trudi.
I characters televisivi e cinematografici possiedono un’importante forza in termini di comunicazione che veicolano in diversi modi: con i gonfiabili per il mare, borse nella campagna scuola, ecc.
Si fa riferimento a tutti quei brand e marchi, legati a personaggi famosi nell’immaginario infantile, eroi di serie televisive, di cartoons o di film di successo. I characters sono ormai i protagonisti delle vendite, capaci di fare gran numeri di fatturato. Per le aziende non si tratta di una moda, ma di una vera e propria necessità.
Il licensing riveste una parte importante del business. Non c’è ovviamente la pretesa di avere concessioni che durino anni, ma che comunque siano a traino di film e serie televisive di successo. L’obiettivo è controllare i fenomeni e gli eventi emergenti.
La licenza del prodotto di moda va gestita sapendo di correre un rischio. Niente garantisce che tutto quanto a traino di un evento possa essere un successo.
Il Gruppo Giochi Preziosi con la recente acquisizione di “Auguri Mondadori” ha potuto ampliare l’offerta nella cartoleria ed articoli per cancelleria nonchè entrare a pieno titolo nel canale delle cartolerie.
L’aumento di protagonismo da parte del consumatore si fa sentire anche nei momenti che precedono il lancio, tanto che le ludoteche, nate per riunire bambini e famiglie in allegria, sono oggi un valido punto di riferimento per i produttori e i negozianti.
Hasbro, Mattel e Ravesburger si rivolgono alla Città del Gioco di Milano, Clementoni a Hhyperion di Macerata e alla Nuvola di Ancona, mentre Game Store di Firenze costituisce un valido osservatorio sul business dei videogiochi.
Sorto come una depandance delle scuole, questo tipo di locale si sta affermando con l’entrata di imprenditori privati, attratti dalla robusta affluenza di pubblico. La Città del Gioco, tanto per fare un esempio, conta 650mq. Di superficie e 300 posti a sedere: la grande attrazione sono i giochi di ruolo ma, soprattutto, i computer.
Secondo i gestori del locale la richiesta di divertimenti elettronici ha avuto quest’anno, una crescita del 20%.
Non è un caso che, in tv, siano comparse, per la prima volta in modo massiccio, campagne dedicate all’hardware informatico e agli abbonamenti ad Internet.
4.4 MUTAMENTI NELL’IMMAGINE DEI PUNTI VENDITA. Un punto dolente si è rivelata per anni l’immagine dei punti vendita. Ancora una volta, la distribuzione sembra mostrare una disarmante mancanza di fantasia, soprattutto nel campo delle medie e grandi superfici. Il settore si presterebbe in modo straordinario al coinvolgimento dei reali utilizzatori dei giochi, ma i punti di vendita sembrano studiati e realizzati pensando soltanto ai genitori che acquistano: dall’altezza delle attrezzature alle tecniche espositive, tutto è costruito secondo i rigidi dettami delle tecniche di merchandising più efficienti; il massimo del coinvolgimento sono le consolle per i videogiochi, sempre in numero limitato e allocate in zone a strettissima sorveglianza.
Andrebbero create delle aree di gioco per i bambini dove sia possibile giocare e divertirsi con i giochi prima di acquistarli.
La suddivisione dei reparti è quanto mai logica, ma ancora una volta secondo le categorie merceologiche classiche. In altre parole, i punti vendita appaiono freddi e non in grado di trasmettere emozioni. Certamente, nessuno può pensare di trasformare i negozi in grandi campi da gioco, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in termini di sicurezza, rimuovendo quasi completamente il “ sensory retailing”, decisivo in un settore di questo genere.
I migliori allestitori ci insegnano che la vetrina è per un negozio un importante punto di attrazione. Costruita sul giusto equilibrio di luci, colori e materiale in esposizione è da considerare un vera e propria chiave di successo.
Le strategie di ristrutturazione attuate dai grandi colossi internazionali suscitano preoccupazione.
Come già accennato, negli Stati Uniti, la Toys “R” US sta ripensando i suoi punti vendita in maniera incisiva: si è pensato di riorganizzare lo spazio in universi (“world” nella terminologia dell’azienda) suddivisi per funzioni e non per categoria merceologica (azione ed avventura, aria aperta, prescolare, apprendimento, stagionale e via dicendo).
In Francia, nell’arco di soli due anni, hanno fatto il loro ingresso sul mercato tre catene specializzate fortemente innovative, operanti su medie superfici: si tratta di Fnac Junior, filiale specializzata del gigante della distribuzione culturale Fnac, Apache, una nuova creazione messa in piedi da un ex dirigente di Habitat, e Imaginarium, una catena spagnola che ha deciso di attaccare il mercato francese nel 1999.
Le tre insegne sono assai diverse l’una dall’altra ma hanno alcune caratteristiche in comune: l’ambiente colorato e “festoso”, le dimensioni delle attrezzature a misura di bambino, la possibilità di provare i giochi, l’assortimento centrato su valori ludici ed educativi, l’esistenza di laboratori di creatività (anche a pagamento), il personale specializzato nel settore dell’infanzia, la creazione di uno spazio dove vivere e non solo comprare, detto in estrema sintesi.
E’ l’alta specializzazione la chiave del successo per i negozi in Francia.
Un‘altra caratteristica importante delle due realtà francesi è la loro appartenenza a grandi gruppi: mentre Fnac fa parte della conglomerata PPR ( Pinault/Printemps/ La Redoute), uno dei primi gruppi europei nel settore delle grandi superfici non alimentari specializzato nella distribuzione di prodotti francesi multimediali, Lvmh, multinazionale leader nel settore del lusso, è entrata nel capitale di Apache con una quota significativa.
In Italia è recente l’accordo tra Coin e Fnac; con l’acquisizione del ramo non alimentare di Standa, Coin aveva già abbracciato la filosofia del punto vendita che si arricchisce così di intrattenimento. La joint-venture paritetica che ha dato origine a Fnac Italia è stata costituita nel dicembre 199 dal presidente Vittorio Coin. A parte le possibilità finanziarie e le sinergie di gruppo possibili, si tratta di una dimostrazione evidente del fatto che il mercato dei giocattoli può presentare un concreto interesse per grandi realtà distributive con la capacità e la volontà di innovare e di cogliere gli spunti più interessanti del mercato.
Il primo punto vendita Fnac Junior sarà inaugurato a Milano il prossimo ottobre e l’obiettivo è di arrivare entro il 2003 ad una rete di nove punti vendita, al fine di intensificare la distribuzione anche in altre città (Genova, Napoli, Padova e Verona) utilizzando parzialmente strutture Standa cedute da Coin come cessione di azienda.
Senza dubbio la cosa costituisce una seria minaccia anche per il mercato italiano del giocattolo che sta imparando a sopravvivere ad una concorrenza internazionale sempre più spietata.
Si rende necessario organizzare la struttura del settore in modo tale da renderlo in grado di fronteggiare qualsiasi possibile attacco dei grandi colossi esteri.
Il gioco, l’editoria, il cinema, la televisione sono strettamente interrelati nella proposta di di personaggi che diventano multimediali e usufruiscono di un’ampia eco in termini di comunicazione. La stessa forza si ripropone negli spazi fisici che vi si ispirano volentieri in fase di ristrutturazione.
L’apertura a novembre ’99 di Blu Kids di Upim, a Milano, segue questa tendenza. In un format inedito, nel mercato italiano, vengono offerti prodotti di abbigliamento, puericultura, ma anche le consolle Playstation, Dreamcast, Nintendo, gadgettistica e giocattoli, musica. Postazioni per l’ascolto degli ultimi cd, per giocare con i videogiochi, navigare in Internet, guardare i cartoni animati e videoclip sono disseminate lungo il percorso dei 1.100 mq di negozio.
Anche Standa Kids, format lanciato a Brescia nel 1997, si è rivelata innovativa in questo senso proponendo un megascreen con filmati, un angolo “voglio fare la modella” nel quale le bambine potevano simulare una sfilata di moda riprese da una telecamera, una ludoteca e un’area fasciatoio con il necessario per il cambio dei pannolini.
4.5 PRODOTTI PERSONALIZZATI. Pian piano si chiude l’era dei consumi di massa e prende sempre più piede diffondendosi velocemente quella dei prodotti personalizzati.
Il nuovo consumatore diffida dai prodotti pensati e diffusi dalla logica della standardizzazione. Esige e si aspetta prodotti più personalizzati che si avvicino di più ai suoi bisogni di consumo e che abbiano nel contempo altre caratteristiche quali quella di essere collegati a posizioni di servizio.
Anche questo può essere considerato un nuovo business di successo a cui dovrebbero indirizzarsi soprattutto gli attori del mercato tradizionale.
4.6 FIERE E MANIFESTAZIONI. Ogni anno, l’inizio delle attività e della programmazione operativa dell’industria mondiale del giocattolo è caratterizzato dallo svolgimento di importanti manifestazioni fieristiche; la loro rilevanza è fondamentale.
Alcune di queste manifestazioni sono di impronta nettamente internazionale:
Hong Kong (11/15 gennaio);
New York (13/17 Febbraio);
Norimberga (3/8 Febbraio);
altre hanno una valenza più locale:
Milano (20/24 gennaio);
Parigi (27/31 Gennaio);
Londra (29 Gennaio/ 2 febbraio);
Valencia (10/13 Febbraio);
Ogni manifestazione cerca di esprimere al meglio il suo mercato di riferimento. In queste occasioni, gli operatori trovano l’opportunità di impostare il proprio lavoro, industriale e commerciale.
Non bisogna dimenticare che l’economia italiana del giocattolo è fondalmente legata agli “umori” delle economie americana e giapponese, che con il loro andamento non solo influenzano il mercato produttivo, ma soprattutto quello finanziario e dei rapporti di cambio.
Anche l’andamento del prezzo delle materie prime è un fattore di cui tener conto. Esso, con la sua instabilità, non permette di tenere sotto controllo l’evoluzione dei costi industriali e il comportamento dei mercati emergenti, non sempre, in quanto tali, padroni di decidere le loro politiche finanziarie.
Sia dal Salone di Milano che da quello di Norimberga è emersa un’atmosfera positiva, priva di trionfalismi ma comunque radicalmente diversa dal clima di qualche anno fa, radicalmente più cupo e pesante.
Il mercato è più stabile e ben equilibrato; gli operatori guardano con fiducia alle prospettive future.
Da tempo Mario Clementoni, decano dei produttori italiani di giocattoli, propone di organizzare anche in Italia una Festa Nazionale del Bambino, che in Argentina, Giappone, Spagna e Francia riscuote già da tempo notevole successo.
Il fine sarebbe quello di rilanciare il giocattolo come “cibo per la mente” e di coinvolgere il consumatore, genitori e bambini insieme, da protagonista e non da mero spettatore.
4.7 PUBBLICITA’. La pubblicità è uno strumento fondamentale per l’economia ma richiede un approccio critico. Si tratta di una forma di comunicazione a pagamento che intenzionalmente e sistematicamente tende ad influenzare scelte ed atteggiamenti degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi.
Negli articoli per bambini, creatività, rispetto e riscoperta dei valori sono di importanza fondamentale, più che in ogni altro settore.
L’ascendente che esercita sui più piccoli è notevole; è per questo che con i bambini occorre prendere qualche precauzione in più.
4.8 GIOCATTOLI PER COLLEZIONISTI. Il grande interesse che i collezionisti riversano da qualche tempo su bambole e giocattoli antichi, ha fatto si che il prezzo dei pezzi in circolazione, specialmente di quelli rari e ancora in buone condizioni, abbia fatto un notevole balzo in alto. I giocattoli più ricercati e costosi sono gli automi, in particolare quelli realizzati in Francia da firme costose come Decamps, Lambert o Bontemps, tutti artisti che lavorano a Parigi.
Che si meritino tanto interesse, d’altra parte, non deve stupire: non solo si tratta di pezzi molto belli ma, nella maggior parte dei casi, e specialmente quando imitano i movimenti umani o degli animali, si tratta di giocattoli fatti singolarmente non essendo possibile in questo campo una produzione di massa.
Ogni figura poi veniva meticolosamente decorata e accuratamente abbigliata, dal momento che questi pezzi erano realizzati per un preciso mercato, costituito più dagli adulti delle classi abbienti che dai bambini.
Il periodo di grande sviluppo degli automi fu fra il 1880 e il 1920, quando i costruttori tedeschi, francesi e svizzeri ne esportarono in tutto il mondo una grande quantità. Se i tedeschi privilegiavano l’economia e la semplicità, i francesi diedero grandissima importanza ai meccanismi complicati, agli abiti stravaganti e agli accessori. Gli automi più belli furono però realizzati vicino a Parigi, principalmente nella seconda metà dell’‘800 da veri artisti come Decamps, Lambert, Vichy.
I giocattoli in lamiera stagnata cominciarono ad interessare veramente i collezionisti intorno al 1960 e di conseguenza i loro prezzi subirono un rapido aumento: i più ricercati sono le auto, gli aereoplani e le navi.
D’altra parte molti dei giocattoli più interessanti per il collezionista non sono antichi nel senso stretto della parola, dal momento che sono stati realizzati in quel mezzo secolo che è compreso tra il 1890 e il 1940.
Se nel ‘700 la produzione dei giocattoli (che utilizzava come meteriale da costruzione il legno) era essenzialmente fondata sull’abilità manuale degli artigiani, solo circa 150 anni dopo iniziò una vera e propria produzione di massa che si concentrò in alcune fabbriche. E sono proprio questi giocattoli prodotti industrialmente ad essere i più ricercati dai collezionisti.
Ci sono state molte piccole industrie di giocattoli in America, Inghilterra, Francia, Italia, Spagna che impostano la propria produzione basandosi solo sul mercato interno. Questi giocattoli sono richiesti oggi dai collezionisti, ma di norma solo nei paesi per i quali sono stati realizzati.
I costruttori tedeschi invece producevano giocattoli destinati all’esportazione. Essi crearono anche dei giocattoli in versione speciale per i mercati più importanti e proprio questo richiamo internazionale li rende assai ricercati sul mercato del collezionismo.
Per i più appassionati si è da tempo pensato di allestire dei veri e propri musei; al loro interno si possono trovare tantissime rarità, in particolar modo bambole caratteristiche nonchè modellini belli e ricercati.
A parte le bambole, che fanno storia a sè, ci sono vari modi di suddividere i giocattoli in categorie diverse, ad esempio facendo riferimento ai vari materiali con i quali sono stati realizzati.
Alcuni materiali poi, sono praticamente esclusivi di qualche particolare paese: per esempio ci sono i giocattoli in ghisa che vengono prodotti quasi esclusivamente in America; non sono esportati per grandi quantità e quindi generalmente ricercati dai collezionisti americani.
Un forte problema quando si possiede un giocattolo da collezione è costituito dalla manutenzione. Fattori da prendere in considerazione sono la temperatura, l’umidità, la polvere, la luce solare.
4.9 ALLEANZA PRODUTTORI / DISTRIBUTORI. Sono indispensabili, per i produttori, ripensamenti sulle logiche che governano i loro sistemi produttivi, mentre i secondi dovranno declinare meglio le nuove esigenze e tradurle in richieste appropriate, integrandole con servizi aggiuntivi. Questi orientamenti potrebbero essere l’espressione di nuove scelte strategiche a superamento di quelle perseguite per lungo tempo e connotate dalla netta differenziazione tra produttori e distributori. I primi hanno continuato ad agire sulla razionalizzazione dei processi interni, mentre i secondi hanno scelto la via delle fusioni nella convinzione che la ricerca di competitività andasse ritrovata nella ricerca di economie di scala.
4.10 FUSIONI. I vantaggi derivanti dalle fusioni per la distribuzione sono innegabili; in tal senso è significativo quanto sta avvenendo in Francia dove la distribuzione è in grado ormai di determinare condizioni e prezzi per produttori e agricoltori da posizioni vantaggiose. In tal caso si potrebbe affermare che si è rovesciato il rapporto tra produttori e distributori, a vantaggio dei secondi; ma la risposta alle nuove esigenze di consumo sollecita l’alleanza e non più la divisione: solo insieme essi potranno rispondere in modo appropriato alla nuova domanda, e per realizzarla vanno ricercati, definiti ed attuati nuovi paradigmi, ispirati da:
1. la centralità del consumatore
2. la rilevanza delle persone
3. la crucialità del sistema di governo
4. la sensibilità all’ambiente (ecologia)
5. l’orientamento all’etica.
La centralità del consumatore equivale all’acquisizione della capacità di adeguare le strutture delle imprese alle sue esigenze, a partire dalla valutazione che guarda a esso come a un soggetto connotato da dimensioni diverse, che riescono a convivere e più velocemente mutuabili di quanto non sia avvenuto per un lungo periodo. Oggi il consumatore viene ad assumere il ruolo di un vero e proprio committente che sceglie giorno per giorno, senza riferimenti rigidi e consolidati.
Questi adattamenti si devono tradurre in azioni flessibili sul versante strategico, organizzativo e gestionale, sostenute e determinate da una condivisione di risorse tra produttori e distributori, focalizzate sul consumatore e finalizzate a servirlo concretamente; il fornitore (produzione) e il cliente (distribuzione) si integrano attraverso transazioni di tipo economico fino a costruire una struttura reticolare tesa a valorizzare scambi e decisioni comuni, regolate da meccanismi determinati da competizione e cooperazione.
Questo paradigma richiama e si collega alla visione e all’utilizzo delle persone non più e solo come forza lavoro, ma come attori che si muovono con un elevato grado di autonomia operativa, capaci di perseguire obiettivi mirati, che gestiscono processi e comunicazioni, attivando azioni di miglioramento continuo, finalizzate al perseguimento della risposta più vicina al consumatore.
Il management guarda al buon andamento aziendale, evitando comportamenti e inclinazioni intriganti, egoistiche ed egocentriche, crea il contesto e le condizioni perché le persone possano cooperare e sviluppare integrazione, vale a dire dentro a strutture che possano fertilizzare, far crescere e sviluppare le loro competenze, ispirate dall’orientamento al consumatore.
Questo sistema di governo (governance system) consente non solo la connessione tra le persone all’interno delle singole imprese, ma sviluppa le relazioni di partnership tra imprese esterne, in questo caso tra produttori e distributori entrambi sospinti e collegati dal medesimo interesse: fornire al consumatore prodotti rispettosi dell’ambiente in senso lato, vale a dire non solo delle condizioni di equilibrio ecologico e complessivo, ma soprattutto composti da proprietà alimentari che non alterino la loro salute, accompagnandoli a servizi di qualità.
4.11 GESTIONE PER PROCESSI. Nell’ambito della distribuzione risulta essere estremamente difficile riuscire ad abbandonare la tradizionale struttura gerarchico-funzionale per fare posto a nuove forme organizzative orientate ad una gestione per processi, nelle quali tendono a prevalere la cooperazione, la comunicazione e il diffuso coinvolgimento delle persone.
Nella distribuzione, le strutture formali, le posizioni e le mansioni continuano ad avere vita felice, trascinandosi i vecchi problemi dell’industria e nemmeno la diffusione della soluzione ECR ha contribuito ad accellerare il passaggio a strutture per processi.
Il miglioramento della performance continua ad essere in gran parte perseguito dalla ricerca di riduzione dei costi attinenti la logistica mentre stentano a consolidarsi interventi di riorganizzazione focalizzata a ridefinire processi di business e processi operativi.
Le ragioni sono diverse. Innanzitutto la storia e la cultura del settore (distribuire merci) penalizzano cambiamenti da logiche gerarchico-funzionali a logiche e prassi di cooperazione; la debole, lenta e tardiva diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonostante tutta la distribuzione italiana sia stata attraversata da turbolenza, anche intensa, e non ancora passata.
Per molto tempo si è pensato che il business distributivo non fosse cosa difficile e complessa; poi la cultura del servizio ha cominciato a mettere in discussione questa assunzione di fondo.
Da quel momento, e in contemporanea con la crisi dei modelli di consumo, si è compreso che il rispetto rigido delle fasi della movimentazione delle merci non era più sufficiente per sostenere la riduzione delle vendite e la loro profittabilità.
Ma si è anche dovuto prendere atto che il passaggio alla cultura della “gestione dell’impresa per processi” richiedeva uno sforzo rilevante proprio per il grande cambiamento che questa provocava sull’intero sistema organizzativo, sia in termini di risorse da dedicare, sia in termini di competenze necessarie per attuarla.
Infatti, la gestione per processi si caratterizza per l’integrazione, la cooperazione, la comunicazione che sono richieste alle persone coinvolte, ma anche per il livello di estensione che richiede, il che vale a dire che non basta controllare e regolare cooperativamente un processo di fornitura di un prodotto/servizio: si rende necessario gestire l’intera fase di lavoro che consente di soddisfare la domanda del consumatore. Ovvero: il momento in cui il consumatore esprime la sua richiesta, il momento in cui il distributore si assume l’impegno di fornire il prodotto/servizio e il momento dell’accettazione del prodotto/servizio (l’intero arco della relazione cliente/fornitore).
Il progetto e l’organizzazione ECR nascono con questo orientamento, e sviluppano azioni per migliorare la performance complessiva dell’intero arco consumatore/distributore, aumentare le informazioni dettagliate sulla localizzazione dei centri distributivi, degli ipermercati, nel’ottica di garantire una buona visibilità dei principali punti di consegna per le diverse tipologie di vendita e ridurre considerevolmente i costi per la logistica.
Fino a ora non si è riusciti a diffondere una vera e propria cultura né di una gestione per processi, né tanto meno di una gestione cooperativa dei processi.
Nello sforzo in atto nella distribuzione, si stenta a realizzare questo passaggio in quanto si sconta un certo ritardo nell’attuazione di questi nuovi orientamenti, una cultura ancora troppo rigidamente ancorata alla gestione delle merci, una lenta acquisizione dei nuovi modelli di consumo, un’antica sottovalutazione della componenente organizzazione. Inoltre, passare dalla logica delle procedure a quella delle relazioni di servizio, implica anche un superamento delle vecchie strutture burocratiche, le quali non devono scomparire, ma piuttosto assumere un altro ruolo, quello di schema generale in grado di sostenere le nuove forme organizzative che si rendono necessarie al settore per ricercare posizioni competitive più avanzate, per la razionalizzazione dei costi e il miglioramento di efficienza e di efficacia.
Il passaggio a una cultura di gestione per processi richiede anche un impegno di investimenti nella formazione e nello sviluppo delle persone perché possano acquisire pienamente un nuovo ruolo coerente e consono con una visione aziendale per processo.
Attualmente la soluzione più diffusa, sia a livello della struttura centrale, sia a livello del punto vendita, è quella che riconduce all’interno dell’unità organizzativa tutte le azioni che si sviluppano e sono necessarie per raggiungere i risultati previsti (l’ufficio, la direzione o divisione, il reparto o settore, il punto vendita); mancano tuttora mappe dei processi aziendali, distributivi e di supporto a essi così come una classificazione tra processi fondamentali e complementari del settore distributivo; solo in qualche caso si parla di processi interni e processi esterni.
Nel passaggio all’unità di processo si ricompongono attività che nell’unità organizzativa originale sono collocate rigidamente e prescrittivamente: si riallocano azioni e responsabilità diverse con il duplice risultato di ridefinire la loro funzione ma anche di apportare, in modo significativo, una razionalizzazione e una rideterminazione dei ruoli operativi e di staff.
Tutto ciò è possibile a partire dalla costruzione della catena dei processi che ogni impresa del settore deve gestire, dalla distinzione tra processo fondamentale (vendita) e processi complementari (tutti quelli che supportano ed integrano l’azione di vendita), a partire da un momento iniziale (input) che va identificato e collocato nella richiesta del consumatore, per arrivare ad un momento finale corrispondente alla consegna del prodotto e alla erogazione dei servizi ad esso collegati (output).
In ogni caso, i processi di valorizzazione e di competitività sono intesi anche equivalenti al processo di rifornimento (ricevimento, trattamento, trasporto, rotazione, reintegro), al processo di vendita (assortimento, disponibilità, prezzi, qualità, assistenza, display, comunicazione, promozione, localizzazione, layout), al processo di servizio (assistenza, informazioni, immagine, reputazione, prestigio, sintonia, empatia, ingresso, accessibiità e prelievo merci, attrezzature e display, barriera casse, rapidità nelle operazioni); sono orientati e focalizzati a perseguire: efficienza operativa, efficacia e gestione del mix e della formula, un’erogazione complessiva che sia appropriata, professionale e tempestiva.
Ogni processo è l’insieme di un flusso di transazioni, ma anche un insieme di persone che cooperano per avvicinarsi il più possibile alle esigenze dei consumatori, per produrre la sua soddisfazione; ogni processo può essere ulteriormente e anche necessariamente scomposto in sottoprocessi; il processo di vendita, per esempio può essere suddiviso nel sottoprocesso punto di vendita/canale, il processo contratti può scomporsi nei sottoprocessi approvvigionamenti e nuovi servizi e così via, in modo da comporre e delineare la mappa completa dei processi dell’impresa di distribuzione.
Questa mappa assume un valore di riferimento di estrema rilevanza in quanto, fra le altre cose, consente a tutte le persone di avere in testa l’insieme delle attività e delle linee di percorso che l’impresa complessivamente svolge per realizzare il suo scopo, prima ancora che nelle procedure e nei sistemi informatici aziendali. Pertanto, la loro rappresentazione non può ridursi a mero atto burocratico, ma va interpretata come uno strumento che sappia primariamente cogliere gli impegni tra le persone, tesi a perseguire la soddisfazione del cliente, e poi evidenziare la gestione e l’elaborazione dei dati che transitano con la movimentazione delle merci.
Trattandosi di processi di servizi, lo strumento più idoneo è il “workflow”, che descrive ed interpreta le transazioni tra persone mentre cooperano per assicurarsi la soddisfazione del consumatore.
Per la distribuzione il passaggio alla gestione per processo equivale ad un rovesciamento della concezione di organizzazione, la quale non può essere intesa come ed esclusivamente una struttura verticale, così come è stato per un lungo periodo, ma va concepita come l’insieme di attività finalizzate a offrire il miglior prodotto e servizio al consumatore; pertanto la gestione per processi richiama e trascina un’organizzazione orizzontale che viene valutata dal consumatore per il risultato che i processi riescono ad esprimere, e non più per l’attuazione di una serie di attività funzionali.
Il problema vero rimane quello di progettare una nuova professionalità di processo che faciliti l’aumento della flessibilità complessiva.
4.12 COMMERCIO ELETTRONICO. Un nuovo scenario competitivo si apre con la crescente diffusione del commercio elettronico.
L’ “e-commerce”, inteso come attività commerciale svolta attraverso una rete telematica, rappresenta uno degli aspetti più significativi di quel vasto processo denominato “e-business” e sul quale si basa l’economia di rete.
L'impiego delle tecnologie dell'informazione nei processi di scambio, ha favorito negli Stati Uniti la trasformazione delle relazioni imprese-mercati sin dagli ultimi anni Sessanta riducendo l'incidenza dei costi di distribuzione sul prodotto nazionale lordo.
Oggi questo fenomeno evolutivo sta prendendo vigore anche da noi.
La diffusione delle informazioni su imprese e organizzazioni, sulle loro attività e sui loro prodotti e servizi mediante l'utilizzo di mezzi elettronici e l'aumento di efficacia ed efficienza dei sistemi impiegati dalle imprese per promuovere, sviluppare e consolidare le relazioni con i clienti presenti e futuri hanno modificato l'organizzazione e il funzionamento dei mercati in maniera quasi radicale.
Il commercio elettronico traccia un nuovo quadro nelle relazioni di mercato riguardanti il futuro della distribuzione. Cambiano le relazioni impresa-mercato soprattutto in virtù dei maggiori benefici che consumatori e organizzazioni possono conseguire grazie al progressivo affermarsi dei mercati elettronici:
-maggiore ampiezza di scelta;
-personalizzazione di prodotti e servizi;
-miglioramento del livello qualitativo dei servizi.
Più di quattrocento negozi, quarantatre supermercati, un giro d'affari da duemilaquattrocento miliardi nel '99 e che in tre anni potrebbero arrivare a trentamila.
E' vero che l'Italia è partita in ritardo ma pare che stia recuperando velocemente il tempo perduto soprattutto grazie ad alcune iniziative innovative che propongono prodotti di alta qualità a prezzi inferiori rispetto ai mercati tradizionali.
I cybershops nazionali si stanno moltiplicando e offrono on-line milioni di suggerimenti, occasioni ed offerte speciali.
Non tutti i siti che si dichiarano di e-commerce sono indicati per effettuare acquisti, a causa della scarsa protezione assicurata ai dati che il cliente deve fornire, primo fra tutti il numero della carta di credito.
Attualmente risulta conveniente affidarsi esclusivamente ai siti famosi. Ancora si da poca fiducia alla rete; si sono avuti parecchi problemi in questo senso relativamente alle mancate consegne, alla poca affidabilità, alle brutte sorprese.
Il fatto che il commercio elettronico imponga il passaggio da modelli di transazione ampliamente sedimentati ed automatizzati nella realtà quotidiana richiede oltre che una forte padronanza delle interfacce funzionali anche una adeguata capacità di gestire il capitale di fiducia che l'acquirente investe nel momento in cui decide di operare una transazione tramite Internet.
Il tutto rimane fortemente condizionato dalla forte esigenza di avere un contatto reale con il prodotto che si intende acquistare.
La convenienza economica che si potrebbe riscontrare nell'effettuare l'acquisto viene controbilanciata dalla mancanza di sicurezza e dalla poca fiducia riconosciuta al venditore virtuale.
Le nuove tecnologie, nel giro di pochissimo tempo, renderanno possibile accedere ad un insieme di beni potenzialmente infinito, realizzando l'interattività tra domanda ed offerta grazie appunto all'integrazione tra televisione, telefono e personal computer.
L'apporto della tecnologia nel definire il contenuto e le modalità di erogazione dei servizi commerciali ha come esito quello di consentire un'automazione più o meno spinta di una delle fasi fondamentali in cui si articola il processo di acquisto:
-assortimento;
-ordinazione;
-pagamento;
-consegna.
Oggi i prodotti più presenti in rete sono quelli del mondo della moda, degli alimentari e dell'informatica mentre scarseggia l'offerta di materiale per le cose e i beni durevoli.
Si lamenta la mancanza di un'ampia scelta di negozi virtuali la cui rete non tarderà ad intensificarsi nel giro di poco.
Internet altro non è che è un'opportunità di marketing interattivo e l'interazione fra fornitore e cliente, fra impresa e mercato è un'operazione che deve essere quotidianamente rivitalizzata.
Le imprese devono saper gestire l'opportunità di raggiungere il cliente finale riducendo e gestendo i possibili conflitti con la distribuzione che potrebbero creare situazioni critiche sul mercato tradizionale.
Ormai ci si è resi conto che Internet, per le aziende può rappresentare più di una “brochure telematica”, e può assumere valenze assai più ampie e rilevanti, capaci di influire su moltissimi aspetti diversi: dai rapporti con il trade e con i consumatori finali alla comunicazione con la stampa, dall’immagine istituzionale dell’azienda al suo impegno in campo culturale.
I distributori, senza sfiancarsi solamente in battaglie di resistenza, devono inventarsi un nuovo ruolo sul mercato, ridisegnando il proprio business ed utilizzando Internet come opportunità di servizi innovativi.
Anche la gestione del tempo affronta importanti cambiamenti a causa di Internet. La risposta al cliente, l’informazione, il servizio subiscono una forte richiesta di accelerazione nella rete, perché tutto avviene in tempo reale.
Con la presenza nel Web l’impresa deve programmare e predisporre una capacità di risposta diversa da quella a cui era abituata. Questa necessità la porta verso una nuova frontiera complessa e affascinante, quella della diffusione della comunicazione, dell’impresa aperta.
La necessità di rendere rapide le risposte, la velocità di rinnovo informativo, la facilità di accesso al mezzo di comunicazione, fanno si che una tendenza prevedibile inarrestabile sia quella della diffusione all’interno dell’impresa della capacità di comunicare.
Si pensa che l'affermazione del commercio elettronico possa attenuare anche gli effetti negativi derivanti dagli squilibri attualmente esistenti nella rete distributiva italiana.
La configurazione morfologica del territorio italiano rende spesso non conveniente l'apertura dei punti vendita specializzati in alcune zone a scarso potenziale.
L' “isolamento” commerciale di queste zone potrebbe essere superato soprattutto mediante interventi esigenti che creino i presupposti di natura tecnologica e culturale tramite, ad esempio, iniziative di formazione ed incentivi delle comunità locali per gli investimenti nell'e-commerce da parte delle imprese locali.
Attivando il commercio elettronico, Internet favorisce oltre che la presentazione di una migliore offerta al consumatore a distanza, anche la disponibilità di una struttura di rete interattiva e computerizzata che consente di impostare un'attività di marketing fortemente personalizzata. Le informazioni che intercorrono fra l'impresa e i suoi clienti sulla rete sono informazioni digitalizzate e come tali in grado di passare senza l'intervento umano dalla rete ai computer dell'impresa per gli utilizzi e le elaborazioni che più appaiono convenienti.
Il fatto che oggi la distribuzione possa essere gestita a partire da informazioni digitalizzate e a costi radicalmente diversi costringe ad un ripensamento profondo dei rapporti tra la configurazione tradizionale delle attività in questione e quella che è possibile con Internet e le tecnologie dell' Information Technology.
In alcuni casi i nuovi processi possono sostituire quelli tradizionali. In altri casi li sostituiscono parzialmente. In altri ancora vi si affiancano a complemento o ad ampliamento di gamma di prodotto, come accade allorchè una casa editrice di quotidiani usa l’infrastruttura Internet per affiancare l’edizione on line a quella cartacea.
La nuova economia non è un'invenzione: c'è davvero molto di nuovo, grazie alle tecnologie dell'Information Tecnology, nei modi di lavorare, di produrre, di competere, di fare la spesa e di rapportarsi rispetto agli altri.
Le ricerche sono continue nel settore, si ha sete di novità, di prodotti all’avanguardia; al momento, si ripone molta fiducia nelle possibilità di rendere i nuovi prodotti del mercato disponibili solo in rete, on line; il consumatore finale viene tutelato da una linea telefonica di assistenza dedicata.
4.13 E TOYS. Nell’ambito dei giocattoli, E Toys è il leader di mercato nel commercio elettronico di prodotti per bambini. Fondata da un ex manager della Walt Disney, Toby Lenk, e dal fondatore di “Idealab!”, Bill Gross, la società ha iniziato la sua attività nell’autunno del 1997. Dopo aver ottenuto un fatturato di 700.000 dollari nell’anno fiscale terminato nel marzo 1998, le vendite sono balzate a 30 milioni di dollari nell’anno successivo.
Fra aprile e dicembre del 1999, il fatturato è stato di 128 milioni di dollari, con un aumento del 500% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le perdite sono esplose anch’esse a causa dei fortissimi investimenti necessari al lancio del business.
Gli analisti che seguono il titolo sono fiduciosi nel futuro della società e ritengono che nei prossimi anni il fatturato aumenterà in maniera esponenziale e la società potrà essere in utile a partire dall’anno fiscale 2001-2002.
E Toys si è inserita in un mercato enorme (solo per i giocattoli vale più di 23 miliardi di dollari) presidiato da specialisti come “Toys “R” US” e “Fao Schwarz”, da mass retailers come “Wal-Mart”, da società attive nell’enterteinment che vendono merchandising per bambini presso negozi propri o in franchising (“Warner Bros” e “Walt Disney”). I limiti del commercio tradizionale sono rappresentati principalmente da un assortimento che, per quanto grande, è limitato dagli spazi fisici a disposizione, da una certa rigidità nelle politiche di merchandising e da un servizio al cliente che, specie nei negozi non specializzati, spesso rappresenta dei limiti in termini di qualità e competenza. Il successo di vendite di E Toys si basa sull’offerta al consumatore di un’esperienza di acquisto diversa e più appagante di quella tradizionale.
Ciò grazie allo sfruttamento delle possibilità messe a disposizione dal commercio elettronico.
E Toys mette a disposizione referenze a prezzi molto competitivi.
Una tale scelta sarebbe impossibile nei negozi tradizionali per motivi di spazio e di investimenti in capitale circolante necessari per mantenere un magazzino.
E Toys commercializza diverse categorie di prodotto:
• giocattoli sia delle marche più affermate (tipo Mattel, Hasbro, Lego) sia di aziende più piccole e specializzate (come ad esempio Playmobil);
• video per bambini, fra i quali quelli delle più popolari serie televisive;
• musica per bambini compresi i libri musicali, le fiabe registrate, colonne sonore e canzoni per Natale e le feste;
• videogames per le piattaforme più famose(Playstation, Nintendo, etc.) selezionati in modo da eliminare quelli non adatti ai bambini per i loro contenuti (ad esempio violenza, linguaggio usato);
• software con una forte specializzazione in quelli educativi.
Le possibilità offerte da Internet permettono ad E Toys di aggiornare in maniera dinamica e costante il mix di offerte al variare delle condizioni di mercato e di adottare politiche di merchandising flessibili, basate su varie promozioni che ruotano nel corso del tempo e consigli di acquisto continuamente aggiornati.
E TOYS
La fonte di questi dati è: Bilanci aziendali e stime BancBoston Robertson Stephens (settembre 1999)

Shopping experience
E Toys offre una piacevole esperienza di acquisto. Il sistema di interfaccia è intuitivo e disponibile 24 ore su 24. E’ basato su una serie di sezioni (giochi, video, libri) nell’ambito delle quali è facile rintracciare i prodotti desiderati grazie a sistemi di ricerca basati su parole chiavi o sulla possibilità di incrociare i dati sulla base dell’età del bambino, categoria di prodotto, marca, parole chiave e livelli di prezzo.
Al cliente viene offerta anche una serie di servizi accessori, primo fra tutti la possibilità di avere informazioni molto dettagliate riguardanti molti prodotti messi in vendita. Sono interessanti anche i consigli sui nuovi prodotti, offerte speciali, come ad esempio una lista di 200 prodotti sotto ai 20 dollari, o prodotti che hanno vinto premi. Utile è anche l’idea del servizio regali, tramite il quale si possono trovare consigli tarati sull’età del bambino e una scelta di carte per i pacchetti dono e di biglietti per l’accompagnamento.
E’ inoltre possibile, tramite il servizio Myetoys, creare un registro dei doni dove genitori e bambini possono lasciare liste dei desideri da inviare via e-mail a parenti ed amici in occasione di compleanni o festività. Myetoys offre inoltre un servizio che ricorda con tre settimane di anticipo i compleanni e una agenda degli indirizzi a cui il cliente ha mandato dei regali, che permette l’invio di nuovi doni senza dover ripetere l’intera procedura di iscrizione.
Esiste anche un servizio di assistenza al cliente on line, tramite la funzione help, con la quale è possibile ottenere tutte le informazioni riguardanti la ricerca, l’acquisto e la restituzione del prodotto, così come le garanzie, i prezzi e le modalità di spedizione. E’ comunque possibile anche avere informazioni telefoniche chiamando il numero verde della società.
L’acquisto avviene tramite il bottone order now, con il quale è possibile riempire o svuotare il carrello virtuale del cliente. Questa funzione è collegata direttamente con l’inventario di E Toys ed è perciò immediatamente possibile per il cliente sapere se il prodotto è disponibile o meno.
In caso negativo, esiste un servizio che lo avverte e-mail quando il prodotto è in assortimento. La funzione check-out permette di verificare l’importo totale dell’ordine e le modalità di spedizione prescelte prima della conferma definitiva.
Il pagamento viene effettuato tramite carta di credito. L’importo viene addebitato solo al momento della spedizione, che di solito è effettuata entro due giorni lavorativi dal ricevimento dell’ordine. L’ordine viene comunque confermato via e-mail entro pochi minuti dal suo ricevimento ed è possibile effettuarne una politica di restituzione dei soldi nel caso in cui l’articolo acquistato non sia di gradimento del cliente.
Strategie di crescita
La strategia di crescita di E Toys è molto chiara. La società intende diventare l’e-tailer di riferimento a livello mondiale per quanto riguarda i prodotti rivolti all’infanzia. Il modo prescelto per accrescere il traffico sul sito ed il parco clienti è la creazione di una fortissima notorietà di marchio tramite pesanti investimenti sia sui media tradizionali che su Internet. Il target di riferimento è quello delle madri, che sono il decisore e l’inflenzatore principale per quanto riguarda gli acquisti dei prodotti trattati da questo retailer.
Accanto al lavoro effettuato per accrescere la notorietà di marchio ed il flusso dei clienti, E Toys ricerca tutte le opportunità per ottenere vendite addizionali presso i clienti fidelizzati. Per conseguire questo obiettivo, conta su tutte le tecniche di direct marketing, sulla estensione delle categorie di prodotto e del numero di prodotti venduti nelle categorie già esistenti.
Altre modalità di crescita aziendale saranno le acquisizioni di business complementari dove possano essere sviluppate sinergie con il parco clienti di E Toys e l’internazionalizzazione. Un primo passo in questo senso è stato fatto con l’apertura del sito di E Toys anche in Inghilterra, che nelle intenzioni della compagnia rappresenta il puinto di partenza per estendere la sua presenza ad altri mercati europei.
Negli ultimi mesi ha anche stretto importanti accordi strategici di comarketing e commercializzazione dei suoi prodotti con America on line per quanto riguarda il mercato americano e Freeserve, il maggior Internet Provider inglese, per il mercato britannico.
Per raccogliere gli ingenti mezzi finanziari necessari alla realizzazione della sua strategia, E Toys è stata quotata in borsa nel maggio del 1999 raccogliendo circa 170 milioni di dollari.
Questo distributore ha indubbi vantaggi competitivi su Internet dovuti al fatto di essere un pioniere del settore, ai forti rapporti con i produttori, ad un buon management ed un grande potenziale di diversificazione del business in settori correlati e di internazionalizzazione. Nonostante una concorrenza su Internet che si sta facendo via via più dura (nuovi e-tailers specializzati, portali internet che organizzano un proprio servizio di vendita, produttori che aprono negozi on line e catene specializzate che hanno iniziato a vendere anche on line) la probabilità che E Toys si trasformi in uno dei primi category killer presenti sulla rete piuttosto forte.
Capitolo 5
NUOVE TECNOLOGIE EVOLUTIVE
Il settore dei giocattoli può essere considerato un settore maturo, radicato nel mondo dell’economia; le innovazioni di cui necessita sono innovazioni di processo e non di prodotto.
Al suo interno, ciò che è veramente importante, è la possibilità di predisporre nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che siano al passo con i tempi, che consentano di valorizzare il più possibile la performance distributiva e che rendano sempre più intensa la collaborazione tra industria e distribuzione.
Data la complessità del settore, è importante poter conoscere dettagliatamente tutti gli aspetti delle varie realtà aziendali; esse sono fra loro altamente interrelate e uno studio mirato non può focalizzarsi esclusivamente sulle specificità di una sola divisione (sia essa la produzione o la gestione delle risorse umane); in particolare, va presa in considerazione l’interdipendenza tra la logistica e la distribuzione.
Una soluzione oggi disponibile è l’Electronic Date interchange:
esso consente di differenziare l’offerta e di scegliere un posizionamento che possa essere percepito dal consumatore e dal mercato, come distintivo per l’azienda che lo adotta. In concreto, si raccolgono e si scambiano reciprocamente le informazioni; i dati relativi alle vendite possono essere condivisi, così come gli andamenti delle azioni promozionali e gli orientamenti dei consumatori.
Gli unici fattori che possono frenare uno sviluppo in tal senso sono:
-la cultura del management, e più precisamente il grado e il livello di attenzione al valore delle soluzioni tecnologiche,
-l’evoluzione dei sistemi informatici aziendali;
-la carenza di competenze specifiche.
Altre soluzioni innovative al settore realizzabili sul versante dei processi esterni sono i collegamenti diretti tra produttori e distributori in termini di trasmissione ordini (Crp: Continuos replenishment program) e di trasmissione fatture.
In questi casi migliora la performance aziendale riducendo il ciclo temporale dell’ordine (fast perfect order). Il vero salto innovativo non riguarda più soli i processi di tipo amministrativo, ma piuttosto quelli per lo sviluppo delle partnership e finalizzati alla riprogettazione della supply chain, la catena di fornitura dei prodotti, orientata sul consumatore.
A seguito della globalizzazione dei mercati, raggiungere e mantenere la massima efficienza, riducendo costantemente i costi e offrendo prodotti e servizio eccellenti, il tutto in tempi sempre più ridotti, è diventata una priorità.
Con la Supply Chain, è divenuto possibile automatizzare tutti gli scambi e i rapporti con i clienti, i fornitori, i clienti dei clienti e i fornitori dei fornitori; ciò facendo anche un largo utilizzo di Internet e delle Extranet. Prendendo in considerazione tutte le fasi di approvvigionamento, fabbricazione, trasporto e consegna dei beni, dal produttore al cliente finale, nella supply chain la distribuzione si trova ad occupare posizioni di sempre maggior rilievo.
Con l’avvento degli ERP (Enterprise Resource Planning), la soluzione gestionale è diventata protagonista di tutte le realtà aziendali.
Come nel passato, sia nell’hardware sia nel software, in particolar modo le grandi aziende, cercano di evitare di affidarsi ad un unico fornitore, così indispensabile per le piccole e medie aziende; esse preferiscono ricorrere ai moderni sistemi gestionali integrati che, tramite applicazioni software multimodulo, consentono di gestire in modo integrato tutti i sottosistemi gestionali ed amministrativi.
Capitolo 6
TUTELA DELLA QUALITA’
Una breve parentesi va poi fatta nell’affrontare il tema della tutela della qualità.
E’ importante che ci sia collaborazione anche da parte dei consumatori, e quindi di genitori e bambini. Per codificare e favorire questa interazione, la legge ha previsto il marchio Ce, mediante il quale il fabbricante, con una sorta di autocertificazione, attesta sotto la sua responsabilità che il giocattolo è conforme ai requisiti essenziali previsti dalla legge. Il marchio può essere attribuito anche ad un giocattolo che pur essendo sicuro, non è previsto da nessuna delle norme tecniche vigenti.
In questo caso, occorre che un laboratorio autorizzato dal Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, esamini un campione del giocattolo e ne certifichi di volta in volta l’effettiva sicurezza. Per favorire una maggiore tutela, nel 1981 Assogiocattoli aveva richiesto di rendere obbligatorio il controllo da parte di un organismo autorizzato, ma il Ministero ha respinto la domanda in quanto una procedura così rigorosa poteva riguardare solo i prodotti farmaceutici.
Il marchio Ce rimane, comunque, il cardine su cui poggia tutto il sistema di tutela che la legge ha predisposto in difesa della salute dei bambini. La sua illegittimità comporta il ritiro dal mercato, l’arresto fino a sei mesi e un’ammenda da 5 a 30 milioni “salvo che il fatto non costituisca un reato più grave”.
E pur in mancanza di frode, è altrettanto grave la commercializzazione dei giocattoli privi di marchio, punita dalla legge con un’ammenda da 1 a 40 milioni.
Per verificare l’effettiva conformità di tutti i giocattoli prodotti alle norme in materia di sicurezza, il Ministero dell’Industria dispone, inoltre, della facoltà di ordinare, anche durante la commercializzazione, controlli e accertamenti presso i siti produttivi e i magazzini del fabbricante.
Dalla collaborazione tra Assogiocattoli, l’Istituto Sicurezza dei Giocattoli e la Direzione Generale per l’Armonizzazione e la tutela del Mercato è nata “La Guida alla Normativa sulla Sicurezza dei Giocattoli”; essa contiene utili informazioni sulle norme alle quali i giocattoli sicuri devono essere sottoposti. Una parte è dedicata agli enti di controllo, ai produttori e agli importatori: in essa vengono specificate norme, obblighi e sanzioni previste dalla legge; un’altra è dedicata a genitori ed educatori: vengono indicati i giochi più adatti alle diverse età del bambino.
Un’azienda che si è attenuta al rispetto delle norme per la sicurezza è la Hasbro, che per la realizzazione della Playskool, una linea di giocattoli per l’infanzia, ha addirittura creato il laboratorio FunLab avente lo scopo di testare con l’aiuto dei bambini, i consumatori finali, la bontà delle idee e la giocabilità dei prodotti. Attraverso una rete di negozi specializzati (i “Playskool Center”) e un catalogo inviato ogni anno a circa 150.000 mamme, Hasbro fornisce ai genitori italiani tutte le informazioni necessarie per scegliere i prodotti più giusti in relazione all’età del bambino e alle sue necessità psicomotorie.
Anche la Trudi, del resto, con la certificazione del Sistema Qualità relative a “Progettazione, vendita, gestione e controllo della produzione esterna di giocattoli in peluche su disegno proprio e su licenza”, attenendosi alle norme UNI EN ISO 9001, si è dimostrata impegnata alla tutela e al controllo di qualità e sicurezza. Sin dagli anni ’80, per la certificazione CEE, l’azienda si avvale dei Laboratori Wolff di Clichy, in Francia, e dal 1997, del TUV di Monaco attualmente presente con il proprio marchio sulla linea di prodotti cavalcabili e destinato ad estendersi all’intera collezione Trudi. I benefici alla clientela sono assicurati.
Capitolo 7
TECNICHE DI SUB-APPALTO
I giocattoli, proprio perché rivolti ai bambini e associabili, in quanto tali, ad un bel regalo, ad un dono divertente, non farebbero mai pensare a dei retroscena reconditi oscuri e illegali. Ma qual è l’altra faccia del pianeta giocattoli?
Ormai da tempo è in atto il decentramento produttivo di numerose fasi di lavorazione; la maggior parte dei giocattoli sono “Made in China”: vengono prodotti in China, Taiwan, Indonesia, quante volte ci si è domandati come vengano prodotti e da chi, quante volte ci si è preoccupati delle condizioni di vita di chi li produce, dei loro problemi di sopravvivenza…
Effettivamente la verità, accuratamente tenuta nascosta, è piuttosto terrificante.
Condizioni di lavoro disumane, orari impossibili, misure di sicurezza inadeguate, salari miseri, danni alla salute dei lavoratori, repressione sindacale, sono alcune delle più evidenti “contraddizioni” tipiche dell’industria dei giocattoli nel Sudest asiatico.
Contraddizioni che solo nel 1993 hanno prodotto almeno due incidenti gravissimi:
- uno a Shenzhen, piccola cittadina cinese a ridosso di Hong Kong, il 19 novembre, generato dall’incendio della fabbrica Zhili, di proprietà di una società di Hong Kong (la Tri-Co Industrial Ltd.) che produceva giocattoli per la Chicco, con 87 operaie morte carbonizzate e circa 40 ferite, dieci delle quali gravemente ustionate, tanto da rimanere invalide per il resto della vita;
- uno in Thailandia il 10 maggio a causa dell’incendio della fabbrica Kader, dove morirono 188 lavoratori.
Da tempo ormai le più grandi multinazionali hanno trasferito le loro produzioni in questi paesi, tenendo la proprietà dei marchi e concedendo le licenze a fabbriche locali: accade così che mentre le prime 6 più grandi compagnie di giocattoli del mondo sono americane e giapponesi (Mattel, Hasbro, Sega, Nintendo), i più grossi produttori sono in realtà fabbriche situate in paesi come Cina, Thailandia, Malesia, Filippine, Indonesia, dove la manodopera a basso costo può venire adeguatamente sfruttata, i salari arrivano ad essere anche venti volte più bassi, aumentando a dismisura il tasso di profitto. Le grandi imprese, in questo modo, si orientano ad essere sempre più imprese commerciali e sempre meno imprese produttive; il vantaggio sta nella possibilità di poter evitare tutti i rischi legati alla produzione e di non assumersi nessuna responsabilità rispetto alle condizioni dei lavoratori. I paesi asiatici, dal canto loro hanno fatto della produzione su contratto la loro specialità; gli artefici del sistema sono i governi locali e società originarie di Hong Kong, Taiwan e Corea del Sud. Mentre i primi garantiscono vantaggi fiscali, basse paghe e uno stato poliziesco per tenere a bada i lavoratori, le seconde mettono i capitali per aprire gli stabilimenti. Alle fine sono tutti soddisfatti: i governi perché hanno richiamato capitale straniero che consolida il loro potere, le multinazionali asiatiche perché possono disporre di un’abbondante mano d’opera da sfruttare e le multinazionali europee e americane perché possono ottenere i loro prodotti a prezzi irrisori evitando ogni rischio e ogni responsabilità.
Coloro che ne escono perdenti da questo quadretto “quasi perfetto” sono i lavoratori del sud, che sono trattati in maniera quasi schiavistica, sono costretti a fare orari massacranti in cambio di salari da fame e a lavorare in fabbriche che mettono a rischio la loro vita.
Una soluzione da tempo pensata al problema delle ingiustizie e del miglioramento delle condizioni di lavoro, può essere il boicottaggio dei giocattoli prodotti nel sud est asiatico: si tratta di un piccolo contributo con il quale si può aiutare il Sud del mondo ad uscire dall’ingiustizia.
In tutto il mondo è tuttora in corso una campagna internazionale per indurre tutte le imprese di giocattoli ad adottare un codice di condotta che le impegni a rifornirsi solo da produttori locali che rispettano i fondamentali diritti dei lavoratori. In Inghilterra il sindacato e le associazioni umanitarie hanno già raggiunto un accordo con l’associazione dei produttori di giocattoli ed è importante raggiungere lo stesso obiettivo anche in Italia.
Importanti imprese italiane che hanno voluto adottare questa tecnica del “sub-appalto” sono la Chicco, la Trudi, la Gig, la Giochi Preziosi.
Capitolo 8
CASI AZIENDALI
Viene di seguito elencata una serie di casi aziendali messi a confronto per quelli che sono la loro politica di distribuzione, la loro strategia di mercato (prezzo, pubblicità, tipologie di prodotto), il business di riferimento, gli obiettivi per il futuro, il merchandising e la struttura del punto vendita: in poche parole la loro chiave di successo.
Ovviamente, si tratta di industrie di primaria importanza che si sono conquistate una meritata fama, anche all’estero, per l’alta qualità e l’assoluta sicurezza dei prodotti.
I canali di vendita al dettaglio cercano sempre, ovviamente poi, in riferimento al tipo di configurazione scelta, di garantire al cliente un trattamento migliore in termini di:
• DISPLAY (esposizione del prodotto sugli scaffali: il distributore tende a privilegiare le marche più note perchè hanno un maggiore potere attrattivo sulla clientela);
• PROMOZIONE DEL MARCHIO (il distributore tende a privilegiare il proprio marchio, soprattutto se è un operatore di una grande catena distributiva);
• MERCHANDISING (commercializzazione, anche a soli fini promozionali, di prodotti diversi da quello di riferimento, ma a esso collegati dal “nome”).
Il primo gruppo di imprese studiate (ARTSANA, DIDDLE, GIG, GIOCHI PREZIOSI, HASBRO, LEGO, MATTEL, NATURA & CO.) raccoglie per lo più imprese direttamente coinvolte nel canale distributivo che preferiscono non ricorrere ad intermediari esterni e che o si organizzano in negozi monomarca o preferiscono affidarsi ai propri agenti monomandatari.
Il secondo (BIEMME, CLEMENTONI, GRAZIOLI, QUERCETTI, SEVI, TRUDI, TT TOYS) invece, si distingue per l’orientamento prettamente rivolto alla produzione del prodotto e ancora ancorato ad una rete di vendita a stampo tradizionale.
Questa dicotomia imprese produttrici/distributrici e imprese solo produttrici è assai utile anche nel voler attuare un’analisi dei concorrenti mirata; ciò al fine di:
-prevedere le strategie e le decisioni future dei concorrenti,
-prefigurare le probabili reazioni di un concorrente alle iniziative strategiche dell’impresa,
-determinare come sia possibile influenzare il comportamento dei concorrenti.
8.1 ARTSANA
STORIA Nei suoi quasi 50 anni di attività, l’Artsana è diventata una delle più importanti aziende mondiali nel settore dei prodotti igenico-sanitari e in quello della puericoltura, con un fatturato (per i soli giochi) di 230 miliardi nel 1994.
Fondata nel 1946 da Piero Catelli, che da piccolo grossista di articoli sanitari aveva deciso di iniziarli a produrre, la società di Carnate (CO) opera oggi in diversi settori con vari marchi e, per la linea prima infanzia, fin dal 1959, si è presentata sui mercati mondiali con il nome CHICCO (un marchio nato in contemporanea con il figlio, Enrico, detto Chicco, che oggi si occupa della logistica del gruppo).
Avvalendosi del lavoro di circa 5500 dipendenti e di società di produzione con manodopera specializzata per abbigliamento, scarpine, plastica stampata, metallo, cartotecnica (l’occupazione indotta pare sia praticamente incalcolabile), il gruppo ha adottato una politica di vendita diretta aprendo, dal 1985, i centri Tuttochicco (attualmente 120 negozi in Italia), dove si può trovare tutto quello che serve al bambino da 0 a 12 anni.
Sono 16 le unità produttive (tutte nel Nord Italia, tranne una ad Ortona, vicino Chieti) ciascuna con una sua precisa specializzazione nella produzione, che comunque confluisce tutta a Grandate.
La società esporta in 108 paesi e ha realizzato stabilimenti e punti vendita in Spagna, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Svizzera e Portogallo. Di recente sono stati aperti negozi anche in Giappone, Hong Kong, Taiwan e Venezuela.
Nel 1995 Artsana si è aggiudicata il Premio Mariani per il giocattolo dell’anno con Chicco Scool, un gioco a forma di casetta, con una porta che diventa una lavagna per disegnare e scrivere, dotata di contenitori con ventuno forme base (cerchio, quadrato, triangolo, ecc.) per comporre e scomporre schede illustrative sui cui disegni si possono sovrapporre le forme geometriche creando figure si animali, veicoli e oggetti. In questo modo il bambino è invitato a dare libero sfogo alla propria creatività, a disegnare e a comporre forme.
ATTUALE STRATEGIA DI MERCATO DELLA CHICCO. La realtà della Chicco è oggi mutevole e complessa; agli inizi del 1998, la piccola ditta di Casorate è stata assorbita dal gruppo Artsana di Como: nel giro di poco tempo tutti gli uffici amministrativi e commerciali sono stati spostati, anche l’impegno di salvare le centinaia di posti di lavoro da essa garantiti è stato mantenuto.
Il tragico episodio dell’incendio del 1993 a Shenzhen sottopose la Chicco ad un vero e proprio scandalo.
L’opinione pubblica, sia italiana che internazionale era dell’idea che la Chicco dovesse assumersi le sue responsabilità circa il risarcimento alle vittime, al pari della Zhili. Pur dichiarandosi inizialmente favorevole, in realtà l’Artsana, alla quale la stessa Chicco faceva capo, non ha mai sborsato una lira per motivi che non sono ben chiari; solo in seguito ad una accesa campagna da parte di Giochi Leali affinché la Chicco uscisse dallo stretto mutismo in cui si era chiusa, si è impegnata a firmare un accordo con le organizzazioni sindacali e ad aiutare le famiglie delle vittime.
L’accordo contiene anche la promessa di voler adottare un codice di condotta che la impegna ad appaltare la produzione in Asia solo alle imprese che rispettano i fondamentali diritti dei lavoratori previsti dalle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
Della lavorazione affidata ai terzi non è stata fatta parola lo scorso 15 aprile alla grande festa di compleanno di Piero Catelli, il fondatore di Artsana, dove sono stati presentati una serie di novità aziendali e un vero e proprio museo di giochi per i bambini. L’intento era quello di mostrare ai bambini del 2000 come giocavano i loro nonni, quali fossero i giocattoli, le loro fantasie infantili.
Il nuovo sito aziendale della Artsana avrà una grande ambizione, a detta dei suoi curatori: quella di diventare una casa virtuale delle famiglie per i suoi prodotti di grande prestigio ed utilità.
STATISTICHE DI MERCATO . Il gruppo nel 1999 ha fatturato 2.600 miliardi di lire, e il 75% delle vendite Artsana riguarda il settore bimbi, con i marchi Chicco e Prenatal (acquisito nel 1996); il 20% del fatturato è nel settore sanitario (con i marchi Pic, Serenity e Control) e il 5% nella cosmetica, con i marchi Lycia (dal nome della moglie) e Korff.
8.2 DIDDLE Crems distribuzione s.r.l.
STRATEGIE DI MERCATO. Dall’analisi di questa importante azienda di distribuzione napoletana, impegnata prevalentemente nel mercato dei peluche e degli articoli da regalo, sono emerse alcune importanti informazioni.
La distribuzione dei prodotti è articolata in fasi :
1. Acquisizione da parte degli agenti degli ordini presso i singoli punti vendita e conseguente invio di essi in azienda tramite computer o fax.
2. Controllo degli ordini ed acquisizione degli stessi.
3. Invio dell’ordine in magazzino - impacchettamento della merce- fatturazione della merce, spedizione tramite corriere espresso (Bartolini, Ups) ai clienti.
4. Al momento non viene seguito alcun criterio Lifo o Fifo per l’uscita della merce essendo il magazzino di per sé in grado di avere una rotazione pari a 3-4 volte durante un anno.
Gli agenti della Diddle non sono monomandatari e per il loro lavoro percepiscono una provvigione che viene liquidata trimestralmente.
Per quanto riguarda l’acquisizione dei prodotti va detto che i mercati di approvvigionamento, come già ampliamente affermato in precedenza, fatta esclusione per la Germania, sono per lo più concentrati in Estremo Oriente.
Il recapito avviene via mare in container; si rendono opportune le necessarie operazioni doganali.
A partire dal 3 giugno 1998 L.159, è stato tolto il contingentamento per le importazioni dei giocattoli provenienti dalla Cina, pertanto si è potuto acquistare senza più limitazioni con il solo obbligo di richiedere l’emissione di un documento di vigilanza che ha uno scopo più statistico per lo stato che limitativo.
In passato la questione dei contingentamenti aveva avuto forti ripercussioni in termini di responsabilità per il mercato arrivando in alcuni paesi ad impedire la commercializzazione degli articoli.
STATISTICHE DI MERCATO. In termini statistici i risultati produttivi della Diddle si stanno rilevando notevolmente interessanti e in continua crescita; l’anno 1998 si è chiuso con un aumento del fatturato di oltre il 100%; il volume d’affari dei primi cinque mesi del 1999 in raffronto allo stesso periodo del 1998 è aumentato del 130%.
E’ aumentato il numero dei prodotti ma soprattutto si sono consolidati quelli che sono gli articoli principali.
E’ stato fondamentale l’essere riusciti a garantire a quest’articolo una elevata rotazione all’interno del punto vendita. La struttura portante di questo marchio grazie ai buoni margini per il cliente sono diventati tutti quei prodotti di notevole interesse per potenziale di vendita e consumo da parte dell’utente finale:
biglietti, cartoline, portachiavi, peluche, tazze, miniature…
In chiave ottimistica, ciascun prodotto del catalogo si ritiene abbia il potenziale per diventare un buon business.
Il successo di questa azienda divenuta in poco tempo una delle più importanti del settore è stato soprattutto determinato dal forte entusiasmo e dalla costante convinzione che il prodotto abbia successo.
PROGETTI PER IL FUTURO. Per il futuro si avverte l’esigenza di adeguare le modalità di ricezione e di impegno degli ordini ricevuti giorno per giorno, e quindi di creare un programma di gestione informatica che permette di ridurre notevolmente i tempi di evasione della merce e di tenere sotto controllo sia il magazzino sia la situazione finanziaria relativa a ciascun cliente.
8.3 Linea GIG
STRATEGIA DI MERCATO. I veri punti di forza del gruppo Gig sono stati da sempre offerta, distribuzione e comunicazione. Il gruppo ha da subito avvertito l’esigenza di adeguarsi ai principali cambiamenti del mercato.
Il commercio gravita sempre più su complesse forme organizzate e l’offerta si va globalizzando: il giocattolo è sempre più legato a fenomeni di costume, ad eventi multimediali e alla proposta di linee derivate da serial tv per ragazzi. Per il prodotto il monitoraggio delle tendenze e delle correnti concettuali che attraversano l’universo infantile e giovanile, permette di cogliere e fenomeni emergenti: da qui inizia, attraverso accordi di partnership con i maggiori fabbricanti mondiali, la ricerca di novità e un’opera di sviluppo per rendere le linee coerenti con le esigenze del mercato italiano.
Il giro d’affari della GIG nel ‘97 era salito a 384 mld ma l’esercizio ha chiuso con una perdita del 2,3%. Il gruppo fiorentino ha anche controllato per un certo periodo di tempo le attività della catena di 24 punti vendita Toys “R” Us che hanno realizzato ricavi per 100mld.
SITUAZIONE ATTUALE. Pare sia stata proprio la gestione di una catena di così grandi superfici, leader negli Stati Uniti nella distribuzione specializzata nel settore dei giocattoli, nettamente peggiorata nel 98, a fare affondare il gruppo Linea GIG costringendone gli amministratori delegati a chiedere il concordato preventivo.
Nel ‘98 il fatturato della GIG era stato pari a 570 mld di lire; il gruppo operava attraverso una propria catena in franchising, 600 punti di vendita affiliati con insegna Amico Giò, selezionati secondo una filosofia che guarda alla professionalità e al servizio verso il consumatore. La copertura delle diverse aree geografiche nazionali era uniforme.
Gli esercenti che decidono di entrare in Amico Giò mantengono la propria autonomia imprenditoriale, usufruendo al contempo dei vantaggi che derivano dall’affiliazione: condizioni commerciali di favore, prodotti selezionati ed esclusivi, supporti di merchandising, pubblicità nazionale e locale condotta in modo mirato.
Nella primavera dello scorso anno, al termine della lunga crisi che aveva portato l’azienda sull’orlo del fallimento, la Gig è stata acquisita dalla Giochi Preziosi.
8.4 GIOCHI PREZIOSI
STORIA. Nasce sul finire degli anni Settanta. All’iniziale attività di commercio all’ingrosso, affianca ben presto innovative strategie di marketing che le consentono di far fronte con successo alle nuove esigenze di un settore in fase di trasformazione. Sempre al passo con i tempi, il gruppo si è rivelato sin da subito in grado di associare al gioco altri interessi extra-ludici: la passione nei confronti dello sport di grandi e piccini ha creato il presupposto per lo sviluppo di linee di giocattoli ispirate a diverse squadre di calcio; il cinema ha fornito numerosi spunti per la realizzazione di articoli nuovi.
STRATEGIA DI MERCATO. Oggi è uno dei più importanti produttori italiani e si sta avviando a diventare leader anche in campo distributivo; un punto fisso nel mondo dei giocattoli con una struttura in grado di offrire un servizio qualificato sia ai grossisti che ai negozianti che alla grande distribuzione.
Attraverso il controllo o l’acquisizione di specifiche aziende di giocattoli quali Migliorati, Harbert, Ceppiratti, Auguri Mondadori e Linea GIG e la creazione di nuove realtà specifiche, Giochi Preziosi si è evoluta diventando l’attuale gruppo che comprende sia organizzazioni commerciali e produttrici sia distributrici con una copertura a 360 gradi all’intero del settore del giocattolo:
• prima infanzia e prescolari
• bambole e giochi per bambine
• personaggi d’azione e pupazzi
• peluche
• giochi educativi e di società
• radiocomandi
Il Gruppo Giochi Preziosi ha esteso la propria attività anche ad altre categorie: videogiochi, giochi elettronici, orologi, libri, home-video per bambini, zaini, cartelle, articoli per la scuola, maschere e costumi di carnevale, articoli per la spiaggia e il tempo libero, scarpe.
Il gruppo si presenta come leader nel proprio mercato vantando un fatturato di circa settecento miliardi e oltre trecento dipendenti. Nuovi progetti e nuove opportunità significano sempre più la necessità di operare in un ambiente internazionale. I mercati internazionali costituiscono una delle nuove frontiere del gruppo che presuppone una presenza con proprie filiali anche all’estero: Hong Kong, Usa e gestione diretta della sede italiana del mercato tedesco.
Il gruppo Giochi Preziosi è diventato anche il punto di riferimento in Italia per le più importanti aziende mondiali del settore. Aziende come MB, Hasbro, Toy Biz, Toy Island, Nintendo, Tormy, Branday, Playmates, trovano in Giochi Preziosi il partner ideale a cui affidare la distribuzione in esclusiva dei loro prodotti sul mercato italiano. Leadership, originalità, creatività, innovazione, qualità, customer care, sinergie: queste sono le parole chiave del loro successo.
STATISTICHE DI MERCATO. Nel ‘97 la Giochi Preziosi ha conseguito un fatturato pari a 310 mld (+19% rispetto al 96) con utili pari al 3,1%. Alla fine del ‘98 l’azienda ha avviato un progetto di fusione con Linea GIG, ora Nuova Ceppi Ratti, conclusosi appena un anno fa. Esso prevede, per l’appunto, un contratto di affitto temporaneo con l’impegno di acquisizione delle sue attività per un controvalore di 35 mld. In tal modo nasce in Italia un colosso del giocattolo con un giro d’affari di oltre 700 mld. Con l’acquisizione di Linea GIG, Giochi Preziosi si è impadronita sia delle attività produttive che facevano capo all’azienda toscana sia delle sue ramificazioni distributive, costituite da attività all’ingrosso e al dettaglio.
La Giochi Preziosi, oggi, in seguito alla fusione, detiene anche l’esclusiva dei prodotti Nintendo: Game Boy e la consolle N64.
Game Boy è leader nel mercato dei game system portatili. N64 ha segnato il passo a favore di Sony Playstation che utilizza, invece delle cartucce, la tecnologia vincente dei Cd-rom.
CICLO DI PRODUZIONE. Indagando presso alcuni rivenditori dei prodotti Giochi Preziosi è emerso che il ciclo di produzione è organizzato per fasi:
si preoccupa inizialmente di progettare un nuovo prodotto e poi dopo averne realizzato il bozzetto e magari richiesto il brevetto, interpella un suo ipotetico agente ad Hong Kong affinché possa trovare un’impresa insediata in un paese asiatico, disposta a realizzare la produzione al prezzo più basso possibile. I giocattoli vengono così acquistati a prezzi stracciati e poi rivenduti ai dettaglianti (anche italiani) ad un prezzo proporzionalmente esagerato.
Il tramite di mediazione tra produttori e dettaglianti sono gli agenti, i distributori, i rappresentanti (comunque dei soggetti legati da vincoli contrattuali con l’impresa madre); costoro presentano i loro prodotti e le novità tramite cataloghi, elenchi ma soprattutto tramite campionari.
Il loro comportamento è subordinato all’importanza, al fatturato del dettagliante finale; non sorprende il fatto che il loro interesse è soprattutto rivolto ai grandi empori, alle catene di distribuzione specializzate piuttosto che ai dettaglianti indipendenti tradizionali; delle volte sono i negozianti che inseguono loro!!
La distribuzione dei giocattoli Giochi Preziosi è affidata, ormai da più di un decennio, a due capillari catene in franchising: Giocheria (alla quale aderiscono tutti i negozianti che vendono i prodotti di questa marca, oltre a tutte le altre presenti sul mercato; se ne contano circa 250 punti vendita, di cui 4 sono presenti all’estero) e Amico Giò (600 negozi) rilevata da GIG. La superficie media del punto vendita è di piccole dimensioni, circa 200 mq, a eccezione di alcuni negozi situati in provincia, che arrivano comunque al massimo a una superficie di poco inferiore ai 400 mq. L’ubicazione ottimale si ritiene siano le vie pedonali e i centri commerciali; il bacino di utenza prevede una popolazione minima di 30.000 individui, l’investimento iniziale non è inferi ore ad 1.000.000 e il fatturato medio annuo è di circa 650.000.000.
PROGETTI PER IL FUTURO. I propositi per il futuro sono quelli di dimostrare un forte interessamento anche ai giochi interattivi: di recente è stato proposto sul mercato il C-Watch, un orologio digitale a cristalli liquidi che interagisce con la persona attraverso un’immagine animata: ammicca, parla, vanta un repertorio di 15 frasi che si associano a differenti suoni.
Ora, l’impegno maggiore del gruppo Giochi Preziosi è quello di riorganizzare la gestione della Toys Service, la società che curava in Italia lo sviluppo di Toys “R” Us frutto di un accordo tra il gruppo statunitense e GIG.
Sono sempre più frequenti le voci di una possibile acquisizione di Toys Center, azienda ancora in deficit nel 1998 per 11 miliardi a fronte di circa 200 di fatturato.
TOYS CENTER. Il gruppo Fininvest, proprietario dell’azienda, aveva annunciato la scorsa estate un importante piano per raddrizzare i conti della controllata che aveva acquisito solo da qualche anno contemporaneamente ad un altro importante nome della distribuzione, la Blockbuster video. Il piano prevedeva un sostanziale blocco dello sviluppo ed una maggiore concentrazione sulla ristrutturazione di buona parte dei 43 punti vendita oggi esistenti.
La Holding dei giochi, è questo il nome dell’azienda operante con l’insegna Toys Center, nel 97 con Blockbuster era riuscita a realizzare vendite complessive per 250 miliardi di lire; da sola, con i suoi 43 punti vendita, ha raggiunto un fatturato pari a 176 miliardi di lire (+20% rispetto all’anno precedente).
L’obiettivo per il ‘98 era di arrivare a 220 miliardi di lire di fatturato e ad un 9% di quota di mercato.
Ora, dopo diverse ed interessanti mosse strategiche, quali l’acquisizione di due importanti nomi del settore “Toy Service” e “Supertoys” (due aziende caratterizzate dallo stesso format e layout perchè originariamente creata dalla stessa persona, Antonio Agosti), non essendo riuscito a divenire leader italiano del comparto, il gruppo Fininvest ha deciso di mettere in vendita l’azienda: ha abbandonato i programmi di integrazione con altre catene del gruppo e non ritenendo più rilevante l’insegna per le strategie future della società della famiglia Berlusconi, ha preferito restituirla al mercato. E’ qui he entra in ballo la Giochi Preziosi.
DISTRIBUZIONE. Per quanto concerne la distribuzione, oggi la Giochi Preziosi si sta movendo allestendo dei negozi monomarca al cui interno si possono trovare esclusivamente giocattoli Giochi Preziosi (no Mattel, no Hasbro, no Chicco, no Fisher Price…); in un certo senso, questa innovazione pare voglia rifarsi ad una atipica forma di franchising.
Nel giro di pochi mesi la Giochi Preziosi ha rastrellato tutte le attività di distribuzione specializzata presenti in Italia.
Il suo obiettivo è quello di poter realizzare una realtà integrata, un colosso nella distribuzione dei giocattoli. In realtà non si tratta affatto di una “missione impossibile” visto che sia per le grandi superfici specializzate che per il piccolo dettaglio, la distribuzione nel settore si presenta in Italia piuttosto concentrata.
Con tutto ciò che ha in mano, le attività distributive della GIG e quelle di Holding dei giochi, il gruppo Giochi Preziosi, ha oggi le potenzialità per realizzare un gruppo distributivo in grado di sviluppare fino a 1.000 miliardi di fatturato, di rilevanza europea e di operare in tutti i segmenti di attività.
Gli effetti delle integrazioni avvenute a monte e a valle nel gruppo non sono prevedibili ma risulta evidente una certa inquietudine da parte sia delle aziende di produzione sia dalle realtà distributive.
Il settore dei giocattoli presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente rischioso dal punto di vista competitivo. In primo luogo, la domanda non sviluppa in Italia i volumi di acquisto caratteristici di altri paesi europei.
Uno dei rischi più evidenti di un processo di concentrazione tra industria e distribuzione è dato dal fatto che il potere di mercato dell’industria condiziona già ora la domanda (basti pensare ai cartoni animati, che impongono i loro personaggi, e alla pubblicità, capace di influenzare in modo decisivo le scelte dei bambini in materia di giocattoli); se a questo potere si somma la capacità di controllare spazi espositivi ed assortimenti, si possono aprire scenari non proprio rassicuranti per le altre imprese di produzione e per i distributori più piccoli, con ridotto potere contrattuale.
DETTAGLIO INDIPENDENTE. Il dettaglio indipendente reagisce attraverso le strutture associative, come il gruppo La Giraffa, la cui consistenza numerica è tuttavia abbastanza limitata (circa 60 associati a livello locale), pur se molto qualificata, in quanto il gruppo associa alcuni tra i più importanti e storici distributori italiani.
La Giraffa può sfruttare le localizzazioni dei punti di vendita, quasi sempre presenti nei centri storici, ma trova un punto debole evidente nella mancanza di una insegna comune, che consenta di comunicare al consumatore non solo l’importanza di ciascun marchio locale, ma anche la forza del gruppo.
8.5 HASBRO
STATISTICHE DI MERCATO. La ditta americana Hasbro, con le sue divisioni Mb, Tiger, Hasbro Interactive, Galoob, seconda in America solo alla Mattel, nel ‘98 ha aumentato le vendite del 3,6% rispetto ai 5400 mld fatturati nel ‘97. I profitti sono cresciuti del 52% arrivando al 6,9 % del giro d’affari e recuperando la diminuzione riportata nel ‘97.
La Hasbro negli Stati Uniti oggi ha raggiunto un fatturato globale pari a 5.500 miliardi di lire; in Italia, nonostante la crisi avvertita nei consumi delle famiglie, Hasbro Italy continua ugualmente a crescere. Nel 1997, il fatturato ha raggiunto 127 miliardi di lire con un incremento del 6% rispetto al 1996 e del 19% rispetto al 1995.
STRATEGIE INNOVATIVE. Luca Garatti, direttore marketing di Hasbro Italia, sostiene che il modo più veloce per crescere per una importante ditta del settore, sia quello di assorbire e di creare nuove divisioni al passo con le tendenze per entrare in nuovi segmenti.
Il successo è subordinato ad un numero cospicuo di articoli nel portafoglio e alla capacità di promuoverlo ed offrirlo nei modi giusti a vari livelli. E’ stato questo il percorso seguito da Hasbro, la cui strategia è stata quella di acquisire numerose brand e di diversificare la tipologia dei prodotti.
Soltanto dua anni fa, Hasbro si è aggiudicata l’esclusiva per la commercializzazione in Italia di Furby, il pupazzo interattivo nato alla fine del ’98 in casa della statunitense Tiger Electronics (Gruppo Hasbro).
Si tratta di un animaletto di pelo alto 30 centimetri, a metà strada fra un pulcino e uno scoiattolo.
Dispone di un sistema di funzionamento a raggi infrarossi che gli permette di sentire la presenza delle persone; grazie ad un microchip, corredato di 200 vocaboli con 800 combinazioni, può comporre frasi e rispondere appropriamente alle domande.
Di sua iniziativa può cantare, ridere e, se provocato, arrabbiarsi oppure dormire. La sua personalità si rinforza quanto più il bambino gioca con lui: appena comprato può mettere in pratica solo una minima parte delle sue funzioni ma poi...
Presto la famiglia dei Furby si allargherà con Furby Baby: il piccolo già conosce 210 parole fra italiano e furbish e 1000 tra frasi e canzoncine.
Una linea intramontabile del marchio Hasbro è quella delle Micromachines, play-set di piccole dimensioni che riproducono situazioni reali, quali l’intervento dei carabinieri o le corse.
Hasbro al momento, ripone grandi aspettative oltre che nella linea Pokèmon, di cui già ampliamente parlato, anche in quella Teletubbies, quattro personaggi teneri e divertenti che riescono a coniugare tecnologia e natura, legati ad una serie televisiva dedicata alla fascia prescolare che stanno trasmettendo da poco in Italia e che ha già riscosso notevole successo in diversi paesi esteri.
8.6 LEGO
STORIA. L’azienda danese, da anni sinonimo di costruzioni nel mondo occidentale, è amata dai bambini per la versatilità dell’offerta e le innumerevoli possibilità di realizzare qualunque progetto; essa viene nel contempo apprezzata anche dagli adulti, per la possibilità di sviluppo della creatività offerta dai famosi “mattoncini” colorati.
Il settimanale americano “Fortune” lo ha eletto giocattolo del secolo: è il mattoncino Lego, uno dei prodotti che hanno cambiato la vita dei consumatori nel corso del 20° secolo insieme al libro tascabile, alla graffetta e all’ aspirapolvere e a tanti altri prodotti.
Venduto in oltre 130 paesi, l’inconfondibile mattoncino multicolore fa giocare ogni anno più di 400 milioni di bambini e, oggi, l’azienda omonima, fondata nel 1932 da Ole Kirk Christiansen, si accinge a dare consistenza al più ambizioso programma di sviluppo della sua storia.
Obiettivo: triplicare il fatturato nei prossimi cinque anni e trasformarsi da toy company in global brand company.
Nel complesso oggi il gruppo conta più di 9.400 dipendenti e di 50 compagnie distribuite in 30 paesi.
STATISTICHE DI MERCATO. Un cambiamento strategico determinato non solo dal mutato scenario competitivo del mercato mondiale dei giocattoli ma anche da fattori interni all’azienda. Nel 1998, per la prima volta in 67 anni di attività, Lego ha infatti registrato perdite per un ammontare complessivo di 40 milioni.
Due in particolare i motivi: la recessione in Asia e in Russia, mercati importanti per la multinazionale danese con ripercussioni negative per oltre 20 milioni di euro e la riduzione di stock presso i clienti che ha comportato ulteriori perdite per circa 25 milioni.
Tra le altre cause, oltre che la crisi di giochi classici come il Meccano e il Subbuteo, per via dell’avvento dei giochi elettronici sul mercato, anche gli ingenti investimenti in nuovi prodotti che non avevano ancora generato ritorni, (il piano di investimenti per 250 milioni di dollari per l’apertura di Legoland Park in California, avvenuta nel marzo del ‘98, alcuni errori di valutazione commerciale e processi interni non sufficientemente aggiornati).
Tutto ciò ha condotto ad un piano di ristrutturazione particolarmente dolorosa, con rimensionamenti delle strutture operanti nei singoli paesi, che già a fine 99 ha però fatto registrare un fatturato di 1,1 miliardi e utili per oltre 70 milioni di euro (dopo i costi di ristrutturazione della stessa). Solo in quest’ultimo anno il fatturato è cresciuto del 25%; il giro di affari è stato di poco inferiore a 10 miliardi di corone danesi (pari a 1,3 miliardi di euro) di cui 500 milioni (pari a 67 milioni di euro) ne costituiscono il profitto. Nel nostro paese la divisione Lego Italia ha raggiunto nel 1999 un fatturato pari a 57 miliardi di lire.
ASPETTI ORGANIZZATIVI. Quello che l’azienda, ancora saldamente nelle mani della famiglia del fondatore e guidata da Kjeld Kirk Christiansen, ha definito “programma di fitness”, ha avuto effetti organizzativi su tutta la struttura, ridisegnata per rappresentare un marchio globale in grado di supportare una strategia di crescita globale. In particolare le attività distributive sono raggruppate in sette mercati ( America nord, Centro e Sud Europa, Asia-Pacific, mercati speciali e vendite dirette).
In questo modo si ha la possibilità di essere più vicini ai clienti nei singoli mercati con strutture essenzialmente dedicate alla vendita e al supporto dei clienti. Questa semplificazione organizzativa è conseguenza dell’idea di prodotto globale che si intende sviluppare e porta a una semplificazione della procedura gestionale con la creazione di global key account che si occupano degli accordi internazionali con le grandi catene e con la determinazione di un prezzo di cessione unico in tutta Europa, sulla base del quale costruire le attività promozionali e di animazione in store con i singoli clienti.
Coerentemente con la prospettiva di azienda globale di prodotti destinati alle famiglie con bambini, il marchio Lego si applica non solo ai giocattoli, ma anche a prodotti multimediali, ai parchi di divertimento, all’abbigliamento, alle vendite dirette.
Un problema con il quale da tempo si trova costretta a combattere è la contraffazione. Il giro di affari è stato valutato in circa 30 milioni di dollari all’anno, circa 50 miliardi di lire.
A dividersi questa illecita torta sono i contraffattori di Spagna, Svezia, Bulgaria, Turchia, Ungheria, Inghilterra, Brasile, Ecuador, Venezuela, Taiwan, Corea del Sud, Hong Kong, India, Pakistan e Algeria.
I veri Lego sono costruiti in ABS, una plastica molto costosa che consente una realizzazione di una precisione quasi chirurgica dei vari pezzi; i falsi (venduti per un prezzo quattro volte meno caro degli originali) sono fatti con una plastica mediocre e di cattiva qualità, talvolta addirittura infiammabile e pericolosa per la salute.

PROGETTI PER IL FUTURO. I materiali per il gioco hanno sempre rappresentato il nucleo centrale dell’attività di Lego; l’intento ora è quello di favorire la trasformazione in una azienda che rappresenta un brand in nuove dimensioni e in nuove aree come i parchi, i prodotti life style e media. Sono aree di business più giovani ma potenzialmente importanti.
Lego si sta seriamente impegnando nell’allestimento di nuove divisioni; con Lego Media, ad esempio, vuole arrivare al bambino anche quando guarda la tv e non solo più mediante il gioco.
Costituita nel 1996 come business unit indipendente per lo sviluppo di prodotti come videogiochi, film, musica, libri e riviste, Lego Media dal primo gennaio è entrata nella struttura organizzativa del gruppo producendo film per la tv nei quali i protagonisti sono personaggi nati nell’universo Lego.
La crescita è veloce; si stima che in futuro essa potrà rappresentare fino al 20% dell’attività del brand Lego.
Si vogliono creare situazioni creative con i partners, sia con quelli attuali che con quelli futuri, perchè si vuole che ci sia divertimento anche nel fare business.
L’evoluzione di Lego è stata notevole nel corso degli anni: le iniziative multimediali introdotte di recente vogliono rivoluzionare il modo di giocare. Incoraggiando il bambino ad andare oltre l’ascolto, la visione e l’esecuzione ripetitiva, gli ultimi nati della casa danese (Mindstorms e Technic Cybermaster) affiancano alle costruzioni tradizionali la tecnologia del computer.
L’intenzione è di fondere i vecchi successi con il silicio dei microchips.
E’ così che è venuto fuori Lego Mybot (con blocchi della versione Duplo programmabili per i bambini).Con le classiche costruzioni Lego si possono fare ora cose molto più avveniristiche come costruire un robottino programmabile, dotabile di telecamere, utile per andare a spiare quello che avviene nelle stanze di casa.
CONCLUSIONI. Sono 203 miliardi i mattoncini Lego che sono stati venduti nel mondo negli ultimi 50 anni. Si è calcolato che se tutte le tavolette del famoso gioco danese prodotte in un solo anno venissero messe le une sulle altre, si realizzarebbe una costruzione alta 3.500 chilometri!
Il 1999 è stato un anno di svolta per Lego Company; gli obiettivi dell’azienda, per il futuro, sono due: quello di divenire il marchio più forte all’interno delle famiglie con bambini, in grado di dare alle persone una conoscenza che si sviluppa per tutta la vita e quello di coinvolgere tutte le leve aziendali, marchio, risorse umane, management, collaboratori, al fine di poter diventare, entro il 2005, la più forte brand del settore.
8.7 MATTEL
STORIA. La Mattel, leader mondiale del giocattolo con oltre ottomila miliardi di fatturato, ha sede ad El Segundo, vicino Los Angeles, in California, è presente con propri uffici in 36 nazioni ed i suoi prodotti sono distribuiti in 150 paesi nel mondo.
Le sue origini risalgono al 1945 quando Harold Matson e Elliot Handler (il nome “Mattel” deriva appunto dalla combinazione delle prime lettere del cognome del primo e del nome del secondo) si impegnarono insieme a produrre, in un piccolo garage, tanti “picture frames” e “doll forniture”.
La compagnia oggi impiega approssimativamente 31.000 persone; produce e commercializza da sempre numerosi prodotti di grande successo tra cui Barbie, i giochi per i bambini con marchio Fisher Price, Matchbox, Tyco, Disney, Hot Wheels e Cabbage Patch Kids.
Recentemente, in febbraio, alle fiere internazionali di Norimberga e all’ “American International Toy Fair”, sono stati presentati, i primi giocattoli della nuova collaborazione fra Ferrari e Mattel ed è stata annunciata anche la tanto attesa joint venture tra la casa americana e il colosso dell’informatica Intel.
STATISTICHE DI MERCATO. La compagnia annualmente ha introiti per 5.5 milioni di dollari.
Nel ‘98 il fatturato della Mattel è calato dell’1% rispetto agli 8200 miliardi realizzati nel 97% e i profitti sono migliorati del 16% arrivando a rappresentare il 6,9% dei ricavi a seguito della chiusura di fabbriche e tagli occupazionali. Nel ’99 sono stati dichiarati introiti per 4,8% miliardi di dollari.
PROGETTI PER IL FUTURO. Mattel che nel ’97 aveva acquisito Tyco Toys, nel ‘98 ha avviato una nuova strategia di prodotto entrando nel settore dell’elettronica attraverso l’acquisizione di “The Learning Company”, la ditta specializzata in software interattivi e giochi per il computer (oggi seconda solo a Microsoft). Anche la bambola Barbie presto, entrerà così a far parte dei programmi riguardanti i giocattoli interattivi, riconquistando l’originario spirito innovativo.
Di recente, è stato annunciato un accordo con la giapponese Bandai, finalizzato ad unire le rispettive risorse per lo sviluppo di nuovi prodotti, in modo da progettare nuovi articoli interattivi per il mercato globale. Inoltre, Bandai avvierà la promozione e vendita della gamma Mattel in Giappone (che rappresenta il terzo più grande mercato mondiale per il giocattolo, dopo il Nord America e l’Europa Occidentale).
Anche Mattel, come Lego, ha di recente aperto dei punti vendita che offrono abbigliamento per bambini a marchio aziendale; mentre Lego utilizza un solo marchio, Mattel ha creato una distinzione fra l’abbigliamento femminile (Barbie) e quello maschile, che utilizza l’altra nota insegna Fisher Price.
La Mattel ha inoltre annunciato un piano di ristrutturazione che prevede la chiusura di fabbriche e il licenziamento di altri 3000 dipendenti.
L’ultima novità è recente; visti i tempi difficili, la casa americana ha pensato bene di cercare nuovi spazi di crescita in rete; ha tentato questa nuova strada offrendo la sua Barbie in un negozio virtuale a prezzo di fabbrica.
La catena Wall-Mart oggi vende tutti i prodotti Mattel, anche quelli non esposti nei suoi punti vendita; la consegna, poi, a seconda della disponibilità di materiale e degli accordi, parte o dalla fabbrica o dal magazzino distributore.
DIVISIONI SPECIALIZZATE. Assai importanti sono i ruoli assunti dalle divisioni specializzate:
la Hot Wheels, la linea di macchinine lanciata nel 1997, che ha attualmente un rapporto esclusivo con il marchio Ferrari e il cui fatturato in Italia è arrivato a 18 miliardi nel giro di pochi mesi;
la Max, che ha preso il posto del vecchio Big Gim, e che presto verrà lanciato anche come gioco per la Playstation, grazie ad un accordo con Sony che segna l’inizio di una collaborazione a lungo termine nei giochi multimediali;
la linea delle bambole Barbie, che di recente ha compiuto quarant’anni e di cui si continuano a vendere milioni di esemplari ogni anno in tutto il mondo: con il 50% degli affari continua ad essere il core business dell’azienda.
Oggi vi sono in tutto il mondo 450 milioni di piccole “Barbie” (diminutivo di Barbara), la prima bambola adulta nata il 9 marzo 1959, alta 29 centimetri, capelli biondi, occhi azzurri, di professione indossatrice, venduta ogni anno in circa 30 milioni di esemplari. Il celebre prodotto ha attraversato indenne decenni di evoluzione dei costumi e dei consumi, arricchendo via via l’offerta con versioni etniche ed accessori che non hanno alterato la sua universalità e la sua collocazione fuori dal tempo, prerogativa che sembra appartenere solo al magico gioco della fantasia.
Anche per questo prodotto così famoso, così venduto l’industria del falso non è rimasta a guardare. Le imitazioni si chiamano Sarrah, Candy, Anne In, Susana, Bouby e via dicendo; impazzano in tutto il mondo ma per la maggior parte vengono tutte da Hong Kong.
L’importanza e la riconoscibilità del brand da parte del consumatore sono alla base di un’estensione di gamma interessante e quasi contemporanea.
L’offerta poi dei nuovi prodotti innovativi è differenziata in due macro categorie: quella ispirata alle bambine (l’ultima novità è il cd-rom Generation Girl Dance Time che permette la realizzazione di coreografie di spettacoli musicali) e quella al maschile iniziata a settembre 1999 con il cd-rom Hot-Wheels Stunt Driver e ampliata quest’anno con Caterpillar Lavori in Corso, che grazie ad una consolle da collegare al computer riproduce la posizione di guida dei caterpillar, con tanto di leve di comando.
8.8 NATURA & CO.
STORIA. Si tratta di una forma di distribuzione nuova nel settore che vuole associare il gioco educativo alla scienza e alla natura; Natura & Co propone prodotti di qualità che introducono alla comprensione dei fenomeni del mondo che li circonda.
La natura, quindi, viene intesa come proposta culturale, come ambiente, come gioco esplorativo, come scienza. L’intendimento di questa azienda è quello di presentare continuamente novità che facciano riferimento alle emergenze culturali e ambientali e che siano insieme motivo di riflessione e gioco per un pubblico sempre più sensibile a queste tematiche. I prodotti selezionati da questa nuova organizzazione hanno uno speciale valore aggiunto: quello di innescare la curiosità e la voglia di capire divertendosi. Natura & Co è una proposta del Centro Gioco Educativo, una catena di negozi organizzata in franchising attenta agli aspetti pedagogici del gioco e da Extramuseum, un’organizzazione che da anni si occupa di comunicare la scienza con mostre e cicli di conferenze come Experimenta e Giovedìscienza.
Natura & Co si propone di sviluppare la propria organizzazione attraverso la creazione di una catena di punti in rapporto di franchising o di partnership.
DISTRIBUZIONE. Il gruppo si presenta oggi come una catena di negozi specializzati nella vendita al dettaglio di “giocattoli” diffuso nell’area piemontese con epicentro in Torino. Nato nel 1973 con l’apertura del primo negozio, il Centro Gioco Educativo si è presto ingrandito con l’apertura di altre succursali fino alla costituzione nel 1982 del Centro Distribuzione Franchising; dal 1984 in poi il C.G.E. ha dato in concessione il proprio marchio a diversi altri negozi, sviluppando una catena di punti vendita in franchising regolata da contratti a scrittura privata. Questi negozi sono chiamati “affiliati”.
Per rispondere alle esigenze di rifornimento del gruppo le società partner e il C.G.E. capostipite, fondarono nel 1982 il C.D. franchising dotato di magazzino e uffici con il compito di acquistare i prodotti per tutti, rivenderli a ciascun negozio, regolare la politica di vendita del gruppo in modo da tutelare l’immagine dei soci, consolidare le economie in un disegno di sviluppo omogeneo. Attualmente i negozi del gruppo sono 18. Nel 1994 è stato creato il marchio “Natura & Co”. E’ realizzato in ogni negozio che raggruppa proposte attinenti la natura e la sua esplorazione, la scienza e la sua comprensione.
La sensibilità del gruppo Centro Gioco Educativo su questi temi non nasceva certo allora, anzi proprio da questa nasceva l’idea di contestualizzare questo tipo di proposte in un ambito più significante per valorizzare argomenti ai quali si era già attenti. Oggi i negozi Natura & Co. presentano un’omogeneità caratteristica nel layout, non solo nell’insegna, ma anche per la struttura dell’arredamento, l’esposizione dei prodotti, le vetrine, i colori caratteristici.
I prezzi praticati al pubblico sono uguali in tutta Italia.
Tutti i negozi hanno l’obbligo di rifornirsi totalmente presso i negozi indicati dal franchisor, il più importante dei quali è attualmente Games Centre-Distribuzione Franchising di Moncalieri. E’ allo studio un progetto per costituire una struttura di distribuzione dedicata al marchio Natura & Co.
CARATTERISTICHE DEL LAYOUT. I negozi Natura & Co. si collocano in una posizione che rimane fuori dal panorama del mercato convenzionale del giocattolo; essi non sono sottoposti alle logiche commerciali imposte dai grandi gruppi e non sono soggetti passivi della grande pubblicità. Il risultato è che i negozi del gruppo appaiono molto diversi dagli altri dettaglianti di giocattoli, anzi, non appaiono e non sono affatto tali. Ciò che cambia è il business di riferimento. Il servizio reso al cliente è specifico, trattandosi di vendita “creativa” con proposte personalizzate per un pubblico normalmente di buon livello culturale. La professionalità e la sensibilità richiesta ai gestori, proprio per la tipologia di clientela, è quindi alta. La struttura dei punti vendita è organizzata in modo tale che il negozio abbia una superficie di non meno di 150 mq. possibilmente estesi su un unico piano. L’ambientazione è tale che all’entrata si ha la sensazione di trovarsi in un museo di nuova generazione; il negozio è suddiviso in reparti, distinti per argomenti (bambini, cielo, tempo e atmosfera, mare, terra, scienza e fenomeni, geologia, natura in giardino,…). Il cliente non è continuamente pressato ad acquistare, è soprattutto stimolato ad informarsi.
8.9 TOY “R” US
STORIA. Fondata nel 1948 da Charles Lazarus, l’impresa americana è oggi leader mondiale nella distribuzione dei giocattoli. Nasce e si sviluppa in coincidenza con il “baby boom” ma inizia ad esportare il suo modello solo nel 1984, con una progressione assolutamente impressionante fino al 1998, anno in cui la grande insegna colorata campeggia sui punti vendita sparsi in oltre 20 paesi d’America, Europa ed Asia. Solo in Italia fino a poco tempo fa si contavano almeno 14 punti vendita. L’aggressività e la ferrea volontà di sviluppo internazionale dell’insegna sono ben evidenziate dalla battaglia effettuata per entrare nel mercato giapponese, uno dei più protetti al mondo.
Toys “R” US riesce in questo senso nel 1989, dopo un’aspra battaglia nella quale viene affiancata dall’Amministrazione statunitense, che fa dell’apertura del mercato distributivo giapponese uno dei temi dominanti della sua politica commerciale. L’importanza del successo di Toys “R” US è confermata da un fatto tanto simbolico quanto significativo: la presenza del presidente George Bush all’inaugurazione del primo punto vendita giapponese.
Sulle orme di Toys “R” US, varie altre imprese si sono lanciate nel segmento delle grandi superfici. Tra quelle che sviluppano la tipologia in Italia spicca Holding dei Giochi, che fa capo al gruppo Fininvest e opera con l’insegna Toys Center, molto simile nella grafica e nei colori al logo del leader americano.
STATISTICHE DI MERCATO. I numeri della Toys “R” US parlano da soli: le strutture sono non inferiori ai 2.500 mq., l’assortimento si aggira sulle 15.000 referenze e solo nel nostro paese le superfici occupate raggiungono i 27.000 mq.
Quantitativamente, negli Usa, i Toys stores sono 651, nel mondo ce ne sono già 353, per non parlare dei 211 Kids “R” Us, negozi specializzati in forniture di abiti per ragazzi.
qUANYìTqFra gli obiettivi dell’azienda ci sono: la conquista di una quota di mercato del 15% (il consumo nazionale viaggia sui 3.000 miliardi), lo sviluppo di una nuova insegna, Baby “R” US, tutta dedicata ai più piccoli, l’ampliamento dell’organico per aumentare la competitività ed estendere le attività. E’ prevista per l’Estate l’apertura di due nuove uffici nell’area di San Francisco e nel New Jersey.
Nel settore Internet, con il sito “WWW. Toysrus.com”, il gigante americano dei giocattoli non ha avuto molta fortuna.
Il leader nel dettore resta E Toys, con vendite pari a 106,8 milioni di dollari nell’ultimo trimestre del 1999 contro i soli 44 milioni per tutto il 1999 di Toys “R” Us.
Oggi la società californiana “Softbank Venture Capital” ha deciso di allearsi con Toys “R” Us, sperando di risollevarne le sorti ed investendo in essa 60 milioni di dollari.
SITUAZIONE ITALIANA. Momentaneamente la Toys “R” US ha deciso di abbandonare il mercato italiano ritirando la sua insegna da tutti i punti vendita del nostro paese; le motivazioni sono diverse: oltre le difficoltà generali del colosso americano una è la concentrazione stagionale delle vendite in Italia.
Inizialmente si era pensato di ovviare il problema favorendo lo sviluppo di ulteriori formati distributivi che comprendano, oltre i giocattoli, anche altri prodotti per l’infanzia, come abbigliamento, accessori e mobili, passando per i piccoli elettrodomestici utili a gestire i primi anni i vita dei bambini.
Poi, all’inizio di quest’anno, il gruppo ha deciso di entrare in fase di concordato preventivo e i punti di vendita hanno sospeso temporaneamente la loro attività. Le offerte di acquisto sono arrivate dalla famiglia Preziosi e dalla casa madre americana.
Altre cause di insuccesso sono la sopravvalutazione del business, l’immobilizzazione dei capitali, l’eccessiva ampiezza e la profondità degli assortimenti e la presunzione che il format potesse essere applicato come in America senza apportare alcun tipo di modifica.
Oggi le ultime unità del gruppo americano, dopo aver perso il “siamo Noi”, in sigla “R” Us dall’insegna, sotto il nuovo gestore sono oggetto di numerosi rinnovi ed aggiornamenti.
Dismesse alcune unità, ridimensionato il format delle superfci di vendita, rivisionato il layout e alleggeriti gli organici restano da riposizionare le ultime unità Toys ancora in attività. Una strategia mirata soprattutto a destagionalizzare i negozi e a completare l’offerta orientandosi ad un concetto di entertainment.
8.10 BIEMME
STORIA. Biemme è nata nel 1945 a Quarto Inferiore (BO) e si è conquistata una posizione di rilievo nel campo delle automobiline e delle moto elettriche e a pedali, nonché negli articoli per la prima infanzia. Ha un fatturato annuo di circa 30 miliardi. L’azienda emiliana, che da lavoro a 200 dipendenti, è quindi specializzata nella produzione; per la collocazione dei suoi prodotti sul mercato si avvale dei tradizionali canali di distribuzione. Per ciò che riguarda le esportazioni i prodotti più rappresentativi molto richiesti in Europa, America, Asia, Africa e Australia sono la Benetton Formula Uno, il trattore Farmer, le moto Top e Polce, i giocattoli per i primi passi Coccinella e Leone.
8.11 CLEMENTONI
STORIA. Fondata nel 1963 a Recanati da Mario Clementoni, attuale presidente, l’azienda è la più grande produttrice italiana di giochi e puzzle, con un fatturato di oltre 50 miliardi di lire e un trend di crescita vertiginoso, negli ultimi anni superiore al 600%.
Da “La Tombola della Canzone”, a “Silvan”, a “Portobello”, ai vari giochi della linea “Sapientino”, a “Insieme”, a “Come nascono i bambini?”, la ditta marchigiana ha impostato la propria educazione su concetti come l’intelligenza, l’innovazione, lo sviluppo del bambino, la socializzazione e l’interazione. E’ una strategia che ha fruttato numerosi riconoscimenti internazionali: nel 1989 Gioco dell’anno Shapes and Colours in Gran Bretagna, nel 1990 Gioco dell’anno Eco-Logica in Olanda, nel 1991 Gioco dell’anno in Belgio, nel 1992 Premio Crescita Esplosiva (per i prodotti su licenza Walt Disney) e Premio Re in Ludoteca Gialli puzzle in Italia..
E’ il gioco educativo il vero business di questa impresa.
Oltre 5 milioni di pezzi vengono oggi immessi sul mercato e l’azienda, che impiega 160 addetti, offre giocattoli sempre moderni grazie alla collaborazione di esperti e tecnici di tutto il mondo. Conformi alle regole europee per la sicurezza del giocattolo, realizzati in materiali atossici, i prodotti Clementoni vengono oggi esportati in 53 Paesi (l’azienda opera con proprie società in Germania e Hong Kong).
SAPIENTINO. Il prodotto più famoso, “Sapientino”, è stato il primo fra i giochi educativi immessi sul mercato.
Nato nel 1967 è il capostipite di una serie ispirata a concetti pedagogici, studiati per stimolare e sviluppare l’interesse del bambino verso il mondo che lo circonda.
Oggi la linea Sapientino comprende oltre 40 titoli, con molteplici possibilità di gioco: dall’incontro con le forme e i colori per i bambini più piccoli, a quello con lettere e numeri per arrivare alla storia, alla geografia, agli animali, alle lingue straniere, alle scienze.
Tra le novità si inserisce “Scopri e gioca con Max”, un gioco parlante adatto ai bambini da due a quattro anni, costruito con uno speciale materiale anti-urto, che insegna al piccolo a riconoscere le parti del corpo umano. “La Lavagna Parlante” (per bambini da tre a cinque anni) avvicina invece il bambino all’alfabeto e lo porta a comporre semplici parole, a riconoscere i colori e a fare qualche conticino.
Nella fascia 0-18 mesi è stata introdotta la linea “Bel Bebè”, comprensiva di sonagli, giochi ad incastro, centri multigioco, costruzioni e giochi d’acqua con design e colori innovativi, messa a punto in collaborazione con la Federazione Italiana Medici pediatri; per i bambini tra i 6 e i 10 anni è stata lanciata la linea Scarabocchi che li introduce al mondo del disegno, della pittura-colorazione e della scultura-manipolazione.
STRATEGIA DI MERCATO. L’azienda oggi, con il proprio parco prodotti, copre tutte le età e le fasi di crescita del bambino senza dimenticare l’impegno nel marketing culturale: con una campagna pubblicitaria incentrata sull’headline “l’arte si aiuta giocando” Clementoni ha di recente rinnovato il proprio impegno nel restauro della fontana della piazza del comune di Assisi, danneggiata dal terremoto del ’97, attraverso parte del ricavato dalla vendita dei puzzle high quality .
PROGETTI PER IL FUTURO. Le intenzioni per il futuro sono di associare i materiali e i supporti elettronici agli strumenti educativi servendosi di tecnologie e sistemi di rete assolutamente avanzati.
OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE.
Le intenzioni per il futuro di Mario Clementoni sono quelle di introdurre i giochi educativi nelle scuole. Se anche il metodo scolastico riuscisse a stimolare la fantasia e la creatività dei bambini, sicuramente si potrebbero ottenere risultati migliori.
8.12 GRAZIOLI
STRATEGIA DI MERCATO. Impostatasi sul mercato italiano ed estero negli ultimi trent’anni, Grazioli oggi produce più di 500 articoli, suddivisi in quattro linee: Grand Soleil (giocattoli e articoli per il giardino e il campeggio), Grazioli Giochi (per bambine), Sole Giochi (per l’aria aperta) e bambole Furga.
Con una produzione di 23-25.000 pezzi al giorno, che escono dai suoi quattro stabilimenti dislocati nelle provincie di Mantova e Rovigo, l’azienda di Canneto sull’Oglio esporta il 60% in tutto il mondo, dà lavoro a 500 dipendenti e ha brevettato il sistema Securblock, per evitare gli eventuali pericoli derivanti da una chiusura casuale o accidentale di giocattoli.
Per via dell’acquisizione, negli anni ‘70, di Furga, una delle più importanti fabbriche italiane di bambole, Grazioli presenta una serie di bellissimi personaggi snodati (Valentina), che camminano (Arabella), morbidi e con passeggino (Piumotta, Morbidone), che bevono e si bagnano (Pupo & Pupa, Cucciolo, Baby Pipì), le bambole morbide (Fiorella & Bijou), in vinile profumato che parlano, cantano, camminano, piangono e sono dotate di una lunga serie di altri accessori.
Nel 1997 il fatturato è stato pari a 120 miliardi di lire. All’interno dell’azienda si è fermamente convinti del primato della plastica, anzi più precisamente del polipropilene, un materiale più flessibile e personalizzabile di quelli tradizionali e, al tempo stesso, più resistente agli urti, ai raggi UV e ad altri agenti atmosferici e dotati di specifiche proprietà di lucentezza, colore, leggerezza ed ecologicità, essendo completamente riciclabile e quindi reinseribile nei processi produttivi.
Di recente, la Grazioli è stata acquisita dalla multinazionale Giò Style che, concludendo un’importante operazione nel settore delle materie plastiche, ne detiene oggi il 51% ( alla famiglia Grazioli ne è rimasto il 40%, il restante 9% è di proprietà del Mediocredito Lombardo).
L’acquisizione ha dato vita ad un polo che oggi opera con più di 1000 dipendenti e il cui fatturato è previsto pari ai 330 miliardi di lire.
La produzione del gruppo risulta essere altamente diversificata proprio perchè caratterizzata da una vasta serie di prodotti complementari; l’obiettivo principale di questa operazione era appunto quello di ottenere importanti sinergie industriali e di voler entrare in una fascia di mercato non ancora mai toccata.
8.13 QUERCETTI
STORIA. Fondata a Torino nel 1949 da Alessandro Quercetti, l’azienda ha sviluppato negli anni una vastissima produzione di giochi educativi, giochi di attività, costruzioni, puzzle in plastica e magnetici, chiodini, lavagne, giochi per esterni.
Con un fatturato 1994 di 13 miliardi di lire, la società impiega 75 persone e ha sviluppato un notevole volume di export in tutti i paesi dell’Unione, nell’Est europeo, in America e in Giappone. Tra i suoi prodotti più importanti si ricordano “Pallino Rami” (per bimbi da 4 a 12 anni), due giochi di attività premiati al concorso internazionale canadese del giocattolo educativo. Altri prodotti di punta sono “Supercamion” (da 5 a 12 anni), fedele copia di una betoniera americana, anch’esso premiato in Canada, “Luna Park”, un sistema di costruzioni a incastro (premio 1994 Goods toys awards in Australia), i chiodini “Fantacolor” (3 anni), con i quali si possono comporre figure colorate.
Assai divertenti infine i vari giochi all’aria aperta: aquiloni, aerei, missili.
8.14 SEVI
STORIA. E’ una delle più antiche aziende italiane del settore e rappresenta ancora la tradizione dell’industria della Val Gardena nella progettazione di bellissimi giocattoli in legno.
Fondata nel 1831 da Josef Anton Senoner divenne subito famosa per la produzione di innumerevoli giocattoli in legno dipinto e laccato come il bellissimo Topolino sciatore degli anni ‘30-’40; oggi, l’impresa di Ortisei (BZ) impiega 74 persone e dà lavoro, a domicilio, a circa 150 famiglie della Val Gardena. Di recente è stato anche aperto un polo produttivo nello Sri Lanka. Con una produzione che si avvale delle più recenti tecnologie, Sevi propone diverse linee, ognuna caratterizzata da un proprio design, e da un proprio tema: arredamento della cameretta, circo, piccoli pensierini, ecc.
Per l’ideazione, la società sudtirolese ricorre a illustratori di fama internazionale (Martha Hauser, Antje Vogel, Pia Pedevilla, Erie Hill, Altan e Mordillo). Rispettosa dell’ambiente, utilizza soltanto sostanze ecologiche e colori a base di pigmenti organici. La materia prima è il legno dell’albero della gomma, che verrebbe abbattuto in ogni caso al termine del suo ciclo di lavorazione. Accanto alle gomme moderne, sevi coltiva con passione la tradiziona classica, proponendo ai collezionisti riproduzioni originali, in serie limitata, dei pezzi più suggestivi della collezione Giuani Senoner da Vastlè.
Numerose sono le esportazioni in Europa e Americhe.
Da poco è stata acquisita da Trudi.
8.15 TRUDI
STORIA. La Trudi, nata solo nel 1950 da un hobby di Trudi Mueller e di suo marito, Antonio Patriarca, nel giro di pochi decenni è diventata una delle più in vista nel segmento dei peluches di alta qualità con più di tremila soggetti, creati dalla sua fondazione ad oggi e con oltre 2.500.000 di pezzi l’anno. Apprezzati non solo in Italia, i peluches Trudi sono esportati in Europa, Stati Uniti, Sudafrica e Giappone.
Si tratta di un caso aziendale curioso, un misto di intuito, di fortuna, intraprendenza ed intelligenza.
L’azienda di Tarcento (UD) ha 90 dipendenti, con una produzione che si distingue per il design, la qualità e la sicurezza; producendo arigianalmente giocattoli e oggetti in legno ha fatto del mondo del “c’era una volta” e della formula che introduce all’immaginario incantato delle fiabe il suo business, mantenendo elevato un buon numero di espositori.
Il laboratorio sforna più di duecento personaggi all’anno; viene studiato ogni minimo particolare: dalla scelta dei materiali all’abbinamento dei colori, dalla lunghezza del pelo all’espressione del muso, ogni dettaglio è curato per arrivare a quel concentrato di simpatia e tenerezza che distingue Trudi.
La sicurezza infine è uno dei punti chiave: gli occhi, il naso e tutti i particolari applicati resistono agli strappi del bambino, i tessuti e i materiali impiegati sono atossici e ininfiammabili. Nel 1992 l’azienda ha dato vita al Club Amici di Trudi, che vanta oggi decine di migliaia di fans, ai quali viene distribuito il giornalino Peluche & Co.
E' continuo, nella Trudi, l'impegno nella ricerca della qualità, non solo del prodotto ma dell'intero processo che parte dalla progettazione e arriva alla vendita del prodotto. La produzione prevede l'uso del Cad-Cam ma non c'è fase che non preveda anche l'intervento dll'uomo; dalla realizzazione del primo prototipo, modellato con arte dal reparto creativo, alle cuciture ancora realizzate con le tradizionali macchine da cucire, con risultati degni della più alta sartoria.
Trudi è un sistema di qualità certificato secondo le norme UNI EN ISO 9001 che, con l'emanazione di precise regole comportamentali e di procedura interne ed esterne all'azienda, si pone l'obiettivo di portare concreti benefici alla clientela; essi sono:
1. rispetto delle condizioni pattuite nel contratto di vendita
con il cliente;
2. controllo della progettazione;
3. identificazione e rintracciabilità del prodotto;
4. movimentazione, imballo, conservazione e consegna;
5. controllo del processo, prove controlli, collaudi;
6. addestramento e formazione;
7. assistenza;
8. reclami.
Oggi la Trudi in Italia possiede il 55% della quota di mercato, è leader nel settore dei peluches e rappresenta uno dei più importanti esportatori nei maggiori paesi europei. Distribuisce sia con la propria forza di vendita che attraverso distributori locali.
Di recente, ha acquisito la Sevi ed inoltre sta anche valutando la possibilità di entrare in nuovi mercati quali quello dell’abbigliamento e della biancheria per la casa.
Nel 1996 la Walt Disney Company, riconoscendo la forza creativa, produttiva e distributiva di Trudi, ha stipulato con l'azienda di Tarcento un contratto di licenza per la produzione e distribuzione di peluche Disney per l'intero mercato europeo.
Un accordo destinato a far crescere non solo il fatturato ma anche la vocazione internazionale di Trudi.
8.16 TT TOYS
STORIA L’impresa è stata fondata nel 1978 a Tribiano (MI) da Carlo Boselli, Alberto Buratti, Pietro Pandini e Luigi Viezzoli e, recentemente, ha acquisito una partecipazione di controllo nella Fa.Maplast di Monselice (PD), che fornisce alcuni componenti in plastica.
La società, che conta un centinaio di dipendenti, vanta un fatturato di 25 miliardi, per l’80% derivanti dalle esportazioni (Usa, Giappone e Australia in particolare). I suoi prodotti si collocano in una fascia di elevata qualità sia per la selezione dei materiali, sia per l’accurata lavorazione, tanto da garantirle l’acquisizione di licenze e la collaborazione di Walt Disney (Topolino, Paperino, Minnie, Pippo, Sirenetta), Warner Bros (Batman e Superman), United Feature Syndacate (Snoopy, realizzato su disegni di Giugiaro), Ferrari, Porsche, Mercedes, Volskwagen, Renault, Peugeot.
Il modello Peugeot 306 Cabrio ha vinto il Gran Prix do jouet 1995 a Parigi.
CONCLUSIONI
Da quanto emerso in questa ricerca, il futuro vede il mercato dei giocattoli coinvolto in veri e propri sconvolgimenti strutturali; stanno già avendo la meglio le grandi catene di distribuzione; per la fornitura ci si affida sempre più volentieri alle marche specializzate e a chi conosce in maniera dettagliata il settore.
E’ aumentata in termini preoccupanti la concorrenza tra i canali di distribuzione e, se da un lato, si offrono al consumatore maggiori opportunità di scelta, più trasparenza e un forte potere contrattuale, dall’altro si impone uno stimolo alla ridefinizione del vantaggio competitivo.
La globalizzazione dei mercati di sbocco è in pieno svolgimento.
E’ sotto gli occhi di tutti che il mercato si sta sempre più concentrando nelle mani di giganti nazionali o grandi compagnie internazionali che dominano il settore, magari con basi in tutto il mondo e in grado di offrire una gamma di prodotti e di marchi sempre più variegata e rinnovata di continuo. La competizione sulle grosse cifre si sta limitando ad un giro ristretto; nel nostro paese le prime cinque aziende coronate del giocattolo sono tutte di grandi dimensioni: Clementoni, Giochi Preziosi, Hasbro, Linea Gig, Mattel.
Nei grandi stores vengono allestiti dei corners specializzati a tema per ogni singolo business; il tutto costituisce una seria minaccia per i piccoli negozi che a lungo avevano conservato l’esclusiva. Il problema va affrontato al fine di ristabilire l’equilibrio.
Lentamente ma costantemente sta diminuendo il numero dei punti vendita al dettaglio; ciò che manca e che occorrerebbe ripristinare è la flessibilità; i punti di forza del tradizionale sono sempre stati esperienza, accuratezza nel servizio post-vendita, capacità imprenditoriale, servizi accessori: in un periodo di assestamento come quello che oggi il settore sta attraversando sono tutti fattori che vanno rivalutati e pubblicizzati.
E’ importantissimo focalizzare l’attenzione su quelli che sono i nuovi business: dal salone mondiale dei giocattoli di New York, in Febbraio, è emerso che l’Edutainment (l’educamento educativo) non è più un giochino per gli sviluppatori di giochi, che la commercializzazione online sul Web sta prendendo sempre più vigore, che i canali di vendita si stanno muovendo in un’ottica sempre rivolta al cambiamento.
Anche il target di consumo non è più lo stesso; sale l’età media di quanti giocano e la stessa definizione di gioco si fa più sfumata. Attraverso l’affermazione inevitabile di alcuni marchi di prodotto e della loro longevità sarà anche garantito l’aumento della durata del ciclo di vita del prodotto.
Esaltando quelli che sono i punti di forza del settore (alto livello di attrazione, basse barriere psicologiche all’acquisto) e, allo stesso tempo, combattendone le debolezze (il calo demografico, la stagionalità, l’immagine dei punti vendita, la contraffazione e l’affollamento dell’offerta) vanno messe in luce le nuove opportunità, imparando a collaborare con i media per moltiplicare gli acquisti e a convivere con la concorrenza dei giochi virtuali.
Nell’ambito della Grande distribuzione, come si è visto, la battaglia è in pieno svolgimento: gli attori sono il settore fortemente specializzato (megastore rivenditori di un numero considerevole di marche) contro quello non specializzato (ipermercati, catene commerciali, grandi magazzini).
Il primo, costretto a combattere contro il serio problema della stagionalità, cerca di attirare più clientela possibile puntando sull’assortimento, sulla competenza, sulla soddisfazione e sulla tutela del consumatore, sull’entertainement e sulla realizzazione di vere e proprie città del gioco.
Il secondo si muove seguendo una strategia fortemente contrapposta: l’ovvietà dell’acquisto è garantita dal prezzo altamente concorrenziale e dall’alta percentuale dei consumatori che quasi involontariamente si trovano a passare fra gli scaffali e che, spesso senza rendersene conto, finiscono con effettuare l’acquisto.
Non va dimenticato che la radice del successo in un settore così mutevole come quello del giocattolo sta nella capacità di sintonizzarsi con il consumatore: sono i bambini i veri attori di questo mercato.
Sarà la nuova sfida che deciderà come i concorrenti possano riuscire a convivere in una realtà così complessa e come si dovrà competere nel futuro cercando di sopravvivere alla legge del mercato.
Vanno compresi quali sono le vere esigenze della clientela, visti i continui mutamenti degli stili di vita, individuata qual è la migliore linea di condotta da adottare nei diversi tipi di mercato in cui si opera e come scegliere il miglior business, lavorando con passione senza aver paura della concorrenza; solo così diventa facile essere competitivi sempre.
INDICE
CAPITOLO 1
PAG.1
Concetto di distribuzione

CAPITOLO 2
La distribuzione nel mercato dei giocattoli
PAG.11
2.1 Storia del giocattolo
PAG.18
2.2 Futuri cambiamenti

PAG.21
CAPITOLO 3
PAG.25
Canali di distribuzione
Grande distribuzione
PAG.27
Franchising
PAG.32
Partnership
PAG.35
Grandi Superfici specializzate
PAG.37
Self Service
PAG.43
Associazioni
PAG.44
Formule nuove
PAG.47
CAPITOLO 4
PAG.49
Il settore nel particolare

4.1 Stagionalità
PAG.50
4.2 Calo demografico
PAG.52
4.3 Concorrenza prodotti high-technology

PAG.53
4.4 Mutamenti immagine punti
vendita
PAG.61
4.5 Prodotti personalizzati
PAG.65
4.6 Fiere e manifestazioni
PAG.66
4.7 Pubblicità
PAG.68
4.8 Collezionismo
PAG.69
4.9 Alleanze produttori
distributori
PAG.72
4.10 Fusioni
PAG.73
4.11 Gestione dei processi
PAG.75
4.12 Commercio elettronico
PAG.81
4.13 E Toys
PAG.87
CAPITOLO 5
PAG.93
Nuove tecnologie evolutive
CAPITOLO 6
PAG.96
Tutela della qualità
CAPITOLO 7
PAG.99
Tecniche di sub-appalto
CAPITOLO 8
PAG. 102
Casi aziendali
8.1 Artsana
PAG.104
8.2 Diddle
PAG.107
8.3 Gig
PAG.110
8.4 Giochi preziosi
PAG.112
8.5 Hasbro
PAG.120
8.6 Lego
PAG.122
8.7 Mattel
PAG.127
Natura & Co
8.9 Toys “R” US
PAG.131
PAG.135
8.10 Biemme
PAG.138
8.11Clementoni
PAG.139
8.12 Grazioli
PAG.142
8.13 Quercetti
PAG.144
8.14 Sevi
PAG.145
8.15Trudi
PAG.146
8.16 TT Toys
PAG.149
CONCLUSIONI
PAG.150
2
1

Esempio



  


  1. paola gugliotta

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