Vicende e personaggi della rivoluzione russa

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Testo

La rivoluzione russa
Rivoluzióne russa del 1917, nome delle due rivoluzioni scoppiate a Pietrogrado nel 1917, che portarono la prima all'abdicazione dello zar Nicola II, e la seconda alla presa del potere da parte del partito bolscevico e alla successiva fondazione dell'URSS. Sono conosciute con i nomi di Rivoluzione di febbraio e di Rivoluzione d'ottobre, ma si svolsero in effetti in marzo e in novembre secondo il calendario gregoriano. · Le origini. Gli antefatti della Rivoluzione del 1917 vanno ricercati nelle vicende che seguirono la Rivoluzione russa del 1905. Negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale si ebbe infatti la graduale ripresa del movimento rivoluzionario cui, secondo Lenin, avevano contribuito in modo decisivo la «concentrazione e la centralizzazione dell'industria russa», avvenute nel frattempo, e il «crescente impoverimento» delle masse contadine. La partecipazione della Russia alla guerra mondiale mise a nudo la grave impreparazione del paese, sicché le ripetute sconfitte dell'esercito zarista e le centinaia di migliaia di vittime umane, insieme con la spaventosa carestia provocata dal conflitto, furono gli eventi decisivi che portarono allo scoppio della Rivoluzione. · La «Rivoluzione di febbraio». I socialisti rivoluzionari e i menscevichi costituirono un Comitato esecutivo provvisorio (CEP) del soviet di Pietrogrado; i deputati della duma elessero un proprio Comitato provvisorio (CPD), che, di concerto col CEP (15 [2] marzo), formò un governo provvisorio presieduto dal principe L'VOV, controllato in pratica dal cadetto Miljukov. Avvalendosi del consenso delle masse rivoluzionarie, il CEP ebbe la possibilità di imporre l'abdicazione di Nicola II (15 [2] marzo). · Dalla rivoluzione liberale alla rivoluzione socialista. Il fatto più importante nel far precipitare la crisi fu l'arrivo a Pietrogrado di Lenin (16 [3] aprile), il quale enunciò le Tesi di aprile: preparazione del passaggio della Rivoluzione dalla fase democratico-borghese a quella sovietica. Conseguenza immediata del radicalizzarsi della situazione furono la caduta del ministero L'VOV-Miljukov (16 [3] maggio) e lo spostamento a sinistra del governo provvisorio, dominato da Kerenskij, in un gabinetto di coalizione menscevico-socialrivoluzionario. La partecipazione dei menscevichi e dei socialisti rivoluzionari al governo provvisorio e il loro allineamento sulle posizioni più oltranziste ne compromisero il prestigio di fronte alle masse in favore dei bolscevichi, i quali potevano così presentarsi come i soli difensori della Rivoluzione. Un gruppo d'ufficiali capeggiato dal generale Kornilov marciò sulla capitale ai primi di settembre per tentare di impadronirsi del potere. Il tentativo fu sventato. I bolscevichi, intervenuti in appoggio a Kerenskij durante l'avanzata di Kornilov, videro notevolmente rafforzate le loro posizioni, tanto da assicurarsi la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e di Mosca. Il 23 (10) ottobre venne presa la decisione suprema: il comitato centrale deliberò l'inizio dell'insurrezione armata. Costituì un proprio Comitato militare rivoluzionario (CMR) diretto da Trotzkij. · La «Rivoluzione d'ottobre». La notte tra il 6 e il 7 novembre (24-25 ottobre) Lenin e i bolscevichi occuparono i punti nevralgici della capitale e abbatterono così il governo Kerenskij. L'8 novembre (26 ottobre) venne costituito quale «governo provvisorio degli operai e dei contadini» il Consiglio dei commissari del popolo, sotto la presidenza di Lenin. Il 14 (1°) novembre furono approvati due decreti coi quali s'instaurava il controllo operaio sulle imprese industriali e venivano creati i tribunali popolari; il 4 dicembre (21 novembre), la nazionalizzazione delle banche. Ottenuto un armistizio dagli Imperi centrali (dicembre 1917), i Sovietici conclusero la pace a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918. Nove giorni dopo il Consiglio dei commissari del popolo trasferì la sua sede nella più centrale Mosca, dove il 10 luglio fu promulgata la costituzione della Repubblica Socialista Federativa dei Soviet di Russia (RSFSR), embrione di quello che in seguito sarebbe diventato l'URSS.
I Personaggi
Lenin (Nikolaj), pseudonimo di Vladimir Il'ic UL'JANOV, uomo politico russo (Simbirsk 1870 - Gorkij 1924). Figlio d'un ispettore scolastico e di Marija Berg. Si laureò in legge a Pietroburgo (1891), e si iscrisse a un circolo marxista. Le sue energie migliori furono attratte sempre più dallo studio dei problemi politici ed economici dall'angolo visuale marxista. Redasse numerosi scritti polemici, come l'opuscolo Che cosa sono gli «Amici del popolo» e come lottano contro i socialdemocratici (1894). L. si pose un triplice obiettivo: unificare i marxisti e diffondere la loro dottrina, mantenere l'ortodossia delle teorie marxiste, impedire al movimento operaio di orientarsi verso un tipo di azione puramente corporativa e non politica per il conseguimento di vantaggi immediati tramite accordi con padroni. Arrestato, fu condannato a tre anni d'esilio in Siberia (1897-1900). Scontata la pena (gennaio 1900), rifugiatosi in Svizzera (1900), vi fondò il giornale Iskra. Nell'opera Che fare? (1902) egli precisò la tattica rivoluzionaria: la lotta politica doveva essere condotta dal proletariato con la prospettiva d'imporre la sua dittatura per un tempo indefinito. Al congresso socialdemocratico di Bruxelles, trasferito poi a Londra (1903), L. riuscì a far approvare di stretta misura le sue tesi, ma ne derivò una scissione tra i bolscevichi (maggioritari), e i menscevichi (minoritari). Da allora ebbe contro di sé i principali capi socialisti russi e stranieri. Dopo aver riorganizzato clandestinamente la frazione bolscevica, collaborò al giornale Pravda (La verità) di Pietroburgo. In questi anni scrisse una delle sue maggiori opere dottrinarie: Materialismo ed empiriocriticismo (1909). Durante la prima guerra mondiale denunciò la guerra come una lotta tra imperialismi rivali per la spartizione del mondo, non per la difesa della patria o dei valori morali (Imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1917). Bisognava trasformare la guerra imperialista in guerra civile. Quando in Russia scoppiò la Rivoluzione del 1917 (febbraio-marzo), L. si trovava in Svizzera. Sin dal suo arrivo in patria (3-16 aprile 1917) prese decisamente posizione contro il governo provvisorio e pubblicò le cosiddette Tesi di aprile. Queste chiedevano: pace immediata, tutto il potere ai Soviet, fabbriche agli operai e terra ai contadini. Sventati dal governo provvisorio i tentativi di sommossa di Pietrogrado del 4 maggio, L. che ne era stato l'ispiratore, fuggì in Finlandia, dove scrisse Stato e rivoluzione (agosto-settembre 1917). Poiché la situazione politica si deteriorava, tornato in segreto dalla Finlandia, egli spinse il comitato centrale del partito alla decisione di ritentare il colpo di forza. Assunse così con Trotzkij la guida dell'insurrezione che doveva concludersi vittoriosamente (8 novembre o 26 ottobre, secondo il vecchio calendario, da cui l'espressione «Rivoluzione d'ottobre»). Trasferiti la capitale e il governo da Pietrogrado a Mosca (12 marzo 1918), inaugurò la politica del «comunismo di guerra», con l'obiettivo di riorganizzare e migliorare il rendimento delle industrie. Poi fece approvare dal 5° congresso dei Soviet, la prima costituzione della Repubblica Federativa dei Soviet di Russia. Ma intanto a Mosca il malcontento esplodeva assumendo le proporzioni di una sommossa (primi di luglio del 1918). L. fece ricorso a drastiche misure. Nelle campagne i contadini risposero diminuendo la produzione, e L. si convinse allora della necessità di imporre una pausa al comunismo di guerra e di adottare una nuova politica economica (la NEP), basata su concessioni temporanee all'iniziativa privata. Il 30 dicembre 1922 il problema della nazionalità in Russia fu risolto con la trasformazione dell'antico Impero russo in Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Ma Lenin aveva già cessato di dirigere l'opera rivoluzionaria iniziata nell'ottobre 1917. Colpito da emiplegia, morì il 21 gennaio 1924.
Trotzkij, pseudonimo di Lev Davidovic BRONSTEIN, uomo politico russo (Janovka 1879 - Coyoacán 1940). Arrestato dalla polizia zarista (1898) e deportato in Siberia (1900), riuscì a fuggire (1902) sotto il falso nome di Trotzkij (così si chiamava un carceriere della prigione di Odessa) e si trasferì a Londra. Scoppiata la rivoluzione del 1905, tornò in Russia e ricoprì diversi cariche direttive. Stipulò i negoziati di Brest-Litovski con la Germania e fondò l'Armata rossa. Sostenitore del dominio del proletariato si pose in contrasto con Stalin e fu esiliato. Fu ucciso in un attentato presso Città del Messico.
Nicòla II (Carskoe Selo 1868 - Ekaterinburg 1918), ultimo zar di Russia (1894-1917), primogenito di Alessandro III e di Maria Fëdorovna (figlia di Cristiano IX di Danimarca). Nel novembre 1894 succedette al padre e poco dopo (nello stesso mese) sposò Alice d'Assia (che in Russia assunse il nome di Alessandra Feodorovna). Lo zar era di carattere debole, indeciso, facilmente influenzabile, persino travagliato da crisi mistiche che spesso lo ridussero in soggezione, oltre che della moglie, di ciarlatani vari (fra cui il monaco Rasputin). In politica estera N. II accentuò l'avvicinamento della Russia alla Francia e si rivolse a oriente in tentativi di espansione in Manciuria in contrasto con il Giappone. La successiva guerra russo-giapponese (1904-1905) si concluse in un disastro per la Russia. Una manifestazione di protesta sulla piazza di Pietroburgo fu repressa nel sangue (domenica rossa, gennaio 1905). Ne seguì un'ondata di rivolte e di scioperi che costrinse N. nell'ottobre 1905 a emanare un manifesto che annunciava la concessione di talune libertà costituzionali e di un'assemblea legislativa (duma), di fatto istituita l'anno successivo. La disastrosa condotta delle operazioni militari durante la prima guerra mondiale da parte dello SM russo e dello stesso zar costituì un'ulteriore occasione per l'acuirsi dei conflitti sociali sfociati nella Rivoluzione antizarista del marzo 1917, che costrinse N. II all'abdicazione. Con l'affermazione della Rivoluzione bolscevica, fu portato a Ekaterinburg dove, la notte del 16 luglio 1918, fu ucciso con tutta la famiglia nelle cantine della casa Ipat'ev, per iniziativa del locale soviet, forse in esecuzione di ordini superiori.
Kerenskij (Aleksandr Fëdorovic), uomo politico russo (1881-1970). Avvocato, convinto assertore del revisionismo marxista, aderì al partito socialrivoluzionario e venne eletto alla duma del 1912. Fu tra coloro che convinsero il granduca Michele ad abdicare, dopo l'abdicazione di Nicola II, e divenne ministro della giustizia nel governo del principe L'VOV uscito dalla rivoluzione del febbraio-marzo 1917. L'ultima offensiva russa, detta «offensiva K.» (luglio 1917), fallì in seguito a un contrattacco tedesco e al rifiuto delle riserve di portarsi in linea. Dopo i disordini del luglio provocati da questa sconfitta, K. succedette a L'VOV come capo del governo provvisorio. Allo scopo di frenare la crescente pressione del movimento bolscevico, tentò di convocare un'assemblea costituente, ma, preceduto da Lenin, non fu in grado di prendere misure efficaci contro l'insurrezione d'ottobre. Fallito a Gatcina il tentativo di riconquistare la città, K. dovette fuggire (novembre 1917). Ritiratosi negli Stati Uniti, scrisse successivamente libri e articoli sui problemi politici della Russia, che in generale contengono sue autodifese, non sempre convincenti.

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