L'origine dell'uomo

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L’EVOLUZIONE
DELL’UOMO

All’inizio dell’era Mesozoica, circa 200 milioni di anni fa, comparvero i primi mammiferi, derivanti da un ceppo primitivo di rettili, di cui sfortunatamente si hanno notizie assai scarse; il periodo corrispondente al Giurassico ed al Cretaceo ci ha lasciato solo frammenti di cranio, qualche dente ed alcune mandibole.
Da tutti questi ritrovamenti se n’è dedotto che i primi mammiferi avevano le dimensioni di un topo e possedevano denti aguzzi: erano perciò prevalentemente carnivori, ma, essendo troppo piccoli per cacciare la maggior parte degli altri vertebrati, probabilmente si cibavano di insetti e vermi, integrando la loro dieta con qualche uovo.
Per circa 130 milioni di anni questi piccoli mammiferi vissero seminascosti in un territorio dominato di rettili e durante questo arco di tempo si diversificarono in tre linee principali:
➢ monotremi;
➢ marsupiali;
➢ placentati.
Improvvisamente, poi, i rettili giganti scomparvero e così si rese disponibile una grande varietà di habitat naturali e di conseguenza ciò diede origine ad una grande varietà di marsupiali ed a circa due dozzine di linee diverse di placentati.
Tra i placentati troviamo gli animali carnivori, gli erbivori, i roditori e tanti altri gruppi singolari come le balene ed i delfini, i pipistrelli, gli odierni insettivori ed i primati.
L’uomo è un mammifero placentato, membra dell’ordine dei primati.
TENDENZE EVOLUTIVE DEI PRIMATI
Attualmente molti studiosi pensano che l’evoluzione dei primati abbia avuto inizio quando un gruppo di piccoli mammiferi, simili a dei toporagni, colonizzarono gli alberi.
LA MANO ED IL BRACCIO DEI PRIMATI
I primi mammiferi quadrupedi avevano tutti cinque dita separate ad ogni estremità, e ogni dito, tranne il pollice e l’alluce, era formato da tre segmenti che lo rendevano articolato ed in grado di effettuare un movimento indipendente.
I primati hanno mantenuto ed elaborato il modello di base a cinque dita: salvo poche eccezioni, i primati moderni hanno il pollice opponibile all’indice, il quale aumenta notevolmente la capacitò di presa e l’abilità manuale. Fra i primati è infatti presente una tendenza evolutiva verso un’abilità manuale sempre più raffinata, che raggiunge il culmine nell’essere umano (vd foto 1).
Nella struttura quadrupede di base dei mammiferi primitivi e dei rettili l’arto anteriore ha due ossa lunghe (radio e ulna) che consentono una certa rotazione; tra i mammiferi solo i primati possono far ruotare il radio sopra l’ulna, cosicché la mano possa compiere un intero semicerchio senza muovere il gomito o la parte superiore del braccio.
Inoltre solo alcuni lemuri, le scimmie del Sud America, quelle antropomorfe e gli esseri umani sono in grado di ruotare il braccio nell’articolazione, una caratteristica peraltro molto vantaggiosa per un animale arboricolo.
Molti primati possiedono infine unghie al posto degli artigli, lasciando così libera la superficie tattile del dito e permettendo di conseguenza una maggiore sensibilità nell’esplorare e manipolare gli oggetti.
Presa
Le dita delle scimmie acquisirono la possibilità di due posizioni, di forza e di precisione, coinvolgendo l’evoluzione del pollice, strumento fondamentale per la manipolazione fine.
Le scimmie, poi, contavano talmente sulle possibilità delle dita, che in pratica si trovarono ad avere quattro vere e proprie mani.
Per gli ominidi che si trovarono a vivere in un ambiente in rapida trasformazione, divenne un problema avere un'unica tipologia di strumenti corporei.
La risposta all’interazione tra ambiente ed estremità fu così una ripartizione dei compiti: ai piedi si lasciarono i compiti della locomozione, ed alle mani si affidò tutta la gamma delle operazioni più delicate.
Tutti noi, al contrario delle scimmie, siamo in grado di muovere le dita con destrezza (vd foto 2), passando dalla mano aperta (divergenza) a quella chiusa (convergenza); il nostro pollice può toccare tutte le dita (opponibilità) e stringersi con forza sufficiente intorno alle cose (prensilità).
ACUTEZZA VISIVA
Un’altra conseguenza della vita arboricola fu l’importanza che assunse l’acutezza visiva, accompagnata da una riduzione del senso dell’odorato.
Tale passaggio dalla dipendenza dell’odorato alla dipendenza dalla vista ebbe importanti conseguenze per quanto riguarda l’anatomia: tra i primati si può infatti notare una costante tendenza evolutiva verso gli occhi frontali e verso una visione stereoscopica. Quasi tutti i primati hanno una visione a colori e gran parte degli occhi con zone contenenti fotorecettori strettamente ammassati e producenti immagini nette.
Percezione
Il campo visivo è quella parte di ambiente che può essere percepita con gli occhi (vd foto 3); quando il campo di un occhio si sovrappone a quello dell’altro, si ha la cosiddetta visione stereoscopica, o in rilievo.
Ovviamente alla luce è la vista a prendere il sopravvento sull’odorato: individui con poco “naso” e buoni occhi se la cavano più facilmente, sopravvivono e si moltiplicano portando questi caratteri evolutivi nel patrimonio genetico.
Nelle scimmie che precedettero le antropomorfe, il muso si accorciò e gli occhi diventarono frontali, ma, soprattutto, la loro vita diurna portò alla visione cromatica.
CURE PARENTALI
Un’altra importante tendenza evolutiva dei primati fu rappresentata da un notevole aumento di cure parentali.
Dal momento che i mammiferi allattano i piccoli tendono ad avere legami madre-figlio più saldi e duraturi rispetto agli altri vertebrati.
Nei primati di grossa mole, poi, il cucciolo matura lentamente e ha un lungo periodo di dipendenza e di apprendimento.
POSTURA ERETTA
Un ulteriore adattamento alla vita arboricola fu la capacità di adottare la postura eretta.
Una conseguenza di tale postura è che la testa si orienta in maniera differente e ciò consente a questi animali di guardare dritto davanti a loro mentre si trovano in posizione verticale.
La postura verticale fu un’importante preadattamento per la successiva evoluzione della stazione eretta caratteristica dei moderni esseri umani.
Bipede
Secondo uno schema di pensiero basato sui concetti di causa-effetto, spesso si sente l’affermazione che gli ominidi acquisirono la stazione eretta quando furono costretti a spingersi nella savana che andava sostituendo la foresta, 15 milioni di anni fa.
In savana è infatti assai utile l’andatura bipede eretta, ma se i primati avessero dovuto impararlo una volta arrivati non ci sarebbero riusciti in breve tempo e si sarebbero estinti.
L’ipotesi possibile è che già nella foresta fossero presenti dei caratteri fisiologici e comportamentali che divennero utili al momento della crisi ambientale.
Senza alberi di grande mole, infatti, la brachiazione modello gibbone divenne impossibile, essendo migliore la camminata a terra. Perciò gli individui che, per caso genetico e per la pressione demografica, si muovevano alla base egli alberi si trovarono all’improvviso i meglio dotati a sopravvivere ed a riprodursi, ma, tra le erbe, il gibbone non è sufficientemente alto per guardarsi intorno, né abbastanza basso e minuto per sfuggire alle iene…
Camminata
A questo punto dell’evoluzione occorsero ai primati nuovi parametri di sopravvivenza per far fronte alla pressione ambientale.
Il nostro modo di muoversi non deriva dagli scimpanzé, ma entrambi i modi sono terminali di processi e di adattamenti anatomici funzionali alla complessa strategia di sopravvivenza (vd foto 4).
PRINCIPALI LINEE EVOLUTIVE DEI PRIMATI
I primati vengono suddivisi in due gruppi principali:
• le proscimmie, come i tarsi ed i lemuri;
• gli antropoidei, ossia le scimmie, le scimmie antropomorfe e gli esseri umani.
LE PROSCIMMIE
Durante l’Eocene (da 55 a 38 milioni di anni fa) una grande varietà di proscimmie abitò le foreste tropicali e subtropicali, le quali si estendevano molto più a sud ed a nord dell’equatore rispetto ad oggi.
Le proscimmie moderne sono piccole o di medie dimensioni, arboricole e molte di esse sono notturne.
Le dieta delle proscimmie più piccole è costituita di insetti, mentre quella delle proscimmie più grandi è composta da foglie, frutta e fiori.
GLI ANTROPOIDEI
Le scimmie
Le scimmie attuali sono genericamente più grosse delle proscimmie, hanno il cranio più arrotondato e sono considerate più intelligenti, inoltre hanno una visione stereoscopica e la capacità di distinguere i colori, infine sono tutte diurne.
Probabilmente le scimmie si originarono durante l’Eocene da un gruppo di proscimmie.
Esistono due principali gruppi di scimmie:
• le scimmie del Nuovo Mondo, dette anche platirrine (= “naso piatto”);
• le scimmie del Vecchio Mondo, le catarrine (=”naso rivolto verso il basso”), (vd foto 5).
La separazione di questi due gruppi avvenne con la frantumazione del Gondwana, che comportò un’evoluzione distinta delle platirrine in Sud America e delle catarrine in Africa.
Le scimmie antropomorfe
Gli ominoidei, un gruppo rappresentato attualmente dalle scimmie antropomorfe e dall’uomo, hanno avuto origine dalle catarrine.
Le scimmie antropomorfe attuali comprendono quattro generi:
• Hylobates (i gibboni);
• Pongo (gli orangutan);
• Pan (gli scimpanzé);
• Gorilla (i gorilla).
Le scimmie antropomorfe, ed eccezione dei gibboni, sono più grosse delle altre scimmie ed il loro cervello è più grande; tra di esse solo i gibboni si muovono mediante la brachiazione, ossia dondolandosi da un braccio all’altro mantenendo il corpo in verticale.
Le scimmie antropomorfe hanno le braccia relativamente lunghe e le gambe corte, ed appoggiano il peso della parte anteriore del corpo sulle nocche delle mani, di modo che quando si appoggiano sui quattro arti sono parzialmente erette.
Le scimmie antropomorfe hanno dimensioni molto variabili: i gibboni pesano circa 6 kilogrammi; i maschi scimpanzé pesano circa 50 kg e le femmine da 35 a 40 kg; gli orangutan maschi arrivano spesso ai 100 kg, mentre le femmine ne pesano circa la metà. Il gorilla maschio è l’unico ad avere le dimensioni di un uomo, ma pesa due o tre volte tanto, da 140 a 180 kg; essi hanno inoltre delle arcate sopraccigliare molto pronunciate, una mascella robusta e sporgente e, sulla sommità del cranio dei maschi adulti, una cresta ossea alla quale sono attaccati forti muscoli mascellari. Nonostante la loro mole minacciosa, i gorilla sono miti, timidi e molto pacifici.
LA COMPARSA DEGLI OMINIDI
I PRIMI OMINIDI: IL BAMBINO DI TAUNG
Nel 1925 Raymond Dart descrisse un cranio fossile che era stato ritrovato circa un anno prima in una cava a Taung, in Sudafrica, chiamandolo Australopithecus, ossia “scimmia dell’emisfero australe”.
Dart, un esperto anatomista, riconobbe immediatamente che si trattava del teschio di un bambino e che, a dispetto del nome che gli aveva assegnato, il bambino possedeva caratteristiche che lo distinguevano dagli altri ominoidei primitivi.
Le prove della sua appartenenza alla categoria degli ominidi, ossia membri della famiglia umana, comprendevano una maggiore rotondità del cranio, le dimensioni e la conformazione del cervello e l’aspetto dei denti. Inoltre il punto di attacco della colonna vertebrale al cranio indicava che l’individuo camminava eretto.
Purtroppo fu solo 35 anni più tardi che il bambino di Taung venne accettato come antenato umano e che l’Africa venne riconosciuta la culla dell’umanità.
LE AUSTRALOPITECINE
Gli studiosi di maggior prestigio impegnati nella ricerca di fossili di ominidi sono stati: Louis e Mary Leakey, il loro figlio Richard e Donald Johanson.
Le australopitecine comprendono almeno quattro specie tutte caratterizzate da postura eretta, andatura bipede e da un cervello delle dimensioni di circa un terzo quelle degli uomini attuali.
Due specie avevano poi una struttura più delicata: Australopithecus africanus, rappresentata dal bambino di Taung, e l’A. afarensis, la specie alla quale appartiene Lucy, il cui scheletro fu trovato praticamente intatto nel 1973.
Altre due specie, A. boisei e A. robustus avevano teschi e dentature molto più massicce.
Le australopitecine, che si diffusero largamente in tutta l’Africa, dal Sudamerica fino alle zone più meridionali dell’Etiopia, erano alte meno di noi: per fare un esempio si può dire che Lucy misurava solo 110 centimetri di altezza e che pesava circa 23 kg.
HOMO ABILIS
Nel 1962 Louis Leakey annunciò la scoperta di un ominide, vissuto circa 1,75 milioni di anni fa, che assegnò, a causa della sua maggiore capacità cranica, al genere Homo e, per il possibile collegamento tra questo individuo ed i primi utensili in pietra risalenti al suo medesimo periodo, lo chiamò Homo abilis.
Oggi sono stati rinvenuti altri esemplari, il più convincente dei quali fu scoperto dal gruppo di ricercatori di Richard Leakey nel Kenia settentrionale: risalente a circa 1,9 milioni di anni fa, era un individuo grande, con una struttura poco massiccia ed una capacità cranica di circa il 50% di quella delle australopitecine di tipo robusto. Inoltre era assente la cresta ossea posta sopra il cranio.
L’origine dell’ Homo abilis non è ancora chiara.
NUOVE TEORIE SULL’EVOLUZIONE DEGLI OMINIDI
Recentemente si sono fatte strada tre nuove teorie riguardo alle relazioni evolutive delle prime specie di ominidi:
• la prima sostiene che l’evoluzione degli ominidi non sia stato un processo progressivo, ma un albero a forma di cespuglio con molti rami, la maggior parte dei quali sia terminata con un’estinzione;
• la seconda afferma che fu il bipedismo e non la nostra intelligenza superiore ad avviarci sulla strada per divenire “umani”;
• la terza idea sostiene che la pressioni selettive verso il bipedismo risultarono estranee alla liberazione delle mani che permise di utilizzare utensili.
Oggi il problema più importante della paleoantropologia è stabilire quale pressione selettiva abbia portato al bipedismo.
LA COMPARSA DI HOMO SAPIENS
Gli ominidi che si sono evoluti a partire da 1,6 milioni di anni fa sono collocati nel genere Homo, genere che comprende due specie:
• Homo erectus, oggi estinta;
• Homo sapiens, la specie a cui noi apparteniamo.
HOMO ERECTUS
Kamoya Kimeu, lungo le coste di un lago nel Kenia settentrionale, rinvenne il fossile di un ragazzo dodicenne risalente a circa 1,6 milioni di anni fa, il quale risulta essere il più antico e completo esemplare di Homo erectus finora scoperto.
Il ragazzo era particolarmente alto per la sua età, 165 cm, ed il suo scheletro era solo leggermente differente da quello del moderno Homo sapiens; il suo cranio, invece, era molto più massiccio, con arcate sopraccigliari sporgenti e la fronte bassa.
L’Homo erectus aveva uno scheletro osseo molto simile al nostro e aveva all’incirca la nostra altezza.
Le ossa delle gambe indicano che aveva un’andatura analoga alla nostra; le principali differenze fra H. erectus e H. sapiens risiedono nel cranio.
Gli esemplari di cranio di H. erectus sono spessi e massicci e con la fronte bassa; le mascelle ed i denti sono grossi ed il mento sfuggente. I maschi erano circa il 10-20% più grandi delle femmine.
Questi ominidi disponevano di un nuovo utensile molto caratteristico: la selce lavorata su più lati (vd foto 7).
H. erectus imparò inoltre a dominare il fuoco e ciò aumentò la varietà della dieta permettendo di masticare in modo migliore la carne e di mangiare quelle parti di piante che, se non cotte, sarebbero state troppo dure, amare o tossiche.
H. erectus fu anche il primo ominide ad abitare le caverne, rese abitazioni più sicure grazie alla presenza del fuoco, in grado di tener lontani gli altri pericolosi abitanti delle caverne, come gli orsi e le tigri dai denti a sciabola.
HOMO SAPIENS
Homo sapiens è il nome che assegniamo alla specie di ominidi che possiede non solo lo scheletro più somigliante la nostro, ma anche una capacità cranica simile.
Si distinguono tre varietà o sottospecie:
o Homo sapiens arcaico, che assomiglia all’ Homo erectus ;
o Homo sapiens neanderthalensis;
o Homo sapiens sapiens, il più intelligente di tutti, che comprende noi stessi.
I fossili relativi al primo H. sapiens risalgono ad un periodo compreso tra i 200.000 ed i 100.000 anni fa. Questi individui avevano le arcate sopraccigliari meno pronunciate, un encefalo più sviluppato e denti più piccoli. I reperti fossili appartenenti a questo gruppo sono purtroppo scarsi, costituiti solo da frammenti, e la datazione è incerta.
Homo sapiens neanderthalensis
Il periodo compreso fra 150.000 ed i 35.000 anni fa abbonda di esemplari definiti neanderthaliani, trovati in gran parte in Europa, ma anche nel Medio Oriente e nell’Asia Centrale, fino in Afganistan.
L’uomo di Neanderthal aveva una stazione eretta come la nostra, ma era più robusto e muscoloso; aveva una capacità cerebrale quasi come la nostra, un cranio lungo, schiacciato e massiccio, un viso prognato, una fronte bassa ed arcate sopraccigliari marcate. Attualmente viene classificato come una varietà di H. sapiens.
L’uomo di Neanderthal usava semplici utensili in pietra, fatti a mano, alcuni dei quali sembra fossero utilizzati per raschiare le pelli degli animali, che tali individui usavano per vestirsi.
I neanderthaliani seppellivano i loro morti, spesso con cibo ed armi e, almeno in un caso, con fiori.
Durante un periodo di circa 100.000 anni gli uomini di Neanderthal si diffusero attraverso tutta l’Europa, il Medio Oriente e l’Asia centrale ed occidentale; successivamente, circa 30.000 anni fa essi scomparvero quasi improvvisamente.
Homo sapiens sapiens
I primi individui di questo tipo rinvenuti in Europa sono comunemente chiamati uomini di Cro-Magnon, dal nome del sito francese nel quale essi furono scoperti.
Tuttavia le popolazioni più antiche dell’uomo moderno provengono dal Medio Oriente.
Gli uomini di Cro-Magnon, quando apparvero in Europa per la prima volta, arrivarono con utensili nuovi e di gran lunga migliori: i loro arnesi in pietra erano essenzialmente schegge, ma ricavate da una pietra accuratamente preparata con l’impiego di una sorta di scalpello. Tali schegge erano più piccole, appiattite e strette e si potevano forgiare in diversi modi: vi erano vari utensili per raschiare e forare, coltelli appiattiti, scalpelli e numerosi arnesi per incidere.
Gli uomini di Cro-Magnon inoltre furono gli artefici di vere e proprie opere d’arte.
ORIGINE DELL’UOMO MODERNO
In base ai fossili di H. erectus che sono stati rinvenuti non solo in Africa, ma anche in Asia ed in Europa, molti esperti hanno sostenuto il modello dell’evoluzione moderna detto modello a candelabro, secondo cui si verificarono, circa 1 milione di anni fa, molteplici migrazioni dall’Africa, le quali determinarono la formazione di diverse popolazioni di H. erectus che si evolvettero separatamente originando le varie razze umane.
In alternativa all’ipotesi del candelabro, venne formulato il modello dell’Arca di Noè, secondo cui un piccolo gruppo di esseri umani già moderni colonizzò il mondo intero, proprio come fecero, secondo la tradizione, i superstiti dell’Arca di Noè. Alcuni ritrovamenti fossili sostengono tale teoria.
Una nuova ipotesi sostiene che una popolazione di ominidi moderni visse in Africa circa 200.000 anni fa, cominciò a migrare attraverso il Medio Oriente verso l’Asia e l’Europa circa 100.000 anni fa e sostituì con il suo arrivo le altre popolazioni umane preesistenti, probabilmente portando con sé nuove malattie alle quali l’H. erectus e l’H. sapiens neanderthalensis non erano immuni.

BIBLIOGRAFIA
Le notizie e le fotografie sono state ricavate da:
• INVITO ALLA BIOLOGIA – ed. ZANICHELLI –
• EVOLUZIONE DELL’UOMO – ed. JOVER –
• IL NUOVO ATLANTE STORICO – ed ZANICHELLI

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