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Categoria: | Arte |
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Testo
VENEZIA
I maggiori stati italiani sono ormai sotto il predominio spagnolo, fatta eccezione per quello della Chiesa, il Piemonte la Toscana e Venezia. La repubblica veneziana nonostante lo spostamento dell’asse commerciale dal Mediterraneo al Atlantico resta la massima potenza economica e politica italiana. Nota per la sua laicità Venezia accoglie artisti da ogni parte d’Italia che a causa della controriforma sono costretti a scappare e a nascondersi.
SANSOVINO
Sansovino ha un’educazione fiorentina e romana. Dopo un periodo di lavoro nelle 2 città si trasferisce a Venezia in seguito al sacco di Roma(1527) e vi resta fiono alla morte. La sua opera + importante opera è la libreria di San Marco in cui sono visibili gli elementi classici nelle semicolonne addossate ai pilastri che sostengono gli archi. Per la prevalenza dei vuoti è accentuato il moto chiaroscurale il palazzo termina in alto con un motivo ornamentale goticheggiante che riprende quello del palazzo ducale che si trova dal lato opposto di piazza San Marco. Stabilendo cosi un rapporto unitario tra i 2 edifici, tanto diversi per misura e stile ma entrambi espressione di un’unica concezione, quella veneziana.
ANDREA PALLADIO
Il sopranome Palladio deriva dal nome di una statuetta che portava in mano la dea Atena, ed era un premio. Probabilmente il suo soprannome è dovuto alla sua ispirazione all’arte classica greca infatti mentre ha riscosso molto successo in Inghilterra è stato apprezzato meno in Italia. Il palladio è veneto e lavora a Vicenza e a Venezia. Il suo classicismo anche se si forma con lo studio letterario nell’ambito della “maniera”, non è mai retorico e imitativo. L’idea di Palladio è infatti che ciò che è antico ha un’autorità che gli deriva dalla storia, le forme anticheggianti danno nobiltà all’edificio. La sua prima opera rilevante è il rivestimento esterno del palazzo della ragione di Vicenza a cui da il nome romano di Basilica in quanto richiama la forma delle basiliche romane il potico inferiore e il loggiato superiore sono con aperture serliane il chiarore delle superfici in pietra, il chiaroscuro delle sporgenze rivelano il senso dei rapporti tonali che farà di Palladio uno dei massimi architetti veneziani.
Palazzo Chiericati :
ricorda alcuni costruzioni romane, la parte inferiore ha un portico con colonne doriche mentre la parte superiore ha colonne ioniche. La sala di ricevimento è più verso la facciata nel piano nobile bene visibile dall’esterno.
Il Palladio ha dato origine ad un nuovo tipo di costruzione: la villa. Era perciò necessario considerare il luogo e la funzione.
La rotonda:
la funzione di questa villa non era esclusivamente quella di abitazione vicino ai campi, ma anche quella di tenervi spettacoli e riunioni. L’aspetto è simile a quello di un tempio come tutte le ville di campagna infatti il concetto era che l’uomo nella natura trova la sua virtù, trova il divino. La Rotonda ha 4 facciate perche ha le scalinate su tutti e 4 i lati Oggi la villa è utilizzata per matrimoni.
Le qualità dell’artita trovano la massima affermazione a Venezia, luogo in cui l’arte era basata principalmente sui valori tonali.
San Giorgio maggiore:
sorge sull’omonima isoletta che fronteggia il bacino di San Marco. Ha dunque un’importanza scenica fondamentale. L’edificio doveva essere pensato x quando e da dove doveva essere visto Palladio calcola infatti che a Venezia vi è sempre un pò di nebbia, perciò realizza una facciata molto plastica in modo che si veda bene grazie all’effetto chiaroscurale. La facciata poiché riceve anche luce riflessa che si mescola a quella diretta solare somma in se differenti timbri che ne esaltano il chiarore. L’interno a tre navate è altrettanto luminoso.
Chiesa del redentore:
affacciata sul largo canale della Giudecca, era frequentata durante la festa del redentore. Palladio pone l’accento sulla parte superiore dell’edificio. La facciata è molto meno plastica ed è + scenografica con 2 piani e la grande cupola sovrastante.
Teatro olimpico:
sebbene sia stato costruito da altri si può ritenere che il teatro olimpico rispecchi con fedeltà le idee di palladio. E’ il primo teatro costruito stabilmente dopo l’età classica ma è coperto, perciò + che al grande teatro greco-romano deriva dagli antichi odeon(teatri antichi chiusi) ma ha dimensioni ridotte rispetto a queste.
TINTORETTO
Jacopo Tintoretto il cui nome viene dal mestiere del padre il tintore, rappresenta un importante anello di congiunzione tra il 500 ed il barocco, anticipando l’epoca con artifici barocchi esempio la teatralità, come fece anche Tiziano, e la presenza di luminismi, effetti luminosi inventati, non come i fiamminghi, presenti già in Caravaggio e in altri artisti della zona lombarda. Per tutta la sua vita rimase in Veneto.
Il miracolo di S.Marco:
La tela, nota anche con il nome di “La liberazione di uno schiavo”, indica con chiarezza la posizione del Tintoretto nell’ambito della pittura veneziana intorno a metà del secolo. Lo spazio è ristretto fra due edifici in prospettiva convergente (quello di sinistra più palese e più architettato), collegati in alto da un pergolato. Al centro lo schiavo nudo giace in terra visto di scorcio; l’aguzzino in piedi è rivolto verso il giudice, seduto sul trono a destra, stupefatto per mostrargli gli strumenti della tortura miracolosamente frantumati. San marco, invisibile ai presenti, giunge dall’alto in scorcio analogo ma inverso allo schiavo cui porta la liberazione. Le tre figure sono in posizioni reciprocamente contrapposte, come anche le altre figure all’interno della tela: la donna di spalle sulla sinistra, cui si oppone la visione degli uomini arrampicati sopra di lei, e alle pose degli uomini in basso e del giudice in alto.
La scena è molto teatrale, quasi messa su un palco: la gente si muove, i corpi sono toppo divincolati e gli idealismi diventano quasi realismi [es. angelo (l’idea) appare], ma la drammaticità è ferma sul posto.
Il ritrovamento del corpo di S.Marco:
l’opera appartiene alla terna di tele commissionate al tintoretto dal “guardiano grande” della Scuola di S.Marco, Tommaso Rangone (forse rappresentato nella figura del patrizio in ginocchio), nel 1562 e pagati da lui personalmente. Sulla destra della tela, dipinta secondo una prospettiva laterale, fra un uomo ed una donna , viene raffigurato un indemoniato, probabilmente, condotto a contatto con le reliquie con l’intento di “liberarlo dal demonio”. Sono presenti evidenti effetti illuministici che in realtà sono un artificio, perché la luce non c’è; i colori sono ambrati.
Cristo davanti a Pilato:
la prospettiva è centrale e non precisa. Gesù, vero protagonista della scena, la cui veste genera una luce impalpabile (ricordando la trasfigurazione del Bellini, con i suoi colori chiari), occupa il ruolo centrale della scena attirando l’attenzione della folla, raffigurata nell’ombra dello spazio angusto sulla sinistra. Nel resto della tela troviamo macchie di luce su pilato che, con la sua fronte calva, si lava le mani con lo sguardo rivolto lateralmente, sull’uomo sulla destra, sullo scriba che, faticosamente verbalizza l’evento, e sulle altre figure attorno al Cristo, che con la testa bassa sembra quasi essersi rassegnato alla sua morte.
La salita del calvario:
il passo lento ed inesorabile dei condannati è reso dall’andamento obliquo, dalle linee angolate delle lunghe croci e, soprattutto, dalla contrapposizione delle direzione (da sinistra verso destra e successivamente da destra verso sinistra con un angolo a gomito della via, e con il contrasto drammatico tra l’ombra della zona inferiore e la luce di quella superiore dove, quasi schiacciato dal peso della croce, il volto rigato di sangue è rivolto a terra, ma, illuminato dal riflesso, si incupisce di nubi minacciose in un cielo livido. La prospettiva è centrale (razionale, con geometrale flesso e due punti di fuga): frontale nei personaggi in basso, e dal basso per Gesù. I corpi sono scuri, conferendo maggiore eroicità ai personaggi (come per gli antichi eroi).
La crocefissione:
la tela occupa la parete intera di fronte a quella dell’ingresso della Scuola di S.Rocco. L’opera è interamente ambrata, in cui sembra essere rappresentata quasi la vita quotidiana, non ponendo l’attenzione sul crocifisso: alcuni lo guardano, mentre altri sono impegnati in altre faccende. Il Cristo è posto al centro della scena sul vertice di un triangolo composto da un pianoro roccioso sopraelevato che si allarga a ventaglio in profondità; ai suoi piedi la piramide umana dei dolenti, raccolti attorno alla vergine sopraffatta dallo strazio; in alto il corpo incredibilmente michelangiolesco di Cristo, ormai senza vita, la testa abbandonata sul petto. L’intero componimento ha un carattere realista, contraddizione tipica del periodo Barocco, attirando l’osservatore verso di se come una tromba d’aria, come ritroveremo in seguito nel paradiso. [Si dice che alcuni osservatori siano cascati, quasi ipnotizzati dalle figure.]
Adorazione dei pastori:
la scena, rappresentata con una prospettiva centrale frontale, può essere divisa in due zona da una specie di soppalco, tipico delle stalle contadine: la sezione superiore, contiene Maria, Giuseppe e Gusù: la Sacra Famiglia adorata da due donne, ed in basso viene raffigurata una scena di vita quotidiana, con alcuni pastori ed alcuni animali. La scena superiore è illuminata dal tetto rotto da cui passa la luce di Dio, mentre i pastori sono illuminati dall’esterno e, soprattutto, da un intenso lume artificiale posto all’interno della mangiatoia.
L’annunciazione:
l’ambiente rappresentato dal pittore è povero e scarno: in primo piano viene posto un pilastro rotto e sbrecciato, sulla sinistra le assi disordinate e sullo sfondo Giuseppe che lavora in lontananza, ignaro di ciò che sta accadendo alla donna. Notiamo inoltre un’involuzione nell’annunciazione della madonna: se con Leonardo e Donatello la donna aveva un’aria superba incisa sul viso, un aspetto consapevole e coraggioso, quasi sapesse cosa le stava succedendo, tipico carattere neoplatonico, ora la Madonna cade a terra, stupita e quasi impaurita. L’angelo entra dalla finestra, ricordando Giotto: entra mentre Marta filava. La colomba sopra la Madonna rappresenta lo spirito santo.
Il paradiso:
è una della tavole + vaste che siano mai state dipinte 25m x 10m. Sebbene sia stata eseguita in gran parte da collaboratori la tavola conserva l’impeto del modello preparatorio eseguito dal maestro. Sembra che vi sia un vortice, me non vi è l’accento su Dio, tutto è importante .
L’ultima cena:
dipinta nell’ultima parte della lunga vita dell’artista, riprende un tema già precedentemente trattato, dandogli una nuova interpretazione. La tavola abbandonando la tradizionale disposizione trasversale, è obliqua. Lo spettatore assiste da un angolo, inserito nel vivo dell’azione. La prospettiva è dal’angolo e dall’alto, la lampada è fiamminga e crea effetti luminosi.Gli angeli sembrano quasi trasparenti disegnati con filamenti luminosi. In fondo al tavolo vi è una festa di compleanno, visione molto innovatoria, realista ma un po’ provocatoria.