Proprietà meccaniche dei materiali

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Categoria:Tecnologia Meccanica
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Testo

ITIS
“E. MATTEI”
SONDRIO
LABORATORIO
DI TECNOLOGIA
MECCANICA
Esercitazione n°: 3
Alunno: Volpi Valerio
Classe : 3^
Sezione: A
Tema dell’esercitazione:
Prove meccaniche
PROPRIETA’ MECCANICHE DEI MATERIALI
Le proprietà meccaniche dei materiali esprimono la capacità di un materiale di resistere alle azioni provocate da forze esterne che tendono a deformarlo. La capacità di contrasto che offre il materiale costituisce la sua caratteristica meccanica e può cambiare in funzione della forza applicata. Elenchiamo ora i diversi tipi di forze per poter definire le corrispondenti caratteristiche meccaniche:
- Forze statiche: Sono applicate in modo costante o variano lentamente nel tempo.
- Forze dinamiche: Sono applicate in tempi brevi (< 0,1s, forze d’urto) per esempio martellatura, lavorazione al maglio. La capacità dei materiali a contrastare gli effetti delle forze dinamiche è detta resilienza.
- Forze periodiche: Sono variabili periodicamente nel tempo e con frequenza elevata. La capacità dei materiali a contrastare gli effetti delle forze periodiche è detta resistenza a fatica.
- Forze concentrate: Sono applicate in zone ristrette o puntiforme per esempio puntellatura, scappellatura. La capacità dei materiali a contrastare gli effetti delle forze concentrate si chiama durezza.
- Forze d’attrito: Si manifestano tra le superfici di contatto tra due corpi mobili tra loro striscianti (attrito radente) o rotolanti (attrito volvente). La capacità dei materiali a contrastare gli effetti delle forze d’attrito si chiama resistenza all’usura.
PROVE DI DUREZZA
Le prove di durezza convenzionali sono particolarmente divulgate per i seguenti vantaggi:
➢ Non richiedono provette, potendo eseguire la prova direttamente sul pezzo.
➢ Non distruggono e di norma non alterano il pezzo o la parte di questo sottoposta alla prova.
➢ Si eseguono con rapidità e con mezzi che possono essere di un’estrema semplicità.
La durezza si può testare con le seguenti prove: Brinell, Vickers, Rockwell (B-C).
SCOPO DELLE PROVE DI DUREZZA
Le prove di durezza sono eseguite per ottenere un indice convenzionale dal quale trarre informazioni sulle qualità e sulle proprietà del materiale. La prova di durezza è una delle più importanti e delle più utilizzate che si eseguono in laboratorio, la definizione di durezza non è unica, infatti, si tratta di una proprietà convenzionale dei materiali che dipende dal metodo utilizzato per rilevarla.
I valori della durezza vengono determinati secondo vari metodi, fra i quali sono più comunemente impiegati quelli Brinell, Vickers e Rockwell. Ogni metodo usa un diverso penetratore e un valore diverso del carico. Se, su uno stesso materiale, eseguiamo prova di durezza con metodi differenti otteniamo indici differenti. Perciò, nel fornire gli indici di durezza dei materiali, si deve sempre indicare il tipo di prova effettuata. Dopo il numero che dà l’indice di durezza si deve indicare il tipo di prova: HB (Brinell), HR (Rockwell), HV (Vickers). In metallurgia per durezza s’intende la resistenza che un materiale oppone alla penetrazione di un materiale più duro secondo una compressione localizzata.
BRINELL
La prova di durezza Brinell (UNI 560) prevede l’uso di un penetratore a sfera d’acciaio temprato o di carburo di tungsteno (dimensioni 1; 2.5; 5 o 10mm), da comprimere ortogonalmente contro la superficie da provare con una forza idonea al metallo. Il carico F viene impostato manualmente sulla macchina inserendo dei dischi in metallo. Prima della prova si devono effettuare alcune prove di assestamento (non c’è precarico). La discesa del carico deve essere compresa tra i due e otto secondi, mentre la sua permanenza deve rientrare tra i dieci e quindici secondi.
Tolto il carico, si devono prendere le dimensioni del diametro dell’impronta con un apposito microscopio con almeno 20 ingrandimenti. Il valore della durezza Brinell (HB) sarà dato dal rapporto tra il carico applicato e l’area della calotta dell’impronta lasciata sul saggio. La commissione ISO nel 1975 ha abolito l’unità di misura dimensionale della durezza Brinell e Vickers, i cui valori sono oggi numeri adimensionali. L’angolo formato dalle due tangenti alla sfera nei punti d’intersezione con la linea ideale della superficie, deve essere di 136°, cioè proprio quello scelto per il vertice del penetratore Vickers.
Si definisce durezza Brinell HB il rapporto tra il carico di prova F espresso in N e l’area della superficie dell’impronta S espressa in mm², moltiplicato per una costante n pari a 0,102 mm²/N che rende il valore di HB.
HB = (F/S) × n
Carico F = KD²×π

S= π x D x h

K = costante

Questa prova ha un limite d’affidabilità, perché oltre un certo valore il penetratore si può deformare (450-500 per la sfera d’acciaio temprato; 600 per la sfera in carburo di tungsteno). Il valore di durezza non è valido se il diametro dell’impronta risulta minore di 0.25 o superiore di 0.50 di quello della sfera e lo spessore del pezzo deve essere almeno otto volte la profondità dell’impronta.
VICKERS
La prova di durezza Vickers (UNI 1955) si basa sullo stesso principio, ma usa un penetratore di diamante piramidale a base quadrata, con angolo al vertice di 136°. Il valore della durezza Vickers è un numero adimensionale, esso si ottiene come il rapporto tra il carico di prova F espresso in N e l’area della superficie S dell’impronta espressa in mm² moltiplicato per la costante n che rende il valore di HV.

HV = (F/S) × n

n = costante

S = 0,539D² mm²

Il numero di durezza Vickers è indipendente dal carico di prova applicato sul penetratore. Il carico applicato deve essere compreso fra i 49N e i 980N (±1%) secondo le norme UNI ed ISO. Il tempo d’applicazione del carico deve rientrare fra 10 e 15 sec, anche la sua permanenza deve durare 10-15 sec. Lo spessore del pezzo da provare non deve essere minore di 1.5 volte la diagonale dell’impronta.
ROCKWELL (B-C)
La prova consiste nel far penetrare nel pezzo, in due tempi, con due valori diversi del carico (iniziale e totale), un penetratore unificato (a cono di diamante o a sfera di acciaio temperato) e nel misurare l’incremento di profondità tra l’impronta iniziale e quella finale nel tempo indicato.
Questa prova rispetto alla Brinell e alla Vickers ha dei vantaggi:
1. per l’identificazione del valore non occorre eseguire alcun calcolo matematico, in quanto il valore lo fornisce la macchina stessa.
2. la prova può essere eseguita anche su superfici finite, vista la piccolissima entità dell’impronta.
3. la velocità con cui si eseguono le prove di durezza e di individuazione del rispettivo valore.

HRC =100-e (e è espressa 1/500mm)

Per convenzione, la durezza Rockwell scala C, che usa il penetratore a cono di diamante, è data da:
HRC = 100 – e
Nella quale HRC indica il simbolo della durezza Rockwell sulla scala C. Con il simbolo “e” si intende l’accrescimento, rimanente, della profondità di penetrazione che ha valore, secondo le unità di misura convenzionale, di 2 micron ( μm ). Analogamente, la durezza Rockwell scala B, con penetratore a sfera di acciaio temprato è data da:
HRB = 130 – e
Di regola la scala HRC viene usata su acciai molto duri, temprati o cementate per il valore superiore del carico e per la natura del penetratore. Invece, la scala HRB viene normalmente usata su materiali meno duri, quali gli acciai allo stato ricotto, e su lamiere d’acciaio di spessore almeno uguale a 0.5 mm.
Per spessori sottili da 0.15 a 0.70 mm la prova Rockwell (scala N e T) si conduce con modalità analoghe alle precedenti, ma con forze minori.
Risultati delle prove:
Pezzo 1: Pezzo 2:
HRB
HRB = 91
HRC
HRC = 64
HV
d = 0,71
HV = 110
HV
d = 0,24
HV = 964
HB
d = 1,37
HB = 116
TRAZIONE
La prova di trazione è una prova convenzionale (ASTM D 638M) distruttiva, si utilizzano provini unificati. Questa prova è indispensabile per stabilire la resistenza di un materiale sottoposto ad uno sforzo longitudinale fino ad ottenere la rottura del provino. In tal modo si determina anche l’allungamento corrispondente. La prova consente inoltre la determinazione del modulo di elasticità a trazione; esso è il rapporto fra sforzo e deformazione corrispondente entro l’intervallo a comportamento elastico della curva di trazione. Prima di iniziare la prova si devono bloccare le due estremità del provino e quando si dà il via alla prova, tira una delle due estremità con velocità costante. Mentre tira il provino, la macchina misura la forza (F) che sta esercitando per allungarlo. La prova di trazione, serve per determinare il comportamento meccanico di un materiale soggetto a sollecitazioni di trazione statica applicata nel baricentro della sezione del materiale e agente secondo la direzione dell’asse del corpo. Queste prove vengono effettuate su speciali provini cilindrici o a sezione rettangolare. Esiste una relazione tra la forza (corrispondente alla resistenza del provino) e l’allungamento, tale relazione ci fornisce importanti informazioni su alcune delle proprietà meccaniche caratteristiche del materiale preso in esame:
- Carico di snervamento
- Carico massimo
- Allungamento percentuale
- Strizione
Un apposito macchinario applica al provino un carico crescente con continuità, fino al verificarsi di deformazioni permanenti: la resistenza alla trazione è la forza massima raggiunta, riferita alla sezione iniziale. Le variazioni che si producono nella prova vengono registrate in appositi grafici di forza-allungamento.
L’allungamento è la misura di quanto il materiale può deformarsi nella direzione del carico applicato prima di rompersi. Ci possono essere due fasi durante il processo di rottura di un campione polimerico. Il materiale può prima snervarsi il che corrisponde all’apparizione di una regione della curva carico-deformazione in cui il carico diminuisce all’aumentare della deformazione. In seguito il valore del carico riprende a crescere fino a portare alla rottura del materiale. Alcuni polimeri anche rompersi prima di essere giunti allo snervamento. Lo snervamento ha luogo quando il carico necessario a vincere le forze secondarie intermolecolari è minore di quello necessario a rompere i legami molecolari. Le molecole cominciano a districarsi e a scorrere le une rispetto alle altre. Il materiale continua ad allungarsi fino a quando non si realizza una orientazione delle molecole sufficiente a far sì che il carico venga contrastato dai legami molecolari primari. A questo punto il carico comincia di nuovo a crescere fino a che la resistenza dei legami primari non è vinta e il materiale si rompe.
Esempio di un provino

Nella figura seguente possiamo osservare il diagramma che descrive la prova di trazione statica, all’interno del quale si possono individuare le varie fasi di resistenza, deformabilità e elasticità.
Risultati della prova:
Provino Fe344K.
Resistenza = 393J
RESILIENZA
La resilienza fa parte delle sollecitazioni dinamiche, e si tratta di una prova che analizza la sollecitazione dinamica di urto. La prova di resilienza consiste nel rompere con un solo colpo, con una mazza a caduta pendolare (pendolo di Charpy), una provetta intagliata nella sua metà e appoggiata su due sostegni. La resilienza è data dal lavoro di rottura (in Joule) per provette a taglio a “ V ”; per le altre dal quoziente tra il lavoro di rottura e l’area della sezione della provetta nel piano di simmetria dell’intaglio. Un materiale con bassa resilienza è fragile.
Macchina usata per la prova
Il macchinario si basa sul pendolo di Charpy che urta dopo una caduta contro una provetta. Il pendolo di Charpy è formato da: una incastellatura completa di basamento, una mazza, appoggio per la provetta, un dispositivo misuratore.
La mazza deve avere una energia all’impatto di 300 J L 10 J energia data dalla formula:
Am = MAggh [J]
M = massa della mazza
g =accelerazione di gravità
h = altezza di caduta
La mazza viene bloccata nello sgancio e fatta oscillare una volta a vuoto per stabilire se ci sono eccessivi attriti dovuti agli organi meccanici.

Provette
Le provette per questa macchina sono di sezione quadrata, 10×10 [mm] e di lunghezza 55mm. Al loro centro viene fatto tramite una apposita broccia un intaglio che indebolisce e innesca la rottura in un punto ben determinato. Le provette unificate sono di tre tipi: Mesnager, Charpy, con intaglio a V.
È abbastanza importante sapere il modo con cui è stata ottenuta la provetta per analizzare il senso di laminazione del provino e analizzare gli eventuali risultati. La rottura della provetta avviene per Urto-Flessione.
Risultati della prova:
Provino FeB32 con taglio a V.
Resilienza = 150
COMPRESSIONE
La prova di compressione è una prova tecnologica, convenzionale distruttiva. La resistenza dei materiali a compressione è circa uguale a quella di trazione con la sola differenza che per i materiali molto fragili come la ghisa, o i suoi simili, che resistono da tre a sei volte in più che alla sollecitazione di trazione.
Le proprietà meccaniche in compressione resistono allo sforzo di taglio e alla rigidità. Questa prova si divide in prova di compressione, dove si ha la rottura del pezzo, e in prova di schiacciamento, dove si ha come risultato lo schiacciamento del provino. La prova consiste di sottoporre un provino cubico di cemento dalle dimensioni di 150x150x150 fra gli afferraggi, attrezzati per la compressione, ad una sollecitazione. Prima di iniziare la prova si devono inserire nel macchinario i dati riferiti al provino da analizzare, a questo punto si può dare inizio alla prova. La macchina comprime perpendicolarmente il provino fino a quando esso non pone più resistenza, con il risultato della sua deformazione oppure della sua rottura. Alla fine della prova la macchina ci fornirà i dati.
Massa (kg)
Carico
Resistenza
7,98
786
34,7
954
42,1
Risultati della prova:
d = 150×150×150
FLESSIONE
Per semplicità, si può dire che un corpo è soggetto ad uno sforzo di flessione quando, per effetto dei vincoli cui è sottoposto, reagisce, opponendosi, ad un sistema di forze ad esso applicate che tenderebbero a farlo ruotare attorno ad un proprio punto. Nella prova a flessione vengono calcolate le caratteristiche di resistenza meccanica e di variazione dimensionale di materiali plastici sottoposti a flessione. Prima di iniziare la prova il provino deve essere bloccato nella sua sede, poi si inseriscono i dati riferiti alla geometria e misure del provino. A questo punto si può iniziare la prova. A causa della flessione imposta al provino risulta essere sollecitato a trazione su una faccia e a compressione su quella opposta. Il provino, appoggiato su due supporti (distanza 12 cm), viene deformato al centro per mezzo di un coltello che si muove a velocità costante stabilita in rapporto alle dimensioni del provino e al tipo di materiale. Nel caso di materiali che si flettono senza rottura si considera come carico massimo quello raggiunto al 5% della deformazione. La macchina infine elaborerà i dati e ci fornirà un grafico. Il modulo elastico in flessione è il parametro più frequentemente utilizzato per confrontare le caratteristiche meccaniche di differenti polimeri.
USURA
L’usura, ossia il logoramento dei materiali, in genere, e degli organi meccanici in particolare, per effetto di strofinio, è una delle cause fondamentali che determinano la vita più o meno lunga di tali oggetti. Pertanto lo studio dell’usura ha assunto negli ultimi anni un’importanza crescente nel corso di Meccanica Applicata alle Macchine, tenendo al ruolo di disciplina indipendente della tribologia.
Se due corpi, premuti uno contro l’altro con una certa pressione, si muovono con moto relativo, si determina una resistenza all’attrito (radente o volvente) che si oppone a tale moto, con intensità variabile al variare di:
- Natura dei materiali a contatto;
- Stato delle superfici a contatto;
- Lubrificazione adottata.
In particolare, se i materiali a contatto sono due metalli, si parla di usura metallica; se un metallo è a contatto con un materiale non metallico, si parla di usura abrasiva.
Anche l’erosione può classificarsi come usura determinata dall’azione, su un solido, di liquidi, gas o vapore. Le prove di usura non sono regolate da norme di unificazione, soprattutto perché si tratta di prove pratiche che possono fornire risultati significativi soltanto se rispecchiano le reali condizioni di esercizio di un determinato organo meccanico. Tuttavia di notevole utilità risultano le prove d’usura come confronto tra diversi materiali in determinati condizioni sperimentali. Dette prove possono essere realizzate sia in condizioni di attrito radente che di attrito volvente.
- Nel primo caso una provetta di sezione circolare (con diametro 30 e 50 mm e larghezza 10 mm) viene fatta ruotare su un’altra provetta fissata stabilmente all’esterno. Le due provette sono in contatto lungo una superficie (piana o curva) e serrate tra di loro a mezzo di una forza P.
- Nel secondo caso si hanno due provette cilindriche che ruotano mentre sono premute l’una sull’altra da una forza P. La velocità periferica delle due provette viene definita in modo che differiscano tra loro di circa un 10%, determinandosi uno strascinamento superficiale.
La prova può essere condotta fino ad un prestabilito numero di giri, oppure fino alla grippatura tra le due provette. Con questa prova si può determinare:
- usura lineare, in funzione dell’impronta prodotta dalla provetta cilindrica sulla provetta piana;
- usura volumetrica, ossia il volume di materiale asportato dalla provetta in esame;
- usura ponderale, ossia la massa di materiale asportato per usura.
IMBUTITURA
L’operazione consiste nel trasformare una lastra piana di metallo laminato (lamiera) in un corpo cavo procedendo con uno o più passaggi o fasi di lavorazione. Lo spessore del laminato non si deve alterare con l’operazione di imbutitura; ne deriva che, teoricamente, il pezzo imbutito deve avere una superficie equivalente a quella della lastra piana impiegata; in pratica ciò si verifica soltanto con approssimazione. Il procedimento base che dà il concetto di imbutitura è quello di obbligare un disco di lamiera a passare, mediante la pressione esercitata da un punzone, attraverso un foro pure cilindrico, ma di diametro più grande di due volte lo spessore del disco stesso. Pertanto la parte di materiale, che è obbligata a passare nello spazio compreso tra punzone e matrice, è soggetta a formazione di grinze e questo inconveniente è tanto più sentito quanto più sottile è la lamiera e maggiore la profondità di imbutitura. Il problema viene risolto tenendo premuto uniformemente e moderatamente il contorno delle lastre fra due piani, i quali agiscono da discensori mentre nella parte centrale avviene la formatura. È chiaro che il materiale subisce anche una azione di stiratura la quale risulta, evidentemente, proporzionale alla pressione esercitata sul contorno della lamiera dagli organi fissatori; è necessario quindi che le superfici del bordo siano piane e levigate per permettere al materiale di scorrere più facilmente verso il centro. Nel caso che i piani di fissaggio non siano bene eseguiti e la lamiera non sia uniformemente premuta, lo scorrimento del materiale non avviene con regolarità e si ha la formazione di grinze. Per imbutiture molto profonde, in cui si imponga la necessità di procedere con più passaggi, il materiale deve essere ricotto tra un passaggio e l’altro per eliminare il pericolo di rotture (strappo della parete) a causa dell’incrudimento provocato nel materiale dall’imbutitura e dalla stiratura.

Prova n.
Materiale
Spessore
Carico max
Profondità
1
Acciaio
1,6
3200
8,50
2
Alluminio
3
1050
6,28
3
Rame
0,8
950
7,75
TAGLIO
La prova di taglio si effettua con la macchina universale, utilizzando provini di sezione circolare. Detta P la forza di taglio applicata, ed S la sezione iniziale del provino, il carico unitario R di rottura al taglio sarà: R = 4P/3S
misurato in N/mm².
PIEGATURA
La piegatura è un’operazione di stampaggio a cui vengono sottoposti molti oggetti di lamiera precedentemente tranciati per variarne la forma, ma senza alterarne lo spessore. Si effettua alle macchine piegatrici nella produzione di profilati di lunghezza apprezzabile; elementi relativamente corti invece si piegano normalmente mediante appositi stampi applicati alle presse. Nelle operazioni di piegatura bisogna evitare che la lamiera abbia a subire lo stiramento; questo fenomeno provocherebbe infatti una variazione dello spessore della lamiera stessa. È necessario quindi, perché ciò non avvenga, un razione studio degli utensili ed una giusta regolazione delle corse. In generale occorre tener conto di due fattori: i raggi di curvatura e l’elasticità del materiale. Gli spigoli vivi devono essere evitati e i raggi di curvatura interni devono essere possibilmente maggiori dello spessore della lamiera da piegare; normalmente si stabiliscono raggi da 1 o 2 volte lo spessore per materiali dolci, e da 3 o 4 volte lo spessore per materiali più duri. Quando cessa la azione deformante, che ha causato la piegatura, il pezzo tende, per la sua elasticità, a ritornare alla sua forma primitiva in misura tanto maggiore quanto è più duro il materiale. Nel progettare uno stampo occorrerà quindi assegnare un angolo di piegatura più accentuato in modo che il pezzo assuma l’angolo desiderato al cessare dell’azione deformante. Molti elementi, per essere completati, devono subire più fasi di piegatura; queste possono essere realizzate con più stampi o con un solo stampo (stampo multiplo). Uno stampo per piegare, ossia l’attrezzo speciale per realizzare la piegatura, è essenzialmente costituito da due parti: una superiore chiamata maschio e una inferiore chiamata femmina. Maschio e femmina nello stampo a piegare corrispondono a punzone e matrice nello stampo a tranciare.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Dalle prove svolte si sono potuti constatare diversi fattori tra cui la buona abilità dell’operatore che in tutte le prove ha dimostrato di aver rispettato i criteri di taratura e pulitura dello strumento prima dello svolgimento della prova. Successivamente l’affidabilità degli strumenti non è sempre risultata idonea al tipo di prova che si doveva effettuare anche se i valori ottenuti rispettavano sempre i criteri. Infine, come già detto, i valori ottenuti rispettavano sempre i limiti imposti dalla prova.

Esempio



  


  1. dolores

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