La moneta e l'inflazione

Materie:Riassunto
Categoria:Economia Politica
Download:1245
Data:09.07.2007
Numero di pagine:9
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
moneta-inflazione_2.zip (Dimensione: 8.29 Kb)
trucheck.it_la-moneta-e-l-inflazione.doc     36 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

LA MONETA
Nelle società primitive, basate sull’autoconsumo, gli scambi erano limitati e avvenivano tramite il baratto. Quando tutti i prezzi dei beni e dei servizi vengono misurati in moneta si ha un’economia monetaria. L’unità monetaria può essere concreta (se circola realmente) o ideale (quando non circola e viene utilizzata solo come punto di riferimento). La moneta è intermediario negli scambi, misura dei prezzi e riserva di valore. Essa viene spesso messa da parte in attesa di essere spesa. In questo caso diventa una riserva di valore che può essere utilizzata in qualsiasi momento. Per poter svolgere queste tre funzioni, la moneta deve possedere il requisito della liquidità, cioè deve essere accettata in pagamento senza difficoltà. Per “valore della moneta” possiamo intendere il valore intrinseco, il valore nominale e il valore reale. Il primo è il valore commerciale del materiale di cui è composta la moneta e del costo di lavorazione. Il valore nominale è il valore attribuito alla moneta ed il valore reale è dato dal potere d’acquisto della moneta. Se i prezzi aumentano, il potere d’acquisto della moneta diminuisce.
Potere d’acquisto della moneta = 1/livello medio dei prezzi
Nei periodi di inflazione gli individui tendono a spendere la moneta per acquistare i “beni rifugio” (immobili, quadri d’autore, gioielli…).
Nel corso dei secoli si sono succeduti tre diversi sistemi monetari: metallici, a cambio aureo e a carta moneta inconvertibile. I primi si dividono in monometallici e bimetallici. Col monometallismo il prezzo del metallo è fissato dallo Stato. Il potere d’acquisto dell’unità monetaria deve coincidere col potere d’acquisto del metallo contenuto in essa. Il monometallismo argenteo ha avuto scarse applicazioni. All’inizio del XX secolo nei principali paesi industrializzati era in vigore il “sistema aureo” (gold standard) con cui circolavano monete d’oro e banconote convertibili liberamente e illimitatamente in oro presso le Banche Centrali. Questo venne adottato in Inghilterra nel 1816, in Germania nel 1873, in Russia nel 1896, in Giappone nel 1897 e negli Stati Uniti nel 1900. Alla fine della Prima guerra mondiale, i paesi sconfitti dovettero pagare i risarcimenti dei danni in oro; questo squilibrio nelle riserve auree segnò la fine del gold standard. Il bimetallismo venne attuato per la prima volta in Francia nel 1803; nel XIX secolo il bimetallismo venne poi adottato da altri paesi europei, che formarono la “lega latina”, che stabilì fra i due metalli preziosi un rapporto di 1 a 15,5 (1 moneta di oro ne valeva 15,5 di argento). Nel lungo periodo, è impossibile che tale rapporto resti costante perché la produzione d’oro e d’argento sono soggette a notevoli fluttuazioni. In tale situazione le persone tendono a pagare con la moneta meno stimata (argento) per accumulare la moneta più pregiata (oro), che diventa sempre più rara fino a sparire dal mercato (Thomas Gresham). Il bimetallismo tende a trasformarsi in monometallismo argenteo. Col “bimetallismo zoppo” solo la moneta aurea continua ad essere perfetta, mentre la moneta argentea continua a circolare nonostante il valore legale superi quello di mercato. Alla fine della Prima guerra mondiale furono introdotti dai sistemi monetari a cambio aureo che non prevedevano ll’effettiva circolazione del metallo; questi erano: il gold bullion standard, il gold exchange standard e il sistema misto. Con il primo, circolano biglietti di banca, convertibili in lingotti d’oro ad un prezzo fissato dalla legge. Con il secondo circolano biglietti di banca, condivisibili in divise estere di paesi in cui la moneta è convertibile in oro. Il sistema misto è una combinazione dei due sistemi precedenti perché circolano biglietti di banca che possono essere convertiti sia in verghe d’oro sia in divise estere convertibili in oro. La moneta metallica aveva un notevole intrinseco e questo rappresentava un problema, perché bastava la scoperta di giacimenti per creare squilibri nel sistema monetario. Si passò ad un sistema basato sulla moneta cartacea, desiderata per il suo potere d’acquisto. Nei sistemi a carta moneta inconvertibile circolano banconote non convertibili in oro, emesse dalle autorità monetarie indipendentemente dalle riserve auree possedute. Attualmente, in tutti i paesi industrializzati è in vigore il corso forzoso della moneta. La circolazione monetaria non deve superare il fabbisogno del sistema economico per non provocare inflazione. Per potere liberatorio della moneta si intende la possibilità di poter saldare con essa qualunque debito.
L’Offerta di moneta è la quantità di mezzi di pagamento esistente nel sistema economico (moneta bancaria e moneta legale). La moneta è emessa dalla Banca Centrale Europea e dalle Banca d’Italia. La moneta divisionale è la moneta di piccolo taglio ed ha un valore intrinseco molto basso. La moneta cartacea ha un valore nominale tra i 5 e i 500 €. La moneta bancaria è costituita dai mezzi di pagamento creati dal sistema bancario. Le persone accettano gli assegni come mezzo di pagamento perché sono fiduciose che le banche possano convertirli in moneta legale. Circa il 90% delle transizioni avvengono utilizzando la moneta bancaria, che ha un grado di liquidità inferiore alla moneta legale e per questo ha un rendimento maggiore (interessi). La riserva obbligatoria deve essere versata alla Banca d’Italia dalle banche, a garanzia delle loro operazioni. La Banca d’Italia stabilisce l’aliquota di riserva obbligatoria, cioè la percentuale di riserva che le banche devono versare alla Banca Centrale sul totale dei depositi bancari. Per analizzare il rapporto esistente fra moneta legale e moneta bancaria bisogna prendere in esame il processo di espansione dei depositi.
Moneta bancaria = (1/aliquota di riserva obbligatoria) x Moneta legale
(1/ aliquota di riserva obbligatoria) è il moltiplicatore dei depositi bancari (numero di € di moneta bancaria che le banche possono creare per ogni € di moneta legale) ed è un numero sempre maggiore di 1. Grazie al processo di espansione dei depositi, l’Offerta di moneta presente nel sistema è un multiplo della moneta legale. L’Offerta di moneta dipende sia dal moltiplicatore dei depositi bancari sia da quantità di moneta legale immessa nel sistema. Nessuna banca è in grado di espandere i depositi perché può essere sviluppato solo al sistema bancario nel suo insieme. L’Offerta di moneta è un elemento dato, che non dipende da alcun meccanismo di mercato.
La teoria quantitativa della moneta, impostata da Bodin, venne poi rielaborata da Fisher.
PIL monetario = indice dei prezzi x PIL in termini reali
L’Offerta di moneta deve essere inferiore al PIL monetario, perché la moneta circola più volte.
Velocità media di circolazione della moneta = PIL monetario / Offerta di moneta
(equazione di Fisher) Offerta di moneta x velocità media di circolazione della moneta = Indice dei prezzi x PIL in termini reali
Sull’equazione di Fisher si basa la teoria quantitativa della moneta: il valore delle merci scambiate sul mercato coincide con il flusso di moneta in circolazione. Il flusso di moneta (dato dall’Offerta di moneta x la velocità media di circolazione della moneta) è direttamente proporzionale al livello dei prezzi: ogni aumento della circolazione monetaria tende a far aumentare il livello dei prezzi.
Il valore della moneta = PIL in termini reali / flusso di moneta
Il valore della moneta è in relazione inversa rispetto alla circolazione monetaria. Gli economisti considerano costante la velocità media di circolazione della moneta . Secondo Keynes, solo se la produzione è costante, ogni variazione della circolazione monetaria provoca una variazione proporzionale del livello dei prezzi.
Solo i mezzi di pagamento liquido costituiscono la Domanda di moneta. Domanda di moneta e risparmio coincidono solo se il soggetto destina tutto il risparmio verso mezzi di pagamento liquidi. Secondo Keynes, le ragioni per cui un soggetto effettua Domanda di moneta sono 3: a scopo di transazione (le entrate e le uscite di un individuo coincidono nel tempo), a scopo precauzionale (le persone trattengono un certo ammontare di mezzi di pagamento liquidi per far fronte a imprevisti) e a scopo speculativo (l’acquisto di un bene con l’intenzione di rivenderlo ad un prezzo più alto). I soggetti più ricchi trattengono una quantità maggiore di moneta sia a scopo di transazione, sia a scopo precauzionale, sia a scopo speculativo; i soggetti più poveri sono costretti a trattenere una quantità minore di moneta. La Domanda di moneta è in relazione inversa col tasso d’interesse. Se il tasso d’interesse è alto il prezzo dei titoli è basso e quindi gli speculatori tendono ad acquistare titoli prevedendo un rialzo dei prezzi; per acquistare titoli gli speculatori diminuiscono la loro Domanda di moneta: se il tasso di interesse è alto la Domanda di moneta diminuisce. La Domanda di moneta è in relazione diretta col livello dei redditi individuali e in relazione inversa col tasso d’interesse. Il mercato monetario è in equilibrio quando si fissa un tasso d’interesse tale da rendere l’Offerta di moneta uguale alla Domanda di moneta.
L’INFLAZIONE
L’inflazione è l’aumento generalizzato dei prezzi. La deflazione è la diminuzione del livello generale dei prezzi. Questo è un grave fenomeno, perché la diminuzione dei prezzi porta ad un punto in cui le imprese devono cessare la loro attività, perché i costi di produzione superano i prezzi. Durante la Grande Depressione si ebbe una forte deflazione e il crollo dei prezzi provocò la crisi di numerose imprese con conseguente aumento della disoccupazione. Per misurare l’inflazione l’Istat costruisce un indice dei prezzi. Questo procedimento si articola in 4 fasi:
1. si prende in esame una “famiglia tipo” composta da padre, madre e due figli con meno di 14 anni
2. Sulla base dei beni e dei servizi che la famiglia tipo ipoteticamente consuma viene costruito un “paniere di beni”, composto da oltre 300 beni e servizi a loro volta raggruppabili in 9 categorie (alimenti, abbigliamento, elettricità e combustibili, abitazione, mobili e servizi per la casa, servizi sanitari, trasporti, ricreazione e istruzione, altri beni e servizi).
3. Si fa la media aritmetica ponderata dei prezzi dei beni del paniere e si costruisce così un indice dei prezzi.
4. L’indice dei prezzi viene fissato a 100 e viene collegato ad un “anno base”.
La costruzione di un indice dei prezzi risente di inevitabili imprecisioni derivanti dalla scelta dei beni, dall’incidenza attribuita ai beni nell’ambito della categoria e dal peso attribuito a ciascuna categoria nel paniere. L’Istat elabora un indice dei prezzi all’ingrosso (fa riferimento ai prezzi praticati negli scambi fra imprese agricole e industriali da un lato e imprese commerciali e imprese commerciali dall’altro; non tiene conto dei servizi) che un indice dei prezzi al consumo (si basa sui prezzi dei beni e dei servizi che vengono trasferiti dalle imprese alle famiglie). Il tasso d’inflazione misura la variazione percentuale del livello dei prezzi nel corso di un anno. La disinflazione segnala una diminuzione del tasso d’inflazione, perché il livello dei prezzi aumenta a ritmi decrescenti. Si ha l’inflazione strisciante quando il tasso d’inflazione è inferiore al 2-3%, questa non provoca problemi all’economia. Quando supera il 10% per alcuni anni si ha l’inflazione robusta, che ha colpito i paesi industrializzati nel decennio 1975-1985. Si ha inflazione galoppante quando il tasso d’inflazione supera il 100%; provoca gravi distorsione economiche, perché le persone perdono fiducia nella moneta e acquistano i “beni rifugio”. Si ha iperinflazione quando i prezzi aumentano in modo incontrollabile di giorno in giorno; in questo caso le persone tendono ad abbandonare la moneta come intermediario negli scambi, per tornare ad un sistema di baratto in cui ogni merce acquista un valore di scambio rispetto ad altre merci (è rara e, di solito, segue una guerra o una rivoluzione).
Si ha inflazione quando la circolazione monetaria è eccessiva rispetto al volume degli scambi. Si possono dividere le cause dell’inflazione in due gruppi: l’inflazione da costi e l’inflazione della Domanda. L’inflazione da costi può essere causata o da un aumento del costo del lavoro (“spirale prezzi/salari) o da un aumento del prezzo delle merci importate (“inflazione importata”). Si ha la “spirale prezzi/salari” quando i lavoratori ottengono aumenti salariali superiori agli incrementi di produttività e gli imprenditori trasferiscono sui prezzi l’aumento del costo del lavoro. La spirale prezzi/salari può essere innescata anche dagli imprenditori quando aumentano i prezzi senza che i costi siano aumentati; ne consegue che i lavoratori si trovano costretti a chiedere aumenti salariali per mantenere inalterata la loro quota nella distribuzione del reddito. L’inflazione importata può derivare da un aumento del prezzo delle merci da parte dei paesi esportatori o dalla svalutazione della moneta nel paese importatore.
Essendo in breve periodo, l’Offerta non può adeguarsi all’aumento della Domanda, perché non è possibile aumentare la produzione oltre i limiti imposti dalla capacità produttiva e quindi ogni aumento di Domanda crea un vuoto nel sistema economico (“vuoto inflazionistico”), che viene colmato dall’aumento dei prezzi.
L’inflazione peggiora il saldo della Bilancia commerciale perché tendono a diminuire le esportazioni e ad aumentare le importazioni. Essa può essere contrastata dalla politica dei redditi e con una politica monetaria restrittiva.Con la politica dei redditi i lavoratori si impegnano a non chiedere aumenti salariali superiori agli incrementi di produttività e gli imprenditori si impegnano a non aumentare i prezzi. Essa è in grado di contenere l’inflazione, ma comporta il controllo dei redditi, dei prezzi e degli investimenti. La politica dei redditi presuppone che resti inalterata la quota dei salari, o dei profitti, nella distribuzione del reddito: essa comporta l’accettazione, da parte di lavoratori e imprenditori, della distribuzione del reddito in quel momento in vigore. Se le autorità monetarie diminuiscono l’Offerta di moneta provocano da un lato effetti negativi sul livello di RN e aumentano la disoccupazione, ma dall’altro diminuiscono la quantità di moneta in circolazione e riducono l’inflazione. Quest’ultima fa aumentare i costi di produzione e questo causa una contrazione dei profitti o un ulteriore aumento dei prezzi. Un alto tasso d’interesse scoreggia gli imprenditori ad investire. Si ha stagflazione quando aumentano contemporaneamente il tasso d’inflazione e il tasso di disoccupazione, a cui segue una contrazione degli investimenti. L’inflazione provoca una redistribuzione del RN, perché agisce sia sui redditi che sui patrimoni. Essa penalizza maggiormente i percettori di reddito fisso rispetto ai percettori del reddito variabile. L’inflazione avvantaggia i debitori e penalizza i creditori. L’indicizzazione compensa le variazioni del tasso d’inflazione. Con l’indicizzazione un reddito viene agganciato ad un indice dei prezzi. La “scala mobile”, in vigore del 1946 al 1991, era un meccanismo d’indicizzazione per i salari. Con la scala mobile alla paga-base veniva aggiunta un’indennità che si adeguava al tasso d’inflazione.

Esempio