Purgatorio, canto I

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Testo

Purgatorio canto I

Parafrasi

La navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé un mare così crudele,
alza ora le vele per correre per acque migliori;
argomento della mia cantica sarà il mio viaggio nel purgatorio
dove l’anima umana espia i suoi peccati
e si fa degna di salire al paradiso.
Ma a questo punto la poesia, che fino ad ora ha cantato il regno dei morti, si innalzi
o sante muse, poiché io vi ho consacrato interamente la mia vita
e qui anche Calliope alzi alquanto la sua voce,
accompagnando il mio canto con quella melodia
della quale le sciagurate figlie di Pierio avvertirono
in modo così schiacciante la superiorità, che disperarono di essere perdonate.
Un dolce colore di zaffiro orientale
che si conteneva nella limpida atmosfera
pura fino al cerchio della luna
ricominciò a ridare diletto ai miei occhi,
non appena io uscii dall’aria infernale
che aveva rattristato la mia vista e la mente.
Il bel pianeta di Venere che invita ad amare
faceva risplendere tutta la parte orientale del cielo
offuscando la costellazione dei pesci con cui si trovava in congiunzione.
Mi volsi a destra e guardai attentamente
verso l’altro polo, e vidi quattro stelle
che nessuno ebbe mai la grazia di vedere tranne i primi uomini.
Il cielo visibilmente gioiva della loro intensa luce:
o emisfero settentrionale, spoglio della luce di quelle stelle,
da quando ti sei privato della possibilità di contemplarle.
Appena mi fui distolto dal guardare le stelle,
volgendomi un poco verso l’altro polo,
là dove l’Orsa Maggiore era già sparita,
vidi vicino a me, solo, un vecchio
degno nell’aspetto di tanto reverenza
che maggiore non si deve a un padre da nessun figlio.
Portava la barba lunga e con qualche pelo bianco
egualmente lunghi e brizzolati erano i suoi capelli
dei quali due ciocche, una per lato, scendevano sul petto.
I raggi delle quattro stelle sante
adornavano della loro luce il suo volto
a tal punto che io lo vedevo come se il sole fosse davanti a lui.
Chi siete voi due che, risalendo a ritroso il corso del fiume sotterraneo,
siete fuggiti alla prigione eterna dell’inferno?
Disse Catone ed intanto agitava la barba e i capelli.
Chi vi ha fatto da guida fin qui? Che cosa illuminò il vostro cammino,
perché usciste fuori dall’oscurità profonda
che rende sempre nera la voragine infernale?
Sono dunque fino a questo punto infrante le leggi dell’inferno?
O si è fatta in cielo una nuova legge
per cui, voi, pur dannati, potete venire alle rocce di questo purgatorio?
La mia guida allora mi afferrò
con un gesto imperioso
e mi fece inginocchiare e abbassare gli occhi in segno di reverenza.
Virgilio così poi rispose:”non sono qui arrivato di mia iniziativa.
Son qui perché sollecitato da una donna che scese dal cielo e per le sue preghiere
recai aiuto a costui facendogli da guida.
Ma poiché è tuo desiderio che si precisi meglio
la nostra condizione, qual’essa è veramente,
non può essere che il mio voler si neghi a te.
Costui non conobbe mai la morte;
ma a causa dei suoi gran peccati fu così vicino alla morte spirituale
che entro pochissimo tempo si sarebbe perduto per sempre.
Così come ho detto, fui mandato da lui
per salvarlo dalla perdizione e non vi era altra via
al di fuori di questa che sto percorrendo
gli ho mostrato tutti i dannati;
ora mi propongo mostrargli gli spiriti
che qui si purificano obbedendo al tuo potere.
Come l’ho guidato e portato fin qui, sarebbe lungo riferirti:
dal cielo scende una forza che mi aiuta
a condurlo a vederti e a udire i tuoi insegnamenti.
Ora degnati di prendere in benevola considerazione il suo arrivo:
egli va cercando la libertà, che è tanto preziosa
come sa chi per essa si uccide.
Tu lo sai bene, poiché non ti fu dolorosa per lei
la morte in Utica, ove lasciasti
il tuo corpo che nel giorno del giudizio finale sarà glorificato e con l’anima ascenderà al paradiso
nessuna legge divina è stata da noi violata,
perché costui è vivo ed io non sono propriamente un dannato e perciò non siamo legati a Minosse.
Vengo dal limbo in cui si trova la tua Marzia,
la tua pudica moglie, la quale nel sembiante ancora ti prega,
che tu la consideri, o santo cuore, la tua sposa:
in nome dell’amore che ella ancora ti porta, accondiscendi alla nostra preghiera.
Lasciaci dunque andare per i sette gironi del purgatorio;
ringrazierò Marzia del tuo assenso,
se consenti di essere ricordato laggiù.”
“Marzia mi fu cara e a lei andarono i miei sguardi carichi di affetto,
mentre che io fui sulla terra,
tanto che tutto ciò che ella volle da me, io glielo concessi.
Ora però che dimora al di là dell’Acheronte,
non può più commuovermi per la legge divina
che diventò operante per me quando uscii fuori dal limbo.
Ma se, come tu dici, una donna del paradiso ti fa andare e ti guida
non occorre che tu mi lusinghi e cerchi la mia benevolenza:
ti sia sufficiente che tu mi richieda in nome di lei.
Vai dunque e provvedi a cingere costui
di un giunco senza nodi e a lavargli il volto,
in modo che da esso sia cancellata ogni bruttura;
perché non è conveniente che costui, con l’occhio
offuscato dalla nebbia, si presenti davanti al primo
esecutore delle leggi di Dio, che è un angelo.
Questa piccola isola nel punto più basso,
laggiù, là dove sulla spiaggia, è colpita dall’onda del mare,
è coperta tutt’intorno di giunchi che crescono sull’umida sabbia;
nessun’altra pianta che mettesse rami con foglie
e crescesse in tronco duro, vi potrebbe attecchire
poiché non si piega e non asseconda i colpi delle onde.
Compiuto il rito sulla spiaggia, non dovete tornare da questa parte,
la via più agevole per salire
ve la mostrerà il sole che sta per sorgere”.
Dopo queste parole sparve di colpo; e io mi alzai
senza parlare, e mi accostai con tutto il corpo
a Virgilio, e lo guardai da lui aspettando un cenno.
Egli cominciò:” Figliuolo, seguimi:
torniamo indietro, poiché da questa parte
la pianura scende verso l’orlo della spiaggia.
L’alba, rendendo sempre più luminoso il cielo
in modo che da lontano
ravvisai il tremolio della luce sul mare.
Andavamo per la pianura solitaria
come chi torna alla strada che ha smarrito
e finché non l’abbia ritrovata, avverte di fare un cammino inutile.
Quando noi fummo là dove la rugiada resiste più a lungo e
combatte col sole, per il fatto che si trova in una zona
dove, al venticello che spira, essa evapora più lentamente,
il mio maestro pose delicatamente
le sue mani aperte sulla tenera erba:
sicché io, che compresi la ragione del suo gesto,
offrii a lui le guance bagnate dalle lacrime;
quivi mi fece del tutto visibile il mio colorito naturale
che l’inferno con la sua caligine mi aveva nascosto.
Giungemmo quindi sulla spiaggia deserta,
che mai vide le sue acque solcate da uomo
che sia poi riuscito a fare l’esperienza del ritorno in terra.
Qui mi cinse con un giunco come aveva prescritto Catone:
oh meraviglia! Poiché l’umile giunco
rinacque tale quale egli l’aveva scelto
immediatamente e nello stesso punto donde l’aveva strappato.

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