Cos'è L'inflazione

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Testo

L’INFLAZIONE
Cos’è l’inflazione..
Si parla di inflazione quando si verifica un aumento generalizzato dei prezzi
Come si misura l’inflazione?...
L’inflazione viene misurata tramite indicatori detti indici di prezzo. Un indice di prezzo misura il prezzo di un particolare gruppo di beni, denominato paniere. Il livello dei prezzi può essere monitorato in fasi diverse del processo di produzione, per cui abbiamo indici di prezzo al consumo e indici di prezzo alla produzione.
I principali indici di prezzo al consumo sono:
• L’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale(NIC): misura il livello medio dei prezzi di vendita al dettaglio
• L’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati(FOI): considera un paniere di beni tipicamente consumato dalla famiglia di un lavoratore dipendente
• L’indice dei prezzi al consumo armonizzato su base comunitaria: è calcolato in base a procedure uguali in tutti i paesi dell’unione europea
L’indice dei prezzi alla produzione misura l’andamento dei prezzi i merci prima della fase di commercializzazione.
Per calcolare il tasso d’inflazione occorre sottrarre dall’indice dei prezzi dell’anno considerato quello dell’anno precedente, dividere la differenza per l’indice dell’anno precedente e moltiplicare per 100.
In Italia, l’ente che misura l’inflazione è l’ISTAT, che comunica la variazione percentuale dei prezzi rispetto al mese o l’anno precedente.
Rispetto la sua intensità, l’inflazione viene definita:
• Strisciante: l’aumento dei prezzi è contenuto
• Vivace: oscilla fra 3 e il 10%
• Galoppante: supera il 10%
• Esplosiva o iperinflazione: quando la dinamica dei prezzi e fuori controllo e il loro incremento supera il 100%
Le conseguenze dell’inflazione…
La prima conseguenza dell’inflazione è che tutti riusciamo a comprare meno beni con la stessa quantità di denaro: l’aumento generale del livello dei prezzi, provoca una diminuzione del potere d’acquisto della moneta.
Gli effetti negativi dell’inflazione colpiscono alcuni gruppi sociali in misura maggiore rispetto ad altri. Si tratta di coloro che hanno un reddito fisso e che riescono ad adeguarsi all’aumento dei prezzi ottenendo un aumento
del salario. I lavoratori autonomi e gli imprenditori possono “rifarsi” dell’inflazione aumentando i prezzi dei beni che vendono o delle prestazioni che offrono.
L’inflazione crea scontento e genera un peggioramento del clima sociale; inoltre corrode i risparmi.
Un’altra conseguenza è la perdita di competitività dei prodotti nazionali: se i prezzi dei beni prodotti in un certo Paese aumentano più di quanto non siano aumentato negli altri, l’acquisto di tali beni risulta meno conveniente.
Chi trae vantaggio dall’inflazione?
L’inflazione favorisce i debitori, in particolare coloro che devono restituire ingenti somme di denaro.
Se il valore reale della moneta diminuisce, un soggetto che deve restituire una somma ne consegnerà una quantità apparentemente uguale ma sostanzialmente minore. Chi presta denaro gratuitamente subisce una perdita che sarà tanto maggiore quanto più lungo è il periodo di durata del prestito.
Chi concede un prestito ottenendo il compenso di un interesse, per mettersi al riparo dell’inflazione deve stabilire un tasso di interesse sulla somma prestata almeno pari, al tasso di inflazione. Questo meccanismo si chiama indicizzazione e viene stabilito nei contratti in base ai quali nasce il rapporto tra debitore e creditore.
Le cause dell’inflazione:
- l’inflazione da domanda: gli economisti neokeynesiani sostengono che l’aumento del livello dei prezzi è causato da un aumento della domanda globale a parità di offerta. Se si incrementano i consumi delle famiglie(C), o degli investimenti delle imprese(I), oppure se lo stato aumenta il livello della spesa pubblica(G), si genera una spinta inflativa su l’economia nazionale. Le esportazioni(X) favoriscono l’inflazione. inflazione = c+i+g+x > pil+m
- inflazione da moneta: i monetaristi sostengono che l’inflazione sia la conseguenza di una politica monetaria espansiva; sostengono inoltre che è causata da una quantità esagerata di moneta a disposizione di famiglie e/o imprese.
- Inflazione da costi: i prezzi dei beni possono aumentare perché salgono i costi delle materie prime, o il costo del lavoro o dei macchinari. L’inflazione può derivare anche dall’offerta, quale conseguenza dell’aumento dei costi di produzione. Infatti se le imprese non riescono ad ammortizzare tale aumento con un incremento della produttività, saranno obbligate ad aumentare i prezzi di vendita dei beni prodotti.
- L’inflazione importata: la causa dell’inflazione può essere estranea al sistema economico che si considera; si parla di inflazione importata, poiché essa dipende dall’aumento di materie prime prodotte in altre nazioni.
Osservazioni sulla teoria dell’inflazione da costi…
Anche in questo caso le posizioni principali sono quella dei neokeynesiani e quella dei monetaristi. I primi sostengono che la responsabilità dell’inflazione è da attribuire ai sindacati, poiché innescano una spirale nella quale i salari e prezzi si rincorrono; i secondi sostengono che tale spirale può avere luogo solo se le autorità monetarie le “danno corda” emettendo moneta: se si rifiutassero l’inflazione si fermerebbe. A questa posizione rispondono i neokeynesiani, affermando che se è vero che la continuazione del processo inflazionistico dipende dall’atteggiamento delle autorità è anche vero che le decisioni di politica monetaria vengono adottate con lo scopo di sostenere il livello della produzione e dell’occupazione.
Lo stato cerca di passare da una situazione di inflazione a una piena di occupazione. Se le autorità si rifiutassero di aumentare l’offerta di moneta, il sistema scivolerebbe verso la recessione: diminuirebbero gli investimenti e aumenterebbe la disoccupazione, quindi è giusto che esse assecondino la spirale.
Strumenti della politica economica per ridurre l’inflazione….
Ci sono due versanti dai quali lo Stato può combattere l’inflazione: quello della politica monetaria (sostenuta dai monetaristi) e quello della politica dei redditi(sostenuta da Keynes).
Nel primo caso lo Stato può regolare la qualità di moneta in circolazione, decidendo di emettere una quantità minore di banconote. Altre misure di una politica monetaria restrittiva sono: l’aumento del tasso di sconto ufficiale, l’innalzamento del coefficiente di riserva obbligatoria, la vendita di titoli di Stato. Questi provvedimenti hanno la conseguenza di ridurre l’offerta di moneta.
Se si favorisce le teorie di Keynes, bisogna attuare una politica dei redditi: bisogna cercare di non far aumentare i salari, altrimenti aumenterebbero i consumi e aumenterebbero anche gli investimenti.
Altre forme di controllo sull’inflazione riguardano la politica fiscale: una diminuzione della tassazione genere una riduzione dei prezzi. Questo però vale solo per le imposte indirette, perché esse gravano sul prezzo dei beni; le imposte dirette se diminuiscono aumenta il reddito disponibile e quindi il consumatore sarà disposto a spendere di più. Per ridurre l’inflazione occorrerebbe aumentare le imposte diritte e diminuire quelle indirette.
Per quanto riguarda la spesa pubblica bisognerebbe diminuire le spese dello Stato.
La riduzione della spesa pubblica può essere attuata o diminuendo la spesa corrente(interessi passivi o salari) o riducendo la spesa in conto capitale (costruzione di opere pubbliche).
Il costo della lotta all’inflazione…
Il controllo dell’inflazione comporta dei costi sociali: può accadere che un sistema economico debba accettare una maggior disoccupazione per diminuire il tasso di inflazione o accettare un’inflazione più alta per ridurre la disoccupazione. Esiste una relazione inversa tra i due fenomeni: se l’inflazione aumenta, la disoccupazione tende a diminuire e viceversa. Questa relazione fu teorizzata da Phillips, il quale la rappresentò su un grafico denominato curva di Phillips. La spiegazione a questo fenomeno è la seguente: una crescita della domanda induce le imprese ad assumere lavoratori, per cui la disoccupazione diminuirà; i lavoratori possono pretendere un salario maggiore, poiché il tasso di variazione dei salari è direttamente proporzionale al tasso di variazione dei prezzi, si genera inflazione. La ricerca di Phillips mostra la possibilità di raggiungere un tasso d’inflazione più basso a una condizione: un maggior tasso di disoccupazione.
Qual è il costo sociale che bisogna sopportare per ridurre l’inflazione?..
Se si vuole diminuire il tasso d’inflazione bisogna accettare un certo aumento della disoccupazione; se vogliamo ridurre la disoccupazione dobbiamo tollerare un incremento generale dei prezzi.
Critiche alla curva di Phillips….
Le conclusioni di Phillips furono criticate dall’economista Friedman, secondo il quale l’obiettivo della bassa inflazione non ha nulla a che vedere con quello della bassa disoccupazione, poiché il primo dipende dall’offerta di moneta, il secondo risente delle leggi del mercato del lavoro. Friedman osservò che Phillips aveva considerato il tasso di variazione dei salari nominali e non quello dei salari reali e che la curva di Phillips poteva essere valida nel breve periodo. L’analisi di Friedman parte dal punto di intersezione, che nel grafico è pari al 6%, mentre il tasso di variazione dei salari è zero. Supponiamo che il Governo decida di creare nuovi posti di lavoro, la disoccupazione scende al 3%, mentre l’inflazione arriva al 4%. Friedman, afferma che questa situazione è provvisoria e che nel lungo periodo cambia radicalmente: il sistema tende a ritornare nel punto di partenza. Il problema è che per tornar al punto di partenza bisognerà tollerare un tasso di inflazione più alto.
Perché non si riesce a tornare al punto di partenza?
Perché si è innescato un meccanismo “perverso”: un processo inflazionistico derivante dal fatto che gli operatori economici hanno ricompresso l’inflazione, incorporandola nei loro calcoli economici di previsione di spesa e di entrata. Friedman ritiene che il sistema abbia un livello strutturale di disoccupazione,tasso naturale di disoccupazione, e che è il punto verso il quale i soggetti economici cercano di ritornare. Questo tasso naturale di disoccupazione impedisce il formarsi della curva di Phillips: poiché i soggetti si adeguano all’inflazione, le variazioni del livello dei salari saranno indipendenti dal tasso di disoccupazione, e la curva si trasformerà in una retta perpendicolare all’asse delle ascisse.
Deflazione, disinflazione e stagflazione…
Deflazione = diminuzione del livello generale dei prezzi
Disinflazione = diminuzione dell’inflazione
Stagflazione = situazione in cui in un sistema economico si verificano contemporaneamente fenomeni inflativi e di ristagno dell’economia.
Come è possibile che si verifichi la stagflazione?
La stagflazione si verifica quando si ha la concomitanza di fenomeni generatori di inflazioni e fenomeni che provocano contrazione della produzione.
L’economista Kaldor ha elaborato la teoria sulle cause delle stagflazione, sostenendo che deriva dagli scambi internazionali. Afferma che l’economia va divisa in due settori: il mercato delle materie prime, dominato dalla domanda e dall’offerta e il mercato dei prodotti industriali, di tipo oligopolistico. Questi due mercati non sono simmetrici così che una variazione dei prezzi nel mercato delle materie prime si trasferisce nel mercato dei prodotti. Se i prezzi delle materie prime scendono, diminuiranno le importazioni di beni prodotti dalle nazioni industrializzate. Un aumento dei prezzi delle materie prime determina un incremento dei costi di produzione delle aziende dei paesi industrializzati, generando un aumento dei prezzi.
Quali sono le conseguenze della stagflazione?
Poiché insieme all’inflazione si verifica il ristagno della produzione, anche gli investimenti finanziari diminuiscono, perché i risparmiatori non intravedono prospettive di guadagno. Il mercato azionario, inoltre, si deprime poiché sono scarsi i profitti e i dividendi distribuiti dalla società.
Un altro fenomeno che si verifica nella stagflazione è l’ascesa dei tassi d’interesse, che non dovrebbe realizzarsi in una situazione di ristagno produttivo, poiché le autorità monetarie cercano di rendere più conveniente domandare moneta. Nella stagflazione, invece, i tassi d’interesse devono ricomprendere l’inflazione, sennò non sarebbero convenienti per il risparmiatore.

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