Salvador Dalì

Materie:Appunti
Categoria:Arte

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SALVADOR DALì

Salvador Dalì nasce in Catalogna, a Figueras, l'11 Marzo 1904. Frequenta l'Accademia di Belle Arti di Madrid. Nel 1923 il suo comportamento provocatorio gli costa la sospensione per un anno, mentre tre anni dopo viene definitivamente radiato dall’Accademia per indegnità. Nel 1928 entra in contatto, tramite l’amico Mirò, con i surrealisti, nei confronti dei quali, pur condividendo molte delle loro motivazioni artistiche, mantiene sempre un certo altezzoso distacco.
Negli ultimi decenni della sua vita egli finisce per diventare prigioniero del suo stesso personaggio: sempre più scostante, altezzoso e imprevedibile. Dalì si spegne a Figueras il 23 gennaio 1989.
L’adesione di Dalì al Surrealismo è, almeno all’inizio, sincera e totale. L’artista catalano colpisce i surrealisti francesi per i limiti insolitamente profondi cui vuole spingere le ricerche del gruppo: al di là della scrittura automatica, in cui il soggetto non è altro che il tramite per entrare in contatto col mondo dei sogni, Dalì propone di ricreare il delirio onirico in modo oggettivo e sistematico, dando sostanza anche in stato di veglia a tutta l’atmosfera del sogno. Il pittore definisce questa tecnica di automatismo metodo paranoico-critico: le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia, appunto) e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Esso consiste nell’interpretazione e nella restituzione, la più diretta e impersonale possibile, dei fenomeni deliranti. Ciò si traduce nell’ortodossia della tecnica pittorica (precisione del disegno, ortogonalità dello spazio) combinata con il delirio degli oggetti. L’automatismo surrealista svela una realtà diversa, mentre il metodo paranoico-critico esplora e organizza tale realtà.
I suoi dipinti agiscono sull’osservatore attraverso il paradosso, mettendo in evidenza gli aspetti inquietanti delle cose mediante la contraddizione. Da ciò la sua predilezione per le immagini doppie o invisibili. Lo straordinario egocentrismo di Dalì non è solo una maschera stravagante, ma la condizione necessaria al suo delirio paranoico, la conseguenza di un continuo ritorno alle sorgenti della memoria e il desiderio di conferire sostanza critica alle proprie opere. Dato che il mondo dei sogni e delle ossessioni è personale, il metodo paranoico-critico e il linguaggio della tradizione pittorica sono strumenti di cui l’artista si avvale per attribuire a quel mondo un valore universale e decodificarlo. Tali chiavi sono i temi della sua opera: il disfacimento delle cose nel sogno, il cibo come metafora della mortalità e della conoscenza, le ruote della memoria, le immagini ambigue, la morte e il desiderio come le due facce della stessa medaglia.
Dalì vorrebbe pertanto riuscire ad esprimersi come un paranoico ma, non essendolo che a parole, si percepisce sempre, anche nelle opere emotivamente più coinvolgenti, un certo sublime distacco, nel quale il momento critico riesce a prendere un lucido sopravvento. È grazie a ciò che gli elementi onirici, i tabù sessuali, i desideri di potenza e le fobie riescono a emergere dagli abissi della coscienza e a materializzarsi sulla tela con una perfezione tecnica da sfiorare, a volte, l’Iperrealismo. Ecco allora che il delirio trova le più raccapriccianti espressioni incarnandosi in esseri mostruosi, animali ripugnanti, rifiuti d’ogni tipo, immagini ossessive di nutrizione ed esseri amorosi sorretti da stampelle, simbolo di una società fragile che ha bisogno di sostegno, si integrano allora nei quadri con formiche, mosche e cavallette, interpreti in chiave demoniaca, perché attaccano ogni forma e la corrodono. Si tratta evidentemente di un linguaggio artistico estremamente complesso la cui comprensione non è quasi mai semplice e, talvolta, impossibile.

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