Gas e vapori

Materie:Appunti
Categoria:Chimica

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Testo

Gas e vapori

Gli aeriformi vengono comunemente chiamati gas se si presentano in tale forma a temperatura e pressione ambientale (come avviene per l’ossigeno e l’azoto che compongono l’aria che respiriamo), mentre si parla di vapori quando si hanno allo stato aeriforme sostanze che a temperatura e pressione ambientale sarebbero allo stato solido o liquido. Il vapore si può condensare per sola compressione. Un gas per condensarsi si deve rafreddare e comprimere.

Gas reali e gas ideali
I gas ideali devono avere i seguenti requisiti:
• Il gas è composto da particelle puntiformi, o, in pratica, tanto piccole rispetto alla distanza media fra di esse che le loro dimensioni possano essere trascurate;
• Le particelle sono completamente indipendenti e quindi non esercitano alcuna attrazione reciproca;
• Le particelle, in continuo movimento, conservano l’energia cinetica complessiva nel corso delle loro collisioni (urti elastici).
In pratica i gas ideali non esistano, ma in genere il comportamento dei gas reali si avvicina molto a quello dei gas ideali quando si trovano a pressioni piuttosto basse (cioè quando le particelle sono molto distanziate) e temperature piuttosto elevate (ciò comporta energie cinetiche così elevate da rendere trascurabili le possibili interazioni).
Le sostanze li cui particelle sono di piccole dimensioni e presentano una scarsa interazione (come i gas nobili elio e neon) si avvicinano maggiormente al comportamento dei gas ideali.

La relazione fra pressione
e numero di moli di un gas
Gli urti delle particelle di un aeriforme contro le pareti del recipiente esercitano una pressione continua e uniforme. In realtà le particelle che vanno a urtare le pareti non hanno tutte la stessa energia cinetica; tuttavia gli urti, a ogni istante, sono così numerosi che l’energia cinetica delle particelle incidenti si può considerare costante, a temperatura costante, e quindi tale è anche la pressione esercitata sulle pareti del recipiente.
L’entità della pressione esercitata da una certa quantità di gas dipende dal numero degli urti e dalla loro energia. Se manteniamo costante la temperatura, l’energia cinetica non cambia; perciò, se aumentiamo il numero delle particelle di gas contenuto nel nostro recipiente, la pressione aumenta, e viceversa. Si può dimostrare che esiste una proporzionalità diretta fra pressione e numero di moli di un gas, parità di altre condizioni.

La pressione esercitata da un aeriforme, posto in un recipiente a volume costante, è direttamente proporzionale al numero delle particelle presenti (e quindi al numero delle moli, n).

La pressione non è esercitata soltanto sulle pareti del recipiente, ma sui qualsiasi superficie a contato con il gas.

La relazione fra pressione
e volume di un gas
Diminuendo il volume, le particelle del gas più ravvicinate: gli uri che avvengono a ogni istante su una stessa superficie sono più numerosi e di conseguenza la pressione è più elevata. L’inverso accade quando facciamo aumentare il volume di un gas.
Da tutto questo deduciamo che il volume e la pressione sono inversamente proporzionali, cosa che può essere espressa matematicamente:

Questa equazione, valida a temperatura costante, esprime la legge di Boyle:

Per una determinata massa di un qualsiasi gas, mantenendo costante la temperatura, la pressione e il volume sono fra loro inversamente proporzionali.

Che i solidi e i liquidi aumentassero di volume in seguito a un aumento di temperatura era già noto dall’antichità, tanto che si era potuto osservare come certe sostanze si dilatassero più di altre. Il comportamento dei gas al riscaldamento era tuttavia meno evidente nell’esperienza quotidiana ed è solo intorno al 1800 che J.A. Charles (1764 – 1823) prima e J. Gay – Lussac (1778 – 1850) poi indagarono sperimentalmente tale fenomeno.
Innanzi tutto Charles verificò che uno stesso volume di un gas (ossigeno, azoto, anidride carbonica, o altri ancora), scaldato da 0 ºC a 100 ºC, subiva un identico incremento do volume. Ulteriori prove sperimentali portarono Gay – Lussac a stabilire che, per ogni aumento di temperatura di 1 ºC, il volume di qualsiasi gas aumenta di 1/273 del volume a 0 ºC.
La relazione trovata da Gay – Lussac è:

ove Vt è il volume occupato dal gas alla temperatura di t ºC e V0 quello occupato a 0 ºC.
Un’analoga relazione esiste per la pressione:

Anche in questo caso, per ogni aumento della temperatura pari a un 1 ºC, la pressione di qualsiasi gas aumenta di 1/273 rispetto a quella esercitata dallo stesso gas a 0 ºC. Le due relazioni che abbiano appena esaminata sono dette leggi di Gay – Lussac.
In base a tali considerazioni si è ritenuto opportuno adottare una nuova scala di temperatura che avesse come zero la temperatura più bassa raggiungibile, cioè lo zero assoluto, pur adottando per il grado la stessa definizione del grado Celsius (la centesima parte dell’intervallo fra la temperatura di fusione e quella di ebollizione dell’acqua). Tale scala, detta scala Kelvin, o scala assoluta delle temperature, non può avere valori negativi, dato che lo zero è il valore minimo possibile.
La temperatura assoluta si indica can T, mentre la temperatura in gradi Celsius si indica can t. Una temperatura espressa in gradi Celsius si converte in Kelvin semplicemente aggiungendo 273 a tale valore: T = t + 273.

L’equazione
di stato generale dei gas
A questo punto abbiamo stabilito tutta una serie di correlazioni fra le grandezze fondamentali che caratterizzano un gas.
• La pressione e il volume di una certa quantità di gas sono fra loro inversamente proporzionali (a temperatura costante).
• La pressione esercitata da un gas, posto in un recipiente a volume costante, è direttamente proporzionale al numero delle particelle presenti (e quindi al numero delle moli, n). Oppure, se lasciamo invariata la pressione, sarà il volume a essere direttamente proporzionale al numero delle moli di gas.
• Per una stessa quantità di gas, la pressione (a volume costante) è proporzionale alla temperatura assoluta.
• Per una stessa quantità di gas, il volume (a pressione costante) è proporzionale alla temperatura assoluta.
Tutte le correzioni esposte ci danno utili informazioni sul comportamento dei gas, ma non sono di facile gestione pratica. Se per esempio ci viene posta la domanda: “Quale pressione eserciteranno 32g di metano, chiusi in una bombola di 30 litri, alla temperatura di 20 ºC?”, non sarà facile rispondere sulla base di quanto enunciato finora, anche perché le relazioni precedenti collegano solo due delle grandezze interessate (P, V, T, n9, mantenendo costanti le altre. È stata però elaborata un’unica equazione, che comprende tutte le leggi finora enunciate (quella di Boyle e le due di Gay – Lussac), dette equazioni di stato generale dei gas:

PV = nRT

ove R = costante (0,082).
Se operiamo con la stessa quantità di gas (n costante), avremo nR = costante e quindi:

Ciò significa che se abbiamo, per esempio, una certa quantità di gas a una atmosfera, che occupa un volume di 2 litri a 295 K e portiamo poi il volume a 1 litro e la temperatura a 500 K, la pressione dovrà variare in modo che PV / T rimanga costante, cioè dovrà essere:

ove P1, V1, T1 si riferiscono allo stato iniziale e P2, V2, T2 a quello finale.
Avremo quindi, inserendo i dati dell’esempio precedente:

da cui P2 = 3,4 atm.
Torniamo alla nostra equazione generale dei gas: PV = nRT. Abbiamo detto che R è una costante, ma quanto vale esattamente?
Per calcolarlo possiamo scrivere l’equazione nella seguente forma:

Innanzi tutto si può verificare sperimentalmente che il volume occupato da una mole di qualsiasi gas, alla pressione di una atmosfera e alla temperatura di 273 K è pari a 22,4 litri; esso viene detto volume molare.
Poniamo dunque P = 1atm, V = 22,4 l, n = 1mol, T = 273 K:

Naturalmente, se vengono utilizzate altre unità di misura (per esempio il pascal per la pressione) il valore di R cambia.

Le pressioni parziali
In pratica i vari componenti di una miscela gassosa sono del tutto indipendenti e ciascuno di essi contribuisce alla pressione totale secondo quanto espresso dalla legge di Dal ton:

In una miscela gassosa la pressione totale è uguale alla somma di quelle parziali, cioè delle pressioni che ogni singolo componente eserciterebbe se, alla stessa temperatura, occupasse da solo l’intero volume.

La trasformazione dei liquidi in gas
Nel liquido non tutte le particelle hanno la stessa energia cinetica; così accade di tanto in tanto che una particella con energia cinetica maggiore della media riesce ad abbandonare la superficie del liquido, passando allo stato aeriforme. L’evaporazione comporta quindi il progressivo abbandonamento della fase liquida da parte delle particelle con energia cinetica più alta; questo fenomeno provoca un abbassamento della temperatura del liquido stesso, poiché l’energia cinetica media delle particelle rimaste diminuisce.
L’evaporazione comporta quindi una diminuzione della temperatura: se bagniamo una mano con alcol o con un altro liquido volatile sentiamo subito una sensazione di freddo; in realtà non è solo una sensazione, ma si ha raffreddamento effettivo.

Un liquido è detto volatile quando ha un basso punto di ebollizione e tende a evaporare rapidamente a temperatura ambiente.

Supponiamo ora di porre un becher pieno d’acqua in un recipiente più ampio, il quale verrà poi chiuso ermeticamente con un coperchio. L’acqua contenuta nel becher inizierà a evaporare, in questo caso però, dato che il tutto avviene in un recipiente chiuso, le molecole di acqua allo stato di vapore potranno diffondere soltanto in tale recipiente e rimarranno quindi concentrate in prossimità del becher.
Via via che nell’aria contenuta nel recipiente aumenta la concentrazione delle molecole di vapore acqueo, sarà sempre maggiore il numero di quelle che andranno a colpire la superficie del liquido, passando nuovamente in tale fase. A un certo punto il numero delle molecole che rientrano nella fase liquida sarà uguale a quella delle molecole che abbandonano tale fase, passando allo stato di vapore; si arriva cioè a una situazione di equilibrio.
Il vapore acque esercita, come qualsiasi aeriforme, una pressione proporzionale al numero delle particelle presenti; quando il vapore è in equilibrio con il suo liquido, tale pressione è detta tensione di vapore.

La tensione di vapore è la pressione esercitata da un vapore in equilibrio col suo liquido.

La tensione di vapore varia in rapporto alla temperatura, in aumento di temperatura significa un aumento dell’energia cinetica media delle molecole e quindi favorisce il passaggio allo stato aeriforme; L’equilibrio si stabilirà dunque con un maggior numero di particelle allo stato di vapore e la tensione di vapore sarà più alta.
La tensione di vapore, inoltre, varia da sostanza a sostanza; a seconda della natura delle particelle che costituiscono una certa sostanza, saranno diverse anche le interazioni fra di esse e quindi la tendenza a passare allo stato aeriforme (volatilità). Quanto più una sostanza è volatile, tanto maggiore sarà la tensione di vapore.

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