Le saldature nelle costruzioni meccaniche

Materie:Tesina
Categoria:Tecnologia Meccanica
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Testo

AREA DI PROGETTO
LE SALDATURE NELLE COSTRUZIONI MECCANICHE
1 INTRODUZIONE
La saldatura è il procedimento con cui si realizza l’unione di pezzi metallici in modo tale da ottenere la continuità fisica delle parti da unire; i lembi dei pezzi da saldare vengono riscaldati a temperature superiori a quelle di fusione e, solidificando, danno origine ad un giunto saldato. Il riscaldamento può essere realizzato con mazzi diversi. Insieme al materiale dei pezzi da unire (metallo base) può essere fuso anche del materiale di composizione analogica, che prende il nome di metallo d’apporto. I giunti saldati sono di impiego molto comune per le caratteristiche di robustezza, economia leggerezza, ermeticità.
1.1 TIPI DI SALDATURE
Le saldature possono essere eseguite secondo tre procedimenti fondamentali:
• portando a fusione il metallo base senza utilizzare alcun metallo d’apporto;
• portando a fusione sia il metallo base sia il metallo d’apporto (uguale o diverso dal metallo base);
• portando a fusione il solo metallo d’apporto, che si interpone tra i pezzi da unire e, solidificando, li congiunge stabilmente.
Quest’ultimo procedimento prende il nome di brasatura e, diversamente dai primi due, non realizza la continuità fisica tra le parti da unire. È impiegato per giunzioni tra materiali diversi e nei casi in cui le caratteristiche meccaniche del giunto non sono un fattore determinante (ad es.: saldature di componenti elettrici ed elettronici, collegamento di tubazioni in rame, ecc.).
Una saldatura si definisce:
• autogena quando il materiale base viene fuso e prende parte alla formazione del giunto saldato;
• eterogena nel caso contrario, quando il giunto è costituito dal solo metallo d’apporto (le brasature sono saldature eterogene).
2 PROCEDIMENTO DI SALDATURE DEI VARI MATERIALI METALLICI
I procedimenti di saldatura sono numerosi e sfruttano tecniche molto diverse tra loro. I tipi più comuni sono le saldature per fusione, in particolare quelle alla fiamma ossiacetilenica, ad arco e per resistenza.
2.1 SALDATURE PER FUSIONE
Sono procedimenti di saldatura che comportano la fusione di una parte dei lembi da saldare unitamente al materiale d’apporto. La miscela del materiale base e del materiale d’apporto, allo stato liquido, costituisce il bagno di fusione.
2.1.1 SALDATURA ELETTRICA AD ARCO
Il calore necessario per la fusione del metallo è ottenuto per mezzo di un arco voltaico che scocca tra un elettrodo e i pezzi da saldare. La temperatura dell’arco è di oltre 3200°C e provoca sia la fusione del materiale base che dell’elettrodo; quest’ultimo costituisce il metallo d’apporto. In genere si utilizzano elettrodi rivestiti, costituiti da un filo metallico (anima) di diametro variabile tra 1 e 4 mm, e da un rivestimento che ricopre l’elettrodo per quasi tutta la sua lunghezza.
Il rivestimento è composto da una miscela di sostanze che hanno lo scopo di facilitare la saldatura, eliminare le impurezze e proteggere il bagno di fusione dalle contaminazioni esterne e dall’ossidazione. Il rivestimento può anche contenere degli elementi di lega che, combinandosi con il metallo base, possono migliorare le proprietà chimiche e meccaniche del giunto saldato. Il materiale del rivestimento, più leggero del metallo fuso, galleggia sul bagno di fusione e dà luogo ad uno strato protettivo (scoria) che viene facilmente eliminato dopo la solidificazione e il raffreddamento del cordone. Esiste in commercio una vasta gamma di elettrodi, che si differenziano per le dimensioni e per il tipo di rivestimento.
Le saldatrici elettriche ad arco hanno il compito di innescare e mantenere stabile l’arco voltaico. L’intensità di corrente necessaria per la saldatura è piuttosto elevata, ma la tensione a vuoto (prima dell’innesco dell’arco) è mantenuta per legge entro valori limitati (80 V in c.a. e 100 V in c.c.), in modo da evitare rischi per l’operatore. Le saldatrici possono funzionare sia in corrente continua che in corrente alternata. I principali tipi di saldatrici elettriche ad arco sono:
• a corrente continua, statiche (a raddrizzatori) e rotanti (dinamo);
• a corrente alternata, statiche (trasformatori) e rotanti (alternatori).
2.1.2 SALDATURA AD ARCO IN ATMOSFERA CONTROLLATA
Nella saldatura in atmosfera controllata la protezione del bagno di fusione è affidata a un flusso di gas. Esso ha la funzione di favorire l’innesco e il mantenimento dell’arco; inoltre protegge il bagno di fusione da reazioni chimiche indesiderate (in particolare dall’ossidazione). I principali procedimenti di saldatura ad arco in atmosfera controllata sono denominati:
• TIG (Tungsten Inert Gas);
• MIG (Metal Inert Gas);
• MAG (Metal Active Gas).
SALDATURA TIG
Nel procedimento TIG l’arco elettrico scocca tra un elettrodo non fusibile in tungsteno e i pezzi da saldare; il gas protettivo viene espulso dalla “torcia” di saldatura attraverso dei fori disposti intorno all’elettrodo. La saldatura può essere eseguita con o senza materiale d’apporto. La torcia viene raffreddata ad aria o ad acqua. I gas inerti più comunemente impiegati sono: argon, elio, miscele di azoto e idrogeno. Con il procedimento TIG è possibile saldare qualsiasi tipo di materiale. I giunti saldati presentano ottime caratteristiche meccaniche ed estetiche.
SALDATURA MIG
Nel procedimento MIG l’elettrodo è costituito da un filo elettrico metallico fusibile che fuoriesce in modo continuo dalla torcia. Il filo viene prelevato da una matassa e inviato alla torcia da un sistema motorizzato di trascinamento. La velocità di uscita del filo e l’intensità di corrente sono regolate elettronicamente. Nella saldatura MIG il filo metallico svolge la duplice funzione di elettrodo e metallo d’apporto. Come nel sistema TIG, la torcia è dotata di una serie di ugelli dai quali fuoriesce il gas protettivo (azoto puro, miscele di azoto e argon, elio e miscele di elio, CO2, argon e idrogeno). Il procedimento MIG, detto anche “a filo continuo” può essere realizzato con due modalità di funzionamento:
• il sistema spray – arc, che utilizza forti intensità di corrente e dà origine a un bagno di fusione di grandi dimensioni. È adatto alla saldatura in piano di grandi spessori;
• il sistema short – arc (arco corto), che impiega bassi valori di tensione e corrente, ed è indicato per la saldatura di lamiere di piccolo spessore in qualunque posizione.
SALDATURA MAG
Il procedimento è analogo a quello della saldatura MIG, ma in questo caso i gas inerti sono sostituiti da un gas attivo, generalmente anidride carbonica (CO2). Durante la saldatura, il gas si dissocia in CO e O2, i quali interagiscono attivamente con il metallo fuso. Al CO2 possono essere aggiunti anche ossigeno e azoto. I vantaggi di questo procedimento rispetto ai sistemi TIG e MIG consistono nella maggiore penetrazione e nel minor costo del gas protettivo. Il sistema MAG è però utilizzabile solo per la saldatura di acciai al carbonio e di alcuni acciai inossidabili.
2.1.3 SALDATURA OSSIACETILENICA
Il calore necessario alla fusione dei lembi da saldare è ottenuto dalla combustione di una miscela di ossigeno e acetilene (C2H2). La fiamma ossiacetilenica è composta da tre zone: il dardo, la zona riducente e il fiocco. La zona di massima temperatura (circa 3200°C) è situata a qualche millimetro dalla punta del dardo. La reazione esotermica primaria avviene nel dardo e dà alla formazione di monossido di carbonio e idrogeno:
C2H2 + O2 2 2CO + H2 + 443,8 KJ.
Questi gas sottraggono ossigeno all’aria e danno luogo, nella zona riducente, alle reazioni secondarie:
2CO + O2 2CO2 + 573,6 KJ
H2 + 1/2O2 2 H2O + 248,8 KJ.
Il tipo di fiamma ottimale si ottiene con una miscela composta con il 52c di ossigeno e per il 48 di acetilene. La miscelazione dei due gas avviene all’interno di un cannello dotato di due valvole di dotazione e costruito in modo da evitare rischi di esplosione. La quantità di gas miscelata nel cannello è molto piccola e, grazie alla conformazione interna del cannello stesso, ha una velocità di uscita superiore a quella di propagazione della fiamma. I cannelli ossiacetilenici più comuni sono quelli a bassa pressione; la portata può essere variata sostituendone la parte terminale. L’attrezzatura per la saldatura ossiacetilenica è composta dai seguenti elementi: una bombola di ossigeno, una bombola di acetilene, due riduttori di pressione con i rispettivi manometri, cannello ossiacetilenico, valvole di sicurezza contro i ritorni di fiamma e tubazioni flessibili di raccordo.
2.2 SALDATURA ELETTRICA A RESISTENZA
La saldatura si realizza per l’azione combinata del calore e della compressione dei pezzi da unire. I procedimenti di saldatura a resistenza sono di esecuzione semplice, rapida ed economica; producono giunti di buon aspetto estetico e permettono la saldatura tra materiali diversi. Il calore necessario per la fusione localizzata del metallo è ottenuto facendo attraversare la zona di giunzione da una corrente elettrica di forte intensità. Per effetto Joule si produce una quantità di calore:
Q = R I2 t [J]
dove:
R = resistenza elettrica [R]
I = intensità di corrente [A]
t = tempo [s]
Il riscaldamento interessa una zona limitata ed è massimo nel punto di contatto dei pezzi; è infatti in questo punto che si ha la massima resistenza al passaggio della corrente. Ciò è dovuto, oltre che alla presenza di aria tra le due superfici, al fatto che gli elettrodi sono di rame, per cui la resistenza nel punto di contatto elettrodo-pezzo è minima.
2.2.1 SALDATURA PER PUNTI
Questo tipo di saldatura è idoneo alla saldatura di lamiere di spessore limitato; si realizza per mezzo di apposite saldatrici, che prendono il nome di puntatrici. Il procedimento di saldatura avviene in tre fasi:
1. sovrapposizione dei lembi da saldare e accostamento degli elettrodi
2. passaggio di corrente e fusione localizzata nel metallo nella zona di contatto dei pezzi
3. compressione dei pezzi tra gli elettrodi e consolidamento della giunzione.
2.2.2 SALDATURA A RULLI
Il principio di funzionamento e analogo a quello della saldatura per punti, ma in questo caso gli elettrodi sono costituiti da rulli. La corrente che viene inviata a intervalli regolari, mentre i rulli ruotano sui pezzi esercitando contemporaneamente la pressione necessaria alla saldatura. Le lamiere di piccolo spessore, devono essere decapate prima della saldatura.
2.2.3 SALDATURA A RILIEVI
Serve per unire due o più materie sovrapposte, su una o su entrambe le lamiere vengono praticati dei rilievi. I due pezzi si appoggiano tra loro solo su delle sporgenze creando delle zone di contatto attraverso le quali si concentra la corrente che le porta allo stato pastoso in un tempo brevissimo. La forza di compressione esercitata dagli elettrodi piani spiana i rilievi ed unisce i pezzi. Questo metodo, viene usato nella saldatura di lamiere di acciaio a basso tenore di carbonio.
2.2.4 SALDATURA TESTA A TESTA A RESISTENZA PURA
Le teste dei due pezzi, poste l’una sul prolungamento dell’altra, premute preventivamente tra loro prima del passaggio della corrente elettrica, sono portate allo stato pastoso unicamente dal calore sviluppato per resistenza ohmica di contatto e si uniscono tra loro per effetto della forza di compressione che viene mantenuta, dopo aver tolto la corrente al raggiungimento della temperatura opportuna, durante tutto il tempo di saldatura.
2.2.5 SALDATURA A SCINTILLIO
Se attraverso le estremità di due pezzi accostati fra loro si fa passare una corrente sufficientemente intensa, si producono dei piccoli archi voltaici tra le asperità delle superfici che determinano un progressivo aumento di temperatura dei lembi affacciati, fino a portarli allo stato pastoso.
Immediatamente prima della fine del passaggio della corrente i pezzi da saldare sono progressivamente fatti avanzare uno contro l’altro.
Quando lo scintillio si è esteso a tutta la superficie da saldare e questa raggiunge una temperatura opportuna, viene rapidamente applicata una forza di compressione che provoca un ricalcamento del materiale ed esegue la saldatura.
I vantaggi sono una maggiore resistenza meccanica della giunzione, minore potenza richiesta, minore consumo d’energia, minore tempo impiegato, preparazione delle superfici meno accurata, possibilità di saldare superfici di diversa forma, possibilità di congiungere materiali diversi.

2.3 SALDATURA PER PRESSIONE
Nella saldatura per pressione i materiali base, riscaldati localmente allo stato plastico, vengono uniti applicando, in modo statico o dinamico, una forza di intensità adeguata che consenta la saldatura.
Generalmente non s’impiega materiale d’apporto.
2.3.1 SALDATURA DI TESTA PER ATTRITO
In questo procedimento il calore è prodotto dall’attrito di strisciamento tra le superfici dei pezzi da saldare. Mentre uno dei pezzi è fermo, l’altro viene fatto ruotare velocemente a contatto con il primo. Quando il materiale ha raggiunto lo stato plastico, la rotazione si arresta e i due pezzi vengono spinti l’uno contro l’altro fino ad ottenerne la saldatura. La saldatura per attrito è un procedimento rapido, economico e permette la saldatura di pezzi costituiti da materiali diversi; produce giunti saldati dotati di ottime caratteristiche meccaniche ed estetiche.
2.3.2 SALDATURA AD ULTRASUONI
E’ un procedimento per il collegamento a sovrapposizione di elementi metallici senza fusione e senza modificazioni della struttura cristallina dei pezzi da unire.
L’energia, trasmessa agli elementi da collegare da un perno(o un rullo)vibrante con frequenza ultrasonora provoca nei reticoli cristallini una dilatazione locale che permette, unitamente ad una forza statica di compressione, la loro reciproca compenetrazione molecolare unendo stabilmente i pezzi.
I vantaggi sono:
• possibilità di saldare materiali termoplastici;
• possibilità di collegare metalli o leghe di difficile saldabilità;
• possibilità di unire materiali di natura diversa senza provocare la formazione di composti intermetallici;
• possibilità di saldare pezzi di spessore piccolissimo o di spessore diverso;
• unioni esteticamente perfette;
• assenza di deformazioni.
2.4 ALTRI PROCEDIMENTI DI SALDATURA
2.4.1 SALDATURA AL PLASMA
Il plasma viene spesso definito come “il quarto stato della materia”. Quando un gas viene riscaldato a temperature molto alte, l’energia cinetica dei suoi atomi e delle sue molecole aumenta notevolmente; le collisioni che avvengono tra gli atomi ne provocano la scissione in ioni, dotati di cariche elettriche positive e negative. La presenza di elettroni liberi in moto disordinato produce un’enorme quantità di calore, che può essere sfruttata per la saldatura. Il riscaldamento e la ionizzazione del gas sono ottenuti per mezzo di un arco elettrico. Il plasma viene proiettato sui pezzi da saldare per mezzo di una “torcia”dotata di un ugello calibrato e di un elettrodo infusibile di tungsteno. Le torce per saldatura al plasma sono di due tipi:
• ad arco trasferito: l’arco scocca tra l’elettrodo centrale e pezzi da saldare. Si ottengono temperature di circa 30000 °C, utilizzabili per la saldatura e il taglio dei metalli;
• ad arco non trasferito: L’arco scocca tra l’elettrodo e il bordo dell’ugello. La temperatura è di circa 15000°C, ideale per procedimenti di metallizzazione a spruzzo.
Le torce, costruite in materiale refrattario, devono essere raffreddate ad acqua. I gas più usati per la produzione del plasma sono costituiti da miscele di argon e idrogeno. Nella saldatura al plasma, la torcia è provvista anche di ugelli anulari per l’emissione di un gas inerte che circonda il getto di plasma e protegge il bagno di fusione. La saldatura al plasma è applicabile a tutti i materiali, ed è particolarmente adatta alla saldatura di acciai inossidabili, nichel, rame ottone, alluminio e leghe leggere, titanio. Consente la saldatura di pezzi di grande spessore, riducendo contemporaneamente le deformazioni del materiale. Per saldature di componenti elettronici o di spessori molto ridotti (da 0.05 a 1.5 mm) si usano le torce microplasma, di dimensioni più ridotte e dotate di ugelli di diametro molto piccolo.
2.4.2 SALDATURA LASER
La parola LASER deriva dall’espressione inglese “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation”, che significa: amplificazione della luce mediante emissione stimolata di radiazioni. Un generatore di luce laser è un apparecchio in grado di produrre un fascio di luce concentrata e coerente (tutte le onde luminose si muovono nella stessa direzione). Un gas (generalmente CO2) viene eccitato elettricamente a livello molecolare, dando luogo all’emissione di una radiazione luminosa la cui intensità viene amplificata in una camera dotata di due specchi: uno concavo e riflettente, l’altro piano e semiriflettente. Parte della radiazione luminosa così ottenuta viene fatta passare dallo specchio semiriflettente e inviata sulla zona da riscaldare. Con questo sistema è possibile concentrare una grande quantità di energia su superfici molto piccole (il fascio luminoso può avere il diametro variabile da pochi centesimi di millimetro a circa 2 mm). Il laser può essere impiegato per operazioni di saldatura e taglio dei metalli. I generatori laser comunemente impiegati sono di due tipi:
• a corpi solidi (rubino, neodimio) per potenze di alcune centinaia di Watt. Sono idonei alla microsaldatura di lamiere dello spessore massimo di 1 mm;
• al CO2 per potenze maggiori (dell’ordine delle decine di KW). Sono in grado di saldare ad alta velocità le lamiere di spessore maggiore di un mm.
La saldatura laser può essere eseguita con o senza materiale d’apporto; permette di realizzare saldature di metalli diversi o difficilmente saldabili, con spessori variabili da 50 µm a 2.5 mm. La zona interessata della saldatura è molto piccola, per cui i pezzi sono sottoposti a ridottissime sollecitazioni termiche, grazie anche all’elevata velocità di esecuzione: un punto di saldatura si realizza in pochi millisecondi . I giunti saldati al laser hanno ottime caratteristiche tecniche ed estetiche. La tecnologia laser è impiegata nella saldatura di piccoli componenti meccanici, componenti e microcircuiti elettronici, coppie bimetalliche, e nella saldatura di metalli ad alto punto di fusione.
2.4.3 SALDATURA A FASCIO ELETTRONICO
E’ un procedimento di saldatura per fusione nel quale il calore è generato quando un fascio localizzato di elettroni penetra nel materiale da saldare.
Questo procedimento è indicato per la saldatura di microcircuiti elettronici nelle costruzioni aerospaziali e nucleari.
2.4.5 SALDATURA PER DIFFUSIONE
E’ un procedimento di saldatura per pressione, generalmente senza materiale d’apporto, nel quale i pezzi vengono mantenuti in contatto da una pressione che agisce con continuità e riscaldati ad una temperatura pari alla metà della temperatura di fusione.
Questo procedimento è effettuato sotto vuoto, in un’atmosfera di gas protettivo o in un fluido.
2.4.6 SALDATURA AD ESPLOSIONE
E’ un procedimento di saldatura per pressione che si effettua all’aria aperta, usato per la realizzazione di giunti a sovrapposizione o placcature, che utilizza l’azione di riscaldamento e di deformazione plastica sulle superfici delle lamiere bimetalliche o trimetalliche da unire a seguito dell’onda di detonazione di una carica esplosiva: quindi uno degli elementi viene lanciato sull’altro.
Questo metodo si può applicare all’unione materiali inconsueti.
2.4.7 SALDATURA E TAGLIO SUBACQUEI
Per la riparazione ed il recupero di strutture subacquee si impiega il metodo del cassone pneumatico dal quale l’acqua viene estratta mediante aria o gas inerte: in tal caso le operazioni sono identiche a quelle che si compiono in aria.

3 TIPOLOGIA DEGLI ELETTRODI
Gli elettrodi fusibili possono essere nudi o rivestiti.
Gli elettrodi nudi sono costituiti da un filo metallico e vengono usati solamente per saldature di scarsa importanza quando non sono richieste caratteristiche meccaniche.
Gli elettrodi rivestiti sono formati da un filo metallico (anima), ricoperto concentricamente per quasi tutta la sua lunghezza da una miscela di sostanze particolari. La parte scoperta serve per il passaggio di corrente.
Il rivestimento per effetto del calore in parte brucia e in parte fonde causando i seguenti vantaggi:
• protegge il bagno di fusione dall’azione ossidante e nitrurante dell’aria;
• sviluppa un ambiente ionizzato favorendo una stabilità dell’arco;
• favorisce al bagno di fusione elementi di lega come (silicio, manganese, ecc.) che influiscono sulla composizione chimica del materiale depositato.
Gli elettrodi sono in commercio in una vasta gamma di tipi che presentano caratteristiche diverse essenzialmente in funzione del rivestimento applicato sul filo.
Gli elettrodi più impiegati sono i seguenti.
3.1 ELETTRODI OSSIDANTI
Il rivestimento contiene una percentuale molto elevata di ossidi di ferro e di manganese, che provocano una ossidazione sul materiale depositato e sul materiale base della zona di fusione, abbassando le percentuali di carbonio e di manganese del cordone rispetto a quelle del filo. Questi elettrodi si utilizzano con corrente continua o alternata. Sono particolarmente indicati per giunzioni in piano orizzontale ed in angolo di acciai non legati a basso tenore di carbonio, per saldature non troppo sollecitate ma che devono avere cordoni regolari.
3.2 ELETTRODI ACIDI
Il rivestimento è costituito da ossidi di ferro, minerali neutri e ferroleghe. Durante la fusione questi componenti danno luogo a reazioni che non influiscono sul materiale depositato, che mantiene le stesse caratteristiche del filo dell’anima metallica. Si utilizzano con corrente continua o alternata. Sono indicati per giunzioni in tutte le posizioni degli acciai a basso contenuto di carbonio.
3.3 ELETTRODI BASICI
Il rivestimento è costituito da carbonati di calcio o magnesio e fluorite. Durante la fusione dei suoi componenti , che hanno la proprietà di eliminare zolfo e fosforo, si sviluppa il biossido di carbonio che protegge il bagno. Questi elettrodi si utilizzano con corrente continua od alternata con tensioni a vuoto molto elevate. Possono essere impiegati in qualsiasi posizione per unioni di notevole spessore di acciai con tenore di carbonio fino allo 0,4 % e di acciai basso legati.
3.4 ELETTRODI ALLA CELLULOSA
Il rivestimento contiene una quantità di cellulosa in polvere pari a circa il 30%. Per effetto della combustione della cellulosa si ha la formazione di un’atmosfera di biossido di carbonio che protegge il bagno di fusione dall’azione nociva dell’ossigeno e dell’azoto dell’aria. Questi elettrodi si utilizzano con corrente continua. Il materiale depositato presenta buone caratteristiche meccaniche e ottima plasticità a resilienza alle basse temperature. Possono essere impiegati per giunzioni in ogni posizione per l’unione di spessori sottili con correnti di intensità modesta.
3.5 ELETTRODI AL RUTILO
Il rivestimento è costituito per la maggior parte da rutilo (biossido di titanio), che permette una forte scorrevolezza, una fusione dolce e lenta, cordoni regolari e di piacevole aspetto. Il materiale depositato ha discrete caratteristiche meccaniche, scarsa penetrazione e sensibilità alle fessurazioni a caldo. È sconsigliato l’uso nel caso di acciai di difficile saldabilità o nel caso di spessori superiori a 15mm. Si utilizzano con corrente continua o alternata per le giunzioni in tutte le posizioni.
3.6 ELETTRODI AL RUTILO – CELLULOSA
In questi elettrodi abbiamo la presenza di un’alta percentuale di cellulosa che migliora la qualità del materiale depositato e gli conferisce una maggiore penetrazione. Si utilizzano con corrente continua e alternata, per giunzioni in tutte le posizioni con spessori notevoli.
3.7 ELETTRODI SEMIBASICI
Hanno un rivestimento detto anche al rutil – basico. Si utilizzano con corrente alternata e resistono alle fessurazioni a caldo e a freddo. Buona estetica dei cordoni.
3.8 ELETTRODI A POLVERE DI FERRO
L’aggiunta di polvere di ferro (20-80%) nei rivestimenti basici, acidi o al rutilo ha lo scopo di aumentare il rendimento fino al 180%.
Questi elettrodi al fine di conservare il rapporto tra il ferro totale e gli altri elementi hanno un diametro più elevato, che raggiungere, rispetto al diametro del filo, un rapporto di 3:1. Si utilizzano sia con corrente continua che con corrente alternata per saldatura di grossi spessori in piano o in piano frontale.
3.9 ELETTRODI A FORTE PENETRAZIONE
Hanno rivestimenti speciali, acidi o al rutilo – cellulosa, che permettono di raggiungere d’arco superiori a 40 V. A parità di diametro a di intensità della corrente adottata è possibile raggiungere profondità di penetrazione nel materiale base pari a circa il doppio del diametro dell’anima dell’elettrodo. Si utilizzano con corrente continua e alternata per giunzioni di testa in piano con uno spessore da 7 a 18mm.
Ne conseguono alcuni vantaggi tecnici ed economici:
• minore ritiro per effetto del minore quantitativa di materiale d’apporto richiesto rispetto ad un giunto smussato;
• consumo inferiore di materiale d’apporto e quindi minor consumo di elettrodi;
• assenza o di diminuzione delle spese di preparazione dei bordi dei pezzi.
4 DIFETTI DELLE SALDATURE METALLICHE PER FUSIONE
Cricca
Discontinuità prodotta da una rottura locale che può formarsi per effetto del raffreddamento o di tensioni.
Soffiature
Cavità formate da gas intrappolati.
Pori
Soffiature di forma sostanzialmente sferica.
Cavità allungata
Soffiatura grossa non sferoidale, la cui dimensione principale è approssimativamente parallela all’asse della saldatura.
Cavità di ritiro
Cavità dovuta al ritiro del metallo durante la solidificazione.
Inclusione solida
Sostanza solida estranea (scoria, flusso, ossido metallico, pellicola di ossido metallico, particella di metallo) intrappolata nel metallo fuso.
Mancanza di fusione (incollatura)
Mancanza di collegamento fra il metallo depositato e il metallo base, oppure fra due strati contigui di metallo depositato.
Mancanza di penetrazione
Mancanza di fusione parziale dei lembi da saldare, dovuti all’impossibilità del metallo fuso di raggiungere il vertice del giunto.
Sfondamento
Collasso locale del bagno di fusione, che provoca la formazione di un foro nella saldatura o al lato della stessa.
5 BRASATURE E LEGHE SALDANTI
5.1 BRASATURE
È un procedimento di saldatura che consente di unire delle parti metalliche con l’impiego di un materiale d’apporto, allo stato liquido, avente una temperatura di fusione sensibilmente minore di quella dei materiali base e che bagna le parti da unire e che non partecipano per fusione alla costituzione del giunto.
Si effettua quindi fondendo il solo materiale d’apporto (lega brasante) e non gli elementi costituenti il giunto (materiali base) che non vengono portati neppure localmente a fusione, ma sono riscaldati nella zona di giunzione alla temperatura di brasatura, la quale mediamente è superiore di circa 70 s 100 °C alla temperatura di fusione della lega brasante.
La brasatura si suddivide in:
• brasatura dolce: quando il materiale d’apporto ha una temperatura di fusione minore di quella del materiale base e, in generale, minore di 450 °C, che fondendo bagna i materiali base che pertanto non partecipano per fusione alla costituzione del giunto brasato;
• brasatura forte: quando il materiale d’apporto ha una temperatura di fusine minore di quella del materiale base, ma maggiore di 450 °C;
• saldobrasatura: brasatura forte mediante la quale la brasatura è realizzata con preparazione dei lembi e tecnica operativa simile a quella della saldatura per fusione del materiale d’apporto e minore di quella del materiale base, ma maggiore di 450 °C.
La brasatura è dunque una saldatura eterogenea in quanto si usa materiale d’apporto di composizione chimica essenzialmente diversa di quella del materiale base; pertanto le caratteristiche meccaniche del giunto brasato variano rispetto a quelle del materiale base.
Nella brasatura dolce e in quella forte la penetrazione del materiale d’apporto allo stato fuso nell’intercapedine del giunto avviene per attrazione capillare qualora vi siano le condizioni atte al verificarsi di questo fenomeno fisico.
Infatti, quando si ha un interstizio molto piccolo (capillare) ed un liquido che ne bagni le superfici, il liquido tende a risalire e/o stendersi in modo uniforme lungo l’intercapedine formata da due pezzi vicini, a causa delle forze di tensione superficiale.
Questa proprietà dipende quindi dalla bagnabilità del materiale d’apporto allo stato liquido, cioè dalla sua capacità di spandersi sulla superficie del materiale di base solido, nonché dalla distanza dai pezzi (distanza ideale 50 t 1 m); l’angolo definito dall’estremità della goccia (o della superficie liquida) individua l’attitudine a bagnare.
Risulta evidente che i liquidi che hanno buone proprietà di penetrazione capillare tendono naturalmente, quando siano posti su una superficie piana, a stendersi su di essa in modo uniforme, senza rimanere sotto forma di goccia, infilandosi sia tra gli interstizi tra i lembi da unire sia nel materiale base nei microscopici spazi intergranulari, i quali, per effetto del calore posseduto dal materiale d’apporto fuso, si dilatano favorendone la penetrazione (diffusione atomica).
A raffreddamento avvenuto il materiale d’apporto, a causa della contrazione degli spazi intergranulari, determina un vero e proprio «ancoraggio» meccanico tra le parti.
Nella saldobrasatura il giunto viene realizzato per passate successive senza sfruttare il fenomeno della capillarità, ma con un procedimento simile a quello di saldatura per fusione, senza però provocare la fusione del materiale base, ma solamente quella del materiale d’apporto.
5.2 ESECUZIONE DELLA BRASATURA DOLCE E FORTE
Si possono usare due sistemi, con metodo diretto o mediante forno, induzione, resistenza elettrica, raggi infrarossi, ultrasuoni, sali fusi, ecc.
Col metodo diretto le parti da unire debbono essere scrupolosamente pulite. Il calore è somministrato con cannelli a gas od ossiacetilenici (con fiamma riducente). I vantaggi sono evidenti per la giunzione di piccole serie di pezzi: costo limitato dell’attrezzatura occorrente, riscaldamento localizzato nella zona di saldatura e possibilità di meccanizzazione con tavola girevole a più stazioni di lavoro. Il saldatoio, la cui estremità è generalmente di rame riscaldata interamente o da una sorgente di calore esterno (gas o corrente elettrica), è ormai impiegato solo per le riparazioni.
Nelle produzioni di grande serie l’industria si sta decisamente orientando verso i forni elettrici continui con trasportatori, che consentono di eseguire la brasatura in un’adeguata atmosfera protettiva, di non avere limitazioni nella forma del pezzo, di poter effettuare contemporaneamente più brasature, ecc.
Lo svantaggio che presenta questo metodo è la possibilità di deformazioni superiori a quelle del metodo diretto perché nel forno si riscalda tutto il pezzo.
Si rimedia all’inconveniente sistemando i pezzi da unire in apposite attrezzature (le quali in oltre contengono il materiale d’apporto in prossimità del giunto) e suddividendo il forno in zone a temperature diverse per il preriscaldo, la brasatura e il raffreddamento.
Nel riscaldamento ad induzione si adoperano bobine appositamente costruite per ciascun pezzo, raffreddate interamente da acqua e percorse da corrente alternata a media o a alta frequenza che inducono nel pezzo correnti indotte capaci di produrre un riscaldamento localizzato in tempi brevissimi evitando di conseguenza le distorsioni.
Il riscaldamento per resistenza si impiega per pezzi di forma semplice e conduttori di elettricità, inserendoli in un circuito tra due elettrodi di grafite o di rame con una pressione che assicuri il contatto elettrico. Poiché nelle zona di contatto la resistenza ohmica è maggiore, si produce un rapido riscaldamento localizzato che fonde il materiale d’apporto e il disossidante, il quale deve essere un buon conduttori e di elettricità.
Nel riscaldamento per immersione i pezzi da brasare, tenuti uniti da un’apposita attrezzatura, sono immersi in un crogiuolo di grafite contenente il materiale d’apporto e l’eventuale disossidante, entrambi fusi alla temperatura prescritta. Le distorsioni risultano ridotte.
Il riscaldamento a raggi infrarossi è un metodo lento, ma richiede un impianto poco costoso, costituite da apposite lampade opportunamente disposte tra le quali vengono fatti passare i pezzi che si riscaldano, mentre il materiale d’apporto e il dissolvente fondono formando il giunto brasato.
5.3 VANTAGGI E INCONVENIENTI DELLA BRASATURA DOLCE E FORTE
Rispetto alla saldatura autogena la brasatura presenta i vantaggi:
• di poter collegare tra di loro tutti i metalli e le loro leghe di natura uguale o diversa ed anche i materiali non metallici (ceramica, vetro, carburi, ecc.) purché in entrambi i casi si scelga la lega brasante, il disossidante e/o l’atmosfera opportuni;
• di richiedere temperature d’esecuzione relativamente basse e di conseguenza nelle minori possibilità di alterazioni strutturali e dimensionali, distorsioni e tensioni residue.
Per conto la brasatura presenta alcuni inconvenienti:
• l’elevata quantità di calore necessaria perché non soltanto il giunto, ma una considerevole massa di materiale circostante deve essere scaldata;
• la ridotta resistenza meccanica del giunto brasato in quanto il cordone, formato dal materiale d’apporto, ha una resistenza normalmente inferiore a quella del materiale base. Ciò richiede che il giunto sia preparato correttamente con la maggior area possibile della sezione d’unione, dalla quale dipende l’intensità della sollecitazione a cui il giunto può resistere.
Nella brasatura possiamo distinguere le seguenti fasi principali:
1. fusione del materiale d’apporto per riscaldamento;
2. rammollimento dei bordi dei pezzi da unire per effetto della temperatura raggiunta dal materiale d’apporto allo stato liquido;
3. diffusione del materiale d’apporto liquido per effetto della sua bassa tensione superficiale che consente un elevato potere bagnante, e successiva infiltrazione del liquido negli interstizi capillari tra le superfici di contatto dei pezzi. Durante questa base si hanno fenomeni di diffusione del materiale d’apporto liquido in quello base solido e viceversa, cosicché l’unione è dovuta essenzialmente alla costituzione di una soluzione solida fra i materiali metallici.
A brasatura effettuata, per effetto della eterogeneità chimica tra il materiale base e la pellicola di lega brasante, si ha molto spesso la formazione di una serie di coppie galvaniche (pile elettriche) qualora la brasatura sia in presenza di liquidi più o meno acidi (talvolta è sufficiente l’umidità dell’aria).
In questo momento uno dei materiali fungerà da elettronegativo (normalmente la pellicola di lega brasante) mentre l’altro si comporterà da elettropositivo (normalmente il materiale base). Il materiale elettropositivo sarà di conseguenza soggetto a forte corrosione, con scadimento delle caratteristiche meccaniche del giunto.
5.4 SALDOBRASATURA
Si effettua preparando geometricamente i lembi dei pezzi come per le saldature per fusione, ma provocandone progressivamente la giunzione, dal punto di vista fisico – chimico, come per la brasatura, senza però fondere i lembi da congiungere, ma fondendo il solo materiale d’apporto.
Anche nella saldobrasatura bisogna che il materiale d’apporto liquido bagni le superfici dei pezzi, ma in questo caso il fenomeno della capillarità non ha un interesse preminente poiché la lega brasante viene depositata sotto forma di cordone nella posizione che si desidera che si stabilisca definitivamente. Il collegamento tra il materiale d’apporto liquido ed il materiale base solido avviene o per assorbimento (diffusione del liquido negli spazi intergranulari delle superfici di separazione dei due materiali base) o, qualora il materiale d’apporto fuso sia in grado di «bagnare» il materiale base solido, per la formazione di leghe di transizione, di solido eutettiche.
La saldobrasatura è soprattutto impiegata per riparare basamenti, montanti, volani, getti, ecc. di ghisa e di acciaio, perché si svitano le elevate temperature che originano forti tensioni interne durante il riscaldo e il successivo raffreddamento; è inoltre indicata per il rame e le sue leghe, per materiali metallici diversi e per lamiere zincate per la quale è possibile eseguire la saldatura senza lo zinco volatizzati, come invece avrebbe adottato la saldatura ossiacetilenica o ad arco, con conseguente pericolo di corrosione nella zona scoperta. È invece da evitare la saldobrasatura delle leghe leggere per il pericolo di corrosione galvanica.
5.5 LEGHE SALDANTI
Le leghe saldanti devono avere le seguenti proprietà fondamentali:
• scorrevolezza notevole affinché sia minimo il tempo di diffusione per capillarità nella zona da saldare;
• capacità di evitare la separazione dei componenti, le interazioni col materiale base ed essere prive di falsi volatili;
• la scarsa affinità con l’ossigeno per evitare la formazione di ossidi che ostacolano la diffusione della lega per capillarità causando la formazione di zone fragili nella giunzione;
• possibilità di ottenere giunti con le prefissate caratteristiche di resistenza meccanica, resistenza chimica e/o conducibilità elettrica.
Le leghe saldanti (dette comunemente leghe brasanti) sono commercialmente disponibili in barrette, fili, nastri, lamierini, paste e polveri.
LEGHE PER BRASATURA A BASSA TEMPERATURA
Sono denominate comunemente leghe dolci: hanno tutte un buon potere bagnante e penetrano facilmente, per capillarità, nell’interstizio delle parti da unire.
Nell’elettrotecnica sono diffuse le leghe dolci Sn 96,5% - Ag 3,5% e Sn 95% - Ag 5% (intervallo di fusione per entrambe le leghe 221 g 240 °C) per le ottime proprietà di elasticità, di resistenza alle sollecitazioni statiche, dinamiche e alle vibrazioni che i giunti presentano nei confronti di quelli collegati con le leghe SnPb.
Le leghe unificate per brasature dolci e rivestimento di superfici a base di stagno – piombo (UNI 10368) sono riportate nella tabella 9.3.
Si tenga presente che maggiore è l’intervallo di fusione maggiore è la fluidità e pertanto il materiale d’apporto è atto a riempire interstizi più grandi fra i pezzi da unire.
LEGHE PER BRASATURE ALL’ARGENTO
Risultano particolarmente adatte per l’assemblaggio di complessi elettrici, di apparecchiature frigorifere, di installazioni idrauliche, ecc. i giunti brasati con queste leghe offrono una resistenza meccanica che si avvicina sensibilmente a quella del materiale base.
Si consiglia l’impiego di leghe quaternarie Ag – Cu – Zn – Cd per il loro minor costo data la presenza di percentuali limitate d’argento, per la temperatura di fusione meno elevata e per l’intervallo più ristretto nei confronti delle leghe ternarie Ag – Cu – Zn.
LEGHE PER BRASATURE FORTI
Tra le principali si citano le leghe binarie Cu 93% - P 7% e ternarie Cu – P – Ag con tenori di argento variabili dal 2 al 15%, che possono essere usate per unire il rame e le sue leghe senza ricorrere all’impiego di disossidanti, in quanto il fosforo presente nelle leghe brasanti agisce come un energico disossidante e non richiede alcuna pulizia successiva del giunto; pertanto queste leghe si sono decisamente affermate per la giunzione degli avvolgimenti dei motori elettrici, dei trasformatori, ecc.
Tutte le leghe per brasature forti hanno una ridotta fusibilità allo stato liquido, una temperatura di fusione notevolmente elevata (da 650 a 900 °C) e un ampio intervallo di fusione (da 700 a 950 °C); di conseguenza risultano più indicate per l’impiego nella saldobrasatura per la facilità di formazione del cordone. È inoltre da tenere presente che, se i pezzi saldobrasati appartengono a complessivi impiegati ad una temperatura di regime elevata, le caratteristiche meccaniche dei giunti risultano sensibilmente ridotte (a 100 °C si ha una diminuzione delle caratteristiche meccaniche del 15 a 20%).
Leghe stagno – piombo per brasature dolci e rivestimenti di superfici
tipo
Sn%
Intervalli di
fusione °C
applicazioni caratteristiche
Pb Sn 60
59 5 61
183 1 188
saldature di fili sottili (per apparecchiature elettriche ed elettroniche)
Pb Sn 50
49 4 51
183 1 215
saldature a mano ed a macchina per scatolame
Pb Sn 40
39 3 41
183 1 238
Pb Sn 35
34 3 36
183 1 248
Pb Sn 33
32 3 34
183 1 252
saldature a mano ed a macchina su piombo e sue leghe
Pb Sn 30
29 2 31
183 1 255
Pb Sn 25
24 2 26
183 1 266
rivestimenti di superfici
Pb Sn 20
19 1 21
183 1 272
6 CONTROLLI DELLE SALDATURE
I controlli delle saldature sono caratterizzati secondo le fasi ed i momenti nei quali essi debbono essere effettuati e pertanto sono previsti prima, durante e dopo l’esecuzione di una saldatura.
I controlli prima della saldatura consistono in una serie di prove intese ad accertare la qualità del materiale base e del materiale d’apporto, la scelta del procedimento, dei mezzi disponibili di saldatura e della mano d’opera addetta, nonché l’esame del progetto della struttura saldata per determinare i metodi esecutivi di saldatura (tipi di giunti, preparazione dei lembi, sequenza delle operazioni da eseguire, ecc.).
I controlli durante la saldatura comprendono le operazioni di sorveglianza atte a garantire la buona qualità delle saldature (intensità di corrente, tensione, velocità d’avanzamento, ecc.) nonché l’esatta utilizzazione delle materie prime e la rigorosa osservanza delle norme e dei metodi esecutivi precedentemente fissati.
I controlli dopo la saldatura si effettuano con qualsiasi mezzo di indagine in grado di determinare l’integrità fisica e la resistenza meccanica delle strutture saldate. Essi vengono distinti in controlli distruttivi, semidistruttivi e non distruttivi.
6.1 CONTROLLI DISTRUTTIVI
I controlli distruttivi esigono la distruzione del particolare saldato e vengono esclusivamente utilizzati per pezzi di dimensioni limitati prodotti in serie.
Si eseguono prelevando a caso un pezzo dalla produzione, sottoponendolo poi in laboratorio ad una serie di prove meccaniche, chimiche e strutturali (macro e micro). La scelta delle prove dipende dalla forma, dalla qualità del materiale e dalle proprietà funzionali della struttura o del pezzo.
Spesso il controllo distruttivo si limita alla esecuzione di prove meccaniche convenzionali su campioni dello stesso materiale saldato con le medesime modalità e nelle stesse condizioni, allo scopo di acquisire informazioni sul metodo da adottare prima di iniziare la produzione in serie e/o per determinare la capacità del saldatore.
Su campioni saldati in testa si effettua normalmente la prova di trazione, che si esegue su provette proporzionali (L0 = 5 d ) aventi la forma e le dimensioni riportate nella tabella UNI EN 10002-1. Il cordone di saldatura deve giacere nella metà del tratto utile L0. Normalmente si determinano i carichi unitari di rottura e di snervamento, trascurando l’allungamento che non fornisce risultati completamente attendibili data la presenza, attorno al cordone di saldatura, di una zona a struttura modificata rispetto a quella originaria.
Per controllare cordoni di saldatura a sovrapposizione o ad angolo si usano le provette del tipo indicato nelle figure sottostanti.
Un altro controllo frequentemente adottato, che permette di avere buone indicazioni sulla qualità del cordone di saldatura, è la prova di piegamento. Essa consiste nel piegare, per mezzo di un adatto punzone, un campione di lamiera, saldata nel suo mezzo, largo da 25 a 40 mm e con le altre dimensioni indicate nella figura 3 (riportata nella pagina seguente); la lamiera deve essere disposta in modo che durante la prova la parte più stretta del cordone risulti sollecitata a compressione.
La prova ha un esito soddisfacente quando si raggiunge una piegatura di 180° per i materiali ricotti o semicrudi e di 120° per i materiali crudi, senza che siano riscontrate criccature nel cordone di saldatura.
Per i materiali crudi e per quelli bonificati si hanno risultati ancor più attendibili se si usa il dispositivo di piegatura guidata illustrato nella figura 4.
6.2 CONTROLLI SEMIDISTRUTTIVI
Questi controlli vengono generalmente utilizzati nei lavori di grossa carpenteria (serbatoi, ponti metallici, ecc.) prelevando con una fresa a corona circolare delle porzioni del cordone di saldatura mediante carotaggio come rappresentato in figura 5; il saggio prelevato viene poi sottoposto in laboratorio a controlli distruttivi.
Come alternativa al metodo precedente si provocano intagli lungo l’asse del cordone di saldatura con una fresa a bottone, come è illustrato nella figura 6; le parti scoperte verranno poi sottoposte all’attacco di un adatto reattivo chimico, riuscendo così a mettere in evidenza eventuali soffiature, incrinature od incollature.
Le zone nelle quali sono stati fatti i controlli vengono successivamente ricostruite con un opportuna saldatura.
Molto spesso per le strutture in lamiera si provvede al prelievo di un prolungamento prefissato del giunto saldato in una posizione tale da non compromettere il resto della struttura; si sottopone poi la parte prelevata a controlli normalmente di tipo distruttivo.
6.3 CONTROLLI NON DISTRUTTIVI
Per controlli non distruttivi si intendono tutti i metodi d’indagine in grado di fornire assicurazioni sull’integrità fisica dei giunti saldati in esame senza alterarne in alcun modo le caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche.
Le saldature di notevole importanza debbono subire sistematici controlli non distruttivi, i quali permettono di giudicarne l’idoneità per quanto riguarda soffiature, cricche, inclusioni, ecc., ma non nei confronti delle caratteristiche meccaniche del giunto, valutabili soltanto mediante prove distruttive (prove di trazione, di resilienza, di fatica, ecc.).
I più comuni tipi di controlli non distruttivi sono i seguenti.
Controllo radiografico
Un fascio di raggi penetranti di natura elettromagnetica che attraversi un pezzo provoca su di una pellicola radiografica differenti annerimenti in relazione allo spessore ed alla densità del materiale. La figura 7 ne illustra il concetto.
Le inclusioni di sostanze meno opache del materiale base, le porosità, le criccature, le soffiature, ecc. dando luogo ad un minore assorbimento della radiazione, determinano sulla pellicola delle ombre più scure che permettono di rilevare la struttura interna e quindi l’integrità o meno di un pezzo metallico. I vantaggi di questo sistema sono al facile interpretazione dei risultati e la possibilità di documentarli.
Secondo la natura dei raggi adoperati la radiografia si distingue in:
• X-grafia: uno speciale tubo catodico (Rontgen) emette dall’anticatodo dei raggi X, la cui lunghezza d’onda è tanto minore quanto maggiore è l’energia cinetica degli elettroni incidenti, e ciò dipende dalla tensione applicata al tubo;
• gammagrafia: utilizza i raggi emessi γ emessi spontaneamente da piccole quantità di isotopi radioattivi (cobalto 60, iridio 192, tantalio 182, ecc.).
Mettendo a confronto i due sistemi si rivela che:
1. la differenza tra i raggi X e i raggi γ consiste nel fatto che questi hanno lunghezza d’onda molto più corta dei primi e quindi possono penetrare spessori maggiori di materiale metallico, ma danno radiografie di minore contrasto;
2. gli apparecchi a raggi X sono piuttosto delicati, complicati e costosi, e richiedono per l’uso la disponibilità di energia elettrica;
3. gli apparecchi a raggi γ sono di dimensioni minime, facilmente maneggevoli e trasportabili. Il loro impiego richiede estrema cautela a causa della grave nocività dei raggi γ sugli organismi viventi.
Per concludere, si afferma che la gammagrafia è vantaggiosa e consigliabile nei lavori in campagna, cioè nei luoghi dove non si ha facile disponibilità di energia elettrica, e nel controllo di pezzi cavi di piccole dimensioni. In tutti gli altri casi è preferibile l’impiego dei raggi X, che danno radiografie più nitide e che sono di minore pericolosità.
Controllo magnetoscopico
Se un materiale ferromagnetico che presenta una discontinuità superficiale (cricca) o molto prossima alla superficie (soffiatura, inclusione, ecc.) viene fatto attraversare da un intenso campo magnetico, le linee di flusso in corrispondenza della discontinuità sono in parte deviate all’esterno, dando origine sulla superficie del pezzo a dei poli magnetici liberi, come illustrato in figura 8.
Se ora si cosparge il pezzo di una polvere magnetica finissima o di una sospensione di polvere in mezzo liquido, si nota l’adesione di particelle magnetiche in corrispondenza dei poli liberi, e si ha così l’indicazione della posizione, dell’andamento e dell’importanza del difetto.
Occorre procedere alla magnetizzazione almeno secondo due direzioni, perché le cricche causano la deviazione delle linee di flusso solo se le intersecano in una direzione approssimativamente perpendicolare.
Per aumentare la sensibilità, si possono usare speciali inchiostri fluorescenti ed effettuare l’ispezione all’oscuro, servendosi di una lampada a luce nera o di Wood.
Controllo con ultrasuoni
Si basa sulla proprietà che hanno gli ultrasuoni di propagarsi in linea retta attraverso i solidi ed i liquidi con minime attenuazioni e secondo leggi analoghe a quelle dell’ottica.
Gli ultrasuoni sono generati per effetto piezoelettrico, essendo la piezoelettricità la proprietà che hanno certi cristalli di contrarsi e di dilatarsi quando sulle loro facce venga applicata una tensione elettrica oscillante, e inversamente di manifestare sulle proprie facce una distribuzione di cariche elettriche di segno opposto quando siano alternativamente compressi e tesi.
Si applica ad una faccia del pezzo (con l’interposizione di un velo di glicerina o di olio) la sonda emittente costituita da una capsula contenente un cristallo (ad esempio di quarzo), che viene messo in vibrazione applicando su due facce opposte una tensione alternata a frequenza ultrasonora. Sulla stessa faccia del pezzo si applica una sonda ricevente identica alla emittente. La sonda emittente non vibra ininterrottamente, ma lancia nel pezzo dei treni di onde di brevissima durata.
Questi impulsi percorrono tutto lo spessore del pezzo, e, giunti sulla faccia opposta, si riflettono e vengono raccolti dalla sonda ricevente il cui quarzo, entrando in vibrazione per effetto dell’energia trasmessagli dal pezzo, produce una tensione alternata di uguale frequenza che, inviata ad un oscilloscopio catodico, permette di valutare l’ampiezza dell’impulso ed il tempo di arrivo.
Se non vi sono difetti la curva sull’oscilloscopio presenta un picco all’origine dei tempi, corrispondente all’impulso di emissione, e un picco corrispondente all’eco di fondo, ad una distanza che dipende dallo spessore del pezzo, come illustrato in figura 9.
Se il treno di onde prima di raggiungere la faccia opposta del pezzo incontra un difetto interno, una parte più o meno grande dell’energia si riflette e torna alla sonda ricevente in anticipo rispetto alla rimanente perché compie un percorso più breve. Si ha una doppia eco: sull’oscilloscopio, oltre al picco di emissione e a quello di fondo, si nota un picco intermedio corrispondente al difetto, come è rappresentato in figura 10.
Per pezzi di spessore limitato si adoperano sonde inclinate ed i treni d’onde, inviati nel pezzo secondo un certo angolo, si riflettono successivamente e si attenuano progressivamente senza più ritornare sul proprio percorso. Se non vi sono difetti alla sonda ricevente non giungerà nessun eco di fondo. Se invece nel suo percorso il treno d’onde incontra un difetto, una parte delle onde si rifletterà invertendo il suo percorso e la sonda ricevente trasmetterà all’oscilloscopio la presenza di uno o più picchi intermedi, più o meno pronunciati secondo la consistenza del difetto e che si mantengono o spariscono, se si sposta la sonda parallelamente, ad esempio, alla saldatura, in relazione alla maggiore o minore estensione del difetto, come si nota in figura 11.
Il metodo è rapido e vantaggioso economicamente perché non si ha consumo di materiale fotografico ne usura dell’apparecchiatura. Può inoltre rilevare difetti anche alla profondità di 10 e più metri e quindi si presta particolarmente per il controllo di barre, lingotti, grandi getti, ecc.
I suoi vantaggi sono rappresentati dalla mancanza di una documentazione permanente del controllo.

7.LE SALDATURE NELLA COSTRUZIONE DI MACCHINE
Nella costruzione delle macchine viene impiegata quasi esclusivamente la saldatura elettrica ad arco, ed in misura molto minore la saldatura per fusione a gas.
Le considerazioni svolte si intenderanno riferite a saldature tra materiali ferrei eseguite con i due processi detti sopra.
7.1 Diversi tipi di giunti saldati e diverse forme di saldatura.
Per giunto saldato s’intende l’insieme dei pezzi da collegare mediante la saldatura. In relazione alla posizione assunta dai pezzi stessi nel collegamento e a seconda della diversa forma della sezione tipica del giunto, si distinguono:
1. Giunti tra lamiere accostate testa a testa;
2. “ “ “ sovrapposte;
3. “ “ “ d’angolo.
Descriviamo separatamente i tre tipi detti sopra.
1. Giunti saldati tra lamiere accostate testa a testa.
Nelle figure sono rappresentate diverse specie i saldature tra lamiere accostate testa a testa, dette anche saldature a smusso.
Le saldature a smusso delle prime due figure in alto hanno il cordone di saldatura a V: la prima senza, e la seconda con cordone di base. Le saldature testa a testa a V servono per lamiere relativamente sottili e sino ad uno spessore massimo di circa 15 mm. La saldatura a smusso della terza figura ha il cordone di saldatura ad X e serve per lamiere spesse (spessori maggiori di 15 mm).
L’andamento delle tensioni interne nei cordoni di saldature testa a testa è sempre di facile determinazione, sia per le sollecitazioni di trazione e compressione che per la sollecitazione di flessione.
2. Giunti saldati tra lamiere sovrapposte.
La saldatura a sovrapposizione della figura seguente è detta a cordone frontale, ed in essa il cordone di saldatura ha una direzione ortogonale o quelle dello sforzo di trazione P che sollecita le lamiere. La saldatura a sovrapposizione della seconda figura è detta a cordone laterale (od anche longitudinale) ed in essa il cordone di saldatura ha una direzione parallela a quella dello sforzo di trazione P che sollecita le lamiere.
Il cordone frontale della prima figura è sollecitato, oltre che dallo sforzo di trazione P, anche dal momento flettente P·s. L’indagine fotoelastica ha però rilevato che nel cordone frontale, sollecitato come nella prima figura, si ha una configurazione delle linee isostatiche simmetrica rispetto alla bisettrice MM: la sezione più sollecitata risulta la O A e questa sezione può essere verificata alla sola trazione. Invece il materiale del cordone laterale della saldatura della seconda figura è sollecitato essenzialmente a rescissione: ci si rende così ragione del fatto che, a parità di condizioni (ossia con eguali spessori di lamiera, ed eguale lunghezza e sezione dei cordoni di saldatura) il cordone frontale resista di più del cordone laterale.
3. Giunti saldati tra lamiere d’angolo
Nelle figure sono rappresentati diversi tipi di saldature di lamiere disposte angolarmente, dette anche saldature con cordoni a gola: a gola convessa (prima figura), a gola piana (seconda figura) e a gola concava (terza figura).
Sui due tipi di provini saldati a croce delle due figure seguenti (costruiti con lamiere di ferro dello spessore di 11 mm) vennero effettuate da O. Graaf delle prove di fatica con sollecitazione crescente di trazione applicata alle lamiere verticali. Con il tipo di giunto della prima figura che rappresenta l’esecuzione abituale nella quale i cordoni di saldatura sono sollecitati da un momento flettente, si riscontrò una resistenza originaria alla trazione – riferita alla sezione delle lamiere verticali – pari a 500 Kg/cm². Con il tipo di giunto della seconda figura, che rappresenta una esecuzione speciale con gli spigoli delle lamiere verticali appuntiti, nella quale i cordoni di saldatura sono sollecitati essenzialmente a trazione, si riscontrò una resistenza originaria alla trazione pari a 770 Kg/cm²: per questa ragione nelle costruzioni moderne si tende sempre più ad adottare l’esecuzione del giunto ad angolo indicata nella seconda figura.
Le saldature ad angolo vengono in pratica sollecitate tanto alla trazione quanto alla flessione.
Sui due tipi di giunti ad angolo della seconda e terza figura (cordone a gola convessa ed a gola concava) vennero effettuate da A.Thun delle prove di fatica a flessione oscillante, e si trovò che il cordone a gola concava della terza figura offre una resistenza alla flessione oscillante σif = 1400 Kg/cm², sensibilmente superiore a quella offerta dal cordone a gola convessa della prima figura: in quest’ultimo si riscontrò infatti σif = 1100 Kg/cm².
Calcolo e costruzione delle saldature
7.2 Principali fattori che determinano la resistenza delle costruzioni saldate.
Elenchiamo questi fattori:
1. Qualità e resistenza del materiale impiegato per le saldature:
le caratteristiche di esso materiale possono essere mantenute costanti entro i limiti del + 10%, sia pure eseguendo un controllo accurato.
2. Grado di precisione dei lavori preparatori: piegatura a caldo o a freddo,
taglio con fiamma a gas, smussatura delle teste delle lamiere, ecc.
3. Grado di precisione nel disporre assieme od affiancare le diverse parti che
vanno saldate: come angolari, lamiere, ecc.
4. Tensioni interne e rincrudimento: il riscaldamento locale e non uniforme dei
pezzi che vanno saldati ed il conseguente brusco raffreddamento dei pezzi stessi, e del materiale impiegato per la saldatura, producono delle contrazioni parziali e quindi delle tensioni interne sia nei pezzi da saldare che nei cordoni di saldatura. È della massima importanza di usare tutti i possibili accorgimenti atti a ridurre al minimo queste tensioni interne che sono quasi sempre causa di irregolarità, difetti di resistenza e di nocive deformazioni.
In prossimità delle parti saldate si produce un rincrudimento del materiale ed il coefficiente di allungamento subisce un abbassamento da 1/3 fino a 2/3: così ad esempio un ferro tenace che possegga un allungamento alla rottura del 30÷33% può essere ridotto nella parte saldata ad avere il 20% e fino il 10%. Le tensioni interne ed il rincrudimento possono essere di molto attenuati od anche rimossi ricuocendo parzialmente o meglio totalmente le parti saldate.
7.3 Metodi di calcolo.
Per l’influenza dei fattori sopra elencati bisogna accontentarsi, in pratica, di calcoli alquanto approssimativi, la cui attendibilità può essere garantita soltanto da una accurata scelta dai coefficienti di sicurezza (sforzi ammissibili) e da una ancor più accurata esecuzione delle saldature, seguita da parziale o totale ricottura.
La resistenza di un cordone di saldatura dipende dalle sue dimensioni e dalla qualità del materiale impiegato per la saldatura.
Nei calcoli di resistenza delle saldature è essenziale la determinazione dell’area della sezione resistente utile o netta, del cordone di saldatura. Quest’area resistente è in generale uguale al prodotto della lunghezza netta l del cordone per l’altezza netta a del cordone stesso: la determinazione di l e di a è in generale oggetto di apposite norme che differiscono, spesso notevolmente, da nazione a nazione, ed a seconda dell’Ente che le ha promulgate.
La determinazione di l e di a dovrebbe essere fatta di volta in volta, a seconda del tipo di giunto e del modo di esecuzione della saldatura.
In molto tipi di giunti saldati elettricamente la lunghezza utile l va determinata sottraendo dalla lunghezza geometrica b del giunto una certa costante (in generale = 0.8 cm per ogni estremità del cordone) che è in rapporto alle dimensioni del cratere dell’arco.
L’altezza netta a del cordone va in generale, ed in special modo per le saldature d’angolo, determinata come nella quattro figure ossia va scelta uguale all’altezza del triangolo inserito nella sezione trasversale del cordone. Specialmente nei giunti tra lamiere d’angolo (come nella seconda e quarta figura) una sezione trasversale triangolare del cordone di saldatura è più vantaggiosa di una sezione concava o convessa: infatti i cordoni a gola concava ed a gola convessa non possono in genere essere presi in conto con la loro intera sezione trasversale giacchè i primi non hanno una struttura omogenea ed i secondi hanno una limitata penetrazione nel materiale del pezzo da saldare. In ogni caso i cordoni concavi vanno preferiti ai convessi perché i primi resistono meglio alle sollecitazioni ripetute (prove di fatica).
Nella prima figura è rappresentato il caso di una saldatura a smusso, con cordone a V, tra lamiere con differente spessore: secondo le Norme del Loyd Germanico l’altezza netta del cordone non andrebbe computata come nella stessa figura, ma andrebbe presa uguale allo spessore della lamiera più sottile.
Le stesse Norme del Loyd Germanico prescrivono infatti che la testata della lamiera più spessa venga smussata sino allo spessore della lamiera più sottile, come si fa di regola per le chiodature.
Le dimensioni geometriche di un cordone di saldatura sono, inoltre, determinabili in modo impreciso, anche disponendo di speciali strumenti di misura, giacchè la superficie del cordone è sempre ruvida ed irregolare.
Riteniamo dunque di aver elencato un sufficiente numero di ragioni atte a giustificare il fatto che non esistono delle formule riconosciute quali formule generali e veramente adatte per il calcolo della resistenza delle saldature.
Esponiamo qui sotto un metodo di calcolo per le saldature elettriche ad arco, che ci sembra il più razionale, e che venne proposto, fin dal 1930, dall’ing. Haas della Siemens.
7.3 Calcolo della resistenza delle saldature elettriche ad arco secondo Haas.
Indichiamo con:
b = lunghezza geometrica del cordone di saldatura [cm];
l = “ utile del cordone di saldatura [cm];
a = altezza netta del cordone di saldatura [cm];
s = spessore delle lamiere del giunto (supposte di uguale spessore) [cm];
Ke = coefficiente di sicurezza alla estensione [kg/cm2];
Kc = “ “ “ “ compressione [Kg/cm2];
Kf = “ “ “ “ rescissione [Kg/cm2];
Per gli altri simboli vedere le figure.
1° caso. Trazione sopra saldature a testa a testa
P = a l Ke = a (b – 1.6) Ke (1)
Valutazione dell’altezza netta del cordone. In questo solo caso (trazione pura su saldature a smusso tra lamine di uguale spessore) l’altezza netta a del cordone di saldatura può essere valutata come nelle due figure. In ogni caso si deve tenere a < 1.2 s (visto che i cordoni a V e a X troppo spessi resistono male tanto all’urto che alle sollecitazioni ripetute) e s’impone un’accuratissima esecuzione delle saldature. Volendo essere più prudenti – come consigliano le norme di alcuni paesi – si può fissare a = s e quindi la (1) diventa :
P = s (b – 1.6) Ke (2)
Valutazione della lunghezza effettiva l del cordone. La lunghezza effettiva l del cordone di saldatura deve essere valutata in questo caso sottraendo dalla lunghezza geometrica b del giunto una lunghezza di 1.6 cm (ossia 0.8 cm per ogni estremità) visto che in causa del forte soffio magnetico che agisce sull’arco, all’inizio ed alla fine del cordone di saldatura, il cratere dell’arco non ha la sua piena sezione. Per i valori di Ke vedere le due tabelle in seguito.
2° caso. Trazione sopra saldature d’angolo.
P = √ 2 (a – 0.1 s) l Ke = √2 (a – 0.1 s) (b – 1.6) Ke (3)
Il fattore √2 deriva dalla scomposizione della forza P (mediante il noto parallelogramma delle forze) secondo i due cordoni d’angolo. Dall’altezza netta a del cordone viene tolto il valore 0.1 s per tener debito conto della (spesso) cattiva penetrazione della saldatura alla base del cordone: questo valore è troppo elevato per le lamiere di notevole spessore, ma ci spinge ad evitare l’impiego di cordoni troppo sottili la cui resistenza viene diminuita dalle tensioni interne dovute alla loro piccola capacità termica che specialmente quando si saldano lamiere spesse, ne facilita il brusco raffreddamento.
Per la lunghezza utile del cordone (l = b – 1.6) vale quanto detto per il 1° caso di trazione. Per i valori di Ke vedere le tabelle in seguito.
3° caso. Trazione sopra saldature a sovrapposizione a cordoni frontali.
P = 2 (b – 1.6) (a – 0.1 s) Ke (4)
1+ ____s____ 2
u + 3 a
Il divisore 1 + [s/(u + 3 a)]2 tiene conto in modo empirico della sollecitazione di flessione provocata dal momento P s.
Nel caso che si abbia u ≥ 4s può essere impiegata la formula approssimativa:
P = ~ 1.8 a (b – 1.6) Ke (3)
4° caso. Flessione su lamiere saldate testa a testa.
Mf = P l = (b – 1.6) a2 Kf (6)
4 6
E’ importante determinare in modo esatto il valore della forza P giacchè il limite di snervamento del materiale del cordone di saldatura si trova molto vicino al limite di rottura.
Per i valori di Kf vedere le tabelle in seguito.
5° caso. Flessione e taglio sopra saldature d’angolo.
a) Flessione.
Mf = Pl = 2(a – 0.1s)(b – 1.6)(s/2 + 0.35) Kf (7)
b) Taglio.
P = 2(a – 0.1s)(b – 1.6) Ks (8)
Per i valori di Kf e Ks vedere le tabelle in seguito.
6° caso. Flessione e taglio sul giunto.
a) Flessione.
Mf = W Kf : il momento resistente W è in questo caso uguale al momento resistente della figura ottenuta ribaltando (come nella figura) sul piano d’attacco i cordoni di saldatura. Per il caso delle nostre due figure s’ottiene:
Mf = 2(a – 0.1s) (b1 l12 + 2b2 l22 + 0.7 b3 l32) Kf (9)
L1
b) Taglio.
P = (a – 0.1s) (2b1 + 4b2 + 4b3) Ks (10)
Nelle formule superiori la lunghezza utile dei diversi cordoni venne computata uguale alla lunghezza geometrica b (ossia manca il termine sottrattivo 1.6) giacchè per tutto il perimetro del cordone di attacco si può contare su un cratere dell’arco avente sempre la sua piena sezione.
7° caso. Taglio sopra saldatura a sovrapposizione a cordoni laterali.
Formula approssimata:
P = 3(a – 0.1s) (1 – 0.8) Ks (11)
Per la lunghezza utile totale dei cordoni laterali del coprigiunto della figura viene impiegato un valore pari a 0.75 · 4(l – 0.8) = 3(l – 0.8). Il fattore 0.75 dipende dal fatto che per l’allungamento del coprigiunto la sollecitazione dei cordoni laterali non è distribuita uniformemente su tutta la lunghezza dei cordoni stessi.
Il termine sottrattivo 0.8 dipende dal fatto che per una sola delle due estremità dei 4 cordoni laterali si può contare su un cratere dell’arco avente la sua piena sezione.
7.4 Sforzi specifici ammissibili nelle saldature elettriche ad arco.
Per saldature eseguite a regola d’arte, e con elettrodi di buona qualità e scelti con cura, si possono garantire, per cordoni di saldature, i seguenti carichi di rottura:
Carico di rottura a trazione: Ke = 3500 Kg/cm2
“ “ “ a compressione: Kc = 3500 “
“ “ “ a flessione: Kf = 3500 “
“ “ “ a rescissione: Ks = 2800 “
Haas consiglia la seguente tabella per la scelta degli sforzi ammissibili (e per i 3 diversi tipi di carico: costante, crescente ed oscillante) nelle saldature impiegate nella costruzione delle macchine.
Sforzi ammissibili nei cordoni di saldatura
Tipo delle sollecitazioni
Casi del carico
Sforzi specifici ammissibili
Trazione
I
II
III
Ke = 900 Kg/cm2
“ = 600 “
“ = 250 “
Compressione
I
II
Kc = 900 Kg/cm2
“ = 600 “
Flessione
I
II
III
Kf = 900 Kg/cm2
„ = 600 „
„ = 250 „
Rescissione
I
II
III
Ks = 750 Kg/cm2
“ = 500 “
“ = 200 “
Alcune Norme prescrivono di scegliere gli sforzi specifici ammissibili nei cordoni di saldatura esprimendoli in funzione degli sforzi specifici ammissibili nelle lamiere da saldare: la tabella si riferisce appunto alle Prescrizioni tedesche per le costruzioni in acciaio saldato.
Tipo della saldatura
Tipo di sollecitazione
Sforzo specifico
Nota
Saldature testa a testa
Trazione
Compressione
Flessione
Rescissione
0.75 K’e
0.85 K’c
0.80 K’f
0.65 K’s
I coefficienti K’ dell’ultima colonna sono gli sforzi specifici ammissibili (che per ogni tipo di sollecitazione variano a seconda del caso del carico)relativi alle lamiere che vanno saldate.
Saldature a sovrapposizione frontali e laterali. Saldature d’angolo
Trazione
Compressione
Flessione
Rescissione
0.65 K’
0.65 K’c
0.65 K’f
7.5 Cenno sulle saldature nelle lamiere per caldaie e per recipienti in pressione.
Le giunzioni saldate nelle caldaie e nei recipienti in pressioni debbono essere sollecitate alla sola trazione o compressione e se si tratta di lamiere esposte alla fiamma debbono essere sollecitate alla sola compressione. La saldatura nelle caldaie è dunque inapplicabile in presenza di azioni flettenti, a meno di opporre a queste efficaci rinforzi.
È pure consigliabile di non eseguire saldatura alcuna per recipienti ad alta pressione, come caldaie, quando il pezzo saldato non possa venire convenientemente ricotto.
La nota Ditta Brown Boveri di Baden costì tre recipienti a pressione in lamiere saldate e i giunti dei tre recipienti vennero costruiti rispettivamente con la esecuzioni della prima e terza figura. Quelli della prima e terza figura, i cui cordoni sono sollecitati anche a flessione, si dimostrarono inadatti, e precisamente:
Il cordone della prima figura si strappò con una pressione interna di 5 Kg/cm2.
Il cordone della terza figura si strappò con una pressione interna di 12 Kg/cm2.
Il cordone della terza figura si dimostrò invece molto efficiente e si ruppe con una pressione interna di 30 Kg/cm2: notiamo che in quest’ultima figura è chiaramente visibile che il cordone di saldatura è sollecitato alla sola trazione.
Le sollecitazioni nelle saldature per recipienti in pressione come quelle della terza figura possono essere verificate con la formula (2) (1° caso).
Si sono eseguite delle saldature autogene per recipienti fino a 4.5 cm di diametro con lamiere di spessore di 40 mm, e con un coefficiente specifico di 700 Kg/cm2 per grandi recipienti e fino a 1200 Kg/cm2 per recipienti minori.
L’arte di saldare ha fatto oggi grandi progressi e l’esperienza odierna insegna che, qualora le saldature siano eseguite con somma diligenza, ossia con tutte le prescrizioni e le precauzioni dettate dalla scienza e dalla pratica, non vi è da temere che la diminuita elasticità nella giunzione saldata possa compromettere la prestazione di resistenza di un serbatoio o di una condotta, anche quando questa fosse soggetta a colpi d’ariete.

8 TIPI DI GIUNTI SALDATI
Si definisce “giunto saldato” la zona in cui avviene il collegamento dei pezzi mediante la saldatura. Le superfici minori dei pezzi, vicine o interessate alla saldatura, sono dette lembi o teste o bordi, quelle maggiori sono dette facce.
La posizione relativa dei pezzi da saldare definisce il tipo di giunto, la cui scelta viene fatta in base alle esigenze costruttive o alla funzionalità complessiva dell’insieme saldato. La figura alla pagina seguente mostra i vari tipi di giunti saldati (fig.1).
La superficie esterna del cordone, nelle saldature per fusione, può essere concava, piana o convessa come rappresentato nella figura seguente.

fig.2 forme della superficie esterna del cordone
8.1 RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA DELLE SALDATURE

La rappresentazione schematica delle saldature nei disegni tecnici è definita dalla UNI 1310, completamente rifatta nel 1986 per adeguarsi alle norme ISO.
La rappresentazione schematica comprende:
- un segno grafico elementare;
- un segno grafico supplementare;
- una quotatura convenzionale;
- una serie di indicazioni supplementari.
Le indicazioni vengono espresse come nella figura seguente.

fig.3: Rappresentazione schematica delle saldature
Si analizzano, ora, le singole indicazioni di una rappresentazione schematica di una saldatura.

1.Linea di freccia. E’ una linea di richiamo con freccia terminale che serve ad indicare il giunto su cui deve essere eseguita la saldatura.
Tra la linea di freccia ed il giunto esiste una relazione che porta ad identificare saldature sul “lato freccia”, cioè eseguite sul lato dove si trova la feccia, e saldature sul “lato opposto alla linea di freccia” o “altro lato” del giunto, cioè eseguite sul lato opposto a quello dove si trova la freccia (fig.4).

2. Doppia linea di riferimento. E’ costituita da una linea continua sottile (2a) che si congiunge con la linea di freccia e da una linea a tratti sottile (2b). Devono essere preferibilmente tracciate parallelamente al bordo inferiore del disegno o perpendicolarmente.
La linea a tratti (2b) viene omessa nelle saldature simmetriche.

3. Segni grafici elementari e supplementari. Il segno grafico elementare, tracciato con linea continua grossa (tipo A UNI 3868), caratterizza ciascun tipo di saldatura, richiamando la forma della sezione del cordone, senza far riferimento al procedimento esecutivo adottato. Questo segno grafico elementare può essere completato con un segno grafico supplementare, con il quale viene indicato il profilo esterno del cordone di saldatura: piano, convesso o concavo.
I vari segni grafici elementari e supplementari, da apporre sulla linea di riferimento nella rappresentazione schematica delle saldature, sono riportati nella tab.UNI 1310.
Il segno grafico della saldatura va posto sulla linea di riferimento continua, quando la saldatura va effettuata sul “lato freccia” e sulla linea di riferimento a tratti, quando la saldatura va effettuata sul “lato opposto alla linea di freccia”.
4.Quotatura della saldatura. Le dimensioni della saldatura vengono assegnate apponendo vicino al segno grafico un certo numero di cifre rappresentative di quote principali del cordone:
- a sinistra le quote indicative della sezione trasversale (4a);
- a destra le quote indicative delle dimensioni longitudinali(4b).
fig.4 relazione tra linea di freccia e giunto fig.5a quotatura di saldatura di testa
fig.5b quotatura di saldature d’angolo
Per le quote indicative della sezione trasversale si può precisare (figg.5a – 5b):
- nelle saldature di testa, la minima distanza “s” tra la superficie della lamiera ed il vertice del cordone, distanza che non può essere maggiore dello spessore della lamiera più sottile;
- nelle saldature d’angolo, l’altezza “a” o il lato “z” del triangolo isoscele inscritto nel cordone;
- nelle saldature a punti, il diametro “d” del punto, il loro numero “n” e il valore dell’interasse “e”.
Per le quote indicative delle dimensioni longitudinali, si può precisare nell’ordine:
- il numero “n” di tratti successivi di cordone;
- la loro rispettiva lunghezza “l”;
la reciproca distanza “e”.
5. Indicazioni complementari. Il simbolo usato per la rappresentazione schematica delle saldature nei disegni tecnici (fig.3), può contenere altre indicazioni complementari, aventi lo scopo di specificare ulteriori caratteristiche delle saldature stesse:
- un cerchio posto sull’intersezione tra linea di freccia e di riferimento indica che la saldatura deve essere eseguita in tutto il perimetro di un particolare;
- una banderuola posta sull’intersezione tra linea di freccia e di riferimento, indica che la saldatura è ad eseguire in opera o in cantiere;
- un simbolo numerico scritto entro una forcella posta all’estremità della linea di riferimento indica il procedimento di saldatura impiegato;
- una sigla posta all’estremità della linea di riferimento, dopo il simbolo numerico indicante il procedimento di saldatura, indica il tipo di controllo non distruttivo richiesto. Le sigle da utilizzare sono le seguenti:
- RX: controllo radiografico;
- RF: controllo mediante rilevazione di fughe;
- MS: controllo magnetoscopico;
- US: controllo con ultrasuoni;
- LP: controllo con liquidi penetranti;
- CI: controllo con correnti indotte.
8.2 PREPARAZIONE DEI GIUNTI DI SALDATURA

La tabella UNI 11001 presenta il codice di pratica per la preparazione dei lembi nella saldatura per fusione di strutture di acciaio.
Questo codice fornisce una guida per la scelta delle lavorazioni da effettuare sui bordi delle lamiere, nell’intento di ottenere i seguenti risultati:
- assicurare una buona penetrazione del bagno di fusione;
- facilitare l’operazione di saldatura per i vari procedimenti adottati;
- ottenere un corretto posizionamento reciproco delle lamiere costituenti il giunto, anche dopo la saldatura.
Definizioni (figg.6-7).

fig.6 preparazione dei bordi cianfrinati fig.7 preparazione dei bordi smussati

Cianfrinatura: operazione di preparazione dei bordi da unire con superficie sagomata.
Smussatura: operazione di preparazione dei bordi da unire con superficie piana.
Cianfrino: spazio esistente tra i lembi da saldare, destinato ad essere riempito dal materiale d’apporto.
Profilo: sezione trasversale del cianfrino.
Lembi: superfici delle lamiere che delimitano il cianfrino.
Vertice: zona dove viene fatta la prima passata di saldatura, quella più distante dal saldatore.
Spalla: posizione del lembo che delimita il cianfrino in prossimità del vertice, parallela al corrispondente tratto dell’altro lembo.
La preparazione dei bordi da saldare, mediante l’operazione di cianfrinatura o di smussatura, riveste una notevole importanza e va eseguita tenendo conto dei seguenti fattori:
- processo di saldatura adottato;
- tipo di giunto da realizzare;
- spessore delle lamiere da unire;
- luogo di esecuzione della saldatura (in laboratorio, in opera, in cantiere) e sua posizione (orizzontale, verticale);
- resistenza meccanica, tenuta idraulica del giunto saldate;
- forma geometrica della struttura e sue possibili deformazioni indotte;
- qualità della saldatura e necessità di più passate.
8.3 PROGETTAZIONE DI STRUTTURE SALDATE E NORME PRATICHE PER LA LORO QUOTATURA

Una particolare attenzione deve essere usata nella progettazione delle strutture saldate, per le problematiche che sorgono nell’assemblaggio degli elementi prima della saldatura e nelle lavorazioni successive alle macchine utensili.

fig.8 diedro con mozzo
Si analizzi un diedro con mozzo. Come si può intuire, detta struttura è difficilmente ottenibile in un sol pezzo, a causa delle lunghe e difficili lavorazioni che sarebbero necessarie se la si volesse ricavare dal pieno, cioè da un parallelepipedo.
In questi casi risulta più facile e veloce ottenere l’insieme della struttura attraverso l’unione saldata di più elementi costruiti prima separatamente. Nel farlo però, si devono modificare gli elementi in modo da prevedere lo spazio per i cordoni di saldatura, l’eventuale preparazione dei lembi e le successive lavorazioni del pezzo alle macchine.
Un esempio di come si potrebbero modificare i vari elementi per ottenere il diedro con mozzo mediante saldatura, è riportato in fig.8. Si nota come gli elementi 2 e 4 si sono modificati per creare lo spazio ai cordoni di saldatura e facilitare l’operazione stessa. Anche la posizione reciproca degli elementi 1 e 5 è stata modificata per impedire che con la lavorazione sulle facce del diedro, si asporti, anche parzialmente, il cordone di saldatura che li unisce, come sarebbe avvenuto se fossero stati affiancati come in fig.9.

fig.9 giunti fra due elementi con cordoni di saldatura parzialmente asportati dalle lavorazioni
La quotatura delle strutture saldate ha delle regole specifiche, che si possono sintetizzare nei due concetti seguenti:
1. Occorre eseguire una quotatura che definisca la posizione reciproca degli elementi per la saldatura: le relative quote devono sempre partire da superfici grezze, non lavorate. Queste quote saranno utilizzate dall’operatore della saldatura.
2. Occorre eseguire contemporaneamente una quotatura che definisca le lavorazioni: le relative quote devono sempre partire da superfici lavorate. Queste quote saranno utilizzate dall’operatore alle macchine utensili; se manca questa superficie se ne lavora una di sgrossatura che funga da riferimento.
Naturalmente nella preparazione dei pezzi 1, 3 e 5 occorrerà tenere presente che le misure dovranno essere opportunamente maggiorate in corrispondenza delle superfici che devono essere lavorate.

1

Esempio



  


  1. STEFANO

    Sono interessato ad approfondire l'argomento saldatura per cultura personale, grazie MOLTO INTERESSANTE.

  2. Eddie

    Sono interessato ad approfondire l'argomento saldatura per cultura personale, grazie

  3. ANGELO

    APPLICO AL MIO LAVORO LE NORME DI SALDATURA, GRAZIE