I fenomeni corrosivi nei metali

Materie:Tesina
Categoria:Tecnologia Meccanica

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Testo

I FENOMENI CORROSIVI NEI METALLI
Da sempre l'uomo è impegnato a preservare e riparare le proprie opere, ma tali attività di conservazione sono diventate ancor più rilevanti negli ultimi anni a causa dei fenomeni demolitivi indotti dai crescenti livelli di inquinamento.
La corrosione nei metalli
In natura i metalli sono generalmente presenti sotto forma di ossidi e sali.
Dai minerali vengono estratti mediante processi metallurgici che, attraverso la trasformazione di differenti forme di energia in energia chimica, portano i metalli ad uno stato energetico più elevato rispetto a quello di partenza.
Tuttavia, come è noto, stati di alta energia sono indice di instabilità, pertanto attraverso la corrosione i metalli tendono a tornare allo stato naturale di bassa energia, maggiormente stabile.
Date le caratteristiche chimico-fisiche dei metalli, essi tendono a delocalizzare sull'intera struttura metallica gli elettroni più esterni.
In tal modo questi possono essere facilmente catturati da specie chimiche che tendono ad acquistare elettroni.
Quando si verifica tale perdita, nel metallo si manifesta una repulsione elettrostatica tra cariche positive in eccesso che provoca il distacco di ioni positivi dal corpo metallico per ripristinare la preesistente condizione di elettroneutralità.
Si innesca così un progressivo processo di corrosione.
La corrosione è dunque determinata da fenomeni elettrochimici che si instaurano tra materiali che ossidandosi, ossia perdendo elettroni, vengono corrosi e agenti di corrosione che acquistano tali elettroni riducendosi.
Pertanto una specie chimica può essere corrosa se tende a perdere elettroni ed è dotata di potere corrosivo se è in grado di catturare elettroni.
È noto che il ferro e l’acciaio non si trovano in natura nel loro stato normale ma vengono estratti da minerale di ferro negli altiforni ed in forni elettrici.
Le alte temperature necessarie per queste operazioni caricano il minerale di una grande quantità di energia, una parte della quale si riscontra ancora nel ferro e nell’acciaio, fendendoli “instabili” ovvero capaci di combinarsi con l’ossigeno e trasformarsi nuovamente in ossidi, simili a quelli che costituivano il minerale presente in natura.
Questa ossidazione non è altro che un processo elettrochimico che si manifesta in presenza di ossigeno e di umidità e riproduce in pratica il processo che si verifica in una cella elettrolitica: disponendo di una cella contenente come elettrolita una soluzione con immersi due elettrodi, di rame e di zinco, collegati elettricamente all’esterno dall’elettrolita da un cavo munito di amperometro, si determina una corrente.
Per differenza di potenziale fra i due materiali il rame diviene catodo e lo zinco anodo;la corrente all’interno dell’elettrolita fluisce all’anodo di zinco al catodo di rame che per altro risulta il polo positivo della pila.
Gli elettroni generati dalla pila si muovono nel circuito esterno dall’anodo al catodo la corrosione si verifica all’anodo mentre il catodo viene corroso poco o nulla.
Se al rame sostituiamo l’acciaio questo rimarrà catodo e lo zinco anodo e sarà ancora lui a sacrificarsi nel processo corrosivo.
E’ riportata la serie elettrochimica degli elementi nella quale, posto per convenzione il potenziale standard dell'idrogeno uguale a zero, vengono indicati i potenziali degli altri elementi riferiti a condizioni chimico-fìsiche standard.
Un elemento è detto "più nobile" di un altro quando segue quest'ultimo nella serie.
Si può notare che nella pila Zinco/Ferro il Ferro ha un potenziale più elevato e costituisce il polo positivo.
La forza elettromotrice della pila sarà rappresentata dalla differenza tra i potenziali dei due elettrodi: - 0,44 - (- 0,76) = 0,323.

potenziali elettrochimici standard
Coppie redox
Eƒ (V)
Mg2++2e- Mg
- 2,40
Al3++3e- Al
- 1,60
2H2O+2e- H2+2OH-
- 0,83
Zn2++2e- Zn
- 0,76
Cr3++3e- Cr
- 0,74
S+2e- S2-
- 0,71
Fe2++2e- Fe
- 0,44
Cd2++2e- Cd
- 0,40
Ni2++2e- Ni
- 0,25
Sn2++2e- Sn
- 0,14
Pb2++2e- Pb
- 0,13
2H++2e- H2
0,000
Cu2++2e- Cu
+ 0,34
2H2O+O2+4e- 4OH-
+ 0,40
Fe3++e- Fe2+
+ 0,77
Ag++e- Ag
+ 0,80
Hg2++2e- Hg
+ 0,92
O2+4H++4e- 2H2O
+ 1,23
Cl2+2e- 2Cl-
+ 1,36
Au3++3e- Au
+ 1,38
Se il potenziale della specie che si presume corroda segue nella serie il potenziale del materiale corrodibile, si verificherà la corrosione, tanto più quanto maggiore è la distanza tra le due coppie confrontate.
Ma anche fra due pezzi dì acciaio, a causa dei diversi elementi di lega presenti, possono rilevarsi differenze di potenziale e quindi la formazione di una pila.
E’ sufficiente che fra i due esista una differenza di temperatura o di ossidazione dell'elettrolita.
Ancora più importante perché più frequente è la differenza di potenziale che si verifica fra punti anche vicinissimi dello stesso pezzo di acciaio.
Se infatti guardiamo attraverso il microscopio una superficie levigata d'acciaio scopriamo che la struttura non è omogenea ma è composta da cristalli, chiamati grani, che hanno orientamenti diversi il che è sufficiente perché i rispettivi potenziali risultino diversi.
La superficie risulta in tal caso cosparsa di tanti poli positivi e negativi, ovvero di tante pile.
L'elettrotita sarà rappresentato dall'acqua o dall'umiditá atmosferica che si deposita sulla superficie, preferibilmente sulle sue piccole asperità o porosità, unicamente a sali od altri materiali estranei.
Si conclude così il ciclo dettato dalla legge della conservazione dell'energia, con il ritorno alle condizioni naturali alle quali si trovava il minerale.
Anche altri metalli, estratti dai loro minerali con impiego di alte quantità di energia, sono soggetti ad ossidazione, ma il fenomeno, nei caso dell'acciaio è decisamente più rapido, almeno nella generalità dei casi.
Ciò dipende dal fatto che in taluni metalli lo strato iniziale di ossido, a volte sottilissimo, ha la prerogativa di proteggere il metallo dall'ambiente e bloccare il processo (passivazione).
L'ematite, che è l'ossido di ferro presente in percentuale predominante nella ruggine, ha queste proprietà ma, in molte situazioni, questo film non impedisce all'ambiente circostante di entrare egualmente in contatto con la superficie metallica.
L’ aggiunta nell'acciaio di particolari elementi (p.es. cromo) può conferire queste prerogative alla superficie dell'acciaio.
In linea generale, quindi, la velocità di corrosione di un metallo (o di una lega) è legata alla formazione dei film superficiale di ossidazione ed alla capacità di questo di separare il metallo dall'ambiente; ma è anche legata alle caratteristiche dell'ambiente stesso, perchè, se è vero che alcuni metalli o leghe sono solitamente più resistenti di altri, tale prerogativa può non verificarsi in tutte le circostanze.
Sono numerose le cause che possono originare differenze di potenziale fra zone diverse della superficie della stessa struttura metallica.
Per esempio la presenza di uno schermo di qualsiasi tipo oppure la stessa forma dei pezzo di acciaio che possono ridurre l'apporto di ossigeno su zone della superficie.
Così la presenza di un granello dì sabbia o di un sasso sulla superficie metallica (Figura illustrata) favorirà l'originarsi di zone anodiche.
Un altro fattore da considerare è quello della presenza della scaglia di laminazione, comunemente nota coi nome di calamina. Nel processo produttivo i profilati e le lamiere d'acciaio vengono trattati in laminatoi a temperature
dell'ordine di 1200°C che provocano reazioni fra l'acciaio rovente e l'ossigeno dell'aria con formazione di una scaglia di ossido denominato appunto “scaglia di laminazione” o calamina.
PRINCIPALI CLASSIFICAZIONI DELLE CAUSE DELLA CORROSIONE

LA CORROSIONE ATMOSFERICA
Come già accennato, la corrosione si verifica in presenza di ossigeno e di acqua, elementi indispensabili per la formazione della cella elettrolitica e che sono normalmente presenti nell'atmosfera.
Per acqua si intende non solo pioggia, nebbia, rugiada, ma anche l'invisibile vapor d'acqua presente nell'aria, anche se l'umidità relativa dell'aria incide sulla velocità di corrosione ed assume importanza quando supera il 70%.
Si è però dimostrato che l'umidità relativa, ove il suo valore può rimanere superiore al 70% per lunghi periodi, ha maggior influenza sulla formazione di ruggine di quanto non ne abbiano le precipitazioni atmosferiche.
In assenza di inquinamento atmosferico, la sola umidità e l'ossigeno possono causare soltanto un'ossidazione molto leggera. Esiste un rapporto direttamente proporzionale fra la velocità di corrosione e la quantità di anidride solforica presente nell'aria.
Si aggiunga che l'anidride solforica, oltre a disciogliersi nell'acqua formando acidi di per sé corrosivi, conduce alla formazione di sali, in particolare solfato di ferro i quali, con reazioni complesse, producono altra ruggine, ed essendo igroscopici, trattengono altra acqua sulla superficie.
Questi sali corrosivi rappresentano uno dei problemi da tener presenti quando, in manutenzione, si debbono proteggere, con pitture, superfici con presenza di ruggine.
Un'influenza fortemente negativa ha l'inquinamento atmosferico da parte di cloruri che si verifica in genere nelle zone vicino al mare (cloruro di sodio).
In tali casi la corrosione può verificarsi anche con valori di umidità relativa del40%.
E’ però bene tener presente che il tasso di cloruri si riduce rapidamente allontanandosi dalla costa.
Ad un chilometro è solo il 4% dei valore presente sulla linea costiera.
LA CORROSIONE IN ACQUA
La corrosione di strutture in immersione in acqua si differenza dalla corrosione atmosferica per la diversa presenza di ossigeno.
Infatti in acqua la corrosione è praticamente nulla in assenza di ossigeno, se non concorrono altri elementi.
Il processo di corrosione in acqua è assai complesso poichè dipende da molti fattori relativi all'ambiente, ovvero dalla composizione dell'acqua, dalla sua temperatura ed eventuale velocità di flusso.
La composizione può essere delle più varie, secondo la provenienza, i trattamenti ed i materiali inquinanti.
La presenza dell'ossigeno nell'acqua favorisce entro certi limiti la formazione di uno strato di ossidazione passivante i cui componenti, peraltro, possono venir disciolti nell'acqua e far proseguire la corrosione senza presenza evidente di ruggine.
Poichè generalmente gli strati di acqua più vicini alla superficie a contatto con l'aria sono più ricchi di ossigeno di quelli inferiori, si creano differenti gradi di passivazione e quindi celle di corrosione fra le varie zone.
Solidi, dissolti nell'acqua, sali, ecc. possono aumentare la conducibilità dell'acqua ed infatti l'acqua di mare, per la presenza di cloruro di sodio, è più corrosiva.
Anche la durezza dell'acqua è importante perchè favorisce la formazione di scaglie che riducono la velocità di corrosione.
Ma, a parte gli inconvenienti che questi depositi comportano per altri motivi, si evidenzia il pericolo della presenza di zone scoperte che divengono anodiche.
La velocità dell'acqua, se elevata, può rimuovere i rivestimenti protettivi od anche gli strati passivanti formatisi.
Se l'acqua trascina particelle solide dure, può avere un maggior effetto abrasivo.
La velocità può anche portare una maggior presenza di ossigeno, tale da fornire passività, ma nello stesso tempo,favorisce la soluzione e l'esportazione continua dei composti di ossidazione; infatti si riscontra frequentemente, in presenza di velocità anche solo di 4 o 5 m/sec, una corrosione superiore a quella verificata in condizioni statiche.
Nei casi di strutture parzialmente immerse, nella zona di bagnasciuga si rilevano velocità di corrosione di molto più alte rispetto alle zone completamente immerse.
LA CORROSIONE DI STRUTTURE INTERRATE
Più difficilmente prevedibile e valutabile è la corrosione delle strutture internate. Il terreno può variare moltissimo le sue caratteristiche corrosive. La diversa composizione ne varia la conducibilità e quindi la possibilità di formazione di celle elettrolitiche corrosive. I terreni asciutti, sabbiosi hanno una alta resistenza e pertanto sono meno corrosivi, quelli umidi come gli alluvionali. gli argillosi, hanno più alta conduttività e di conseguenza risultano più corrosivi.
E’ influente la profondità delle strutture d'acciaio rispetto a quella della falda d'acqua. Se la prima è superiore, è maggiore la corrosione, ma la situazione peggiore è quella di condizioni che alternano nel tempo il terreno asciutto a quello bagnato.
Anche nell'acciaio interrato, specialmente in lunghe tubazioni, si possono verificare, lungo il percorso, differenze notevoli nella composizione dei terreno, nella presenza di ossigeno e di acqua.
Tutte condizioni che favoriscono il formarsi di differenze di potenziate e quindi di celle elettrolitiche.
Ulteriore fonte di corrosione può essere l'effetto delle correnti vaganti, correnti disperse nel terreno da impianti di trazione a corrente continua, da impianti elettrochimici, da impianti di protezione catodica.
Esse originano sistemi galvanici in cui il conduttore elettrolitico è rappresentato dal terreno.
Nelle strutture internate, siano tubazioni o serbatoi o pali, si rende necessario usualmente un buon rivestimento protettivo in unione ad una protezione catodica.
LA CORROSIONE DA BATTERI
Abbiamo detto che la corrosione si verifica solo in presenza di ossigeno oltre che di acqua, ma esiste un'eccezione che riguarda sia le strutture immerse che quelle internate.
In natura esistono in grande quantità i batteri solfato riduttori e sembra siano ovunque ma diventano attivi e cominciano a crescere appena le condizioni diventano favorevoli, in particolare in di ossigeno.
Ciò si verifica appunto sia nei terreni che in acqua.
Non è dei tutto chiaro il complesso meccanismo di azione per cui dalla riduzione di solfati si ottengono prodotti di corrosione (solfuri ferrosi).
Il risultato è la formazione di caratteristici crateri con prodotti di corrosione neri ed odore di idrogeno solforato appena la struttura viene liberate dal terreno.
Esistono comunque nei terreni, dove si rilevano gradi di acidità elevati, anche batteri aerobici la cui azione da formazione di acido solforico in concentrazioni elevate.
METODI DI PROTEZIONE DALLA CORROSIONE E POSSIBILI SOLUZIONI
Per proteggere i materiali metallici dalla corrosione, oltre all'utilizzo di strutture formate da leghe speciali resistenti, sono molto usati i seguenti tre metodi: uso di rivestimenti protettivi, protezione per formazione di composti superficiali e protezione elettrica/elettrochimica.
Uso di rivestimenti protettivi anticorrosivi
Per evitarne il contatto diretto con l'ambiente che ne provoca la corrosione, le superfici metalliche possono essere ricoperte con rivestimenti protettivi consistenti in verniciature, rivestimenti con fogli di materie plastiche, smaltature e coperture con altri metalli.
Le condizioni d'esercizio, la durata ed il costo determinano quale dei metodi precedentemente descritti conviene adottare.
Verniciatura
La verniciatura è il tipo di protezione di gran lunga più usato, specialmente per le superfici di materiali ferrosi.
La verniciatura consiste nello stendere, a pennello o a spruzzo, un velo di vernice sulle superfici da proteggere, adeguatamente preparate.
Prima di essere verniciate le superfici devono infatti essere trattate in modo da renderle ben pulite, cioè più adatte a ricevere la vernice.
In proposito si distinguono trattamenti di pulitura chimica e di pulitura fisica.
Nella pulitura chimica le parti da pulire vengono trattate con soluzioni in grado di sciogliere ed asportare gli ossidi ed altri composti superficiali (decapaggio).
In generale, i bagni di decapaggio sono costituiti da acido solforico o da acido cloridrico diluiti, ma a volte (come nel caso dell'alluminio e delle sue leghe) possono anche essere bagni alcalini.
La pulitura chimica può altresì comportare l'uso di solventi sgrassanti e di vari desossidanti (borace, ad esempio). La scelta dei reagenti per realizzare la pulitura chimica dei materiali metallici si fa in base al tipo di "sporco" presente sulle superfici, oltre che sulla base della natura di tali materiali.
La pulitura fisica può consistere in operazioni di spazzolatura, di uso di dischi abrasivi e di fiamme ed in processi di sabbiatura.
Il metodo più importante è quello dei processi di sabbiatura che si compiono facendo investire le superfici da pulire o con violenti getti di sabbia fine quarzosa, a spigoli vivi, o con altre sostanze abrasive.
Oggigiorno per i materiali ferrosi, alla sabbiatura si fa seguire, prima della verniciatura, la fosfatizzazione (che verrà trattata più sotto).
Dopo preparazione della superficie da verniciare, si deve scegliere la vernice più adatta alle condizioni ambientali a cui deve resistere l'apparecchiatura ricoperta.
Attualmente l'industria delle vernici è in grado di fornire prodotti che, essiccati, possiedono in varia misura caratteristiche di aderenza, di elasticità, di impermeabilità, di durezza e di resistenza agli agenti corrosivi; e che perciò si adattano a qualsiasi condizione operativa.
Tra tutte le vernici comportanti come filmogeno oli siccativi, l'unica ancora molto usata oggigiorno è quella, pratica ed efficace per proteggere superfici ferrose, a base di olio di lino cotto pigmentato con minio ed addizionato di resinati metallici siccativi (vernice antiruggine).
Oltre che minio, nelle vernici antirugine si includono come pigmenti anche i cromati di zinco e di piombo e gli ossidi di ferro.
Il campo delle vernici è oggi dominato dalle resine sintetiche, la cui natura chimico-fisica influenza direttamente il comportamento del film essiccato.
Le sostanze filmogene strutturate linearmente conservano la loro solubilità, mentre quelle conformate tridimensionalmente sono insolubili in tutti i solventi, compreso quello che ne aveva permesso l'applicazione al supporto degli intermedi molecolari da cui sono derivate.
Usando vernici includenti come filmogeno, dopo la messa in opera, resine sintetiche di struttura lineare, i film risultano elastici, ben aderenti alle superfici ma poco resistenti ai solventi e relativamente poco duri; mentre se le vernici una volta essiccate implicano film di resine macromolecolari tridimensionali, risultano fornite di grande resistenza meccanica, chimica e di forte durezza.
Di contro, l'eccessiva reticolazione porta a pellicole poco elastiche e non sempre ben aderenti.
Rivestimenti con fogli di materie plastiche
Le materie plastiche possono essere impiegate come protettivi di sistemi metallici anche sotto forma di fogli.
Per applicare questi fogli, si pulisce bene la superficie da rivestire e poi la si riscalda leggermente; indi, per semplice pressione, le si fa aderire il rivestimento.
L'ancoraggio può anche essere effettuato con collanti e successivamente i fogli di materia plastica vengono saldati tra loro alle giunture.
In tal modo il rivestimento risulta continuo e dotato di caratteristiche chimico-fisiche funzione della natura della materia plastica di cui è costituito.
Molto usati come fogli plastici di rivestimento sono quelli di PVC.
Smaltature
Sia verniciando che ricorrendo alle coperture con fogli di materie plastiche si ottengono rivestimenti poco resistenti al calore (fatta eccezione per speciali rivestimenti realizzati con resine epossidiche).
Per proteggere le superfici di ghisa o di acciaio comune anche ad alte temperature, si ricorre spesso alla smaltatura.
Questo sistema di protezione consiste nel ricoprire il supporto con miscuglio fuso di silicati, allumina, silice e biossido di stagno, miscuglio che, una volta induritosi per raffreddamento, assume aspetto vetroso ben aderente al metallo sottostante.
Uno strato di smalto resiste molto bene all'azione degli agenti chimici (acido fluoridrico ed alcali concentrati o fusi esclusi).
Lo smalto resiste bene anche all'azione della pressione e della temperatura gradualmente aumentata; mentre si mostra fragile nei confronti degli sbalzi termici e degli urti meccanici.
Rivestimenti di metalli su metalli
Un altro metodo di protezione si basa sul rivestimento del supporto da proteggere con un metallo chimicamente più resistente del metallo rivestito.
Si ottiene così un materiale avente le caratteristiche meccaniche del supporto originale e la resistenza chimica propria del metallo di rivestimento.
Se si considera che i metalli più resistenti alla corrosione sono tra i più cari e che con questo metodo, pur sfruttandone le caratteristiche chimiche, se ne consuma una quantità relativamente piccola, è evidente che così facendo si realizzano notevoli risparmi.
Il rivestimento metallico si può realizzare seguendo diverse tecniche.
Per ordine di importanza pratica si può procedere:
1) facendo depositare elettroliticamente sul supporto un altro metallo.
Il processo si effettua in una cella elettrolitica il cui anodo è costituito, generalmente, dal materiale di copertura ed il catodo dal materiale da rivestire.
Presupposto alla buona riuscita di un processo elettrolitico è la preventiva pulitura perfetta della superficie da rivestire, che si fa con solventi, con decapanti, e con mezzi meccanici (spazzole e sabbiatori);
2) spruzzando sul supporto il metallo di rivestimento fuso e finemente nebulizato ().
È un metodo analogo alla verniciatura a spruzzo: è rapido ma non consente di ottenere un rivestimento compatto e ben aderente, a meno che non lo si compia convogliando, su superfici appositamente preparate, il metallo di rivestimento entro fiamme caldissime;
3) placcando la superficie da proteggere con un foglio di materiale metallico di copertura. L'operazione consiste nel sovrapporre il foglio di protezione al supporto e nel comprimervelo contro mediante laminazione a caldo;
4) facendo diffondere nel supporto il metallo di rivestimento.
La diffusione si realizza riscaldando il metallo o la lega da proteggere nella polvere del metallo di copertura, oppure esponendoli ai suoi vapori.
Così si compie, ad esempio, la zincatura delle lamiere di ferro con vapori di zinco;
5) immergendo il supporto in un bagno fuso del metallo di copertura.
Questo procedimento è quasi abbandonato a causa delle forti quantità di metallo di copertura che richiede.
Era molto usato per preparare banda stagnata di ferro ("latta"), ma oggi questa si produce quasi completamente col metodo elettrolitico, usando anodi di stagno in blocchi ed acido solforico in soluzione acquosa come elettrolito di supporto.
Protezione per formazione di composti superficiali
Alcuni metalli danno certi composti chimicamente resistenti.
Se tali composti, fatti formare sulla superficie dei rispettivi metalli, danno rivestimenti aderenti al sottostante supporto e compatti, proteggono dalla corrosione il materiale che rivestono.
Questo metodo di protezione consiste dunque nel trattare con reattivi chimici, in apposite condizioni, le superfici metalliche da proteggere.
Tali superfici devono essere preventivamente e perfettamente pulite nei soliti modi (sgrassatura, decapaggio e sabbiatura).
Sia la pulitura delle superfici sia la successiva operazione che porta a sviluppo del rivestimento, devono essere condotte con la massima cura, perché se il velo protettivo non risulta continuo, le zone non protette sono soggette ad intenso attacco corrosivo.
Ciò perché il rivestimento funge da componente più nobile nella coppia galvanica supporto/rivestimento, sicché il primo (il supporto) è soggetto a corrosione.
Questa tecnica di protezione oggigiorno è molto in auge per gli acciai comuni esposti agli agenti atmosferici (in forma di , soprattutto).
Molto spesso gli acciai protetti per formazione di composti superficiali vengono anche verniciati.
Le tecniche più comuni di copertura per formazione di composti superficiali degli acciai, sono la fosfatizzazione e la brunitura.
La fosfatizzazione consiste nell'immergere, per un tempo sufficientemente lungo, il ferro o le sue leghe in un bagno di soluzione fosfatica (fosfati biacidi di manganese bivalente o ferrosi o di zinco).
La fosfatizzazione porta alla formazione di un velo superficiale di complessi fosfati di ferro abbastanza resistenti all'azione dell'atmosfera.
Il sistema è molto buono se viene fatto seguire da verniciatura.
La brunitura consiste nel ricoprire, mediante immersione in un bagno contenente sali ferrici, la superficie da proteggere con un sottile strato di ossido salino di ferro ("ossido magnetico") Fe3O4.
Gli effetti della brunitura non sono molto buoni, per quel che si attiene alla protezione da agenti chimici piuttosto aggressivi.
Si adotta, più che altro, per motivi estetici.
In certi casi le superfici metalliche vengono protette facendovi sviluppare un velo di ossido.
Questo metodo riveste grande interesse pratico per l'alluminio, la cui copertura d'un velo di Al2O3 si provoca realizzando ossidazione dei corpi in bagni alcalini o mediante ossidazione anodica degli stessi in celle elettrolitiche.
Il rivestimento dell'alluminio con il suo ossido dà luogo ad una protezione aderente, compatta e continua, sicché il metallo risulta perfettamente passivato, cioè protetto contro le reazioni corrosive.
Questo processo è noto col termine anodizzazione.
Protezioni di carattere elettrico ed elettrochimico
Contro i pericoli di corrosione elettrolitica si può operare anche applicando alle strutture da proteggere campi elettrici contrastanti con quelli che ne causano l'attacco corrosivo (protezione elettrica).
Basta, allo scopo, collegare gli impianti in modo da creare in essi un contrasto elettrico equilibratore ad appositi generatori di corrente.
Opportuni sistemi di regolazione automatica permettono di proporzionare esattamente l'entità delle correnti antagoniste a quelle delle correnti elettriche corrosive da vincere.
Un genere elettrochimico di protezione dalla corrosione è invece quello che comporta l'uso di "anodi sacrificali" (protezione catodica), cioè di corpi metallici meno nobili del materiale metallico che si vuole proteggere, collegati a questo.
In tal modo, vengono a costituirsi nell'ambiente corrosivo dei sistemi galvanici in cui i corpi di protezione fungono da anodo solubile.
Un materiale metallico molto usato come anodo sacrificale, ad esempio nella protezione dei gasdotti e degli oleodotti, è costituito da zinco amalgamato, cioè in lega con una piccola percentuale di mercurio.
Molto in voga è anche l'utilizzo di collegamenti del materiale da proteggere con blocchi di magnesio.
Protezione catodica basata sul principio della corrosione galvanica
Un altro metodo col quale si può realizzare la protezione catodica consiste nel collegare il metallo da proteggere direttamente al polo negativo di una sorgente di corrente continua, mentre al polo positivo vengono collegati dei rottami di ferro.
Questi ultimi pertanto, subiscono l'ossidazione anodica al posto del materiale che si vuole proteggere.
Protezione catodica basata sul principio della corrosione elettrolitica
CASI SPECIFICI
IL CASO DELLO ZINCO
Come si vede dalla tabella dei potenziali chimici standard di riduzione, lo zinco è un buon candidato come metallo per fornire protezione elettrochimica ad altri substrati metallici.
Le possibilità assolutamente peculiari garantite nel processo di rivestimento tramite la zincatura a caldo derivano da significative doti dello zinco:
• la notevole affinità con l'ossigeno;
• la sua forte elettronegatività;
• il basso punto di fusione che agevola la tecnica di immersione prevista dal processo.
Tali proprietà consentono di mettere a punto rivestimenti continui, di elevato spessore, garantendo protezione per passivazione, per effetto elettrolitico nonchè protezione meccanica per le proprietà della lega Fe-Zn che si forma nei primi strati della superficie.
Lo Zinco e l'Acciaio
Un materiale che necessita di essere molto protetto dalla corrosione è l'acciaio; ognuno dei metalli precedenti il ferro nella serie elettrochimica potrebbe essere impiegato come "metallo sacrificale".
Soltanto alcuni metalli, se sottoposti a processi metallurgici, sono in grado di formare composti intermetallici con il supporto dell'acciaio.
Il materiale più usato per la protezione elettrolitica è di gran lunga lo zinco.
Le ragioni di tale scelta sono talvolta economiche, applicative, oppure possono essere legate alle singole condizioni di impiego.
Lo zinco è infatti l'unico metallo con cui possono essere ottenuti, a costi contenuti, rivestimenti rispondenti alle condizioni di aderenza, impermeabilità, tenacità e flessibilità, sia per particolari di pochi grammi che per componenti strutturali di grandi dimensioni.
La protezione elettrochimica dello zinco sull'acciaio
Nel caso il rivestimento di zinco venga scalfito, la differenza di potenziale che si crea quando zinco e acciaio entrano in contato preserva la struttura di acciaio a spese dello zinco che si corrode "sacrificandosi".
La protezione rimane attiva su una piccola area anche se il rivestimento non è più uniforme, perchè l'influsso della protezione elettromagnetica funziona anche a una certa distanza.
Può anche capitare che i residui della corrosione dello zinco siano duri e tenaci.
Le scalfitture del rivestimento vengono in genere riempite da ossidi e carbonati di zinco, che rallentano l'avanzamento del processo corrosivo
L'acciaio non protetto può durare due anni prima che siano compromesse le sue funzioni a la stessa integrità strutturale.
Gli elementi zincati resistono, invece, fino a dieci anni se esposti agli ambienti più ostili, senza richiedere alcuna manutenzione.
In numerose zone il rivestimento di zinco può durare fino a mezzo secolo.
Al risparmio derivante dal preservarsi dell'acciaio si affianca, quindi, la riduzione dei costi di manutenzione.
Inoltre, proteggendo delle risorse, evitando nuove produzioni di acciaio o riciclo di materiali di scarto, la zincatura risparmia energia.
Quando si verificano condizioni corrosive, l'acciaio è protetto dal rivestimento di zinco che si corrode.
Nella fase iniziale del fenomeno corrosivo è possibile vedere formazione di ruggine sull'acciaio in corrispondenza del punto danneggiato.
E’ sufficiente attendere qualche tempo per osservare macchie grigio biancastre che si diffondono gradualmente oltre la zona originaria. Il rivestimento di zinco si decompone e i prodotti della corrosione, insolubili, migrano verso la superficie del catodo (acciaio) dove assolvono la loro funzione protettiva.
I fori più piccoli non presentano corrosione grazie alla protezione data dal rivestimento di zinco.
Nel caso che i prodotti della corrosione siano dilavati, purchè il rivestimento in zinco non sia gravemente compromesso, la protezione sarà ugualmente garantita.
L'effetto protettivo, infatti, agisce anche ad una certa distanza, impedendo che la corrosione penetri al di sotto del rivestimento superficiale.
Applicabilità della zincatura
In linea di massima è utilizzabile la zincatura da sola per proteggere l'acciaio.
Si riportano di seguito schematicamente le condizioni in cui la zincatura a caldo offre le migliori prestazioni e le condizioni in cui l'uso è sconsigliato:
• In quasi tutti gli ambienti interni ragionevolmente ventilati
• In quasi tutti gli ambienti esterni
• A contatto con acqua fredda e dura
• A contatto con acqua dura a temperatura fino a 60 ƒC
• A contatto con molti suoli
• A contatto con la maggior parte dei legni
• A contatto con la maggior parte degli altri metalli, ma non quando continuamente immersi in acqua
• A temperature fino a 200 ƒC a regime e occasionalmente fino a 275 ƒC.
Non si dovrebbe mai usare la zincatura da sola per proteggere l'acciaio:
• In soluzioni acide
• In soluzioni alcaline forti
Alcuni paesi dispongono di "Carte Geografiche della corrosione", stabilite sulla base delle misure delle precipitazioni acide che indicano la durata prevista delle zincature in ambienti esposti prima che si esaurisca tutto il rivestimento.
Le disposizioni di legge vigenti per eliminare l'inquinamento atmosferico nell'Unione Europea si sono dimostrate estremamente valide e queste carte geografiche provano la maggiore durata delle zincature di strutture esterne rispetto ad alcuni anni fa.
La protezione meccanica
La zincatura dà un prodotto robustissimo, perchè l'acciaio, gli strati di lega e lo zinco puro contribuiscono alle varie proprietà meccaniche.
La zincatura è un processo unico perchè produce un rivestimento con una gamma di proprietà di durezza e resistenza.
Gli acciai dolci hanno, in genere, una durezza di 160 Vickers (HV) circa.
Gli strati di lega sono più duri e raggiungono una durezza approssimativa di 240 HV, sono dunque molto resistenti all'abrasione; lo zinco più superficiale risulta più morbido dell'acciaio o della lega, è alquanto malleabile, ha una durezza di 80 HV, e assorbe i colpi.
Se la zincatura viene colpita duramente gli strati di lega sono più duri dell'acciaio stesso, per cui il danno può non raggiungere l'acciaio sottostante.
Se il danno è veramente grave, apparentemente la zincatura sembra completamente rimossa, ma la rimozione totale è molto difficile.
La parte sottile sul fondo dello strato di lega è intimamente legata all'acciaio e anche se tutto quanto il rivestimento fosse completamente danneggiato e scrostato, lo strato inferiore rimarrebbe intatto e fornirebbe la protezione elettrochimica, cosiderando anche l'elevato rapporto di area tra le parti anodica e catodica.
Impiego di materiali non corrodibili: criteri di giudizio su di essi
In base a valutazioni pratiche, sono stati formulati i criteri orientativi per scegliere i materiali da impiegare in base alle loro caratteristiche di resistenza alla corrosione.
In linea di massima vanno giudicati:
- materiali sempre impiegabili quelli che subiscono una perdita in peso di 1 x 10-5 g/m2 x giorno;
- materiali impiegabili con cautela quelli la cui perdita in peso è di 1 x 10-2 g/m2 x giorno;
- materiali impiegabili solo in qualche caso quelli comportanti una perdita di peso pari a 1 g/m2 x giorno;
- materiali impiegabili solo in casi eccezionali quelli che subiscono una perdita di peso di 100 g/m2 x giorno;
- materiali mai impiegabili quelli che subiscono una perdita di peso di 10 Kg/m2 x giorno.
I valori delle perdite giornaliere rappresentano, ovviamente, degli ordini di grandezza. Oltre che delle perdite in sé, si deve anche tener conto, nell'emettere un giudizio di merito sulla convenienza di impiegare un certo materiale metallico, del valore commerciale di esso, per evidenti motivi economici.

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Esempio



  


  1. Max

    Sto cercando gli appunti su I FENOMENI CORROSIVI NEI METALI. Sostengo la facoltà di architettura di Pescara.