Materie: | Appunti |
Categoria: | Economia |
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Testo
Pt - Pt Mt
Pt-1 Pt
questa è l’imposta di inflazione che misura le perdite di fondo capitale subite da chi detiene moneta per il solo fatto che c’è in atto un processo inflazionistico.
Mt - Mt-1 = Mt - Mt-1 Mt
Pt Mt Pt
Questo è il “signoraggio” vale a dire che è la quota di reddito reale di cui si appropria il governo per il semplice fatto che crea base monetaria.
C’è una relazione tra queste due grandezze che vale nel caso in cui le famiglie intendono mantenere costante il livello delle scorte monetarie reali, la relazione è:
Mt = Mt-1
Pt Pt-1
Quando vale questa condizione, allora il signoraggio corrisponde ad una imposta da inflazione.
L’ultima equazione la possiamo scrivere come rapporto tra lo stock di moneta tra due diversi istanti di tempo ed è uguale al rapporto tra i livelli dei prezzi osservati in due istanti di tempo:
Mt = Pt
Mt-1 Pt-1
Mt - 1 = Pt - 1
Mt-1 Pt-1
Mt - Mt-1 = Pt - Pt-1
Mt-1 Mt-1 Pt-1 Pt-1
Mt -- Mt-1 = Pt -- Pt-1
Mt-1 Pt-1
C’è una perfetta analogia tra le due ultime espressioni e le equazioni e , quindi se prescindiamo dall’istante di tempo rispetto al quale calcoliamo la variazione relativa dello stock di moneta in circolazione, vediamo che l’imposta da inflazione coincide con il signoraggio.
Quindi se le famiglie intendono mantenere costante il livello dei saldi reali in loro possesso c’è coincidenza tra imposta da inflazione e signoraggio.
Questi due fenomeni colgono 2 aspetti diversi dello spesso fenomeno:
1) l’imposta da inflazione dice che se c’è in atto un processo inflazionistico, quelle sono le perdite in conto capitale subite da chi detiene saldi reali; nulla dice sull’origine del processo inflazionistico.
Il processo inflazionistico può avere origine per vari motivi, qualsiasi essi siano chi detiene saldi reali incorre in perdite in conto capitale, e le imposte da inflazioni misurano appunto quali sono queste perdite.
2) la seconda espressione ci dice che quando il governo crea base monetaria e aumenta lo stock di moneta in circolazione, sposta risorse, e quindi reddito reale dal settore privato al governo.
È evidente che il signoraggio è un caso particolare di imposta da inflazione, perché quando si stampa moneta, si crea base monetaria, si aumenta lo stock di moneta in circolazione, 99 volte su 100 si crea anche inflazione.
La condizione è più generale, perché ci dice che comunque sia generata l’inflazione, chi detiene saldi reali è soggetto ad una imposta; vale a dire che c’è imposta da inflazione anche se non c’è signoraggio, anche se il governo non crea base monetaria ci può essere imposta da inflazione se per esempio l’origine del processo inflazionistico è addebitabile alla variazione del tasso di cambio che fa variare il prezzo dei prodotti importati.
Quando c’è il signoraggio c’è sempre imposta da inflazione, quando le famiglie sono intenzionate a mantenere costante il livello dei saldi reali.
Quali sono gli effetti dell’inflazione sul vincolo di bilancio delle famiglie?
Pt (Qt – Tt) + i Bt-1 – Pt Ct = (Bt - Bt-1) + (Mt –Mt-1)
Totale flussi di redditi totale spesa per beni di consumo
Possiamo scrivere tutto in termini reali dividendo tutto per il livello del prezzo:
Ct = (Qt – Tt) +(1+ i) Bt-1 – Bt - (Mt –Mt-1)
Pt Pt Pt
Siccome sappiamo che il tasso di interesse nominale possiamo scomporlo nella componente reale e nella componente del tasso di inflazione, abbiamo:
(1+ i) Bt-1 = (1 + r) Bt-1 + (P^t Bt-1)
Pt Pt Pt
= (1 + r) Bt-1 + 1 + (Pt - Pt-1)
Pt Pt-1
= (1 + r) Bt-1 + 1 + (Pt ) - 1
Pt Pt-1
= (1 + r) Bt-1 (Pt ) =(1+ r) Bt-1
Pt Pt-1 Pt-1
Il primo termine possiamo scriverlo come l’ultimo esprimendolo in termini reali.
Il nostro vincolo di bilancio lo possiamo riscrivere in questo modo:
Ct = Qt + rBt-1 – Tt - Bt – Bt-1 - Mt –Mt-1
Pt Pt Pt Pt
È utile avere il vincolo di bilancio scritto in questo modo perché abbiamo 3 componenti che esprimono 3 fenomeni diversi, nella prima parentesi tonda abbiamo il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, e una volta che consideriamo non soltanto il reddito da lavoro ma anche il flusso di interessi perché la famiglia possiede certe attività finanziarie denominate il termini reali.
Le altre 2 componenti sono: la variazione del valore reale delle attività finanziarie detenute, sia di quelle fruttifere di interesse (il debito pubblico), sia quelle non fruttifere di interesse (lo stock di monta).
Qui in particolare abbiamo la variazione dello stock di moneta nominale in possesso della famiglia, valutata al prezzo di oggi.
Quindi il signoraggio riduce il consumo della famiglia proprio perché il signoraggio altro non è che il trasferimento di reddito reale dalla famiglia al governo, semplicemente per il fatto che il governo sta stampando moneta.
Supponiamo che il settore privato voglia mantenere costante il livello delle scorte reali e quindi che questo rapporto:
Mt = Mt-1
Pt Pt-1
sia costante nel tempo, cioè lo stock di moneta reale posseduta dalle famiglie sia costante nel tempo.
In questo caso il signoraggio coincide con l’imposta da inflazione, e quindi se le famiglie intendono mantenere costante il livello dei saldi reali allora l’ammontare di consumo che le famiglie perdono è direttamente proporzionale all’imposta da inflazione che scaturisce da questa attività del governo.
E quindi in presenza di signoraggio, oppure più in generale, in presenza di inflazione per rispettare il vincolo intertemporale di bilancio le famiglie devono diminuire il loro consumo di un ammontare esattamente equivalente all’imposta da inflazione alla quale sono soggette.
Così come per una imposta di quelle proporzionali sul livello del reddito, anche per l’imposta da inflazione vale una sorta di curva di Laffer:
P^* P^
Se sul’asse delle ordinate rappresentiamo il tasso di inflazione, c’è un livello ottimale del tasso di inflazione che serve ad estrarre il massimo gettito dal bilancio delle famiglie.
Se il tasso di inflazione è maggiore del livello ottimale allora l’inflazione produce degli elementi distorsivi tali da indurre un comportamento delle famiglie che fa ridurre la base imponibile.
(clausula della scala mobile, Modigliani e Tarantelli)
Supponiamo che ci sia perfetta flessibilità delle variabili monetarie (salari monetari, prezzi, profitti etc..) e questa perfetta flessibilità sia tale che le variabili reali corrispondenti siano costanti.
Quindi supponiamo che ci sia perfetta indicizzazione e mettiamoci nel caso più vantaggioso nel quale si ritiene che l’inflazione abbia un impatto quasi nullo perché l’effetto dell’inflazione è quello di far variare le grandezze reali; ma se le grandezze reali non cambiano perché le grandezze nominali sono perfettamente indicizzate, quali sono le conseguenze di un processo inflazionistico?
Bisogna pensare che anche in questo caso c’è un costo connesso all’esistenza di un processo inflazionistico e bisogna distinguere vari casi.
• Primo caso: perfetta previsione.
Quindi supponiamo che ci sia una perfetta previsione del processo inflazionistico. Anche se l’inflazione è perfettamente prevista esistono dei costi che sono associati alle perdite di efficenza associate al processo inflazionistico.
Se per esempio c’è inflazione anche se questa viene perfettamente prevista, aumenta il costo opportunità di detenere moneta e questo, secondo quanto ci spiega la teoria sulla domanda di moneta di Baumol e Tobin, fa aumentare la domanda di saldi liquidi e in qualche modo costringe le famiglie ad un maggior numero di prelievi dalla banca.
Siccome andare in banca per un individuo rappresenta una disutilità, questo processo inflazionistico, allorché perfettamente previsto, rappresenta una perdita di inefficienza.
C’è poi un altro problema connesso ad un’inflazione perfettamente prevista, c’è tutta una teoria che si è sviluppata dei cosiddetti “costo del menù”.
Questa teoria del menù cost ci dice che in presenza di inflazione, anche se questa è perfettamente prevista, i ristoratori sono costretti a stampare ogni giorno un prezzario diverso, perché devono aggiornare i prezzi dei piatti che vendono, tenendo conto del processo inflazionistico che loro prevedono perfettamente: questo rappresenta un costo per i ristoratori.
Questo fatto è un esempio banale ma basta a far capire che chiunque vende un prodotto ha un costo rappresentato dal fatto che a causa del processo inflazionistico deve rivedere sempre il prezzo al quale vende il proprio prodotto.
C’è poi un terzo aspetto che è quello del “fiscal drag”; sappiamo che l’imposta sul reddito è progressiva cioè è fatta per scaglioni:
1 x
quindi l’aliquota è di un certo ammontare esempio del 30% se uno entra all’interno di uno scaglione di reddito e se si passa allo scaglione successivo l’aliquota aumenta e così via per scaglioni di reddito ancora più elevati.
Se c’è un processo inflazionistico e prima dell’inflazione mi trovo vicino al limite superiore di una classe di reddito per il solo fatto che c’è inflazione e quindi i redditi monetari aumentano perché sono valutati ad un prezzo maggiore, io mi trovo a finire in una classe di reddito maggiore e sono sottoposto ad una aliquota maggiore di quella a cui sarei stato sottoposto se non ci fosse stata inflazione.
Quindi solo per effetto dell’inflazione mi trovo ad essere caricato di un’aliquota di imposta maggiore ma non necessariamente l’aumento del reddito corrisponde ad un aumento del mio reddito reale, anzi l’aumento del reddito di cui ho goduto è puramente nominale; guadagno di più perché a seguito dell’inflazione mi concedono aumenti del salario monetario ma questi non necessariamente corrispondono ad aumenti del salario reale; anzi se l’aumento del salario monetario non è tale da compensare un aumento del livello dei prezzi, il mio salario reale sta diminuendo.
Un’altra conseguenza di una inflazione perfettamente prevista è una conseguenza negativa e riguarda la tassazione dei guadagni in conto capitale. I guadagni in conto capitale vengono tassati in base alla differenza tra il prezzo di vendita e di acquisto di una attività.
Se c’è una differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita e soprattutto se il prezzo di vendita è maggiore del prezzo di acquisto e quindi semplicemente per aver posseduto una attività finanziaria nei diversi istanti di tempo la persona realizza un profitto che viene tassato , in questo consiste superficialmente una tassazione sui guadagni in conto capitale.
Il punto è che se questo guadagno è virtuale, cioè è soltanto nominale la differenza del prezzo si ha non perché l’attività finanziaria o l’attività reale garantisce un potere d’acquisto maggiore di prima, ma semplicemente perché c’è stata una inflazione; allora chi rivende le
attività finanziarie sul mercato di competenza viene tassato anche se la variazione del prezzo è dovuta semplicemente ad un processo inflazionistico che riguarda generalmente tutte le attività finanziarie.
C’è poi un quinto costo connesso all’esistenza di un processo inflazionistico perfettamente previsto, ed è un costo che due economisti del fondo monetario internazionale che hanno messo in luce ed è il cosiddetto “effetto Olivera – Tanzi”.
Questi due economisti sostengono che se il processo inflazionistico è molto sostenuto allora accade che mentre il gettito fiscale viene raccolto o meglio, nel tempo che il governo impiega a raccogliere il gettito fiscale, siccome il tasso di inflazione è così elevato, il valore reale di questo gettito fiscale si riduce nel momento stesso in cui lo Stato lo sta raccogliendo.
Cioè lo Stato non fa in tempo ad entrare in possesso delle tasse che l’inflazione già gli ha deportato ad esempio il 50% il valore reale del suo gettito fiscale.
In paesi con tassi di inflazioni elevatissimi, anche se l’inflazione è perfettamente prevista si può instaurare un circolo vizioso pericoloso: lo Stato tollera inflazione perché l’inflazione è una sorta di imposta sul settore privato con il quale lo Stato può trainare le risorse reali dal settore privato e farle affluire nel proprio bilancio, però se il processo inflazionistico è troppo sostenuto il valore reale dello gettito fiscale che lo Stato raccoglie non è sufficiente a coprire il suo deficit.
Quindi il deficit aumenta e lo Stato è tentano e a generare ad esempio stampando moneta, tassi di inflazioni via via più elevati, il processo inflazionistico diventa sempre più sostenuto e questo instaura un circolo vizioso.
Finiamo per chiarezza il ragionamento del caso in cui l’inflazione non è perfettamente prevista. L’inflazione, come abbiamo, detto corrisponde ad una ridistribuzione di ricchezza tra settore privato e governo; ma anche all’interno di uno stesso settore può corrispondere a predistribuzione di ricchezza se l’inflazione non è perfettamente prevista, nel senso che ci saranno alcuni soggetti che riusciranno correttamente a prevedere il tasso di inflazione e quindi modificheranno le loro scelte in accordo col tasso di inflazione che poi effettivamente si verifica e ci sono, invece, altre persone che hanno un’informazione peggiore, che non riescono a prevedere correttamente l’inflazione e che quindi alla fine hanno posizioni non ottimali per quel dato tasso di inflazione.
Esempio tipico: quando si vuole giustificare la diversa forma della curva di offerta aggregata nel caso classico ed in quello Keneysiano si dice che la teoria classica prevede che AS sia perfettamente verticale e la teoria Keneysiana dice che AS è quella disegnata nel grafico che segue:
AS classici AS keneysiani
P
Y
Come al solito quando ci sono due posizioni diverse arriva un terzo che pensa di essere più intelligente degli altri e si posiziona al centro.
Nella fattispecie, Milton Friedman disse per che non era necessario arrabbiarsi perché avevano ragione tutte e due solo che i Keneysiani avevano ragione nel breve periodo e i classici nel lungo periodo.
Friedman giustifica ciò supponendo che nel settore privato il set informativo riguardo il tasso di inflazione non sia lo stesso, e in particolare, mentre le imprese hanno una perfetta conoscenza di quello che sarà il tasso di inflazione (semplicemente perché sono le imprese come aggregato che stabiliscono il livello dei prezzi) i lavoratori invece possono semplicemente prevedere il livello dei prezzi e non hanno tutta l’informazione necessaria per prevedere correttamente il livello dei prezzi.
Allora accade che al momento di fissare il salario monetario tra lavorati e imprese, i lavoratori si accordano con le imprese per un certo salario monetario perché hanno in mente un certo tasso di inflazione e in base a questo offrono lavoro.
Se le imprese prevedono che ci sarà inflazione, saranno disposte a concedere aumenti del salario monetario ai lavoratori; quando i lavoratori si vedono davanti una controparte che è disposta a concedere salari monetari, i lavoratori sciocchi pensano che stia aumentando il loro salario reale.
Il punto è che quando i lavoratori a fine anno devono spendere il salario monetario che hanno guadagnato si rendono conto che la loro previsione del livello dei prezzo era in difetto rispetto a quella che è stata poi l’inflazione e quindi il loro salario reale invece di aumentare è rimasto costante se non addirittura è diminuito.
Proprio questa differenza tra il set delle informazioni delle imprese e quelle dei lavoratori, fa sì che la curva dell’offerta aggregata sia nel breve periodo (cioè illusione monetaria da parte dei lavoratori ) inclinata positivamente e nel lungo periodo (quando i lavoratori non sono affetti da illusioni monetaria) sia verticale.
Quindi il fatto che alcuni soggetti non prevedono correttamente il processo inflazionistico, consente una ridistribuzione della ricchezza, nel breve periodo le quote di prodotto di cui si appropriano le imprese rispetto ai lavoratori aumenta; ovviamente questo nel lungo periodo non accade più.
Detto questo ci chiediamo come facciamo a stabilire un valore ottimale del tasso di inflazione.
Friedman disse che era possibile individuare un valore ottimale del tasso di inflazione, e questo valore ottimale si individuava in questo modo: la moneta, secondo Friedman, può essere ragionevolmente considerata come un’attività finanziaria che per essere prodotta non si subiscono molti costi; allora se è nullo il costo di produzione di questa attività finanziaria, il suo costo di opportunità deve essere il più basso possibile, perché solo se il suo costo di opportunità è molto basso si incoraggia l’uso di questa attività finanziaria.
Siccome il costo di opportunità di questa attività finanziaria è :
i = r + P^t
Cioè il tasso di interesse nominale che noi sappiamo essere uguale al tasso di interesso reale più in tasso di inflazione, allora perché il costo opportunità sia molto piccolo, sia ad esempio pari a zero, deve essere il tasso di inflazione uguale al tasso di interesse reale preso col segno meno, cioè:
P^t= -r
Quindi bisogna fare in modo che il tasso di inflazione sia uguale ma di segno opposto al tasso di interesse reale, questo rende più piccolo possibile (in questo caso lo annulla) il costo di opportunità della moneta per una attività finanziaria che richiede un costo nullo di produzione e quindi mantenendo basso il cosato di opportunità di questa attività finanziaria non si disincentiva l’uso di questa attività finanziaria e quindi secondo Friedman questo è il tasso ottimale di inflazione.
In una economia chiusa:
QD = C + I + G
C = c(Q-T) – ai + cF (Q-T)F
I = - bi + d PMKE
Ls = M0/ P
LD = vQ – Fi
L’equazione della curva IS è:
i = cF (Q-T)F+ d PMKE - cT + G -- 1-c Q
a+b a+b
dove c è la propensione marginale al consumo
L’intercetta della curva IS ha al numeratore tutte le componenti autonome della domanda aggregata e al denominatore ha parametri che rappresentano la sensibilità delle componenti di spesa privata al tasso di interesse, in questo caso ci sono 2 componenti di spesa sensibili al tasso di interesse: il consumo e gli investimenti, perché sappiamo che il tasso di interesse incide sul vincolo intertemporale di bilancio cioè sulle scelte di consumo.
La pendenza della IS è data al numeratore dalla propensione marginale al risparmio, (quindi 1 meno la propensione marginale al consumo) e al denominatore abbiamo di nuovo i parametri che rappresentano la sensibilità al tasso di interesse delle componenti di spesa privata.
L’equazione della curva LM è:
i = - 1 M0 + v Q
F p F
L’intercetta di LM dipende dallo stock di moneta reale in circolazione e compare anche il parametro F che rappresenta la sensibilità della domanda di moneta al tasso di interesse.
La pendenza della LM è data dal rapporto tra il parametro che rappresenta la sensibilità della domanda di moneta alle variazioni nel reddito e il parametro che rappresenta la sensibilità della domanda di moneta al tasso di interesse.
Dobbiamo sapere come si muovono nel piano la IS e LM:
i1
i0
IS’
IS
Q0 Q1 Q
Se c’è un aumento della spesa pubblica la curva IS si sposta parallelamente verso l’alto perché si modifica l’intercetta della IS, a seguito di questo aumento della spesa pubblica dobbiamo distinguere uno spostamento orizzontale da uno spostamento verticale.
A seguito di un aumento di spesa pubblica, a parità di produzione, aumenta il tasso di interesse da i0 si va a i1 , e aumenta la produzione da Q0 a Q1, in quale posizione ci troveremo non lo sappiamo fino a quando non disegniamo pure la LM.
Da Q0 a Q1 è il caso in cui lo spiazzamento è nullo perché stiamo ragionando su un aumento della spesa pubblica mantenendo costante il tasso di interesse:
li =0
Quindi questa variazione è dovuta all’effetto del moltiplicatore :
QQ = 1
QG 1-c
la variazione da i0 a i1 corrisponde ad uno spiazzamento completo.
Allora :
lo spostamento orizzontale lo si ha quando li =0 la si ha quando
iQ = 1
G 1-c
lo spostamento verticale lo si ha quandollQ=0 e Qi = 1
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiG a+b
cioè dipende dai parametri che esprimono la sensibilità delle componenti di spesa privata al tasso di interesse: a= misura la sensibilità del consumo alla variazione del tasso di interesse e
b = misura la sensibilità degli investimenti alla variazione del tasso di interesse.
i LM
LM’
i0
i1
Q0 Q1 Q
Politica monetaria espansiva, aumento dello stock di moneta in circolazione, la curva LM si sposta parallelamente verso il basso.
A parità di livello di produzione, un aumento dello stock di moneta in circolazione produce una diminuzione del tasso di interesse; a parità di tasso di interesse l’aumento dello stock di moneta in circolazione produce un aumento della produzione di equilibrio sul mercato monetario.
Uno spostamento orizzontale della LM
Ui =0 iQ = 1
M0 v
P
dove v rappresenta la sensibilità della domanda di moneta alle variazioni nel reddito.
Spostamento verticale:SSQ =0
Qi = -- 1
iM0 F
P
Dobbiamo individuare l’equilibrio e rendersio conto dei moltiplicatori di statica comparata.
IS LM
I*
Q*
A partire dalle equazioni della IS e LM , determinare le coordinate del punto di equilibrio Q* e i*.
Poi calcolare i seguenti moltiplicatori:
Q* ; QQ* ;
QQQG GGGGGGT
1
1