"Amor che ne la mente mi ragiona"

Materie:Appunti
Categoria:Dante

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Testo

Amor che ne la mente mi ragiona

“Amor che ne la mente mi ragiona “ è la seconda canzone del Convivio: è composta di 5 stanze, di cui la quinta ha funzione di congedo, di diciotto versi ciascuna; i versi sono tutti endecasillabi ad eccezione di un settenario. La canzone, scritta probabilmente nel 1294, esprime un ovvio collegamento alla poesia stilnovistica di Guinizzelli e Cavalcanti, nonché alla Vita Nuova dello stesso Dante. Il tema principale è l’esaltazione della donna vista come intermediario tra uomo e Dio: le sue altissime qualità non sono esprimibili poiché appartengono ad un mondo superiore che l’intelletto dell’uomo non può concepire. Non a caso è proprio il dio Amore che suscita le sensazioni della vista della donna. Il primo periodo della prima stanza inizia, appunto, con la figura di Amore che parla della donna amata all’animo dell’autore, e, spesso, fa smarrire l’intelletto trattando di lei: “Amor che ne la mente mi ragiona de la mia donna disiosamente move cose di lei meco sovente che lo ‘ntelletto sovr’esse disvia.”. Nei versi successivi l’animo parla al corpo e sembra dirgli quanto sia “inadeguato” a descrivere tanta virtuosità: “dice: “Oh me lassa! Ch’io non son possente…””. Uomo e Donna vengono messi a confronto nuovamente nel momento in cui Dante sembra scusarsi della propria imperfezione, riferendo ogni colpa al debole intelletto: “…di ciò si biasmi il debole intelletto…”. La seconda stanza inizia con l’esaltazione delle qualità della donna comparando implicitamente quest’ultima alle “meraviglie della natura”, primo tra tutte il Sole, allegoria di purezza e metafora della presenza Divina(luce): “Non vede il sol , che tutto ‘l mondo gira, così tanto gentil, quanto in quell’ora che 1uce ne la parte ove dimora la donna…”. Il tema dell’eccellenza femminile continua relazionandosi all’aspetto religioso: sembra che anche gli angeli, come gli uomini, ammirino la sua bellezza e quando se ne innamorino, abbiano lei nei loro pensieri; il suo essere piace molto a Dio gli ha dato la vita; ella manifesta la grazia ricevuta da Dioin ciò che porta con se. La stanza si conclude con una ripresa della metafora della luce: “…chè ‘n sue bellezze son cose vedute che li occhi di color dov’ella luce ne mandan messi al cor pien di desiri, che prendon aire e diventan sospiri.”. Questa particolare quartina è da collegarsi al sonetto della Vita Nova “La lode di Beatrice”, ultima terzina: “…e par che de la sua labbia si mova uno spirito soave pien d’amore che va dicendo a l’anima:Sospira.”. Le due stanze evidenziano la ripresa dei temi dello Stilnovismo, poiché vengono descritti gli effetti della donna sull’uomo: nei componimenti di Guinizzelli e Cavalcanti, si tratta di emozioni devastanti, con l’introduzione del binomio amore-morte; n questo testo, invece, sottolinea l’insufficienza umana nell’esprimere le sensazioni provate attraverso espressioni verbale.

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