USA

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Testo

IL COLONIALISMO
Tra le grandi nazioni europee del XVI secolo, l'Inghilterra fu l'ultima a rivolgere l'attenzione al continente americano. E' vero che uno dei primi viaggi di esplorazione fu finanziato dal re d Inghilterra Enrico VII, ma durante tutto il 500 l'iniziativa dell'esplorazione e della conquista del territorio americano fu soprattutto di spagnoli, di portoghesi e di francesi. Nell'America meridionale e centrale, nel 600 e nel 700, ebbe una gran sviluppo la tratta degli schiavi, cioè il trasferimento forzato degli africani in America. Questo accadde, perché i conquistatori spagnoli e portoghesi ebbero distrutto o quasi la popolazione indigena ed ebbero perciò necessità di manodopera per coltivare le loro immense piantagioni. Spagnoli e portoghesi, infatti, nel corso del XVI ebbero costituito vasti imperi coloniali, sterminando o sottomettendo vaste civiltà e, sfruttando le risorse del continente che ai conquistadores apparvero favolose e inesauribili. All'inizio del 600, in Inghilterra, si formarono due compagnie commerciali che andarono a fondare colonie nell’America del Nord. Le colonie inglesi, dalle quali nacquero in seguito gli Stati Uniti d’America, ebbero origine nel corso del 600 e nei primi decenni del 700. A partire dalla fine del XVI fu invece il Nord- America ad assorbire il maggior numero di schiavi, qui si era infatti sviluppata la coltivazione del cotone. La tratta degli schiavi era un lato del commercio triangolare che si sviluppò tra Europa, Africa e America. Le navi europee partivano verso l’Africa, cariche di merci di poco valore che servivano ad acquistare gli schiavi. Completato il carico, le navi si dirigevano verso l’America, dove gli schiavi venivano venduti al miglior offerente. Con il denaro ricavato si acquistavano prodotti coloniali più pregiati, che al ritorno in Europa erano poi venduti ad alto prezzo. La tendenza dell’espansione verso l’interno fu una delle caratteristiche più importanti dei coloni americani, che dovettero andare verso ovest per trovare terra ancora libera. Il governo inglese si propose di controllare e regolarizzare l’espansione delle colonie per evitare che avvenisse in modo disordinato e desse origine a conflitti.

VERSO IL CONFLITTO
Nel 1860 i repubblicani abolizionisti riuscirono a far eleggere presidente Abrham Lincoln e gli stati schiavisti a questo punto risposero con l’aperta secessione e si riunirono nella confederazione del sud sotto la presidenza del generale Jefferson Davis stabilendo la loro capitale in Virginia. La guerra fu inevitabile. All’abilità militare dei generali sudisti prevalse la forza economica del nord che condusse nel 1863 all’occupazione del sud; il generale sudista Lee dovette arrendersi al generale nordista Grant. Pochi giorni dopo il presidente Lincoln venne assassinato da un fanatico sudista. La schiavitù abolita nel dicembre 1865 con un apposito emendamento alla Costituzione. L’abolizione della schiavitù non muto però le condizioni economiche e sociali dei neri. Pochi di loro emigrarono verso nord, la maggior parte rimase nel sud a lavorare come braccianti alle dipendenza dei bianchi. Negli stati del sud, dove il razzismo fu molto radicale, vennero approvate leggi segregazionali che obbligarono i negri a vivere separati dai bianchi nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali e perfino nelle chiese. Tra i bianchi nacquero anche associazioni segrete come il ku kux clan che diffondevano il terrore tra le popolazioni con violenze, incendi e uccisioni.
LA NASCITA DEGLI STATI UNITI, DICHIARAZIONE E GUERRA DI INDIPENDENZA
Nel 1620 un gruppo di protestanti inglesi sbarcò sulle coste dell’America settentrionale, dove fondò la colonia del Massachusetts. Ben presto ai primi coloni si aggiunsero altri emigrati, spinti a stabilirsi in America col desiderio di sfuggire alle carestie, alle persecuzioni religiose, alle guerre, ecc. Si formarono così 13 colonie situate lungo la costa che riuscirono a rendersi indipendenti dalla madrepatria. La dichiarazione d indipendenza venne stabilita perché le colonie americane, nei loro commerci dipendevano strettamente dall’Inghilterra infatti non potevano acquistare merci da altri paesi e non potevano installare industrie che fossero in concorrenza con quelle inglesi. Il malcontento però, esplose quando gli inglesi imposero nuove tasse.
Naturalmente la dichiarazione d’indipendenza non pose fine ai contrasti interni in tutte le colonie vi furono dei legittimisti che si schierarono apertamente dalla parte dell’Inghilterra e del Re. Le conseguenze di questa mancata unità si fecero sentire nello svolgimento delle operazioni militari. Washington, comandante dell’esercito insurrezionista, si trovò a dover guidare un esercito in cui mancava ogni cosa, e non fu neanche appoggiato dal congresso. Nel 1776, gli americani subirono diverse sconfitte. Malgrado una disperata difesa, Washington non poté impedire che il nuovo comandante- capo, il generale Howe, si impadronisse di New York. Lo scoraggiamento fu generale e molti volontari abbandonarono l’esercito per tornare a casa. Nonostante questo, Washington, riuscì a portare alcuni successi che risollevarono il morale dei soldati e indussero molti volontari a rinnovare l’arruolamento. Gli inglesi furono all’offensiva e il piano consistette nell’occupazione della valle del Hudson, mentre Il generale Howe attaccò Philadelphia via mare.
Il piano riuscì solo in parte e dopo molte sconfitte degli insorti, Washington sottomise 5000 uomini inglesi a Saratoga. Nel 1778 la Francia intervenne contro gli inglesi e la guerra si allargò. L’Olanda si unì all’Inghilterra mentre la Spagna coi francesi. La guerra degli insorti procedette tra difficoltà di ogni genere, soprattutto economiche.
Nel 1778 l’esercito inglese raggiunse New York via terra, senza che gli americani riuscissero a fermarlo. Nel maggio 1780 tornarono nel sud conquistando Georgia e buna parte della Carolina del sud. Nel 1781 giunsero gli aiuti francesi, il generale Howe, accampatosi vicino a New York, venne controllato dai volontari francesi, comandati da Lafayette. L’esercito franco americano e la flotta francese raggiunsero rapidamente la zona iniziando così l’assedio di New York.
La città fu ben fortificata, ma le forze che premettero su di essa furono preponderanti. Il 13 ottobre 1781 gli inglesi si arresero; la guerra in America finì. Il 3 settembre l’Inghilterra fu costretta a riconoscere l’indipendenza delle colonie americane. Fu fondato uno Stato Federale: ogni Colonia aveva un proprio governo che curava il problemi interni, mentre il governo centrale si occupava dei problemi comuni.
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Nei primi anni del 900, tra le grandi potenze europee aumentarono i contrasti per la spartizione delle colonie in Africa e in Asia; la situazione fu poi ancora più’ difficile dalle richieste di indipendenza dei popoli che facevano parte dell’Impero Austriaco, ormai in grave decadenza si formarono due alleanze militari contrapposte:
• la triplice alleanza, formata da Germania, Austria e Italia.
• la triplice intesa, formata da Francia, Inghilterra e Russia
L’occasione che fece esplodere il conflitto fu l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono Asburgo e Sofia sua moglie, avvenuta il 28 giugno 1914 a Sarajevo. L’Austria, dopo aver lanciato un ultimatum, dichiarò guerra alla Serbia, ma scattò il meccanismo delle alleanze: Francia, Russia e Inghilterra intervennero in aiuto della Serbia; Germania, Bulgaria e Turchia si schiereranno con l’Austria.
L’Italia, alleata con l’Austria e Germania, in un primo momento non intervenne e dichiarò la sua neutralità; poi nel 1915, in seguito alla propaganda degli interventisti, dichiarò guerra all’Austria.
La prima guerra mondiale fu la prima guerra di trincea combattuta in guerra; il servizio militare obbligatorio, consentiva infatti, ai generali di avere a disposizione un enorme numero di soldati.
Le moderne armi da fuoco, soprattutto mitragliatrici e cannoni a tiro rapido, rendevano però difficili grandi offensive: dopo pochi mesi, su tutti i fronti gli eserciti si fronteggiarono senza più’ avanzare. Il conflitto si trasformò così in una lunga guerra di posizione, con battaglie in cui migliaia di uomini combatterono per la conquista di pochi metri di terreno. I soldati rimasero per quattro anni nelle trincee, da cui uscirono solo per andare all’assalto delle trincee nemiche, poste a poche centinaia di metri di distanza. Anche per i civili i sacrifici imposti dalla guerra furono molto pesanti. La produzione agricola crollò, perché gli uomini furono chiamati alle armi, i campi quindi vennero coltivati soltanto dalle donne, dai vecchi e dai bambini. La maggior parte dell’industria fu convertita alla produzione di materiale bellico. I generi alimentari vennero razionati, cioè potevano essere acquistati solo in quantità stabilite dal governo, scarseggiarono petrolio e carbone; altri prodotti, come lo zucchero e il caffè divennero introvabili.
L’uscita della Russia dal conflitto- colpita da una grave guerra civile- consentì a Germania e Austria di spostare gran parte delle loro truppe verso occidente; furono lanciate grandi offensive sul fronte francese e italiano. Gli austriaci sfondarono i confini italiani a Caporetto, ma la loro avanzata verso Venezia fu fermata sulle rive del Piave. Nel frattempo, nell'aprile 1917, a fianco di Francia, Inghilterra e Italia furono entrati in guerra anche gli Stati Uniti. L'intervento americano fu decisivo per le sorti del conflitto, oltre ai soldati, dagli USA, affluirono in Europa grandi quantità di materiale militare a di aiuti alimentari. Nel novembre 1918, sconfinate su tutti i fronti, Germania e Austria si arresero. Nel gennaio 1919 a Parigi si riunì la Conferenza di pace, ma i vinti furono ammessi soltanto per prendere atto delle decisioni dei vincitori che avanzarono le rivendicazioni. In Germania venne proclamata la repubblica e l'impero austriaco scomparve, dando vita a nuovi stati come Cecoslovacchia, Ungheria e Jugoslavia, mentre il territorio dell'Austria, divenuta anch'essa una repubblica, fu notevolmente ridotto. L'Italia si annette al Trentino Alto Adige, Triste e Istria, la Francia, dopo lo smantellamento bellico, chiedeva il ridimensionamento economico e territoriale tedesco. Intanto gli Stati Uniti, dopo essere ascesi al ruolo di potenza economica e finanziaria mondiale, mirarono ad un analogo riconoscimento politico.
La Germania, fu senza dubbio lo stato che subì le massime penalizzazioni perché fu riconosciuto come la principale responsabile del conflitto (cedette molti territori importanti e pagò i danni d'indennizzo). Il popolo tedesco fu ferito nel suo orgoglio ma lo ritrovò, di li a poco, in Adolf Hitler, l'uomo che fu in grado di ridare prestigio alla Germania duramente ferita.
LA CRISI DEL 1929
Proprio al termine della I guerra mondiale, mentre l'Europa viveva anni difficili, gli USA si affermarono come potenza economica. Proposero la civiltà dei consumi grazie all'utilizzo di pubblicità e godendo di molte materie prime (molte delle quali provenivano dall'America meridionale) e, grazie a tutto questo benessere, vennero concessi ingenti prestiti, tuttora da saldare. Dal 1921 al 1928, i cosiddetti anni ruggenti, fu raggiunto un benessere mai goduto prima, si affermò così lo stile americano. Il sogno americano però improvvisamente andò in frantumi. Nell'ottobre 1929 la borsa di New York vide precipitare la quotazione dei titoli. La grande depressione colpì in maniera devastante i ceti sociali più bassi riducendoli anche alla morte.
Le teorie dell'economista inglese John Maynard Keynes affermarono che lo Stato doveva guidare l'economia del paese, l'economia si riprese. L'uomo politico che applicò questa teoria fu Roosvelt, che venne eletto presidente nel 1932. Con il suo New Deal salvò l'America dal crollo totale.
SECONDA GUERRA MONDIALE
PREMESSA:
Adolf Hitler salì al potere in Germania nel 1933, capo del partito Nazional- socialista o nazista.
In pochi anni eliminò tutti i suoi avversari politici. La sua politica era basata sul principio della superiorità della “Razza Ariana”, inoltre pensava che il popolo tedesco era costretto a vivere in un territorio troppo piccolo e doveva conquistarsi, anche mediante la guerra, uno spazio più ampio.
Fin dagli inizi della sua attività politica, Hitler aveva indicato negli Ebrei i responsabili della crisi tedesca e giunto al potere incominciò ad attuare il suo programma di sterminio della razza ebraica.
Nel 1938 in una grande ondata di violenza, molti ebrei vennero uccisi o deportati nei Campi di Sterminio detti “LAGER”.
Nel settembre 1939 Hitler invase la Polonia in aiuto della quale accorsero Francia e Inghilterra. Ebbe così inizio la seconda guerra mondiale. Nel maggio 1940 intervenne in guerra anche l'Italia a fianco della Germania. Le iniziali vittorie naziste convinsero, infatti, Mussolini dell'imminente fine del conflitto dal quale voleva uscire come trionfatore, così nonostante la povertà del Paese e dell'impreparazione del nostro esercito egli dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Ma nonostante la caduta della Francia, la Gran Bretagna non si arrese.
Nel 1941 Hitler allargò il conflitto, invadendo l’Unione Sovietica, sempre in quest’anno, dopo l’attacco giapponese alle flotte americane, entrarono in guerra anche gli Stati Uniti. Grazie ai loro massicci rifornimenti di materie prime, di materiale militare ed all’invio di truppe, anche in Europa, le sorti della guerra iniziarono a volgere al peggio per i nazifascisti.
Nel 1942 le truppe Tedesche e Italiane subirono tremende sconfitte in Russia ed in Africa.
Il 10 Giugno 1943 gli Alleati sbarcarono in Italia, il Re Vittorio Emanuele III e il Governo fuggirono in Puglia. La reazione dei tedeschi non si fece attendere, occuparono l’Italia Centro- Settentrionale, liberarono Mussolini che organizza uno Stato Federale: “Repubblica del Sole”.
La guerra si concluse con la bomba atomica. Infatti il Giappone dopo i primi folgoranti successi è costretto ad indietreggiare, e anche dopo la capitolazione della
Germania rimase da solo contro gli U.S.A.
Il presidente Truman, che aveva sostituito Roosvelt ordinò che venissero sganciate 2 bombe atomiche sul Giappone: il 6 Agosto a Hiroshima e Nagasaki sono avvolte e devastate da una luce più intensa di quella solare.
Il 2 Settembre 1940 il Giappone firmò la resa incondizionata.
FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Gli Stati Uniti avevano assunto un ruolo di potere sulla scena mondiale e tuttavia non erano affatto privi di problemi interni.
Con questi problemi, infatti, dovette fare i conti Henry Truman, succeduto a Roosvelt, ma, per seguire le sue ideologie finì con lo scontrarsi con la maggior parte del Congresso. La paura del comunismo sovietico innesca la campagna persecutoria contro ogni resistenza e l’ascesa alla Casa Bianca del repubblicano Eisenhower (1952) che inaugura una politica più dura nei confronti dell’URSS, impressionati dal loro successo in Cina, dall’esplosione della loro prima bomba atomica e dai successi in campo spaziale.
I problemi economici e raziali spingono gli Usa a dimostrarsi propensi nei confronti dei Russi, al punto che nel 1955 il nuovo Leader del Cremlino, Nikita Kruscen, si recò negli Stati Uniti per porre limiti a questa situazione.
LO STATUTO DELLE NAZIONI UNITE – O N U –
Lo Statuto delle Nazioni Unite nasce il 1 Gennaio 19, grazie al presidente degli Stati Uniti Roosvelt crede sia necessario dare aiuti concreti a quei popoli che si battevano per le 4 libertà:
• Libertà di parola
• Libertà di pensiero
• Libertà dal bisogno
• Libertà dalla paura
L’ONU è uno statuto di 26 Nazioni che si impegnano non solo sui 4 principi di libertà ma anche su degli scopi: mantenere la pace e la sicurezza internazionale, sviluppare relazioni amichevoli sulla base dell’effettiva uguaglianza fra tutti gli Stati, promuovere il progresso economico- sociale sulla base dei Diritti dell’uomo.
Il funzionario amministrativo più elevato è il Segretario Generale a cui fa capo l’intera Organizzazione. L’ONU esiste indipendentemente da qualsiasi trattato di pace e gli è concesso il diritto di usare la forza delle Nazioni Unite contro un eventuale aggressore. Inoltre hanno la possibilità di intervenire rapidamente e spesso efficacemente per la soluzione di controversie internazionali.
L’ATTENTATO DEL 11 SETTEMBRE 2001
11 SETTEMBRE 2001: Alle ore 9 circa del mattino le TWIN TOWERS vengono colpite da due aerei dirottati.
Un altro aereo colpisce il PENTAGONO a Washington, mentre un quarto, in mano ai dirottatori cade in Pennsylvania. I morti e dispersi si contano a migliaia ed il Presidente Bush dichiara che i responsabili saranno perseguitati ovunque.
Crollano i mercati Azionari e il dollaro, Wall Street che si trova nella zona colpita dagli aerei, resta chiusa e tutto lo spazio aereo americano viene chiuso.
Bush viene imbarcato sull’Air Force One l’aereo presidenziale scortato dai vari Mig per evitare l’attentato al Presidente. Dopo circa un’ora dall’impatto le Torri Gemelle crollano.
12 SETTEMBRE 2001: La NATO annuncia che parteciperà compatta ad un’eventuale azione militare per combattere l’aggressione terroristica.
13 SETTEMBRE 2001: L’America si prepara a combattere la prima guerra del nuovo secolo. Il Pentagono dichiara che la” risposta” sarà una campagna e non una singola azione. Il Segretario Powell conferma i sospetti degli attentati attribuiti a OSAMA BIN LADEN che si ritiene sia in Afghanistan, protetto dal regime dei Talebani.
17 SETTEMBRE 2001: Quattro giorni dopo la chiusura, la più lunga dai tempi della grande depressione del 1929, riapre Wall Street.
6 OTTOBRE 2001: Batterie contraeree dei Talebani aprono il fuoco in direzione dei due aerei-spia nel cielo di Kabul e ne viene abbattuto uno. Bush pensa l’inizio dell’attacco: e’ la vigilia del massiccio attacco del 7 ottobre.
8 OTTOBRE 2001: Kabul e’ bombardata dagli americani che distruggono alcuni centri strategici.
OTTOBRE: In tutto il mese l’America viene invasa da lettere all’ANTRACE, una di queste era diretta alla Casa Bianca, provocando il panico generale dopo la morte di persone “normali”.
NOVEMBRE: Continuano gli attacchi via aerea ed iniziano gli attacchi via terra con l’aiuto delle truppe dell’Alleanza del NORD. Si segnalano numerose vittime tra i Talebani e la popolazione, inoltre vengono uccisi alcuni giornalisti stranieri tra cui una giornalista Italiana. Cadono tutte le città che prima erano governate dai Talebani.
Stati Uniti D'Amèrica, in inglese United States of America (USA), repubblica federale di tipo presidenziale, che si estende nel continente nordamericano, fra il Canada a nord e il Messico a sud; hanno come Capitale Washington. Città principali: New York, Chicago, Los Angeles, Philadelphia, Detroit, Houston, San Francisco, San Diego, Boston.
L'Unione è formata da 50 Stati, di cui 49 continentali (compresa l'Alaska, separata dagli altri Stati dalle province canadesi), e uno insulare, l'arcipelago delle Hawaii, situato nell'Oceano Pacifico, a SO di San Francisco.
• Geografia
Le regioni geografiche che costituiscono gli Stati Uniti presentano caratteri di grande originalità: agli Stati dell'Ovest, formati da imponenti catene montuose e da immense pianure agricole scarsamente popolate, si contrappongono gli Stati del Nord-Est, abitati fin dal tempo della colonizzazione e molto industrializzati, e il vecchio Sud, rurale e relativamente poco sviluppato.
• La demografia
Gli Stati Uniti hanno una popolazione che si aggira intorno ai 250 milioni di abitanti. Tale aumento dipende in massima parte dall'incremento naturale e solo in misura più modesta dall'immigrazione.
Il tasso di mortalità è molto basso, perché gli Stati Uniti sono uno dei paesi tecnologicamente più avanzati, in tutti i campi di ricerca.Il valore medio di questi tassi maschera però una realtà demografica diversa per bianchi e neri. Natalità e mortalità sono infatti più elevate tra questi ultimi. L'incremento naturale dei neri è più rapido di quello dei bianchi grazie a un maggiore scarto tra natalità e mortalità, nonostante una forte mortalità infantile (doppia di quella dei bianchi).
• La composizione del popolo americano: l'immigrazione
Fatta eccezione per gli indiani, il popolo americano si è costituito attraverso l'immigrazione. In epoca coloniale si trattò soprattutto di Britannici, ai quali si aggiunsero Olandesi, Tedeschi e Scandinavi. La grande immigrazione iniziò verso il 1840 e s'intensificò dopo la guerra di Secessione, per toccare il culmine negli anni novanta.
I discendenti degli immigrati, fatta eccezione per gli Irlandesi e i Canadesi del Quebec cattolici, costituiscono i cosiddetti WASP (White Anglo-Saxon Protestants). Si stabilirono in tutte le regioni, ma i Tedeschi mostrarono una predilezione per le città.La seconda ondata introdusse immigranti provenienti soprattutto dall'Europa orientale e dai paesi mediterranei (Italiani, Slavi, Romeni). Questi ultimi si diressero verso le città industriali dell'Est, raggruppandosi spesso per comunità etnica in specifici quartieri. L'immigrazione coatta di schiavi neri continuò fino alla guerra di Secessione: i loro discendenti costituiscono oggi il 12,4% della popolazione complessiva.Alla fine giunsero in America anche Cinesi (operai che lavoravano alla costruzione delle ferrovie e nelle miniere, piccoli commercianti) e Giapponesi (orticoltori). Una corrente ininterrotta venne alimentata dal Messico: gli Americani di cultura ispanica sono assai numerosi negli Stati del Sud-Ovest.
La crisi di fine secolo influì di nuovo negativamente sull'afflusso di immigranti, ma negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale si registrò un nuovo fortissimo incremento. Durante e dopo il conflitto l'immigrazione subì un rallentamento dovuto a diversi fattori: il mercato della manodopera era saturo, l'assimilazione di persone di origini nazionali tanto diverse si rivelava difficile e gli Stati Uniti ponevano precise restrizioni all'immigrazione. Dopo le misure adottate nei riguardi di Cinesi e Giapponesi, venne introdotto il sistema delle «quote» che fissava appunto una quota massima per ogni nazionalità costitutiva del popolo americano. Per i profughi (Cubani, Vietnamiti, ecc.) sono in vigore quote speciali. Va inoltre aggiunto che un gran numero di Messicani penetra ogni anno illegalmente negli Stati Uniti.
• La distribuzione attuale della popolazione
La ripartizione della popolazione riflette la storia del paese. La colonizzazione originaria sulla costa atlantica, l'industrializzazione nei bacini carboniferi dell'Est, la provenienza europea degli immigranti spiegano il fatto che il terzo orientale del paese sia più popolato delle regioni occidentali. Le regioni più popolate comprendono la costa atlantica a nord di Washington, la porzione settentrionale degli Appalachi, la sponda meridionale del Grandi Laghi, e la Great Valley. Lo Stato più popoloso è la California, che negli anni Sessanta ha superato lo Stato di New York. Le regioni meno popolate si trovano nell'area centrale e meridionale dei grandi altipiani dell'interno e in quella occidentale delle Grandi Pianure.
• La mobilità e le migrazioni interne
La mobilità della popolazione è una caratteristica originale del popolo americano: ogni anno circa 7 milioni di persone cambiano Stato. Un tipo di migrazione è quello dei neri verso il Nord-Est industriale. Altre forme di migrazioni sono quelle che da nord-est si dirigono verso sud e verso ovest. Questa crescita ineguale ha avuto come conseguenza anche per quanto riguarda la politica, basata su un sistema proporzionale alla popolazione, e quindi un mutamento del peso politico dei vari Stati.
• L'urbanizzazione
Complessivamente la popolazione urbana rappresenta quasi il 77% della popolazione totale degli Stati Uniti, ma anche in questo caso vi sono sensibili differenze da Stato a Stato.
A dare tassi di urbanizzazione elevata sono soprattutto le aree metropolitane, che concentrano oltre la metà degli Americani (più di un quarto vive in centri suburbani), mentre le città situate al centro di tali aree tendono a perdere popolazione. Le aree metropolitane contigue formano quelle megalopoli che sono una caratteristica degli Stati Uniti: quella atlantica da Boston a Washington, quella di Los Angeles-San Diego e quella del corridoio del Michigan.
Questa crescita non è soltanto il risultato dell'esodo rurale verso le città, ma anche di un processo di urbanizzazione. L'espansione urbana ha posto e pone problemi di risanamento dei centri delle città. Regno degli uffici, tali centri racchiudono anche quartieri miserabili abitati dalle minoranze meno fortunate, che vengono via via sostituiti da uffici e quartieri residenziali di lusso, mentre i ghetti si riformano altrove.
• La lingua e la religione
Negli Stati Uniti viene parlato un inglese che si è via via modificato, scostandosi dalla lingua dei primi colonizzatori britannici. Ciò si è verificato sia per il dinamismo naturale di ogni linguaggio, che deve adattarsi a un nuovo ambiente, sia per l'apporto di altri idiomi giunti con la corrente migratoria, in cui si sono incontrate decine di nazionalità diverse.
Negli Stati Uniti non esiste una statistica religiosa di carattere ufficiale; si calcola tuttavia che i protestanti rappresentino complessivamente oltre il 49%; ma nessuna delle singole confessioni raggiunge il numero dei cattolici, che rappresentano, da soli, quasi il 30%. Accanto alle confessioni principali vi sono poi innumerevoli sette minori.
IL FEDERALISMO AMERICANO
• Il Presidente degli Stati Uniti d’America
Il presidente cumula le funzioni di capo dello Stato e di capo del governo; il suo mandato è quadriennale ed è rinnovabile una sola volta. All'origine non era stato previsto alcun limite per la rielezione, ma poiché il primo presidente George Washington si era presentato solo due volte, questa usanza fu a lungo mantenuta.
Le elezioni presidenziali, che durano un anno circa, si dividono in numerose fasi.
Il presidente prende quindi possesso vero e prorpio di tale carica verso il 20 gennaio. Egli dirige la politica degli Stati Uniti con la collaborazione di vari ministri (secretaries) da lui nominati e revocati con l'approvazione del senato, che hanno la direzione di un department. È inoltre affiancato nelle sue funzioni dai suoi collaboratori diretti e consiglieri, il cui numero e la cui importanza sono stati considerevolmente accresciuti a cominciare dalla presidenza di Roosevelt. Questi è inoltre il comandante supremo delle forze armate e dirige, coadiuvato dal segretario di Stato (ministro degli esteri) e dietro approvazione del senato, la politica estera dello Stato; prepara il bilancio finanziario della nazione e propone al Congresso ogni anno un programma politico. Qualora il presidente cessi dalle sue funzioni per morte o dimissioni viene sostituito dal vicepresidente.
• La corte suprema
La corte suprema (composta da otto giudici nominati a vita dal presidente dopo richiesta del senato) ha una duplice funzione: giudiziaria (giudica con competenza esclusiva delle accuse contro ambasciatori, consoli, segretari di Stato, Stati membri dell'Unione o Stati stranieri; è inoltre organo di appello per le decisioni dei tribunali ordinari) e giuridico-politica (controllo costituzionale delle leggi federali e di ogni Stato membro).
• Le istituzioni locali
Ogni Stato membro dell'Unione stabilisce liberamente la sua costituzione. Il governatore, eletto nella maggior parte dei casi a suffragio universale diretto, svolge sul piano locale funzioni equivalenti a quelle del presidente sul piano federale. In quasi tutti gli Stati il potere legislativo è esercitato da due assemblee, un senato e una camera dei rappresentanti; in molti Stati un elevato numero di funzionari e numerosi magistrati sono eletti dalla popolazione. Ogni Stato è diviso amministrativamente in contee.
LE GRANDI IMPRESE ED I TRUST
Gli Stati Uniti sono la prima potenza industriale a livello mondiale dall’inizio del XX secolo.
Fino alla metà del XIX secolo l’economia del paese poggiava tradizionalmente sull’agricoltura; con la prima guerra i manufatti iniziarono a dominare le esportazioni più delle materie prime. Con lo sviluppo dell’industria, l’agricoltura divenne più meccanizzata ed efficiente, utilizzando sempre minor forza lavoro.
All’inizio degli anni novanta, gli Stati Uniti erano la prima nazione al mondo per la produzione economica.
Gli statunitensi godono di uno standard di vita tra i più elevati, anche se superato da alcuni paesi, come Svizzera e Germania.
• Le fondamenta dell’impero industriale
Nella seconda metà dell’800, Jefferson aveva sognato una grande repubblica rurale popolata da contadini proprietari indipendenti, una nazione immune sia dalla degradazione delle grandi città e dalla schiavitù delle fabbriche e delle miniere di carbone che egli aveva osservato in Inghilterra, sia dal selvaggio che lo aveva fatto inorridire in Francia ed in Italia. Egli aveva fondato – almeno così credeva – una democrazia agraria e provveduto alla sua espansione. Aveva sconfitto Hamilton alle elezioni e riteneva di avere sconvolto il piano degli hamiltoniani di trasformare gli Stati Uniti sul modello della moderna Inghilterra.
Nel 1860 la nazione era ancora prevalentemente rurale; e molti studiosi considerarono la guerra civile non come una controversia tra l’industrialismo nascente e l’agricoltura che si espandeva, ma come una lotta tra il Re Cotone ed il Re Grano.
In definitiva, però, chi vinse fu Hamilton, almeno sul fronte economico. Le sue idee sulla banca s’imposero, il suo tipo di mercantilismo fu accettato, il suo Report on Manufactures divenne il vangelo americano. Un secolo dopo gli USA erano la più grande nazione industriale del mondo, avevano estratto carboni e minerali di ferro, prodotto acciaio, estratto e raffinato oli minerali, costruito ferrovie e fabbriche in misura maggiore di qualsiasi altro Paese del mondo.
Benché aiutata dal governo, questa rapida trasformazione dell’economia americana avvenne in modo del tutto naturale: materie prime più abbondati e varie che quelle esistenti in qualsiasi altro Paese; invenzioni a tecniche per convertire queste materie prime in manufatti; trasporti per via acquea e ferroviaria pienamente adeguati alle esigenze di un’economia in sviluppo; consumo interno rapidamente crescente con la popolazione ed aumento delle esportazioni; continuo afflusso di nuove energie lavorative prodotto dall’immigrazione; assenza di vessatorie barriere doganali tra stati o regioni; protezione contro la concorrenza estera e sovvenzioni governative dirette ed indirette.
A questi fattori fondamentali va aggiunto lo spirito di intraprendenza e l’atmosfera di ottimismo che, fin dall’inizio, caratterizzarono la nazione nordamericana.
La rivoluzione industriale si imperniò sul carbone, il petrolio, il ferro, e, più tardi, sull’elettricità.
L’afflusso di nuove energie lavorative continuò a soddisfare, in genere a buon mercato, le richieste di mano d’opera. Dalle fattorie e dai villaggi, dalle file delle donne e dei ragazzi, dalle popolose città italiane, austriache e polacche, milioni di lavoratori affluirono ai centri industriali.
Il Congresso si mostrava poco disposto a regolare le imprese private ed i tribunali garantivano una sostanziale immunità alle leggi restrittive fatte dai singoli stati. In realtà fino dall’inizio del nuovo secolo la filosofia del “brutale individualismo” non subì nessun varo attacco.
• Ferro ed acciaio
I rapporti tra tutti questi fattori li possiamo studiare in quello che si dimostrò come il più importante capitolo dello sviluppo industriale dell’America: la storia del ferro e dell’acciaio.
Le prime fonderie e ferriere furono però ben piccola cosa e le prospettive di una maggior produzione non erano incoraggianti. Avvenne allora una delle rivoluzioni più drammatiche nella storia dell’industria.
Nel 1844 alla frontiera tra Wisconsin e Michigan si scoprì, notando che gli aghi delle bussole si agitavano pazzamente, l’esistenza di grandi strati affioranti di minerale nero. Subito centinaia di frenetici cacciatori di fortuna si riversarono in quelle zone deserte, accampando diritti sul rame e sul ferro. Il trasporto del pesante minerale era effettuato per via fluviale, dopo la costruzione di canali artificiali.
Intanto i cinque fratelli Merritt di Duluth scoprirono la Mesabi, la zona più favolosamente ricca di ferro del mondo. Questi giacimenti di ferro furono in gran parte l’origine della supremazia americana nella produzione del ferro e dell’acciaio. In seguito fu inventata la macchina per trasformare il ferro in acciaio.
Minerale di ferro, carbone e scienza resero possibile l’industria dell’acciaio, ma per assicurare il successo occorrevano intraprendenza, capacità e capitali: Andrew Carnegie è il più grande personaggio della storia industriale nordamericana. Con giudiziosi investimenti in compagnie petrolifere, metallurgiche e ferroviarie aveva raggiunto già prima della trentina un reddito di 40-50000$ annui. Nel 1865 diede una chiara dimostrazione della sua preveggenza e del suo coraggio con la decisione di abbandonare tutti gli altri interessi per dedicarsi completamente all’industria del ferro. In pochi anni organizzò ed incamerò compagnie per la fabbricazione di ponti di ferro, di rotaie, di locomotive. Nacque così la Carnegie Company che crebbe vertiginosamente in un anno diventando la più importante industria siderurgica del mondo. Quando con il passare degli anni, aumentò la concorrenza con le altre industrie, Carnegie decise di fondersi con le altre importanti compagnie formando così la United States Steel Corporation.
• Trusts e monopoli
L’organizzazione delle Steel Corp. illustra un processo maturando nel corso di 30 anni e che doveva continuare inalterato fino ai giorni nostri: la coalizione di imprese industriali indipendenti in imperi confederati o accentrati.
Nel corso della generazione successiva, metà degli affari dell’intera nazione saranno rappresentati da 200 grandi “corporazioni”, mentre l’altra metà farà capo a 300000 aziende minori.
Astuti uomini d’affari si resero conto che, se fossero riusciti a far entrare le ditte concorrenti in un’unica organizzazione, avrebbero potuto ridurre i costi di produzione e, quel che più conta, controllare i prezzi. Inizialmente il mezzo per raggiungere tale scopo fu la “corporazione”; più tardi sorsero il “pool”, o cartello, ed il “trust”. Esso aveva un’esistenza permanente, il potere di emettere azioni ed obbligazioni, limitata responsabilità per quanto riguardava i debiti e, con le limitazioni statuarie, il diritto di fare affari in ogni parte del Paese.
Col tempo il termine trust passò ad indicare qualsiasi grande combinazione affaristica; la Standard Oil Company fu la società più all’avanguardia. Altri trust e monopoli seguirono rapidamente.
• Intervento del governo
Andrew Carnegie chiamava tutto ciò “democrazia trionfante”; altri erano pronti ad ammettere che qualcosa si trionfasse, ma non erano affatto sicuri che si trattasse della democrazia. Invero, quando ci si rese conto che gran parte delle ricchezze naturali, dell’industria, delle ferrovie e di altri servizi pubblici servivano al profitto di un pugno di uomini piuttosto che all’intera collettività, si cominciò a dubitare che la democrazia potesse durare.
I monopoli erano stati molto tempo considerati illegali; nel decennio 1880-90 molti stati approvarono leggi più severe ed alcuni giunsero sino a sciogliere i trusts che le avevano fatte più grosse. Ma, sciolto in uno stato, il trust si ricostruiva in un altro, dove le leggi erano più miti.
In seguito si susseguirono leggi anti-trust senza molto successo: le “corporazioni” si fecero sempre più forti e permangono tutt’ora.
ECONOMIA GENERALE
• AGRICOLTURA
Gli Stati Uniti sono ancora oggi il paese Leader mondiale in molti settori dell’agricoltura. Oltre a soddisfare il fabbisogno alimentare interno, i prodotti agricoli rappresentano una voce importantissima nel mercato delle esportazioni.
L’attività è oggi praticata in grandi imprese meccanizzate che riforniscono sia i mercati urbani sia le aziende di trasformazione alimentare.
Le colture maggiormente coltivate sono quelle del grano, del mais, del tabacco e del cotone.
Le maggiori produzioni sono quelle di cereali, foraggio, patate e barbabietola da zucchero.
Una voce di grande rilievo, nell’economia del paese, è inoltre rappresentata dall’allevamento, che alimenta una fiorente industria lattiero- casearia.
• RISORSE MINERARIE
Gli Stati Uniti sono una fra le prime nazioni al mondo per il valore della produzione annua di minerali, concentrata principalmente in Texas, Alaska e California.
I prodotti principali minerari sono i combustibili. In ordine di valore: il petrolio, il gas naturale ed il carbone.
Il Texas, l’Alaska e la Louisiana sono i tre principali stati produttori di petrolio.
Negli Stati Uniti si estraggono inoltre diversi minerali tra cui rame, oro, calce, zinco, sabbia e ghiaia.
Il Nevada e la California sono i primi fra gli stati produttori d’oro.
• INDUSTRIA
Gli Stati Uniti sono leader mondiali per il valore della loro produzione industriale. Sebbene l’industria continui ad essere un settore cruciale per l’economia statunitense, la sua importanza è tuttavia diminuita a partire dalla fine degli anni Sessanta.
Il cuore della produzione industriale statunitense è rappresentato dal Nord- Est ed in particolare dallo stato di New York.
Le principali categorie di manufatti industriali sono rappresentate da prodotti chimici, mezzi di trasporto, prodotti dell’industria alimentare, macchinari ed attrezzature elettroniche.
L’industria delle apparecchiature elettroniche comprende i settori della produzione di strumenti elettrici industriali, di elettrodomestici, di apparecchi radio e televisivi, di componenti elettronici e dispositivi per la comunicazione.
Le industrie grafiche ed editoriali sono molto diffuse ed in tutto il paese vengono pubblicati numerosissimi giornali. In questo settore lo stato di New York, con la sua industria libraria, è al primo posto.
L’industria cartaria è importante soprattutto in quegli stati che possiedono considerevoli risorse forestali (in particolare legno di conifere) sfruttate per la produzione di carta come ad esempio New York, Washington e la Pennsylvania.
Gli altri principali settori industriali sono quello tessile, dell’abbigliamento, del legname, e del tabacco.
• TRASPORTI
Lo sviluppo delle reti di comunicazione ha avuto un ruolo fondamentale nella crescita degli Stati Uniti.
Allo sviluppo dei collegamenti via terra, un tempo rappresentato da strade non asfaltate, seguì la creazione di numerosi canali per collegare tra loro i fiumi navigabili.
Il trasporto aereo iniziò a competere con gli altri mezzi dopo la prima guerra mondiale. Il servizio passeggeri ebbe un certo sviluppo nei tardi anni Venti, mentre il trasporto merci via aerea si affermò soltanto dopo la seconda guerra mondiale. Oggi il trasporto delle merci avviene principalmente per ferrovia e, in misura minore, per vie d’acqua.
La rete dei trasporti si estende su tutto il paese, ma è molto più fitta nella parte orientale degli Stati Uniti, dove si trovano le maggiori concentrazioni urbane ed industriali.
Gli Stati Uniti possiedono una marina mercantile relativamente ridotta. Il principale porto statunitense è quello di New Orleans, in Louisiana.
Le vie d’acqua interne sono rappresentate dal fiume Mississippi che costituisce una rete importantissima per il traffico commerciale.
• FLUSSI MONETARI E COMMERCIO
La valuta americana è il dollaro, diviso in cento cents (centesimi).
Gli Stati Uniti sono la prima nazione al mondo per quanto riguarda il commercio con l’estero. I principali di esportazione sono macchinari, mezzi di trasporto, metalli grezzi, prodotti agricoli e tessili, prodotti chimici ed i carburanti.
• TURISMO
Il settore rappresenta una risorsa importante per l’economia del paese che ha sviluppato valide strutture ricevitrici in ogni stato. Il turismo negli Stati Uniti, facilitato dall’estesissima rete stradale e dall’efficienza dei trasporti, è attratto in particolare dalle metropoli di New York, Chicago, Los Angeles e San Francisco e dai numerosi luoghi di grande interesse paesaggistico quali i parchi e le riserve naturali.
ECONOMIA NEI PAESI ISLAMICI
La maggior parte dell’economia dei paesi islamici si basa sull’estrazione del petrolio, una risorsa presente in quantità enormi nei loro territori. Oltre al petrolio sono paesi con un’economia, quando è possibile, agricola. Quando è possibile perché, soprattutto nei paesi fondamentalisti quale l’Afghanistan, l’economia è fortemente influenzata dalla religione praticata cioè l’islam. Ad esempio le donne non possono lavorare, non esiste un’industria discografica di nessun genere, essendo proibito cantare, ed, essendo paesi spesso in guerra, l’economia non ha il tempo di svilupparsi. Insomma sono paesi basati su di una non economia, in cui l’unica fonte di sostentamento per i contadini è la coltivazione del papavero da oppio o gli aiuti umanitari dagli altri paesi.
In paesi a regimi più moderati, come l’Arabia, l’economia è più florida. L’estrazione del petrolio è stata, fin dalla fine del secondo conflitto mondiale, oggetto di sfruttamento da parte dei paesi occidentali. In una prima fase i paesi islamici, non avendo capitali e tecnologie adeguate, affidarono l’estrazione e la raffinazione del petrolio alle grandi società petrolifere occidentali che, appoggiate dai propri stati, utilizzarono tutti gli strumenti economici per poter estrarre liberamente le quantità di petrolio necessarie per lo sviluppo economico dell’occidente. Tutto questo portò ad un rapido arricchimento delle famiglie regnanti dei paesi produttori e, quindi, ad un controllo da parte dei paesi occidentali della politica medio orientale. I paesi islamici hanno perciò indirettamente finanziato lo sviluppo di quelli industriali, ma senza ricavarne vantaggi per le loro economie interne.
Questa prima fase di sfruttamento è stata seguita da un’ondata di emancipazione, che ha portato i paesi arabi a rendersi più indipendenti dal punto di vista economico. Nel 1960 venne fondata l’OPEC, un’organizzazione che riunisce le nazioni esportatrici di petrolio, comprese quelle asiatiche e latino-americane. L’OPEC venne fondata nel momento in cui i singoli stati, con colpi di stato, rovesciarono le monarchie corrotte e iniziarono a gestire in proprio la gestione e l’estrazione del petrolio, imponendo ai paesi occidentali prezzi più concorrenziali. Ma nonostante tutto questo il petrolio, fino al 1973, venne pagato solo 1,2 dollari al barile!
Sullo sfondo della tensione economica tra nazioni arabe e occidente, s’inseriscono le guerre arabo- israeliane. La guerra del 1973 tra Egitto e Israele spinse i paesi produttori ad usare contro l’occidente l’arma del petrolio, bloccandone per un dato periodo l’esportazione, e, aumentandone enormemente il prezzo. Solo verso gli anni 80 la situazione si risistemò, con il ritrovamento di nuovi giacimenti nel mar del nord e la razionalizzazione dei consumi. In seguito a questi avvenimenti è aumentato notevolmente il reddito pro capite dei paesi produttori di petrolio, anche se in realtà le statistiche derivano dalla media tra il reddito altissimo di pochi e quello bassissimo di molti.
Nonostante la ricchezza e gli sforzi compiuti da molti dei governi arabi per industrializzare i propri paesi, negli anni del boom del petrolio non è stato facile impiantare in loco attività industriali. Questa difficoltà ha quindi spinto i paesi arabi, dove le famiglie più potenti hanno accumulato ricchezze tali da poter influire sull’economia internazionale, a spostare i capitali del petrolio verso i paesi occidentali ed anche ad usarli per l’acquisto di prodotti bellici (l’Italia fu uno dei paesi tra i grandi esportatori di armi).
Si può quindi concludere che i capitali affluiti dal nord industriale verso i paesi arabi per acquistare il petrolio, sono poi in gran parte ritornati nei paesi industrializzati ed è su questo sfondo socio- economico che, dal 1979, si è sviluppato il fondamentalismo islamico.
AFGHANISTAN
• CITTA' PRINCIPALI: Kabul(capitale), Kandahar, Herat, Mazar- i- Sharif, Jalalabad, Kynduz, Baghlan, Maimana, Ghazni, Charikar, Laskargah, Taluquan.
• LOCAZIONE: Asia Meridionale.
• CONFINI: Il Pakistan ad Est e a Sud, Cina ed Iran ad Ovest, Tagikistan ed Uzbekistan a Nord.
• LINGUE: Pashto, Dari, Uzbeko e Turkmeno.
• RELIGIONI: Musulmana sunnita 84%, musulmana sciita 15%
• MONETA: Afghani
• MONTE PRINCIPALE: Noshaq 7486m
• FIUMI PRINCIPALI: Helmand, Amu Darya con Darya-ye-pany.
• LAGHI: Hamun-e-saberi,Istada.
• GOVERNO: Governo autoproclamato dei Talebani che dichiara l'emirato islamico dell'Afghanistan.Nessuna Costituzione.
I CARATTERI REGIONALI
• I paesaggi alpini dell'Afghanistan centro-orientale.
La catena dell'Indukush interessa, con le sue numerose diramazioni, buona parte del Paese, tanto da costituire una regione a sé per la più elevata altidudine e per i paesaggi, dominati dalle alte creste montuose. Però, nel complesso, l'Afghanistan centrale ha piuttosto i caratteri di un vasto altopiano ondulato, interrotto da catene elevate e dalle lunghe e spesso profonde depressioni vallive.
Particolarmente aspro, impervio si fa il paesaggio nel Wachan, lo stretto corridoio che si incunea tra il Pakistan e l'URRS, e nel Badakishan; qui l'Indukush tocca la sua massima quota, fuori però dai confini afghani.
• La Battriana e il Khorasan.
A Nord le montagne dell'Indukush digradano alquanto bruscamente verso le pianure steppiche della Battriana.
Nella parte settentrionale la Battriana assume aspetti desertici,con zone spesso cosparse da dune e sabbie mobili; tuttavia, verso il pedemonte e lungo i fiumi, essa diventa fertile e piu' abitata, con ricche e frequenti zone agricole a carattere d'oasi, che ne fanno la regione economicamente piu' produttiva di tutto il Paese.
Il Khorasan afghano é una vasta regione steppica, con prevalenza di altipiani che scendono a Sud verso la zona depressionaria del Sistan, interrotti dai greti asciutti dei corsi d'acqua e, nelle aree piu' meridionali, da vaste distese saline e da vaste paludi salmastre.
• Le steppe meridionali e il deserto del Registan.
L'Afghanista meridionale é un vasto tavolato mesozoico che, percorso nella zona centrale dell'Helmand, inclina verso Occidente e verso il vasto bacino salmastro del Gaud-i-zirreh, posto a 469m.A nord l'altitudine é di 1500m.
Ad est dell'Helmand il paesaggio si fa decisamente desertico: é il Registan, la regione più calda e arida dell'Afghanistan. I pochi centri abitati sono raccolti lungo l'Helmand o all'interno, nelle oasi, che si fanno naturalmente piu' frequenti ai piedi delle montagne meridionali. Il paesaggio vegetale é poverisssimo: il Registan presenta un vuoto floristico, mentre nel resto del teritorio domina la steppa.
• Il clima.
I venti, data la chiusura montagnosa del Paese, non hanno né direzione costante, né molta intensità.
Precipitazioni molto scarse (150-200mm) si registrano nella depressione di Jalalabad.
Decisamente arido, con valori pluviometrici inferiori ai 100m, é il clima della Battriana e del Registan.
L'Afghanistan settentrionale, meridionale e centrale é dominato dalla steppa arbustiva. Al di sopra dei 300m si trovani molti prati.
Il clima é generalmente arido e semiarido, con inverni freddi ed estati calde.
ECONOMIA
L'agricoltura é il settore economico fondamentale, ed occupa il 70% della popolazione oltre a fornire la maggior parte delle esportazioni e delle materie prime.
La coltivazuine del mais tende a rimanere stazionaria come pure la coltura delle altre piante cerealicole. L'orzo viene coltivato fino a 3400m.
Dovunque é diffuso il miglio, tipico prodotto dei seminomadi per il suo breve ciclo vegetativo. Nelle zone irrigate di Jalabad, Methar, Lam, Kanabad e Kandahar infine si produce il riso.
Comune in tutti gli orti afghani é il melone .Tra le colture legnose vi sono la vite, i pruni, i meli, gli albicocchi ed i peri.
L'allevamento presenta un'attivita' molto importante. I montoni e le capre sono gli animali che meglio di adattano all'ambiente povero della steppa. Notevole è la produzione di lana.
I bovini, che appartengono a razze poco pregiate, risentono della mancanza di foraggi, ma hanno pur sempre un posto notevole tra gli animali d'allevamento.
Nella Battriana continua l'antica tradizione dell'allevamento di cavalli e cammelli.
L'Afghanistan possiede molte risorse minerarie come carbone, cromo, ferro, argento, oro, fluorite, talco, mica, rame, sale e lapislazzuli.
Considerevole lo sfruttamento dei metani la ciu produzione é esportata mediante gasdotto verso l'URRS.
Sono in produzione, nella regione settentrionale, alcuni piccoli giacimenti di petrolio.
L'industria tessile e quella alimentare dominano fra le attività del settore secondario.
Pur essendo l'Afghanistan interessato da notevoli correnti di traffico, fino a pochi anni fa non esistevano moderne arterie percorribili in ogni stagione. Dapprima con l'aiuto tecnico e finanzioario di USA ed URRS e, successivamente, ad opera di quest'ultima la rete stradale ampliamente allargata anche per facilitare gli spostamenti delle truppe e il rifornimento delle guarngioni.

EBRAISMO
La religione ebraica è la madre di tutte le confessioni bibliche come il cattolicesimo, il protestantesimo, il maomettanesimo; queste religioni preparano la strada all'avvento dei Messia.
Per ebraismo si intende quel determinato aspetto della storia ebraica che, sorto e sviluppatosi nell'esilio babilonese, ebbe la svolta definitiva nel 70 d.C. con la distruzione del tempio di Gerusalemme.
• Storia degli ebrei
Esisteva nell'area della Mezzaluna fertile intorno al secondo millennio a.C., un gruppo di tribù che in parte avevano le stesse origini e le stesse caratteristiche. Esse erano nomadi e del nomadismo conservarono poi tutte le caratteristiche.
Queste popolazioni non avevano particolari diritti e doveri e lavoravano i campi dei luoghi in cui si trovavano, come braccianti, e combattevano in guerra come mercenari. Non erano ancora monoteisti ma credevano in tanti idoli, nei propri antenati, e avevano la concezione di un Dio che governava tutti gli altri, chiamato Hapiru. Il loro nome (Ebrei) non implica l'appartenenza ad un popolo, quanto piuttosto una determinata condizione sociale. Il popolo ebraico, però, si divise in due gruppi di tribù.
II primo proveniva da Ur dei Caldei ed era guidato secondo la tradizione da Abramo. Egli è rappresentato come un protagonista nelle più importanti narrazioni delle origini del popolo d'Israele. Essi credevano nella PROMESSA, in altre parole la salvezza, e nelle STORIE DEI PATRIARCHI ovvero la Bibbia ebraica.
Il secondo gruppo arrivava dall'area egizia e la loro storia antica vuole che sia Mosè la loro guida intorno al 1250 a.C., che li guidò nel viaggio di ritorno per vent'anni fino in Palestina, la terra Promessa. Essi, infatti, credevano nell’ESODO, ovvero la liberazione dalla schiavitù egizia e nell’ALLEANZA ovvero un patto tra tutte le tribù. Il popolo Ebreo, appena liberato dalla schiavitù egiziana, doveva ancora crearsi tutte le istituzioni politiche, giuridiche e sociali, quindi la Legge rappresenta per questo popolo anche una legislazione, oltre che ad una raccolta di precetti religiosi e morali quali l'applicazione della giustizia, il trattamento degli schiavi, l'ordinamento della guerra e la legge del taglione "Occhio per occhio dente per dente". Ed è anche in questo periodo che ad Israele viene offerto il decalogo poiché il popolo non avesse dovuto correre il rischio di tornare a comportarsi come coloro che non avevano ricevuto la liberazione e cioè come gli Egiziani. Arrivati nella terra di Canaan gli Ebrei vi trovarono un popolo già sedentario ben organizzato: i Cananei. Israele dapprima attaccò il popolo cananeo con azioni di guerriglia, ma poi vedendo che il nemico militarmente era troppo forte cercò di arrivare alla conquista del territorio con l'astuzia. Queste, seconde narrazioni guerrigliesche è il periodo dei Giudici (dal dodicesimo all’undicesimo secolo a.c.) cioè capi che venivano eletti solamente in tempi critici che però non avevano potere come un re ma il loro incarico era personale, quindi non trasmissibile.
Nel 1000 a.C. il primo re d’Israele fu Saul che riuscì ad unificare i filistei e le città cananee ma solamente David sconfisse definitivamente i filistei e portò la capitale ed il santuario a Gerusalemme. Il suo successore Salomone fece costruire il tempio rendendo Gerusalemme centro religioso dei "figli d'Israele". Alla sua morte il regno che si estendeva dall'Eufrate all'Egitto si divise nel regno d'Israele al nord e regno di Giuda al sud. Dopo due secoli di alterne vicende nel 722 a.C. il regno d'Israele fu invaso e distrutto da Salmanassar di Assiria.
Il regno di Giuda resistette ancora un secolo e mezzo circa, tra crisi e riprese religiose, fino a che nel 586 a.C. Gerusalemme fu distrutta da Nabucodonosor e i suoi abitanti vennero deportati come avevano annunciato i profeti; e da qui ha inizio la Diaspora ovvero la dispersione della comunità ebraica all'interno dell’impero mantenendo però tradizioni storiche e religiose nel corso dei secoli.
L'editto di Costantinopoli e la cristianizzazione dell'impero romano segnano l'inizio delle sistematiche persecuzioni contro gli Ebrei.
Essi si chiudono nella loro fede, nello studio dei loro libri e resistono attraverso i secoli. Nell'impero bizantino la loro posizione è difficilissima. In quasi tutta l'Europa, la situazione, dopo alterne vicende, peggiora all'epoca della prima crociata (fine sesto secolo). Le persecuzioni raggiungono la massima intensità nel periodo della peste nera (1 348-50); si impongono quartieri separati e l'uso di segni di riconoscimento.
Anche in Italia si istituiscono i ghetti cioè, quartieri o vie riservate esclusivamente alle dimore delle famiglie della comunità israelita. Quindi per questo motivo le comunità si impoveriscono. In Francia, Olanda, Inghilterra gli Ebrei vengono riammessi, in Germania e in Austria le condizioni migliorano. Durante e dopo la prima guerra mondiale si verificano nuove persecuzioni specialmente in Europa orientale. L'affermarsi del nazionalsocialismo con la dittatura di Hitler in Germania (1933), l'invasione nazista in Europa (1936), provocano una nuova persecuzione di proporzioni mai raggiunte: durante la seconda guerra mondiale non meno di sei milioni di Ebrei europei persero la vita nei campi di concentramento e nelle camere a gas. Attualmente le ideologie razziste sono state sconfessate da tutti i paesi civili; la chiesa cattolica nel concilio Vaticano secondo, ha modificato il suo atteggiamento nei riguardi degli Ebrei. La creazione dello stato d'Israele (1948) consente agli Ebrei, che lo desiderino, di ritornare alla terra degli avi. Gli Ebrei sono attualmente quattordici milioni, di cui sei milioni in America, tre milioni e mezzo nello stato d'Israele e trentacinque mila in Italia
• La Bibbia Ebraica
Gli Ebrei dividono i loro Scritti Sacri in tre parti: la LEGGE, I PROFETI e GLI SCRITTI.
Il canone biblico è l'elenco ufficiale dei libri ritenuti "Parola di Dio".
Lungo i secoli, all'interno della comunità israelita, sono stati definiti due elenchi di libri ritenuti sacri:
• Il canone Palestinese che comprende 39 libri (primo canone).
• Il canone Alessandrino che comprende 39 libri più sette libri cioè Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruc e Maccabei.
II canone si formò a mano a mano che veniva accettato dalla comunità e dall’autorità. Naturalmente ciò venne eseguita per gradi:
a) accettazione da parte della comunità come normativo per la fede;
b) libri che venivano letti ed utilizzati nelle sinagoghe;
c) libri ritenuti dai rabbini capaci di trasmettere un'impurità- sacralità.
La comunità israelita ha stabilito definitivamente, verso la fine dei primo secolo d.C. di riconoscere come testi sacri per Israele sono quelli contenuti nel canone breve, cioè quello palestinese.
Mentre gli Ebrei raccolgono i testi sacri nella Legge, nei Profeti e negli Scritti, i cristiani suddividono I' Antico Testamento in Pentateuco, Libri Storici, Libri Profetici e Libri Sapienzali.
• La vita religiosa
La nascita di un bambino, per gli Ebrei è ritenuta un’obbedienza ad un comandamento divino. Se il bambino è maschio viene circonciso nel suo ottavo giorno di vita. All'età di tredici anni il ragazzo diventa maggiorenne dal punto di vista religioso con il Bar Mizvah e da questo momento egli è adulto e può fare parte della società con vari diritti e doveri. Per l'ebreo anche il matrimonio è un comandamento.
Al momento del decesso di un Ebreo viene annunciata la morte e il figlio maggiore, davanti alla tomba reciterà il Kaddish, la benedizione che proclama la Santità del Nome.
Quando l'Ebreo prega da solo deve compiere il rito per tre volte il giorno: mattino, pomeriggio e sera. Egli prega con la testa e le spalle ricoperte dal Talieth cioè uno scialle. Al braccio sinistro e sulla fronte porta legate con filatteri piccole scatole di cuoio. Quando invece prega in comunità svolge la preghiera nella sinagoga, che è guidata dal rabbino ma bisogna avere più di tredici anni per poter partecipare alla preghiera, quindi bisogna essere maggiorenne.
• Le feste
Tre sono le feste principali celebrate dagli Ebrei:
• La festa di Pasqua che si celebra in corrispondenza della prima domenica dopo il plenilunio di primavera in cui si ricorda la fuga dall'Egitto e avviene l’offerta dell’agnello.
• La festa della Pentecoste che si celebra sette settimane dopo la pasqua e si ricorda l'alleanza
• La festa delle capanne che si celebra a fine estate e ricorda il lungo periodo di pellegrinaggio prima di arrivare alla Terra Promessa.
Altri giorni festivi sono il sabato ovvero il giorno del Signore, e la festa dei Tabernacoli che ricorda il soggiorno di quarant'anni nel deserto dopo l'uscita dall’Egitto.

CATTOLICESIMO
• Storia e origini del cattolicesimo
E’ la confessione cristiana che conta il maggior numero di aderenti – circa un miliardo, pari a quasi il 20% dell'intera popolazione mondiale – e attribuisce il ruolo di autorità suprema al Papa, vescovo di Roma. Il termine "cattolico", di origine greca, significa "universale" e veniva già utilizzato nei primi secoli dell'era cristiana per designare la Chiesa in contrapposizione alle eresie e alle tendenze settarie. Il cattolicesimo è l’insieme delle credenze religiose, dei principi fondamentali e delle dottrine, delle istituzioni e delle pratiche di culto che distinguono dalle altre confessioni e Chiese cristiane la Chiesa cattolica apostolica romana. Nel corso della storia, in particolare con la Riforma protestante, l'aggettivo "cattolico" venne a designare la confessione della Chiesa romana che si considera tradizionalmente l'unica erede legittima, per mezzo della successione vescovile che risale fino a san Pietro, del mandato e del potere conferito da Cristo ai dodici apostoli. Confessione maggioritaria in alcuni paesi d'Europa (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Polonia) e in America latina, il cattolicesimo è diffuso in tutto il mondo.
Nei secoli che precedettero la nascita delle Chiese ortodosse, la storia del cattolicesimo si identifica sostanzialmente con la storia del cristianesimo: è la stessa Chiesa di Roma a richiamarsi a quella tradizione i cui elementi appaiono già nitidamente delineati nei primi secoli della nostra era, con l’emergere della figura dei vescovi.
Nel V secolo Leone I assume un ruolo di particolare rilevanza anche in ambito politico con la lotta per le investiture, dalla quale il papato uscì rafforzato nel suo ruolo, definito sulla base del diritto canonico, di potenza spirituale e temporale.
Dalle chiese nate dalla riforma, il cattolicesimo si differenzia perché pone la tradizione apostolica di cui la chiesa docente si afferma esclusiva interprete con l’assistenza dello Spirito Santo, accanto alla Scrittura.
La questione del primato del Papa sta alla base della controversia con le Chiese orientali; inoltre, motivi di ulteriore divisione all'interno dello scisma del 1054 nacquero con le vicende legate alle crociate. Motivi politici e teologici portarono successivamente, nel XVI secolo, alla separazione delle Chiese protestanti, con la conseguente reazione cattolica resosi concreto nelle molteplici richieste della Riforma cattolica e nella Controriforma, momento di riaffermazione solenne dei principi teologici e normativi del cattolicesimo. La frattura sempre più vistosa fra la tradizione religiosa e le richieste del pensiero moderno scaturite dall'Illuminismo e dalla Rivoluzione francese hanno indotto nella Chiesa un processo di riflessione culminato nel concilio Vaticano II, che nel dialogo con il pensiero moderno ha visto uno dei campi fondamentali per l'impegno ecclesiastico, accanto all'ecumenismo. In quest'ultimo campo si sono avuti risultati significativi con un riavvicinamento effettivo fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse e protestanti. Momento fondamentale della storia del cattolicesimo sono i concili ecumenici, solenni assemblee che riuniscono i vescovi di tutto il mondo al fine di elaborare ufficialmente definizioni di fede. La frattura sempre più vistosa fra la tradizione religiosa e le sollecitazioni del pensiero moderno scaturite dall’illuminismo e dalla Rivoluzione francese ha indotto la Chiesa a un processo di riflessione e di superamento della tradizione dialettica culminato nel concilio Vaticano II, che nel dialogo con il pensiero moderno ha visto uno dei campi fondamentali per l’impegno ecclesiastico, accanto all’ecumenismo. Quest’ultimo ha ottenuto risultati significativi con un riavvicinamento effettivo fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse e protestanti. In tempi più recenti il cattolicesimo ha conosciuto il moltiplicarsi di associazioni di educazione, assistenza e di azione missionaria in Asia, Africa, America, e nel XX secolo l’innovazione degli “istituti secolari”, nati in funzione delle esigenze morali e materiali emergenti dalla nuova società con le sue tensioni sociali e ideologiche, e le sue inquietudini. Nel frattempo la Chiesa moderna ha allentato l’irrigidimento delle proprie strutture giuridiche e dottrinali, aprendosi così a nuove richieste non solo organizzative, ma anche culturali.
Cattolicesimo liberale Termine che indica una tradizione politica e teologica attiva nel XIX secolo prevalentemente in Italia. Trova i suoi referenti storici nel movimento giansenista.
Dopo la Rivoluzione francese, a fronte di una maggioranza di cattolici intransigenti che avevano assunto una posizione di ripudio dei princìpi rivoluzionari, si enucleò una corrente, minoritaria, di cattolici favorevoli al confronto con i valori della cultura liberale e democratica, e che cercavano una possibilità di conciliazione con la Chiesa e con la religione. Tra i cattolici liberali italiani spiccano i nomi di Alessandro Manzoni, Gino Capponi, Niccolò Tommaseo, Antonio Rosmini e Bettino Ricasoli. L'esponente di punta in Francia fu Félicité- Robert de Lamennais, che per le sue idee favorevoli alla separazione tra Stato e Chiesa venne condannato dalle gerarchie ecclesiastiche. Sia in Italia sia in Francia le posizioni dei cattolici liberali persero di vigore alla fine del XIX secolo per effetto del successo della riorganizzazione clericale e moderata del movimento cattolico. Al tempo stesso la tradizione cattolico- liberale alimentò nuove prospettive che confluirono nel cattolicesimo democratico-cristiano, rappresentato in Italia da Romolo Murri, scomunicato nel 1909, e dalla Lega democratica cristiana, condannata da un'enciclica di Pio X nel 1906.
Cattolicesimo orientale Chiese cristiane cattoliche orientali, che riconoscono, a differenza delle Chiese ortodosse e delle Chiese monofisite, il primato del Papa. Lungo fu il processo che condusse alla comunione fra queste Chiese orientali e la Sede romana: un secolo dopo lo scisma che nelle 1054 divise la cristianità orientale da quella occidentale, alcuni gruppi, come i maroniti e gli armeni, cominciarono a riunirsi con Roma, precorrendo le vicende che, nel XVI secolo, portarono alla formazione vera e propria delle Chiese cattoliche orientali: nel 1596 due vescovi ortodossi ucraini riconobbero il primato del Papa, come fecero successivamente i caldei e altre comunità di fedeli di rito bizantino tra il XVI e il XVIII secolo, per arrivare infine all'unione dei malankaresi dell'India nel 1930.
Dotate di un proprio codice di diritto canonico, queste Chiese hanno ciascuna un proprio sinodo che affianca il patriarca nella giurisdizione e ha la facoltà di consacrare vescovi e di creare diocesi; tutti i patriarchi fanno inoltre parte della Congregazione romana per le Chiese orientali, che simboleggia, per così dire, la comunione dei singoli riti con il Sommo Pontefice.
• La religione cattolica
Ponendosi come erede diretta della più antica comunità cristiana, alla quale si sente legata da una continuità storica ininterrotta, la Chiesa cattolica si richiama a una lunga tradizione teologica che, dall'età degli apostoli e dei padri della Chiesa, giunge fino al Medioevo e all'età moderna, con una varietà di accenti e di metodi che intendono garantire l'universalità della Chiesa rendendola aperta a istanze sempre nuove. In questa prospettiva sarebbero da interpretare anche alcune svolte del recente passato del pensiero cattolico, come l'enciclica Divino afflante spiritu (1943) di papa Pio XII, nella quale il pontefice assumeva un atteggiamento positivo nei confronti dei moderni principi della critica biblica, e la partecipazione dei cattolici alle vicende del movimento ecumenico, con la conseguente apertura alle istanze e alle sensibilità provenienti dalle altre Chiese. Come le altre confessioni cristiane, anche la Chiesa cattolica considera la Bibbia il fondamento imprescindibile della propria fede. Tale era anche la posizione di san Tommaso d'Aquino, che definisce la Scrittura come fonte unica della teologia. Questo principio non impedisce tuttavia al cattolicesimo di fare proprie quelle definizioni dottrinali e quelle pratiche sacramentali, come ad esempio il battesimo dei bambini, che, pur non attestate nei libri biblici, si rifanno a una tradizione autorevole e risalente ad antica data, oppure sancita dai concili ecumenici. Fu proprio il concilio di Trento a riconoscere espressamente la funzione della "tradizione" e del magistero ecclesiastico come principio interpretativo, a garanzia della "retta fede", della rivelazione contenuta nei libri sacri, in reazione alla presa di posizione del protestantesimo, che escludeva dalla dottrina e dalla vita dei cristiani tutti quegli aspetti non direttamente fondati sulla Scrittura. Si basa inoltre sulla tradizione la dottrina della successione apostolica, principio in virtù del quale la Chiesa cattolica si ritiene depositaria dell'autorità ministeriale, che deriva da quella conferita da Gesù stesso agli apostoli, e che identifica nei vescovi i successori degli apostoli conferendo un ruolo di particolare rilievo al vescovo di Roma (il papa) in quanto successore di san Pietro, l'apostolo che, secondo il Vangelo di Matteo.
Sarebbe stato scelto da Cristo stesso come capo della Chiesa. Proprio la successione apostolica è il principio sul quale si fonda l'autorità che il papa e i vescovi – rappresentanti di quello che si dice il "magistero" cattolico – esercitano sui fedeli, garantendo la continuità della retta dottrina attraverso la loro opera d'insegnamento posta sotto l'assistenza dello Spirito Santo.
Tratto distintivo tradizionale del cattolicesimo è inoltre il culto tributato alla Vergine Maria, che ha avuto ulteriore e solenne motivo di legittimazione dalla definizione, nel 1854 per decisione di papa Pio IX, del dogma dell'Immacolata Concezione e dalla successiva proclamazione, nel 1950, da parte di papa Pio XII, del dogma dell'Assunzione. Per quanto oggetto di controversie e di ridimensionamenti imposti a più riprese dalla stessa gerarchia, rimane vivo nella Chiesa cattolica il culto dei santi, ai quali si riconosce il ruolo di intercessori presso Dio, in una continuità tra Chiesa celeste e Chiesa storica che viene riconosciuta come permanente e reale.
Momento fondamentale del culto cattolico è la celebrazione della Messa, incentrata sulla consacrazione dell'Eucaristia, a cui si affianca la proclamazione della Parola di Dio mediante la lettura di brani biblici. Nell'ambito della lunga storia della tradizione liturgica cattolica ha certamente rappresentato una svolta significativa il decreto Sacrosanctum Concilium, promulgato dal concilio Vaticano II il 4 dicembre 1963, in vista di una riforma sostanziale della struttura dei riti, con l'introduzione delle lingue vive in luogo del latino prescritto fino ad allora.
L'Eucaristia costituisce uno dei sette sacramenti e in essa i cattolici riconoscono la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino, in virtù della transustanziazione. Valore sacramentale hanno anche il battesimo, la confermazione e la penitenza, oltre al matrimonio, agli ordini sacri e all'unzione degli infermi.
La riforma liturgica promossa dal concilio Vaticano II, pur ribadendo la funzione essenziale della confessione dei peccati davanti al sacerdote, ha tentato di conferire rinnovato vigore a questa pratica, ridefinendola come "sacramento della riconciliazione", mentre, per quanto concerne il sacramento del matrimonio, il magistero ecclesiastico ha riaffermato con fermezza il carattere di indissolubilità del legame stabilito dai coniugi in piena libertà. Ne consegue dunque il rifiuto del divorzio da parte della gerarchia cattolica, nonostante i tentativi di elaborare forme volte a garantire la partecipazione alla vita della Chiesa ai fedeli che, divorziati e risposati civilmente, vengono considerati in una posizione irregolare dal punto di vista disciplinare.
Il cattolicesimo conosce anche numerose pratiche di devozione, molte delle quali, come il rosario, godono di un'ampia diffusione popolare. Oltre che nella catechesi, momento ritenuto fondamentale per l'insegnamento dei principi della fede, la Chiesa cattolica si è da sempre impegnata in campo educativo gestendo più o meno direttamente numerosi istituti, il cui riconoscimento ufficiale come organismi paritari rispetto alla scuola pubblica costituisce oggi in alcuni paesi, a cominciare dall'Italia, una delle istanze principali nell'ambito della dialettica che alla concezione laica dello stato contrappone il principio della libertà religiosa.
PROTESTANTESIMO
• Le origini del protestantesimo
Il protestantesimo è una delle tre confessioni maggiori del cristianesimo, accanto al cattolicesimo e all’ortodossia.
Il nome risale alla protesta che i principi e le città luterane della Germania elevarono all’assemblea di Spira (1529) contro la decisione di Carlo V e della maggioranza degli stati di dar esecuzione alla condanna di Lutero e di proibire le innovazioni da lui promosse.
Sin dai primi secoli dopo la morte di Gesù, i Cristiani non furono immuni da divergenze e discussioni; le correnti di dissenso vennero sempre più accusate di Eresia e combattute con le Crociate.
Molti gruppi religiosi che predicavano un ritorno alla fedeltà dovettero subire torture da parte dell’inquisizione romana; gli eretici che non si adeguarono all’autorità del Papa furono sterminati o deportati.
I motivi per cui ci furono tutti questi contrasti furono molti in particolare fu la Chiesa a creare i maggiori problemi: i Papi di quel periodo, tra cui Alessandro VI, Giulio II e Leone X, apparivano più re che pontefici, infatti, dedicarono molto più tempo alle funzioni temporali rispetto a quelle spirituali, in più Cardinali, Vescovi e Curati ne seguivano il cattivo esempio.
Tuttavia uno dei principali motivi di dissenso tra i credenti era la vendita delle Indulgenze, infatti, la Chiesa veniva pagata dai ricchi che volevano comprarsi il paradiso e in questo modo si arricchiva fortemente. Questa ricchezza contribuì anche alla costruzione della basilica di San Pietro.
Nel 1517 contro il sistema delle Indulgenze, e il potere temporale dei Papi, un monaco e teologo agostiniano, di nome Martin Lutero, raccolse il consenso di metà Europa ed espose novantacinque tesi che, oltre ad invitare la Chiesa a riformarsi, riguardavano una vasta schiera di argomenti religiosi.
Il tentativo, però, fallì: il Papa, infatti, non accettò le proposte di Lutero. Questa volta però si schierarono con Lutero e i riformatori anche molti Principi e Reali europei; tutti coloro che aderirono alle Tesi di riforma della chiesa di Lutero furono detti PROTESTANTI (Pro: a favore). In seguito, Lutero traduce la Bibbia nella lingua del popolo affinché tutti la possano leggere e interpretare. Dalla riforma in poi molti credenti reputarono giusto poter liberamente professare la propria fede in Gesù Cristo.
Una delle prime conseguenze della riforma fu lo Scisma: Enrico VIII decise di separare la Chiesa Inglese da quella Cattolica, assumendo come unica religione in Inghilterra quella Protestante, dando origine all’anglicanesimo, movimento religioso che fa capo alla Chiesa anglicana. Questa decisione da parte di Enrico VII venne presa anche per un motivo personale e cioè il ripudio della moglie Caterina. La chiesa anglicana si affermò successivamente anche negli Stati Uniti dando origine ad un gruppo chiamato avventista, che lottava contro il disordine
La prima fase della Riforma fu segnata da una serie di guerre nelle quali il motivo politico si legò strettamente a quello religioso, come nella guerra dei Trent’anni nel XVII secolo e nella guerra civile fra cattolici e ugonotti culminata nel 1572 con la notte di S. Bartolomeo. Nel 1685 gli ugonotti furono costretti a emigrare in massa in seguito alla revoca dell’editto di Nantes che garantiva loro la tolleranza al contrario dell’Inghilterra che trovava accordo tra puritani e anglicani.
Pochi anni dopo lo scisma di Lutero sorse a Zurigo un movimento di riforma indipendente e più radicale, guidato da Zwingli che codificò un rito ridotto all’essenziale, interpretando l’eucaristia come cerimonia puramente simbolica; questa forma di protestantesimo fu chiamata zwinglismo.
Successivamente a Lutero e Zwingli il riformatore più influente fu Giovanni Calvino, teologo francese che a Ginevra instaurò una riforma fondata su un ordinamento che prevedeva l’alleanza di stato e chiesa per assicurare moralità e ortodossia. Egli istituì un governo ecclesiastico e fondò influenti istituzioni educative; calvinisti erano pure gli ugonotti francesi e molti olandesi che si batterono per l’indipendenza della Spagna cattolica.
Una caratteristica delle chiese Protestanti è la libertà, infatti, proliferarono molte libere assemblee di credenti: Battisti, Luterani, Presbiteriani, Metodisti, Riformati, Valdesi e molti altri in tutto il mondo, tuttora in aumento.
Nel XIX secolo l’attività missionaria fece del protestantesimo un fenomeno diffuso in scala mondiale. Negli Stati Uniti si affermarono nuovi gruppi quali gli avventisti, o gruppi conservatori come il movimento di Oxford, della Chiesa anglicana, che riaffermò vigorosamente la tradizione cattolica: molti aderenti passarono alla Chiesa cattolica, mentre altri, detti anglocattolici, continuarono a far sentire la loro influenza nella Chiesa anglicana favorendo il ritorno a pratiche tradizionali. In campo sociale, gli evangelisti inglesi guidarono la protesta che portò all’abolizione della schiavitù nei domini britannici, impegnandosi poi negli Stati Uniti nella lotta al disordine sociale e alla prostituzione.
Dopo la seconda guerra mondiale si registra, accanto all’ascesa del movimento degli evangelici, sviluppa un moderato del fondamentalismo, una rinnovata attenzione ai problemi politici e sociali, con la partecipazione dei protestanti alle campagne pacifiste e alle lotte per i diritti civili, guidate negli Stati Uniti dal pastore battista Martin Luther King, mentre il movimento di tutto il mondo cattolico portò all’unione di molte confessioni protestanti e alla nascita del consiglio ecumenico delle Chiese nel 1948 promuovendo anche il dialogo interreligioso.
Purtroppo ancora oggi vi sono lotte, sotto forma di atti terroristici, tra Cattolici e Protestanti, soprattutto nell’Irlanda del Nord, dove “convivono” cattolici irlandesi e protestanti inglesi.
• La religione protestante
Secondo i Protestanti, la salvezza non dipende dai meriti dell’uomo, ma viene donata per grazia da Dio in Gesù Cristo: nella sua reincarnazione, morte e resurrezione; questa dottrina della giustificazione è il principio fondamentale del protestantesimo (da protestatio, la dichiarazione solenne dei diritti presentata dal partito luterano nel 1529), in opposizione al cattolicesimo. Gli insegnamenti che vengono dalla Bibbia sono gli unici vincolanti per la loro fede di credenti, infatti, da quando è nato il Protestantesimo essi traggono il loro modo di esprimere la fede dalle Scritture, dall’Antico e Nuovo Testamento grazie ai riformatori che le tradussero per renderle comprensibili a tutti in quanto vogliono rifarsi alla fede e alla struttura della Chiesa primitiva.
Da Cristo viene dato il perdono dei peccati e viene donata la giustizia che rende onesto davanti a Dio ciascun credente; il peccatore è giustificato per fede, senza le opere della legge, al contrario delle altre religioni.
La religione protestante è contraria al giubileo, alle indulgenze, ai pellegrinaggi ed altre forme di devozione e penitenza perché danno l’impressione che Dio non doni gratuitamente la salvezza, ma la “venda”. Inoltre, le figure come Maria o i Santi non vengono venerati: pur avendo il massimo rispetto per loro, i Protestanti credono solamente in Gesù Cristo e nella sua salvezza.
Il sacerdozio universale è una delle principali caratteristiche del Protestantesimo, cioè tutti sono chiamati a testimoniare il vangelo e quindi sul piano spirituale vi è uguaglianza sia tra fratelli che sorelle.
Nel protestantesimo non vi è la figura del prete, ma quella del pastore, cioè colui che ha delle conoscenze bibliche che mette a disposizione della propria comunità, pur essendo laico, cioè al contrario dei preti cattolici non è religioso e può sposarsi e fare figli. Inoltre il perdono dei peccati non avviene tramite la mediazione del pastore, ma durante il culto domenicale, perché solo Cristo è l’unico mediatore; per questo motivo anche la figura del Papa come rappresentante di Cristo è rifiutata dai protestanti sul piano ecclesiastico.
I sacramenti che il protestantesimo riconosce sono solo due che si rifanno direttamente a Gesù: il Battesimo e la Santa Cena (o Eucaristia), che generalmente viene fatta solo una volta al mese; questi sacramenti non sono mezzi di salvezza ma simboli che l’annunciano.
La liturgia protestante, in ogni caso, accompagna importanti momenti della vita, come il matrimonio e la morte, con preghiere derivate o ispirate soprattutto dalla Bibbia.
Ultimamente, solo gli anglicani hanno ripreso gran parte della liturgia cattolica.
L’ISLAM
E’ una religione fondata in Arabia all’inizio del VII secolo d.C. da Maometto, praticata oggi da circa un miliardo di fedeli e diffusa in tutti i paesi del Medio Oriente a eccezione di Israele, in Africa centro settentrionale e in Asia centrale.
La parola Islam indica il concetto di sottomissione assoluta all’onnipotenza di Allah, il Dio unico e invisibile: è una religione radicalmente monoteista (“ Non vi è altro Dio all’infuori di Allah, e Maometto è il suo profeta”).
Il seguace “musulmano” si considera sottomesso alla divinità unica e irraggiungibile e rispetta le regole dettate da Dio a Maometto.
Maometto fu il profeta per eccellenza e l’ultimo dei latori della rivelazione di Allah dopo Abramo, Mosè e Gesù. La tradizione musulmana considera Gesù come il più venerabile tra i profeti vissuti prima di Maometto e considera solo la sua natura umana; Maometto non si attribuì mai una natura sovrumana presentandosi unicamente come il profeta al quale Allah avrebbe consegnato il Corano tramite l’arcangelo Gabriele.
Essendo Maometto il fondatore di questa religione, bisogna dire che è vissuto nell’Arabia occidentale e predicò a questi abitanti, in maggioranza politeisti, la nuova fede rivelatagli dall’unico Dio. Il profeta riuscì a dar vita a Medina a una comunità politico-religiosa che sarebbe riuscita a imporre la propria autorevolezza in tutta l’Arabia.
L’istituzione del califfato, successore di Maometto alla guida della nazione islamica, rappresentò l’ambito privilegiato per la trasmissione delle rivelazioni divine comunicate oralmente dal profeta e registrate in forma scritta nelle 114 sure del Corano, accettate come definitive e immutabili. I passi del libro sacro costituirono il fondamento delle prescrizioni rituali ed etiche della comunità, che accostò alle parole e alle azioni del profeta anche alcune pratiche non testimoniate dal Corano: questa tradizione parallela, sunnah, rappresenta tuttora una fonte autorevole per i musulmani sunniti.
• MAOMETTO
Nacque a La Mecca intorno al 570 d.C. ; i suoi genitori morirono era ancora piccolo.
Si stabilì presso la ricca vedova di un mercante, Khadija, diventando suo amministratore e successivamente suo sposo. Solo dopo la morte della prima moglie si risposò più volte.
Maometto ebbe la sua prima esperienza profetica intorno ai 40 anni, sul monte Hira, dove gli apparve l’angelo Gabriele.
Alla morte di Maometto le rivelazioni furono raccolte per formare il Corano, ma non organizzate secondo un ordine.
Maometto fu contrastato dalla maggioranza dei cittadini, che lo accusavano di sovvertire la religione dei padri.
Nel 622 Maometto si trasferì a Medina; questo evento, noto come Egira, segnò l’inizio del calendario musulmano. A Medina venne fondata la prima comunità musulmana.
Nella comunità medinese vi era una prevalenza di musulmani che accettarono l’Islam per convinzione (le imposte erano minori). Pochi ebrei accettarono l’Islam e i rapporti con Maometto si deteriorarono al punto che egli finì per cacciarne o giustiziarne molti per complotto.
L’autorità di Maometto era anche dovuta a successi militari. Con il suo crescente prestigio personale, le tribù vicine cominciarono a stringere accordi con Maometto e ad accettare l’Islam. Nel 630 Maometto ebbe il controllo de La Mecca, i cui abitanti accettarono l’Islam.
Il prestigio e l’ autorità di Maometto si diffusero; nel 632 egli si recò per l’ultima volta da Medina a La Mecca per compiere il pellegrinaggio, perché poco dopo morì. Fu sepolto nella sua casa a Medina e sulla sua tomba sorse la seconda più importante moschea dell’Islam.
• SUNNITI
Rappresentano la maggioranza dei seguaci dell’Islam, sono caratterizzati da una tradizione rituale e dottrinale opposta a quella degli sciiti. Il nome deriva dal concetto deriva dal concetto di Sunnah, la tradizione più antica di norme etiche e morali, stabilite sulla base dei detti e degli atti di Maometto, noti come hadith e considerati, insieme al Corano, le fonti principali del diritto islamico.
Le raccolte scritte di hadith erano talmente numerose che soltanto quelle che potevano risalire ai discepoli del profeta vennero considerate autentiche.
Nacquero diverse scuole di pensiero, 4 delle quali sopravvivono tuttora: i malikiti (in Africa settentrionale e occidentale), gli shafiti (nel sud- est asiatico e in Africa occidentale), gli hanafiti (nelle regioni dell’impero ottomano) e gli hanbaliti (in Arabia Saudita).Alcune di queste correnti posero come obiettivo dell’Islam sunnita il raggiungimento di unità tra le diverse scuole.
L’Iraq fu il principale centro di diffusione della dottrina sannita e sede del califfato. I califfi negavano l’ eternità del Corano(sostenuta invece dai teologi) e, con l’abbandono di questa teoria venne riconosciuta l’autorità dei teologi in campo religioso, nonostante i califfi continuassero a esser considerati come guide simboliche della comunità sunnita.
Il dominio dei califfi di Baghdad sulla maggior parte del mondo islamico rese possibile il prevalere della dottrina sunnita su altre concezioni non supportate dall’autorità politica, e l’identità religiosa sopravvisse anche dopo il crollo del califfato e dopo diverse dominazioni.
• SCIITI
Sono i seguaci della corrente dell’Islam che si contrappone a quella dei sunniti per origini e concezione teologica. Adottarono una teologia basata sulla segreta essenza dell’Islam. Custodi di questa sapienza arcana sarebbero i legittimi discendenti di Ali (cugino e genero di Maometto e quarto califfo), venerati come imam, cioè “guide” della comunità dotate di poteri sovrannaturali, come l’infallibilità e la capacità di compiere miracoli, e garanti dell’esistenza dell’universo per mezzo della loro forza vitale.
Questa concezione, attribuendo agli imam caratteri divini, si discosta dalla visione dei sunniti, unanimi nel venerare in Maometto l’ultimo dei profeti, depositario della rivelazione definitiva della fede custodita tuttora dalle guide della comunità. Pur nell’accettazione dei fondamenti comuni della fede sciita questi gruppi, fra cui gli imamiti e gli ismailiti, hanno sviluppato pratiche e dottrine caratteristiche. Lo sciismo duodecimamo, che riconosce una successione di dodici imam, più noto come imamita, è religione di stato in Iran, Iraq e Pakistan. Lo sciismo settimamo, che riconosce una successione di sette imam, è più noto come ismailita. Duodecimami e settimami si differenziano anche nella condivisione dell’ulteriore formulazione teologica e sulla linea di successione degli imam: l’ultimo imam nascosto si manifesterà solo alla fine dei tempi . Gli imamiti egli ismailiti sono gli effettivi custodi della tradizione teologica originaria che li differenzia nettamente dai sunniti: infatti, per loro la saggezza suprema e arcana dell’imam garantisce la possibilità di un’interpretazione mistica del Corano. La tradizione dei sunniti considera come fonte unica e ufficiale di ogni norma giuridica le collezioni degli hadith, vale a dire le parole e gli atti di Maometto che completerebbero al rivelazione divina contenuta nel Corano, mentre gli sciiti attribuiscono valore normativo anche alle parole e alle azioni degli imam, e il pellegrinaggio alle loro tombe è considerato, accanto al grande pellegrinaggio a La Mecca, uno dei cinque pilastri dell’islam.
• GERUSALEMME
Capitale e città maggiore di Israele è considerata come città santa di tre delle maggiori religioni mondiali: ebraismo, cristianesimo e islam. Dal 1948 fino al 1967 fu divisa tra Israele, che controllava Gerusalemme ovest, e la Giordania, che controllava Gerusalemme est comprendente la Città Vecchia. Nel 1967 Israele occupò Gerusalemme est nel corso della guerra dei Sei giorni. Da allora, l’intero perimetro della città è sotto l’amministrazione israeliana. La popolazione è divisa con una maggioranza di ebrei israeliani e una minoranza di arabi palestinesi.
La concentrazione maggiore di siti storici e religiosi ha sede nella Città Vecchia. La zona può essere suddivisa in quattro quadranti che portano il nome delle comunità etniche che tradizionalmente li occupano: musulmana, ebraica, cristiana e armena.
La città vecchia è sacra per gli ebrei in quanto simbolo storico della patria ebraica e capitale del primo regno ebraico, sacra per i cristiani in quanto teatro degli ultimi giorni sulla terra di Gesù Cristo e infine sacra per i musulmani in quanto sito dell’ascesa al cielo del profeta Maometto.
Tra i monumenti principali si ricordano la chiesa cristiana del Santo Sepolcro, eretta sul luogo tradizionalmente considerato la tomba di Cristo; il Muro del Pianto, luogo sacro per gli ebrei; la moschea musulmana della Cupola della Roccia, costruita sul luogo dell’ascensione al cielo di Maometto; la moschea di al-Aqsa, uno dei santuari più importanti dell’islam; e la Cittadella.
• Storia recente
Nel 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò il piano che prevedeva l’internazionalizzazione di Gerusalemme, sotto il controllo delle Nazioni Unite, per favorire la convivenza di ebrei, cristiani e musulmani e consentire l’accesso ai luoghi sacri da parte dei fedeli delle tre religioni. Nel 1950, dopo la guerra dei Sei giorni, Gerusalemme fu scelta quale capitale di Israele. L’annessione venne ufficializzata nel 1980 con un decreto che proclamava Gerusalemme capitale “unita e indivisibile” di Israele.
Le tensioni scaturite da questa situazione hanno contraddistinto i rapporti tra il governo israeliano e la popolazione araba di Gerusalemme nell’ultimo trentennio.
Nel 1993 un accordo di pace tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ha posto le basi per un negoziato sul futuro status politico della città.
• LA MECCA.
Città dell’Arabia Saudita occidentale conosciuta soprattutto come città natale di Maometto e come luogo sacro del mondo musulmano. Viene visitata ogni anno da un gran numero di pellegrini, che in base alle prescrizioni del Corano sono tenuti a fare un pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita. L’ingresso alla città è vietato ai non musulmani.
Cuore de La Mecca è la Grande Moschea che rinserra un cortile quadrato capace di 35000 persone, circondato da porticati e chiostri e ornato da sette minareti, al quale si può accedere attraverso ventiquattro porte e al cui centro si trova la Kaaba, un piccolo edificio cubico di pietra che contiene la Sacra Pietra Nera. Quest’ultima fu consegnata, secondo la tradizione, dall’arcangelo Gabriele ad Abramo: da bianca che era questa pietra divenne nera per gli innumerevoli peccati dell’uomo. Inoltre all’interno della Grande Moschea si trovano la fonte Zem- zem, il così detto sepolcro di Abramo e le tombe degli imam.
• MEDINA.
Città dell’Arabia Saudita, è città santa per i musulmani, seconda solo a La Mecca e ultima residenza di Maometto che vi si rifugiò nel 622 e che ancora conserva le reliquie del profeta. Ogni anno la sua tomba, che si trova nella moschea del Profeta, nella zona orientale della città, viene visitata da migliaia di pellegrini. Medina significa “Città del Profeta” o “Città del profeta di Dio”.

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