I grandi cambiamenti sociali nella storia

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Testo

Percorso d’esame
Francesca De Seta V L
I grandi cambiamenti sociali nella storia
Storia
- La seconda
Rivoluzione
Industriale
Inglese
- Victorian Age
- Reform Bills
- Social and political changes
- Enquires
- The Crown
Letteratura
- Decadentismo
- Italo Svevo
1. Vita
2. “Il fumo” tratto da “La coscienza di Zeno”
3. Pensiero
Geografia
- Fonti energetiche
rinnovabili
- Fonti energetiche
non rinnovabili

Francese
- L’enterprise
1.Classification
2.Organigramme
type d’une
enterprise

Diritto
- Breve cenno dei
Principi di libertà
(art. 3 Cost)
- Libertà di
manifestazione del
pensiero
(art. 21 Cost)
- Gli istituti di
democrazia diretta
Scienze delle finanze
- Tasse
- Imposte
- Contributi

Economia aziendale
- Le imprese
industriali
Letteratura
Decadentismo
Il Decadentismo ebbe origine in Francia e si sviluppò in Europa tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento. Il Decadentismo rappresenta una reazione decisa agli aspetti ideologici, morali e letterari del Positivismo(orientamento filosofico, esaltazione del metodo sperimentale e tentativo di applicarlo alle nuove scienze emergenti). Il termine “decadente” ebbe, in origine, un senso negativo; fu infatti rivolto contro alcuni poeti che esprimevano lo smarrimento delle coscienze e la crisi di valori di fine Ottocento, sconvolto dalla rivoluzione industriale, dai conflitti di classe, da un progressivo scatenarsi degli imperialismi, dal decadere dei più nobili ideali romantici. Questi poeti avvertirono il fallimento del sogno più ambizioso del Positivismo: la persuasione che la scienza, distruggendo le “superstizioni” religiose, sarebbe riuscita a dare una spiegazione razionale ed esauriente del mistero della vita e avrebbe posto i fondamenti di una migliore convivenza degli uomini.
Il Decadentismo fu, prima di tutto, uno stato d’animo di perplessità smarrita, un sentimento di crisi esistenziale, che si è venuto progressivamente approfondendo nella prima metà del nostro secolo, travagliata da tragiche esperienze di guerre e rivoluzioni.
Due sono gli aspetti fondamentali della spiritualità decadentista: il sentimento della realtà come mistero e la scoperta di una nuova dimensione nello spirito umano, quella cioè, dell’inconscio, dell’istinto nettamente superiore alla razionalità.
La nuova spiritualità si riallaccia ad esempio ad uno dei motivi essenziali del Romanticismo: il sentimento ossessivo.
Questa visione del mondo produce nell’arte una rivoluzione radicale, nel contenuto e nelle forme, che potremmo riassumere nei termini di simbolismo e misticismo estetico.
La poetica del Decadentismo
Ammessa l’impossibilità di conoscere la realtà vera mediante l’esperienza, la ragione, la scienza, il decadente pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere di intuizione irrazionale e immediata possa attingere il mistero, esprimere le rivelazioni dell'ignoto. Essa diviene dunque la più alta forma di conoscenza, l’atto vitale più importante; deve cogliere le analogie che legano le cose, scoprire la realtà che si nasconde dietro le loro effimere apparenze, esprimere i presentimenti che affiorano dal fondo dell’anima. Per questo è concepita come pura illuminazione. Non rappresenta più immagini o sentimenti concreti, rinuncia al racconto, alla proclamazione di ideali; la parola non è usata come elemento del discorso logico, ma per l’impressione intima che suscita, per la sua virtù evocativa e suggestiva.
La nuova poesia non si rivolge all’intelletto o al sentimento del lettore, ma alla profondità del suo inconscio, lo invita non a una lettura, ma a una partecipazione vitale immediata. Essa si propone di darci una consapevolezza più profonda del mistero.
L’idea della superiorità assoluta dell’esperienza estetica induce l’artista a tentare di trasformare la vita stessa in opera d’arte, dedicandosi al culto della bellezza in assoluta libertà materiale e spirituale, in polemica contrapposizione con la volgarità del mondo borghese La svalutazione della moralità e della razionalità, portarono, tra l’altro, ai vari miti del superuomo
Caratteristiche
Per attribuire all’arte i fini conoscitivi decadenti era necessario ridare maggiore autonomia all’autore affinché non fosse ridotto alla creazione di un’immagine fredda ed impersonale della realtà attorno a lui; erano inoltre necessarie nuove tecniche espressive per definire l’inesprimibil (non più l’obbligo dell’uso logico della parole, della sintassi, della punteggiatura).
Le regole
La parola perde la sua funzione logica. Essa è liberata delle sue energie, perché solo se lasciata vibrare nei suoi contenuti affettivi la parole potrà penetrare nelle zone oscure e misteriose dell’inconscio. La sintassi è liberata di tutte le intelaiature che condizionano la parola, la poesia va oltre i limiti dell’esperienza quotidiana e le parole stesse diventano simboli evocatori di sentimenti ed esperienze quotidiane.
I temi più frequenti
L’individualità viene esasperata e il decadente vivrà nella solitudine e nel distacco e sdegnoso della morale del popolo. L’amore tende a degenerare in passione, nel gusto del proibito, del morboso e dell’ambiguo. Morale comune dei temi decadenti: la debolezza dello spirito umano.
Italo Svevo
Ettore Schmitz nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 da Francesco Schmitz agito commerciante, e da Allegra Moravia, anche lei di origini ebree, quinto di otto figli. La sua infanzia fu felicissima, all'ombra di una madre dal carattere dolcissimo, che è riuscita a instaurare nella sua famiglia un clima molto sereno, nonostante che il padre fosse poco incline alle manifestazioni d'affetto.
Il padre decide per i figli maschi un futuro come solidi ed esperti uomini d'affari. A dodici anni, Ettore deve partire per il collegio tedesco di Segnitz, dove resta per cinque anni, per iniziarvi gli studi commerciali. Nel collegio si dava largo spazio allo studio delle materie commerciali e di ben quattro lingue; così, in pochi mesi, impara la lingua, tanto da essere in grado di scrivere in questa lingua una tesina filosofica. Ma si appassiona anche alla letteratura tedesca e agli studi letterari. Legge con entusiasmo i classici tedeschi. È di questo periodo il primo amore per una fanciulla, Anna Hertz, la ragazza ricordata ne L'avvenire dei ricordi.
A diciassette anni, lascia definitivamente la Germania e torna a Trieste, dove dove viene iscritto all'Istituto Superiore di Commercio "Pasquale Revoltella". In realtà, le sue aspirazioni segrete sono la letteratura e un viaggio a Firenze, per apprendere dal vivo la corretta lingua italiana. Ma il progettato viaggio a Firenze va a monte per l'improvviso tracollo dell'azienda del padre, tanto che Ettore deve cercarsi un lavoro e lo trova presso la sede triestina della Banca Union di Vienna, un lavoro odiato che continuerà per diciotto anni.
Il problema di una conoscenza più valida della lingua italiana, comunque, lo accompagnerà per tutta la vita, anche se col passare degli anni è innegabile il progressivo miglioramento del possesso del mezzo linguistico. Nel 1880 comincia la sua produzione letteraria; scrive alcuni abbozzi di commedie. Nel 1886 perde il fratello prediletto, Elio. Era legato da una profonda intimità spirituale al fratello, anima d'artista, che aveva seguito con affetto la sua attività letteraria, e che per primo aveva creduto nelle sue qualità letterarie espresse in un diario, nel quale registrava anche tutti i lavori intrapresi, sia quelli smessi che quelli portati a termine.
Nel 1890 appare sull'Indipendente il lungo racconto L'assassinio di via Belpoggio, nel quale narra la storia di un facchino che uccide con una coltellata al cuore, e poi deruba di una forte somma, un occasionale compagno di sbornie; "all'inizio la fa franca, ma in seguito la stretta del rimorso, commette una tale quantità di errori da insospettire chi gli vive accanto, finché viene arrestato e confessa il delitto". Questo lungo racconto rappresenta il vero esordio letterario dello scrittore triestino.
Il primo aprile 1892 muore il padre. In quel frangente rivede, dopo anni, la cugina, ormai diciottenne, Livia Veneziani: tra i due giovani nasce un tenero affetto. Nello stesso anno, pubblica, il suo primo romanzo Una vita, con lo pseudonimo di Italo Svevo, un romanzo non privo di riferimenti autobiografici, come pure i due successivi, ambientato in larga misura in una banca.
Nell'ottobre 1895 muore la madre, mentre l'amicizia con Livia Veneziani è diventata nel frattempo un grande amore, per cui il 20 dicembre viene festeggiato il loro fidanzamento, che sarà coronato dal matrimonio.
Svevo andrà ad abitare nella casa dei suoceri, villa Veneziani, continuando a mantenere i suoi impieghi.
Nel settembre 1897 nasce la figlia Letizia e due anni dopo, lasciando la Banca Union, entra a far parte come impiegato dell'azienda del suocero, migliorando la propria condizione economica.
Dopo una gestazione abbastanza lunga, dal 15 giugno al 16 settembre 1898 appare a puntate sull'Indipendente il suo secondo romanzo, Senilità, che nello stesso anno uscirà in volume in mille copie.La critica nazionale lo ignora, come aveva ignorato il primo romanzo, Una vita. Svevo decide così di allontanarsi dalla letteratura. Ma lontano dalla letteratura non riesce a stare molto. Nel 1901 iniziano i suoi viaggi d'affari in Europa e due anni dopo pubblica Un marito, la sua prima commedia di grande impegno. Intanto nel 1904 muore l'amico pittore Umberto Veruda, modello del tormentato personaggio di Balli di Senilità.
A causa dei suoi viaggi, è costretto a imparare l'inglese, e nel 1906 conosce James Joyce, che in quegli anni si guadagnava da vivere dando lezioni private alla Berlitz School. Tra i due nasce una grande amicizia e a una profonda stima reciproca, rafforzata anche dallo scambio di opinioni letterarie e dalla lettura reciproca dei loro manoscritti.
Nel 1915, l'Italia entra in guerra e Joyce è costretto a lasciare Trieste per Zurigo, ma i due scrittori si terranno sempre in contatto epistolare. Durante la guerra Svevo continua a studiare, mentre s'incontra spesso con gli amici irredentisti al caffè Tergesteo e Joyce gli scrive spesso da Zurigo.
Nel 1922 inizia a tradurre L'interpretazione dei sogni di Freud. Era venuto a contatto con le teorie freudiane attraverso le cure cui fu sottoposto il cognato che soffriva di gravi turbe psichiche; il malato fu affidato alle cure della nuova scienza, ma i risultati non si videro. Cercò di capire qualcosa di più, con l'aiuto di un nipote medico, ma il suo interessamento restò sempre a livello superficiale, anche se indubbiamente deve avergli messo in testa l'idea che l'uomo va analizzato nelle pieghe più riposte della sua personalità: allo stesso modo il personaggio, che rappresenta l'uomo moderno, va visto in profondità, va "psicanalizzato", almeno allo scopo di capire meglio come è fatto dentro e perché agisce in quella determinata maniera, quali sono gli elementi esterni che ne condizionano il comportamento.
Da tre anni, intanto, aveva iniziato La coscienza di Zeno. Svevo lavora intensamente alla stesura definitiva del romanzo, che esce presso l'editore Cappelli, il primo maggio 1923. Scarsissimi, al solito, gli echi sulla stampa.
Il racconto delle vicende del romanzo, narrate in prima persona, non seguono un ordine cronologico, ma sono divise per temi generali:
Il fumo: Zeno ripercorre i momenti della sua fanciullezza nei quali ha incominciato a fumare per imitare il padre e per la gioia di disobbedire; rievoca quindi i numerosi tentativi fatti da adulto per riuscire a smettere.
La morte di mio padre: Vengono descritti i rapporti tormentati del protagonista con suo padre, la malattia di quest’ultimo e la sua morte, vissuta da Zeno in modo traumatico.
La storia del mio matrimonio: Zeno racconta come è giunto al matrimonio con Augusta Malfenti, sorella di Ada, della quale è stato un innamorato respinto.
La moglie e l'amante: Il protagonista rievoca una relazione adulterina che ha intrattenuto con una giovane piuttosto povera. I suoi sensi di colpa nei confronti della moglie e i propositi di lasciare l’amante sempre falliti.
Storia di una associazione commerciale:Zeno racconta di come, nel tentativo di salvare il cognato dal fallimento, riesca ad ottenere un certo successo negli affari. Tale successo però lo mette contro la cognata che, dopo il suicidio del marito, parte per l’Argentina.
Psico-analisi:Zeno fa un bilancio della sua vita e della cura a cui si è sottoposto. Giunge alla conclusione che il problema non è tanto la malattia individuale, quanto la malattia dell’intera umanità.
Nel 1927 appare l'edizione francese de La coscienza di Zeno nella traduzione di Paul-Henry Michel e nell'aprile dello stesso anno va in scena al Teatro degli indipendenti di Roma il suo atto unico Terzetto spezzato.
Nel 1928, Svevo, che, nel frattempo, si era profondamente appassionato all'opera di Kafka, inizia il suo quarto romanzo, Il vecchione che purtroppo resterà incompiuto: l'11 settembre lo scrittore, la cui fama ha raggiunto ormai dimensioni europee, tornando insieme alla moglie e a un nipotino da Bormio a Trieste si schianta con la macchina contro un albero: muore il 13 settembre, all'ospedale di Motta di Livenza.
Il fumo tratto da: La Coscienza di Zeno
Come incominciai a fumare
Il dottore al quale ne parlai mi disse d’iniziare il mio lavoro con un’analisi storica della mia propensione al fumo:
— Scriva! Scriva! Vedrà come arriverà a vedersi intero.
Credo che del fumo posso scrivere qui al mio tavolo senz’andar a sognare su quella poltrona. Non so come cominciare e invoco l’assistenza delle sigarette tutte tanto somiglianti a quella che ho in mano.
Oggi scopro subito qualche cosa che più non ricordavo. Le prime sigarette ch’io fumai non esistono più in commercio. Intorno al ‘70 se ne avevano in Austria di quelle che venivano vendute in scatoline di cartone munite del marchio dell’aquila bicipite. Ecco: attorno a una di quelle scatole s’aggruppano subito varie persone con qualche loro tratto, sufficiente per suggerirmene il nome, non bastevole però a commovermi per l’impensato incontro. Tento di ottenere di più e vado alla poltrona: le persone sbiadiscono e alloro posto si mettono dei buffoni che mi deridono. Ritorno sconfortato al tavolo. Una delle figure, dalla voce un po’ roca, era Giuseppe, un giovinetto della stessa mia età, e l’altra, mio fratello, di un anno di me più giovine e morto tanti anni or sono. Pare che Giuseppe ricevesse molto denaro dal padre suo e ci regalasse di quelle sigarette. Ma sono certo che ne offriva di più a mio fratello che a me. Donde la necessità in cui mi trovai di procurarmene da me delle altre. Così avvenne che rubai. D’estate mio padre abbandonava su una sedia nel tinello il suo panciotto nel cui taschino si trovavano sempre degli spiccioli mi procuravo i dieci sol di occorrenti per acquistare la preziosa scatoletta e fumavo una dopo l’altra le dieci sigarette che conteneva, per non conservare a lungo il compromettente frutto del furto. Tutto ciò, giaceva nella mia coscienza a portata di mano. Risorge solo ora perché non sapevo prima che potesse avere importanza. Ecco che ho registrata l’origine della sozza abitudine e (chissà?) forse ne sono già guarito. Per ciò, per provare, accendo un’ultima sigaretta e forse la getterò via subito, disgustato. Poi ricordo che un giorno mio padre mi sorprese col suo panciotto in mano. Io, con una sfacciataggine che ora non avrei e che ancora adesso mi disgusta (chissà che tale disgusto non abbia una grande importanza nella mia cura) gli dissi che m’era venuta curiosità di contarne i bottoni. Mio padre rise delle mie disposizioni alla matematica o alla sartoria e non s’avvide che avevo le dita 45 nel taschino del suo panciotto. A mio onore posso dire che bastò quel riso rivolto alla
mia innocenza quand’essa non esisteva più, per impedirmi per sempre di rubare. Cioè... rubai ancora, ma senza saperlo. Mio padre lasciava per la casa dei sigari virginia fumati a mezzo, in bilico su tavoli e armadi. Io credevo fosse il suo modo di gettarli via e credevo anche di sapere che la nostra vecchia fantesca, Catina, li buttasse via. Andavo a fumarli di nascosto. Già all’atto d’impadronirmene venivo pervaso da un brivido di ribrezzo sapendo quale malessere m’avrebbero procurato. Poi li fumavo finché la mia fronte non si fosse coperta di sudori freddi e il mio stomaco si contorcesse. Non si dirà che nella mia infanzia io mancassi di energia.
So perfettamente come mio padre mi guarì anche di quest’abitudine. Un giorno d’estate ero ritornato a casa da un’escursione scolastica, stanco e bagnato di sudore. Mia madre m’aveva aiutato a spogliarmi e, avvoltomi in un accappatoio, m’aveva messo a dormire su un sofà sul quale essa stessa sedette occupata a certo lavoro di cucito. Ero prossimo al sonno, ma avevo gli occhi tuttavia pieni di sole e tardavo a perdere i sensi8. La dolcezza che in quell’età s’accompagna al riposo dopo una grande stanchezza, m’è evidente come un’immagine a sé, tanto evidente come se fossi adesso là accanto a quel caro corpo che più non esiste. Ricordo la stanza fresca e grande ove noi bambini si giuocava e che ora, in questi tempi avari di spazio, è divisa in due parti. In quella scena mio fratello non appare, ciò che mi sorprende perché penso ch’egli pur deve aver preso parte a quell’escursione e avrebbe dovuto poi partecipare al riposo. Che abbia dormito anche lui all’altro capo del grande sofà?
Io guardo quel posto, ma mi sembra vuoto. Non vedo che me, la dolcezza del riposo, mia madre, eppoi mio padre di cui sento echeggiare le parole. Egli era entrato e non m’aveva subito visto perché ad alta voce chiamò:
Maria!
La mamma con un gesto accompagnato da un lieve suono labiale accennò a me, ch’essa credeva immerso nel sonno su cui invece nuotavo in piena coscienza. Mi piaceva tanto che il babbo dovesse imporsi un riguardo per me, che non mi mossi.
Mio padre con voce bassa si lamentò:
Io credo di diventar matto. Sono quasi sicuro di aver lasciato mezz’Ora fa su quell’armadio un mezzo sigaro ed ora non lo trovo più. Sto peggio del solito. Le cose mi
Pure a voce bassa, ma che tradiva un’ilarità trattenuta solo dalla paura di destai, mia
madre rispose:
— Eppure nessuno dopo il pranzo è stato in quella stanza.
Mio padre mormorò
— E perché lo so anch’io, che mi pare di diventar matto!
Si volse ed uscì.
Io apersi a mezzo gli occhi e guardai mia madre. Essa s’era rimessa al suo lavoro, ma continuava a sorridere. Certo non pensava che mio padre stesse per ammattite per sorridere così delle sue paure. Quel sorriso mi rimase tanto impresso che lo ricordai subito ritrovandolo un giorno sulle labbra di mia moglie.
Analisi del testo
Il brano proposto costituisce parte del primo blocco narrativo del romanzo; Zeno, narratore- protagonista che utilizza una focalizzazione interna. racconta in prima persona come, ancora ragazzino, ha cominciato a fumare. È fondamentale notare che Zeno ricostruisce nel presente lontani avvenimenti che vengono narrati non in ordine cronologico, ma seguendo immagini ed episodi cosi come, man mano, emergono nella sua mente. La narrazione è quindi caratterizzata da frequenti salti temporali, come conferma l’uso dei tempi verbali che alterna il presente ai passati.
Gli episodi non sono raccontati dall’esterno del protagonista, ma emergono dal di dentro, seguendo un ordine temporale preciso, ma il flusso dei suoi pensieri e dei suoi ricordi. Per esempio, inizialmente a Zeno torna in mente il primo tipo di sigarette fumate e attorno a quelle scatole s’aggruppano subito varie persone; due fra queste emergono dalla sua memoria: suo fratello e l’amico Giuseppe. Subito dopo a presentarsi alla mente del narratore è il ricordo dei furti delle sigarette paterne, quindi c’è un ritorno al presente: Tutto ciò ... risorge solo ora dalla mia memoria.
Il brano, come tutto il romanzo, è impostato proprio su questi continui salti di tempi, questi frequenti accostamenti di ricordi basati su analogie, più che su successioni temporali precise: guardai mia madre ... continuava a sorridere…
Ad essere ricordati quindi sono solo alcuni fatti di un dato periodo passato, quelli che la memoria del protagonista fa emergere in relazione a un determinato problema: il vizio del fumo. Il resto è omesso tramite ellissi oppure sintetizzato tramite sommari. Per esempio, il personaggio di Giuseppe è citato solo in relazione al fatto che un tempo regalava le sigarette a Zeno e a suo fratello: i rapporti precedenti fra i tre personaggi e quelli successivi sono completamente tralasciati; il fatto poi che Giuseppe ricevesse molto denaro da suo padre viene narrato in un unico breve periodo.
Il personaggio
Il personaggio di Zeno Cosini non viene presentato tramite una descrizione, ma emerge in modo frammentario, secondi i ritmi della sua stessa coscienza.
Di conseguenza il lettore non ha un’idea completa e oggettiva del personaggio ma lo segue nel suo raccontarsi attraverso le pagine del proprio diario. La descrizione di Zeno è lontana da quelle descrizioni che ci permettono di poter inquadrare un personaggio e quindi di poter capire il proprio stato d’animo, i propri sentimenti e quindi di poterlo inquadrare in una determinata sfera. Il lettore è privo di ogni certezza e si affida quindi ad un protagonista-narratore che si affida alla propria memoria ma senza essere, neanche lui, realmente certo di ciò che sta raccontando.
L’influenza delle teorie freudiane
Zeno, con le sue memorie, racconta momenti della propria vita al proprio psicanalista. L’influenza delle teorie di Freud è quindi alla base di tutto il romanzo (tutto ciò giaceva nella mia coscienza a portata di meno).
Emerge però anche che la fiducia del protagonista nella cura psicanalitica non è affatto incondizionata (credo che del fumo posso scrivere…senza andar a sognare su quella poltrona).
Storia
La seconda Rivoluzione Industriale
Tra il 1873 e il 1896, i paesi industriali europei subirono un periodo di crisi economica noto col nome di Grande Depressione, una sorta di “fase di assestamento” dopo l’ondata della Prima Rivoluzione industriale del XIX sec.
Solo nel 1896 avvenne la ripresa, preludio alla Seconda rivoluzione industriale, le cui dimensioni, non sono più solo europee ma anzi mondiali.
Se la Prima rivoluzione industriale fu contraddistinta da una fase di libera iniziativa economica, questa Seconda rivoluzione industriale fu contraddistinta invece da una forte organizzazione della nuova industria in monopoli.
Se la Prima rivoluzione industriale era basata sul capitalismo della libera iniziativa economica, la Seconda fu basata invece sul capitalismo monopolistico, in altre parole sulla forte concentrazione industriale (degli scambi, dei mercati e della concorrenza).
Tale concentrazione industriale fece sì che le piccole industrie o imprese, non potendo reggere la concorrenza di quelle più grandi, finissero per essere fuse e assimilate da queste o addirittura per fallire e scomparire.
Per far fronte a un mercato di dimensioni mondiali si avverte l’esigenza di ingenti capitali, che spesso sono quelli finanziari, prestati dalle banche; come le industrie, anche le banche, specie quelle destinate a prestare alle industrie ingenti capitali, si concentrarono nelle mani di “pochissimi” e, non accontentandosi più di prestare solo denaro alle industrie o imprese, puntarono presto alla loro gestione acquistandone, a tal fine, la maggioranza delle azioni.
Nacque cioè una fusione fra banche ed industrie, tra monopoli industriali e bancari, dando luogo al cosiddetto capitalismo finanziario.
Per questa influenza determinante delle banche nella vita economica, presto si sarebbe determinata anche una nuova forma di collaborazione e alleanza tra governi politici e banche stesse.
Tuttavia in alcuni paesi questa collaborazione fra banche ed economia generale, non sempre favorì la produzione ma diventò terreno adatto a manovre più speculative nel conflitto tra capitale industriale e capitale finanziario.

All’intervento statale nell’economia si aggiunsero le salate tariffe o dazi1 doganali protettivi del 1887, che avrebbero dovuto difendere le industrie nazionali dalla concorrenza di quelle straniere.
L’effetto negativo fu che avvantaggiarono le zone più industrializzate (come Centro-Nord) mentre danneggiarono quelle meno industrializzate (come Sud) costrette ad acquistare prodotti industriali a prezzi maggiorati rispetto al mercato internazionale.
Addirittura alcuni monopoli industriali (come quelli tedeschi), sfruttando abilmente i dazi doganali, continuarono a tenere alti in patria i prezzi del prodotto ma nello stesso tempo lo abbassavano all’estero per conquistarsi vaste fette di mercato.
La seconda rivoluzione industriale è comunque mossa dalle grandi innovazioni e scoperte scientifiche e tecnologiche, prime tra le quali quelle decisive per i nuovi modi di produzione industriale e di vita civile: le fonti energetiche di elettricità e petrolio, fonti che, per quanto aiutarono molto la produzione industriale, la fecero degenerare, a volte, nella “sovrapproduzione” con conseguenti fallimenti e disoccupazioni a catena.
Tra le innovazioni e scoperte tecniche e scientifiche di questa Seconda Rivoluzione industriale ricordiamo quelle relative ai mezzi di trasporto e di comunicazione.
Il motore a scoppio diverrà il motore ideale di molti mezzi di trasporto; l’automobile (con la nascita di grandi industrie automobilistiche) in sostituzione della bicicletta; i tram elettrici (come comodi mezzi di trasporto cittadini) in sostituzione delle carrozze a cavalli; le ferrovie, in sostituzione di quelle a vapore, la cui rete venne quadruplicata I mezzi di comunicazione si estesero dal telegrafo al telefono dell’italiano Meucci, alla comunicazione a distanza mediante onde elettromagnetiche di Marconi, e infine alla radio.
Infine, i fratelli francesi Lumière costruirono in quegli anni il primo apparecchio cinematografico e inventarono il cinema come proiezione animata di “immagini in movimento”.
A questo decollo industriale europeo, corrispose un’efficiente e scientifica organizzazione del lavoro, che fece capo alla teoria dell’ingegnere americano Taylor, detta appunto taylorismo.
Queste pretese di pianificare ogni singola operazione dell’operaio, cronometrandola e stabilendo i tempi e le modalità ideali (la famosa catena di montaggio) per una veloce e cospicua produzione che alla fine avrebbe avvantaggiato non solo l’industria ma anche lo stesso operaio con guadagni sì maggiori, e tuttavia con un alienante asservimento alle macchine e alle operazioni più ripetitive e meccaniche.
Infine, oltre alla manodopera locale e gratuita dei paesi colonizzati, la grande industria aggiunge anche la manodopera europea, determinando così il fenomeno della EMIGRAZIONE DI MASSA non solo dalle campagne alle città industrializzate ma anche dalle proprie nazioni verso quelle più avanzate industrialmente e ricche di possibilità di lavoro.
La Seconda Rivoluzione Industriale in Italia
I tre anni di vita del Ministero Giolitti furono contraddistinti anche da un momento di forte decollo industriale, ovvero dalla “seconda rivoluzione industriale” che stava contraddistinguendo tutta l’Europa.
Anche l’Italia assiste alla sua Seconda rivoluzione industriale e al suo decollo industriale; tra il 1896 e il 1913, la nostra economia non è semplicemente agricola ma industriale come nei paesi più avanzati. Quindi anche l’Italia conosce le realtà della concentrazione industriale e del capitalismo finanziario. Il decollo industriale richiedeva ingenti quantità di energia e l’Italia era molto povera di carbone e di petrolio; al fabbisogno energetico provvide pertanto importando combustibile o utilizzando le acque di fiumi di ampia portata come il Po di cui era molto ricca specie al Nord.
Tuttavia, l’impossibilità di allontanare i motori idraulici dai corsi d’acqua e avvicinarli ai luoghi dlel’industria, rese urgente l’adozione di quella fonte di energia che, attraverso cavi conduttori, poteva essere trasportata anche a grandi distanze ed essere facilmente convertita in altre fonti energetiche come calore, luce o movimento: l’energia elettrica.
Gli investimenti nel settore idroelettrico si moltiplicarono e, ovunque vi fossero montagne o fiumi di ampia portata, sorsero centrali idroelettriche. Tuttavia, il mito del cosiddetto “carbone bianco”, ovvero dell’acqua come fonte energetica che avrebbe sostituito carbone e petrolio, restava appunto un mito, perché l’energia idroelettrica da sola non avrebbe mai potuto far fronte ai bisogni industriali e civili.
La produzione di energia elettrica era in 15 anni aumentata di 250 volte e di conseguenza era diminuita l’importazione di carbone dall’estero. Inoltre, poiché tutte le industrie utilizzavano metalli e macchine prodotti dall’industria pesante, metallurgica e meccanica, fu ovvio che questa si sviluppasse molto di più di quella leggera, tessile o alimentare.
Tutto il settore era dominato da poche grandi società.
Gli effetti del decollo industriale italiano si fecero sentire nelle cifre del reddito e nella qualità della vita.
Il reddito nazionale annuo crebbe del 50 %, questo tuttavia avviene con notevole ritardo e con minore intensità rispetto agli stessi paesi più avanzati come Francia, Gran Bretagna, Germania o Stati Uniti.
Ciò consentì tuttavia un miglioramento della qualità della vita italiana, soprattutto nelle grandi città: una buona quota dei bilanci familiari veniva destinata non solo alle ordinarie spese per l’alimentazione e per la casa ma anche per i beni di consumo durevoli: utensili domestici, biciclette, macchine da cucire o altri prodotti della moderna tecnologia che si affacciavano timidamente sul mercato nazionale.
I servizi pubblici (illuminazione, trasporti urbani, gas domestico, acqua corrente) s’intensificarono.
La mortalità infantile –indicatore per eccellenza dell’arretratezza civile ed economica di un paese- registrò un calo notevole.
Tuttavia le condizioni abitative dei cittadini restavano ancora precarie, nonostante il varo delle prime organiche iniziative di edilizia popolare.
Certo la diffusione dell’acqua corrente e il miglioramento delle reti fognarie costituirono un progresso di non poco conto, contribuendo anche alla forte diminuzione della mortalità da malattie infettive.
L’analfabetismo era ancora molto elevato mentre si avviava a scomparire nell’Europa del Nord.
Durante il governo Giolitti, la questione meridionale rimaneva aperta.
Come restava aperto il divario tra decollo industriale europeo ed italiano, così restava aperto quello tra Nord e Sud del paese.
Ma anche l’agricoltura conosceva i suoi progressi soprattutto nel Nord grazie all’intraprendenza delle aziende capitalistiche della Valle Padana, che seppero approfittare della congiuntura favorevole e dell’elevata protezione doganale sui cereali per migliorare le tecniche di coltivazione.
Al Sud, invece, l’agricoltura risultava sfavorita dalle condizioni climatiche e ideologiche, nonché dalla povertà dei terreni di montagna o dalla permanenza di gerarchismi sociali obsoleti e mentalità diffuse che ostacolavano il mutamento economico e sociale.
Da questa situazione, ancor più che dal mancato sviluppo industriale derivava la persistenza dei mali tipici del Sud, mali antichi e ancora più gravi allora, se si pensa a quanto contrastassero con il contemporaneo decollo economico – sociale del paese:
l’analfabetismo diffuso
l’assenza di una classe dirigente moderna
la disgregazione sociale
la subordinazione della piccola e media borghesia agli interessi della grande proprietà terriera
il carattere personalistico e clientelare della lotta politica: per molti giovani, la conquista di un impiego pubblico, l’unico modo per evitare la disoccupazione e l’emigrazione, sembrava possibile solo attraverso i favori del deputato o del notabile locale
la costrizione all’emigrazione: il contributo quasi esclusivo dato al fenomeno migratorio di carattere permanente verso l’estero e verso il continente americano, mentre il fenomeno migratorio settentrionale risultava temporaneo e indirizzato verso i paesi europei.
Geografia
L’energia
Tutte le forme di energia di cui disponiamo, tranne quella nucleare, derivano di rettamente o indirettamente dal sole.
Dell’energia solare che giunge sulla terra, solo una piccolissima parte viene utilizzata dall’umanità (0.06%) e avvia il processo di fotosintesi, da cui derivano tutte le forme di vita e i combustibili fossili. Da quest’ultimi proviene la maggior parte dell’energia prodotta dall’uomo. Possiamo quindi affermare che l’elemento base per la vita e per la produzione di energia è senz’altro il sole.
Le fonti energetiche a nostra disposizione si dividono in fonti energetiche rinnovabili e non rinnovabili.
Fonti energetiche non rinnovabili
Le risorse non rinnovabili sono il petrolio, il carbone ed il gas naturale. La domanda mondiale di energia sta aumentando, proprio mentre cresce la consapevolezza che l’uso delle attuali fonti energetiche sta minacciando l’ambiente.
Il carbone fino alla metà del secolo scorso era uno dei prodotti principali del commercio internazionale. Oggi per il suo alto tasso inquinante, viene principalmente utilizzato nei paesi arretrati sotto l’aspetto industriale come ad esempio l’India.
Il carbone è il combustibile fossile più utilizzato al mondo.
È un materiale conveniente ma è molto inquinante. A sfavore del carbone giocano anche i forti costi del carbone, per cui innanzi tutto i grandi produttori tendono a estrarre solo quanto gli necessita.
Il carbone viene trasportato generalmente sulle navi ma, oggi, sono stati sperimentati i carbondotti, nei quali il minerale viene ridotto in polvere, allungato con acqua, fatto passare in speciali condutture generalmente sottomarine e filtrato e asciugato al momento dell’arrivo.
Il petrolio è la risorsa energetica più usata nel mondo ed è il principale combustibile fossile liquido. La maggiore o minore facilità nell’estrazione dipende dalla fluidità del greggio. La pressione permette al petrolio di salire in superficie per essere estratto, ma com’è facile intuire la pressione lo spinge in varie direzioni determinando spesso una perdita di carico. Una volta esauritosi il giacimento, rimane solo una roccia spugnosa che però può essere utilizzata come serbatoio per il gas naturale. Una volta si procedeva all’estrazione del petrolio in eccedenza, cioè solo di quello che fuoriusciva spontaneamente dal terreno grazie alla pressione, oggi invece viene estratto inserendo del gas nel giacimento che permette quindi la fuoriuscita anche delle più piccole quantità.
Attualmente il consumo del petrolio è in crescente aumento e i maggiori consumatori rimangono gli Stati Uniti che si aggiudicano più di ¼ del consumo globale.
Il gas naturale nei paesi industrializzati è divenuto il combustibile principale nella produzione di energia elettrica. Le ragioni di questo successo sono diverse: i costi della fonte e dell’impianto di trasformazione non sono elevati e anche le riserve sono abbondanti. Un punto a sfavore lo gioca il trasporto che risulta molto costoso poiché deve avvenire tramite gasdotti. A ciò va aggiunto che le riserve di gas nel mondo sono distribuite in maniera irregolare. Il trasporto del gas nei gasdotti avviene dopo la trasformazione in materia liquida a bassissima temperatura che limita però il trasporto a lunga distanza.
Fonti energetiche rinnovabili
Le fonti energetiche rinnovabili fanno parte delle fonti alternative che purtroppo rappresentano solo una piccola frazione della produzione mondiale di energia. Le fonti energetiche rinnovabili non inquinano. Fanno parte di questa categoria: l’energia solare, l’energia eolica, l’energia idroelettrica e l’energia ricavata dalla biomassa.
L’energia solare è una delle principali fonti utilizzate dall’uomo. Non tutta l’energia solare è sfruttabile giacché buona parte di essa viene riflessa nello spazio. Come fonte di energia il sole non è certo una scoperta recente, ma solo nell’ultimo ventennio, si è tornati a guardare con più attenzione al sole come fonte alternativa per la produzione di energia elettrica. Un problema non secondario è caratterizzato dalla discontinuità dell’irraggiamento causata dall’alternanza del giorno e della notte e dal susseguirsi delle stagioni. Lo sfruttamento dell’energia solare si basa su processi molto tecnologici. L’energia viene catturata da pannelli termici e successivamente convertita. Naturalmente queste centrali occupano grandi spazi e quindi non sarebbe possibile coprire il fabbisogno energetico di uno stato con il semplice sfruttamento dell’energia solare.
L’energia eolica è stata sfruttata fin dall’antichità nella navigazione. Tre elementi giocano a favore di questo tipo di energia:
• È assolutamente pulita;
• È rinnovabile;
• La materia prima (il vento) è a costo zero.
Nonostante ciò, tre fattori sfavorevoli sembrano contrastare lo sfruttamento di questa risorsa. Innanzi tutto, non tutti i luoghi del pianeta risultano idonei all’installazione di impianti eolici, per l’irregolarità che caratterizza la circolazione dell’aria in certe regioni oppure la debolezza dei venti che, per essere utili, devono soffiare ad una velocità non inferiore ai 4/m al minuto.
Le zone favorevoli dal punto di vista dell’abbondanza e della regolarità della risorsa molto spesso sono disabitate o non rivestono interesse economico.
La tecnologia fin’ora elaborata non consente di creare grandi quantità di energia a meno che non coprano aree non molto vaste.
Oggi dal vento si ottengono 5 miliardi di kWh all’anno, ma la strada da compiere resta ancora tanta.
L’energia idroelettrica copre il 2.5% del complessivo fabbisogno energetico mondiale. L’energia si ottiene dallo sfruttamento dei salti d’acqua come ad esempio le cascate. Oggi, per la produzione di energia non è necessario un grande salto d’acqua, ma solo una grande massa. L’oceano è il maggiore bacino di energia solare sulla terra e parte di questa energia potrebbe essere convertita in elettricità. L’idea è ancora al vaglio è il suo costo elevatissimo potrebbe essere ammortizzato solo se il petrolio cominciasse a scarseggiare o terminasse completamente. Vi sono anche altre possibilità per ottenere energia dal mare: attraverso l’energia generata dalle maree che agiscono sul nostro pianeta, e attraverso lo sfruttamento del moto ondoso. Tuttavia gli esperimenti condotti fin’ora conducono ad un’elevata incertezza economica.
Il ruolo della biomassa.
Un altro tipo di energia alternativa è costituito dallo sfruttamento della biomassa. La legna sotto forma di combustibile è senza dubbio la biomassa più importante. Il disboscamento, ha indotto però, molti paesi a muoversi in modo più responsabile sotto quest’aspetto, utilizzando principalmente residui inutilizzati di produzioni alimentari, scarti di materiale legnoso e piante coltivate proprio a scopi energetici. Attualmente la biomassa rappresenta una fonte energetica solo per i paesi in via di sviluppo. Resta il fatto che la biomassa rimane una fonte energetica non inquinante fino a che il suo sfruttamento non oltrepassi il ritmo del rinnovamento biologico.
Diritto
Breve cenno dei principi di libertà
I primi dodici articoli della Costituzione enunciano i principi fondamentali sui quali si basa l’intera costituzione.
I diritti fondamentali dell’uomo sono diritti fondamentali che spettano ad ogni cittadino senza distinzione di sesso, razza o religione. I diritti di libertà sono riconosciuti ad ogni cittadino sia come singolo, sia nelle formazioni sociali. Questo principio si basa principalmente sull’art. 3 Cost. che afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Libertà di manifestazione del pensiero
La libertà di espressione o di opinione consiste nel diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Secondo l’art. 21 Cost: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dall’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazioni delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non la convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.
La libertà di manifestazione del pensiero si distingue dalla libertà di comunicazione perché non ha come destinatari una o più persone ma un numero indeterminato di destinatari. Il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero si è affermato nello stato moderno: nei regimi autoritari, ad esempio, esisteva una sola verità ufficiale dello stato che si identificava con l’ideologia del capo. Nei regimi democratici invece un pluralismo delle opinioni costituisce un patrimonio della società.
La libertà di opinione è quindi una condizione necessaria affinché possa esistere una libertà di pensiero ed il sistema democratico possa funzionare nella maniera più corretta possibile. Un primo limita alla libertà di manifestazione del pensiero riguarda la pubblica decenza. Le opere cinematografiche ad empio sono soggette a censura preventiva,che invece non è più prevista per le opere teatrali.
Altri limiti della libertà di espressione riguardano:
• La dignità e la riservatezza delle persone: è infatti vietato offendere l’onore e la reputazione di altre persone o diffondere notizie riservate relative alla loro vita privata.
• Il segreto di stato e il segreto d’ufficio: ai dipendenti pubblici è vietato rivelare delle notizie riservate, relative alla loro attività o che hanno appreso nello svolgimento della loro attività.
• L’ordine pubblico: è vietato incitare altre persone a commettere un reato.
Nell’epoca moderna la forma più importante di manifestazione del pensiero è costituita dai mass media. Da un lato i mass media devono essere liberi di informare il pubblico senza controlli da parte del potere politico, dall’altro il pubblico ha il diritto di essere informato in maniere imparziale ed obiettiva senza manipolazione delle notizie da parte dei mezzi di informazione.
In primo luogo è escluso qualsiasi controllo preventivo sulla stampa, che non può essere sottoposta ad autorizzazioni o censure.
In secondo luogo il sequestro della stampa può avvenire soltanto se sono stati commessi alcuni reati d’opinione, oppure se si tratta di una pubblicazione clandestina o oscena. Si può procedere al sequestro di uno stampato ritirandolo dalla vendita o dalla distribuzione soltanto nei caso di assoluta urgenza e previa autorizzazione del giudice.
Anche nell’ambito dell’informazione può succedere che vengano a crearsi conflitti di interessi. L’attività nel settore dell’informazione richiede l’investimento di capitali elevati ed è caratterizzata, per questo motivo, dalla concentrazione della proprietà nelle mani di grandi gruppi finanziari, che spesso operano anche in altri settori economici. In particolare la cosiddetta legge sull’editoria stabilisce l’obbligo per le imprese editrici di rendere pubblici, mediante comunicazione al garante dell’editoria, gli eventuali passaggi di proprietà e i bilanci, con l’indicazione delle fonti di finanziamento.
La stessa legge vieta inoltre la creazione di posizioni dominanti, che possono condizionare l’opinione pubblica, disponendo inoltre che lo stesso soggetto o gruppo finanziario non può detenere, in modo diretto o indiretto, più del 20% del mercato nazionale dei quotidiani.
Istituti di democrazia diretti: il referendum abrogativo
La democrazia diretta consiste nella partecipazione in prima persona del popolo alle decisioni di pubblico interesse, e si realizza principalmente attraverso: il referendum.
Il referendum abrogativo è stato introdotto nelle nostra Costituzione dal 1948, ma di fatto p divenuto operativo soltanto negli anni Settanta.
Il referendum abrogativo è un atto avente forza di legge, con il quale il corpo elettorale può eliminare dall’ordinamento giuridico alcuna norme che ne fanno già parte. Il referendum non può mai riguardare norme giuridiche posta da fonti di grado superiore come ad esempio la Costituzione.
In primo luogo il referendum abrogativo può essere richiesto da 500.000 elettori aventi la maggiore età, o da cinque Consigli regionali. In secondo luogo il referendum non è ammesso per leggi tributarie o di bilancio, per le leggi di amnistia e indulto.
Le norme che vengono sottoposte a referendum vengono abrogate se la maggioranza degli aventi diritto al voto partecipa alla votazione e se la maggioranza dei voti validi è a favore dell’abrogazione. Successivamente alla raccolta delle firme da parte dei 500.000 elettori, l’Ufficio centrale per il referendum, istituito presso la corte di cassazione, procede al controllo della legittimità delle richieste. Se le richieste sono dichiarate legittime, vengono trasmesse presso la Corte costituzionale che procede a controllarne l’ammissibilità e dichiara quali richieste di referendum sono ammissibili e quali inammissibili.
Se prima della consultazione popolare, il parlamento provvede all’abrogazione delle norme sottoposte a referendum dichiara che le operazioni non hanno più corso.
L’indizione del referendum deve svolgersi in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno, viene effettuata con un decreto del Presidente della Repubblica.
Il risultato del referendum può essere favorevole o sfavorevole all’abrogazione.
Se la maggioranza dei voti è favorevole all’abrogazione, l’abrogazione delle disposizioni sottoposte a referendum viene dichiarata con un decreto del presidente della repubblica, che deve essere immediatamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e inserita nella raccolta degli atti normativi del nostro paese.
Se la maggioranza dei votati ha espresso il dissenso all’abrogazione della norma che era oggetto del referendum, deve essere effettuata solamente una comunicazione formale sulla gazzetta ufficiale e per i cinque anni successivi non è possibile richiedere un referendum con lo stesso contenuto.
Scienze delle finanze
I tributi: tasse, imposte e contributi
I tributi sono le entrate che gli enti pubblici, avvalendosi del loro potere di imperio, prelevano dalle economie private per provvedere alla prestazione dei servizi pubblici e al conseguimento degli altri obiettivi di pubblico interesse.
Comprendono le imposte, le tasse e i contributi. Delle tre forme di prelievo, l’imposta è la più importante.
La tassa è il tributo prelevato a carico di coloro che fanno domanda di un servizio, speciale ed individualizzabile. Poiché si riferisce a servizi che sono contemporaneamente utili al singolo richiedente e alla collettività, la tassa copre generalmente solo una parte del costo del servizio; la differenza viene pagata dalla collettività mediante le imposte. Naturalmente se si ritiene che l’utilità sociale del servizio sia molto elevata, la maggior parte del costo sarà posta a carico della collettività: avremo quindi delle tasse basse;
Le tasse a loro volta si dividono in: tasse amministrative, tasse giudiziarie e tasse industriali.
Le tasse amministrative sono dovute dai cittadini agli organi della Pubblica amministrazione per ottenere il riconoscimento o la concessione di un diritto o per poter esercitare le attività relative.
Possono riferirsi:
• alla vita civile dei cittadini (tasse per i certificati anagrafici);
• alla vita economica (tasse per la concessione di fiere);
• alla vita culturale (tassa scolastiche);
Le tasse giudiziarie sono dovute per l’esercizio della funzione giurisdizionale. Si distinguono in:
• tasse per la giurisdizione civile, il cui pagamento è addebitato alla parte che ha perso la causa;
• tasse per la giurisdizione penale, poste a carico degli imputati giudicati colpevoli;
• tasse per la volontaria giurisdizione, che devono essere pagate da chi fa richiesta, ad esempio, di atti riguardanti la tutela dei minori;
Le tasse industriali sono dovute da chi richiede la verifica di determinati prodotti. L’esempio più importante è costituito dalla tassa per l’apposizione del marchio sui metalli preziosi; l’apposizione, infatti, è un servizio utile alla collettività, interessata alla sorveglianza sulla genuinità del metallo.
L’imposta è un prelevamento coattivo di ricchezza destinato a coprire il costo complessivo dei servizi generali e anche di quelli
speciali nella misura in cui il loro costo non è coperto dalle tasse.
Le principali imposte vigenti in Italia sono: l’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche), l’Ires (imposta sul reddito delle società), l’Iva (imposta sul valore aggiunto).
La situazione prevista dalla legge per l’applicazione dell’Irpef e dell’Ires è il possesso di redditi da parte, rispettivamente, di una persona fisica o di una società o un ente; per l’Iva, è la cessione di beni o prestazioni di servizi nell’esercizio di imprese, arti o professioni.
A differenza della tassa, che si riferisce a un servizio speciale, l’imposta serve a finanziare tutto l’insieme dei servizi generali resi
alla collettività. Il costo di questi servizi non si potrebbe coprire con il criterio della tassa poiché, trattandosi di servizi la cui utilità
non è divisibile né individualmente determinabile, nessun individuo ne farebbe domanda.
Il dovere di pagare le imposte sorge sulla base di presupposti stabiliti dallo Stato nell’esercizio del potere si sovranità.
Oggi il parametro non può essere altro che quello della capacità contributiva, ossia della possibilità economica di sostenere il peso dei tributi.
Nello stato moderno la materia tributaria è oggetto di riserva di legge; ciò vuol dire che i tributi possono essere istituiti, modificati o aboliti solo dal legislatore. In Italia i tributi sono istituiti con legge ordinaria o con decreto legislativo;
I tributi regionale che prima dovevano essere previsti da leggi dello Stato, ora possono essere stabiliti dalle regioni.
Il rapporto del cittadino con l’ente impositore, viene a configurarsi come un rapporto giuridico.
Presupposto dell’imposta è l’atto o il fatto al verificarsi del quale la legge ricollega l’applicabilità del prelievo. L’individuazione del presupposto ha un’importanza fondamentale dal punto di vista giuridico, perché l’obbligazione tributaria sorge solo se la situazione in cui si trova il soggetto corrisponde esattamente a quella prevista dalla legge come presupposto del tributo.
Le imposte si dividono in dirette ed indirette.
Sono imposte dirette quelle che colpiscono le manifestazioni immediate della capacità contributiva, cioè il reddito conseguito o il patrimonio posseduto dal contribuente. Le imposte sul patrimonio colpiscono il patrimonio del contribuente. L’imposta patrimoniale ordinaria deve avere un’aliquota così bassa da poter essere pagata con il reddito, per evitare che il contribuente, per farvi fronte non debba attingere effettivamente dal patrimonio.
Sono imposte indirette quelle che colpiscono le manifestazioni meno immediate della capacità contributiva. Le imposte sui consumi colpiscono il reddito quando viene speso e nella misura in cui viene speso.
Le imposte indirette sui trasferimenti colpiscono il patrimonio nel momento in cui esso viene, in tutto o in parte, trasmesso da un soggetto all’altro, a titolo gratuito o oneroso.
Le imposte possono essere generali o speciali.
Le imposte generali colpiscono con la stessa aliquota tutti gli elementi di una data manifestazione di ricchezza.
L’imposta è speciale quando colpisce solo determinate categorie di redditi.
Può anche essere proporzionale, progressiva o regressiva.
È proporzionale quando il suo ammontare aumenta in proporzione all’aumentare dell’imponibile.
È progressiva quando il suo ammontare aumenta in misura più che proporzionale rispetto all’aumentare dell’imponibile.
È regressiva quando il suo ammontare aumenta in misura meno che proporzionale rispetto all’aumentare dell’imponibile.
Nel nostro sistema tributario l’imposta regressiva è stata abolita poiché palesemente ingiusta.
Il sistema tributario italiano si basa sui principi dell’equità, della semplicità, della comodità e dell’economicità, formulati da Adam Smith più di due secoli fa.
I sudditi di ogni Stato devono contribuire a mantenere il Governo in proporzione quanto più stretta possibile alle loro rispettive capacità» (principio dell’equità).
«L’imposta che ogni individuo è tenuto a pagare deve essere certa e non arbitraria. Il tempo del pagamento, il modo di pagare, la somma dovuta, dovrebbero essere tutti chiari e semplici per il contribuente e per ogni altra persona» (principio della semplicità e chiarezza).
«Ogni imposta deve essere riscossa nel tempo e nel modo in cui è più proba bile che sia comodo pagarla per il contribuente» (principio della comodità).
«Ogni imposta dovrebbe essere congegnata in modo tale da sottrarre e tenere fuori dalle tasche del popolo il meno possibile oltre a ciò che fa entrare nel tesoro pubblico dello Stato» (principio della economicità).
Il contributo è un prelevamento coattivo di ricchezza al quale vengono assoggettate determinate persone che si avvantaggiano in modo particolare di un’opera o
di un servizio di pubblica utilità.
Ad esempio, la costruzione di una strada così pure le fognature o le linee metropolitane.
Il contributo presenta elementi di affinità con la tassa e con l’imposta: come la tassa, è pagato in ragione di un’utilità individuale; come l’imposta, non presuppone la domanda del servizio ed è coattivo.
Pressione tributaria e pressione fiscale globale
Il prelievo dei tributi comporta un onere che grava sulla massa dei contribuenti.
Si definisce pressione tributaria il rapporto fra l’ammontare dei tributi pagati dai contribuenti in un determinato periodo di tempo e l’ammontare del prodotto interno lordo formatosi nel medesimo periodo di tempo.
Se poi si aggiunge al carico delle imposte quello dei contributi si passa al criterio di pressione fiscale globale.
Il dato relativo alla pressione tributaria rappresenta in sostanza la percentuale di reddito nazionale che ogni anno viene prelevata coattivamente (e quindi sottratta alla libera disponibilità delle famiglie o delle imprese) per essere destinata a fini di interesse pubblico. Indica, dunque, in che misura le scelte individuali sono sostituite coattivamente con scelte collettive.
Bisogna osservare, peraltro, che il dato relativo alla pressione fiscale non esprime pienamente l’entità dell’intervento dello Stato nell’economia. Per conoscere quanto incide sul sistema economico l’impiego di risorse per fini collettivi occorre considerare la pressione della spesa pubblica, misurata dal rapporto fra il totale delle spese pubbliche e il prodotto interno lordo.
La pressione fiscale assorbe una considerevole quota del reddito nazionale; tuttavia non è sufficiente a fronteggiare le dimensioni della spesa pubblica, che, molto spesso ed in buona parte è finanziata facendo ricorso all’emissione di prestiti.

Inglese
The Victorian Age
The Victorian Age in Britain was the great era of reform.
In Britain most people were excluded from public affairs. Parliament was controlled by the upper classes, and the member of the working class didn’t have the right to vote.
The First Reform Act for the reform of parliament was passed in 1932. The new act was far from being what is nowadays a democratic measure. It was only the first step and most people, the lower middle and working classes, were excluded.
So, in 1838 a group of radicals set forth a series of new demands, such as the secret ballot and the payment of Members of Parliament.
In 1918 Parliament passed the Franchise Act which gave the vote to women of thirty years of age.
Ten years later the franchise was extended to women over twenty-one. In 1833 parliament passed the first of a series of Factory Acts which improved the situation of the working classes, whose living conditions were still very hard.
In the second half of the nineteenth century the political scene was dominated by two great prime ministers, William Gladstone and Benjamin Disraeli. They were political rivals but both of them passed many Acts of vital importance. Gladstone’s name was mainly linked with the Education Act, Disraeli was interested in foreign and imperial affairs.
Reform bills
The most important Reforms of the Victorian Age were the three Reforms Act:
• The First Reform Act in 1832: extended the franchise to the middle classes.
• The Second Reform Act in 1867: the franchise was extended to the working classes in the towns.
• The Ballot Act in 1870: introduced the principle of voting by secret ballot.
• The Third Reform Act: The Franchise was extended to the working classes in the rural districts.
And in 1833 the Factory and Mines Act forbade employment children under nine in factories and mines, stopped the work of women and children underground and reduced the working day for women to ten hours.
Enquires
The first step of a business transaction is often a letter of enquiry sent a prospective a buyer to a seller.
If the enquiry is to a company we have never dealt before we should mention the source of information (how we obtained its name) and we should give some information about our company. We generally conclude our letter of enquiry with a reference to the reply and to future business transaction.
The Crown
The Monarchy is the oldest secular institution in the country.
The monarchy personally exercised supreme legislative, executive and judicial power, but with the growth of Parliament. The King’s powers were increasingly limited.
Today laws are made up by Parliament, the centre of the executive power is the Government and judicial power is exercised by the Low Courts.
The Queen reigns but doesn’t rules. The Queen Elizabeth the II ascended to the throne in 1952. Although the Queen’s powers are nominal, there are however important require acts government which her participation.
The Queen appoints the Prime minister, the Prime Minister gives her approval before a Government is formed. The Queen appoints judges and is the commander in chief of all armed forces of the Crown; she is the head of State, of Commonwealth and of the Anglican Church.
-le Directeur financier: il établit les plans de financements sur la base des analyses financiers
-le Directeur commercial: il créee at appliqué la politique de vente.
Le recrutement du personnel, ainsi que sa formation, dépendent du Chef de ressources humaines.
Toutes les formes de sociétés commerciales se divisent en 2 groupes:
Sociétés de personnes: centrées sur la personne des associés et Sociétés de capitaux centrées sur le capital apporté par les associés.
Economia Aziendale
Le imprese industriali
La produzione è l’attività umana che, mediante la combinazione di beni e di energie, rende disponibili nuovi beni o accresce l’utilità di quelli preesistenti o fornisce servizi.
Le attività produttive consistono:
• Nella trasformazione materiale dei beni e nella prestazione di servizi, ossia nella produzione diretta;
• Nel trasferimento dei beni nel tempo e nello spazio, ossia nella produzione indiretta.
Il sistema produttivo è formato prevalentemente da imprese che attraverso aziende orientate al profitto operano nei diversi settori (primario, secondario, terziario) dell’attività economica.
Tanto un sistema produttivo è sviluppato, quanto più elevata è la ricchezza prodotta dalla nazione sia in termini di occupati sia in termini di PIL.
Le imprese industriali governano aziende che attuano un processo di trasformazione di materie prime e semilavorati o di assemblaggio di parti componenti per ottenere prodotti finiti.
Le imprese industriali attuano un processo sia in senso economico sia in senso tecnico-fisico. Il processo tecnico di produzione consente di ottenere: semilavorati o parti componenti, beni strumentali e prodotti finiti.
Il processo di fabbricazione è l’insieme di operazioni, tra loco coordinate, attraverso le quali i fattori della produzione vengono inseriti nell’attività tecnica di trasformazione secondo determinate regole, modalità, quantità e rapporti, con l’obiettivo di ottenere un prodotto. Le tecniche di produzione che ciascuna azienda utilizza dipendono:
• Dal costo dei fattori produttivi utilizzati e dalla possibilità di sostituirli per ottenere una stessa quantità di prodotto;
• Dalle conoscenze tecnologiche: le imprese che introducono impianti più sofisticati e utilizzano le nuove tecnologie informatiche applicandole ai processi di fabbricazione, rendono le produzioni più efficienti.
Ci sono due diverse modalità per organizzare un processo di fabbricazione:
• Accentrando tutte le operazioni e le fasi necessarie per produrre in bene/servizio all’interno di un’unica impresa;
• Decentrando alcune operazioni o alcune fasi presso diverse unità produttive; in questo caso la produzione avviene con il concorso di più imprese, a ciascuna delle quali viene affidata l’esecuzione di alcune operazioni.
Se tutte le operazioni sono accentrate in un'unica impresa e la produzione è quindi verticalizzata, l’impresa tende ad assumere grandi dimensioni. Se viceversa la produzione è deverticalizzata il volume di investimenti e di conseguenza anche le dimensioni saranno minori.
A seconda dell’attività produttiva svolta, le aziende industriali appartengono a diversi settori con diversi metodi di produzione ma talvolta con analoghi problemi connessi all’organizzazione.
A seconda dei fattori produttivi le imprese si dividono in: imprese in cui la forza lavoro è il fattore principale e dove vi è una bassa intensità di capitali e imprese ad alta intensità di capitali e bassa intensità di lavoro. Queste operano principalmente nei settori tecnologicamente avanzati.
C’è da fa re anche un’altra distinzione nell’analisi delle imprese industriali, ad esempio a seconda di chi fornisce i materiali da trasformare; quindi avremo:
• Imprese che trasformano i materiali propri precedentemente acquistati;
• Imprese che effettuano lavorazioni per conto di terzi, trasformando le materie fornite dalle imprese clienti.
A seconda delle continuità del flusso produttivo, si hanno:
• Imprese che realizzano un numero limitato di prodotto (JOB-SHOP). La produzione inizia dopo l’acquisizione dell’ordine e l’esigenza di personalizzare il prodotto rende necessario programmare gli impianti.
• Imprese con produzioni a lotti: impianti e macchinari possono essere predisposti per ottenere prodotti diversi o differenziati che non sono fabbricati in serie.
• Imprese con produzione in linea: i cicli produttivi sono ripetitivi ed omogenei, come ad esempio le imprese automobilistiche.
Le imprese industriali possono produrre anche su ordinazione, per il mercato sulla base della presunta domanda oppure per il mercato una volta che ne ha fatto richiesta.
Le imprese industriali posso anche essere: monoprodotto, a produzione differenziata in cui si ha la produzione di diversi tipi di prodotti e a produzione congiunta con la creazione di due o più prodotti ottenuti da un solo ciclo produttivo.
Il soggetto giuridico è la persona, fisica o giuridica, a cui fanno capo i diritti o le obbligazioni derivanti dallo svolgimento dell’attività economica. Il soggetto giuridico può essere pubblico o privato.
Le imprese di diritto pubblico erano molto numerose in passato, molte di esse oggi sono state trasformate in società per azioni, cioè in soggetti giuridicamente privati.
Le imprese industriali giuridicamente private possono di distinguersi in individuali e collettive.
Nelle imprese individuali il soggetto giuridico è costituito da una persona fisica: il proprietario-imprenditore che si assume tutte le responsabilità connesse all’attività aziendale.
Le imprese collettive hanno la forma di società, di persone o di capitali in cui il soggetto giuridico può anche essere un insieme di persone.
Il soggetto economico di un’impresa è costituito dall’insieme delle persone fisiche. Ad esse spetta il governo dell’impresa, stabilendo le strategie aziendale e la destinazione degli utili.
La localizzazione delle imprese è stabilita tenendo conto di un insieme di fattori che rendono opportuna la scelta di un certo territorio piuttosto che un altro. La localizzazione avviene attraverso l’analisi del territorio geografico e la sua stabilità politica, l’esistenza di strutture sociali, la presenza di manodopera specializzata, la vicinanza ad istituti di ricerca e la possibilità di integrazione con le imprese complementari.
Il basso costo della manodopera, nei paesi del Sudest asiatico ad esempio, ha portato alla delocalizzazione delle imprese che molto spesso vengono trasferite.
La principale fonte da cui deriva il vantaggio competitivo di un impresa industriale rispetto ad un'altra, deriva dalle scelte dei consumatori. Il vantaggio competitivo di un’impresa si basa sul valore che essa è in grado di creare per gli acquirenti dei propri prodotti. Detto valore è misurato dal prezzo che i clienti sono disposti a pagare per i prodotti che l’impresa fornisce.
Ci sono due tipi fondamentali di vantaggio competitivo:
• La leadership di costo: l’impresa deve essere in grado di fornire prodotti equivalenti a quelli delle imprese concorrenti, ma ad un presso minore.
• La differenziazione: l’impresa deve essere in grado di fornire prodotti con caratteristiche qualitative tali da distinguerla dalle imprese concorrenti e da determinare la preferenza e la fedeltà della clientela.
Per ottenere un vantaggio competitivo l’impresa deve svolgere delle funzioni che si distinguono in primarie e secondarie.
Le funzioni primarie riguardano la logistica, il marketing, la produzione e le vendite.
Le funzioni di supporto riguardano invece il personale, gli approvvigionamenti, la ricerca e le funzioni infrastrutturali.

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