Strategia militare della battaglia delle Termopili

Materie:Tesina
Categoria:Storia

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Testo

Ricerca di Cattaneo Alberto Classe 1 G.
Storia dell’Antica Grecia.
La Strategia Militare dei Greci alla Battaglia delle Termopili
Prima di affrontare le vicende relative alla battaglia delle TERMOPILI, durante le guerre dei Greci contro i Persiani, occorre conoscere quale era la strategia e la tattica dei Greci nei loro combattimenti.
Evoluzione della Strategia e Tattica militare dei Greci
Gli strateghi del mondo greco furono impegnati ad affrontare e ad attuare piani adeguati di volta in volta alle situazioni nelle quali erano chiamati a operare. Ciò accadde soprattutto nel corso delle spedizioni persiane in Grecia (490-479 a. C.) durante le quali i comandanti greci dimostrarono un'insolita duttilità ricorrendo all'accerchiamento, all'attacco frontale, ma anche alle false ritirate per attirare il nemico su posizioni indifendibili.
La strategia subì una notevole evoluzione. Dai pochi resoconti esistenti si sa che la tattica dei primi greci consisteva nell'attacco frontale e di fianco, che l'urto era impetuoso e travolgente e che la battaglia veniva conclusa con inseguimenti. Quella degli antichi Greci (taktiké) consisteva nel disporre in battaglia: in prima linea la carreria; in seconda schiera i fanti più deboli e per ultimi i fanti più esperti e più forti.
Verso il sec. VII a. C. vennero formate le falangi (formazioni compatte e ordinate) di opliti, cittadini dotati di armatura metallica che acquistavano con i propri mezzi. Schierati in ordine compatto, i fanti avanzavano al coperto della muraglia degli scudi e della selva di lance. Poiché ciascuno cercava di proteggere dietro lo scudo del vicino il lato destro del corpo non coperto dal proprio scudo, la falange aveva una tendenza generale a poggiare a destra.
Gli scontri avvenivano perciò frontalmente e non comportavano inseguimenti.
All'inizio del sec. VI fu adottata una fanteria leggera che eseguì manovre più agili. Sotto Filippo e Alessandro l'armatura fu alleggerita per cui là falange acquistò maggiore flessibilità, celerità e potenza d'urto. La cavalleria, notevolmente potenziata nel numero da Alessandro, costituì una massa travolgente.
Il successo veniva poi sfruttato con l'inseguimento persistente e l'annientamento, impiegando al caso le riserve, altra provvida innovazione tattica.
Immagine di Alex Aurichio
La falange era composta da fanteria oplitica greca consistente in una massa di fanti di greve armatura allineati a stretto contatto su un numero vario di file (da quattro a sedici). Possente nell'urto frontale, ma poco manovriero, l'ordinamento falangitico subì nel sec. IV a. C. sostanziali modifiche a opera del tebano Epaminonda che introdusse l'ordine obliquo e soprattutto di Filippo li di Macedonia che dotò i fanti di lunghe aste (sarise) per cui anche quelli delle ultime file potevano giungere con la loro arma sulla fronte della schiera formando così uno sbarramento di punte. Ai fianchi, eccellenti reparti di cavalleria avevano il compito di aggirare il nemico.
La scienza militare considera Alessandro uno dei più grandi capitani della storia.
Del suo esercito Alessandro fece uno strumento di formidabile efficienza. Perfezionò innanzitutto la falange, rendendola irresistibile nell'urto e insuperabile nella difesa. Il fattore veramente nuovo nell'organizzazione militare di Alessandro fu tuttavia l'impiego della cavalleria, che divenne l'arma offensiva per eccellenza. Lo schema di tutte le grandi battaglie di Alessandro presenta sostanzialmente le stesse caratteristiche: la massa delle fanterie posta al centro su due colonne, la cavalleria alle ali, con i reparti scelti a destra e comandati personalmente da Alessandro. L'urto di questa cavalleria decideva le sorti della battaglia: Alessandro attaccava il nemico sempre su un fianco oppure avviluppava il centro avversario in una vigorosa manovra di doppio aggiramento, valorizzando al massimo il combattimento d'ala.
Dopo la vittoria sfruttava il successo con l'inseguimento e la distruzione del nemico, con il controllo delle piazzeforti, la conquista dei magazzini e dei tesori avversari; comprese, inoltre, la necessità di procurarsi in tempo notizie sul nemico e di garantire il suo esercito da sorprese e impiegò quindi largamente la cavalleria anche nel servizio di avanscoperta e di esplorazione lontana.
La strategia militare di Alessandro si avvalse dell’uso di straordinarie macchine da guerra: torri su ruote, arieti, catapulte leggere per il lancio dei giavellotti e pesanti per quello delle pietre. Questo apparato tecnico era completato da reparti di zappatori e di pontieri, dagli addetti ai servizi dei trasporti, all'intendenza per il rifornimento dell'esercito con acquisti e requisizioni, al servizio sanitario, a una sezione topografica e al servizio dei dispacci che disponeva di corrieri e di stazioni di segnalazione ottica.
BATTAGLIA DELLE TERMOPILI
Data: 480 a.C. 19 agosto (*)
Luogo: il Passo delle Termopili.
Eserciti: l’esercito persiano contro gli alleati greci.
Contesto: Guerra persiana.
Protagonisti:
LEONIDA re di Sparta e generale dei greci
MARDONIO generale delle armate persiane
SERSE re dei re di Persia
IDARNE comandante degli Immortali.
La battaglia
Dopo la sconfitta a Maratona i persiani non persero le loro mire espansionistiche, e le speranze di pace dei greci furono presto infrante dalle dimostrazioni di ostilità di Serse figlio di Dario re dei re di Persia. Questi organizzò un esercito enorme formato da tutti i popoli a lui sottomessi, stimabile intorno ai due milioni di uomini (secondo lo storico Erodoto), seguito, via mare da una flotta di milleduecento navi; l’esercito più grande che il mondo avesse visto fino a quel momento.
Gli alleati greci decisero che il punto migliore per opporsi all’invasore “barbaro”, fosse il passo delle Termpoli, l’unica via agevole per giungere alla Grecia vera e propria dalla Tessaglia. Le forze alleate erano veramente esigue, Sparta fu la prima città a mandare i suoi uomini al passo (300 opliti) comandati dal re Leonida formidabile guerriero ultra sessantenne dalla mente sveglia e acuta, dietro l’esempio di Sparta arrivarono i rinforzi dalle altre città greche Tegea, Mantinea, Orcomeno, Corinto, Fliunte, Micene, Tebe, e dalle altre città dell’Arcadia e della Beozia per un totale di 3900 opliti seguiti dai rispettivi scudieri che fungevano da fanteria leggera.
Per prima cosa gli spartani e i loro alleati ricostruirono il vecchio muro di difesa al passo, caduto in rovina, e attesero l’arrivo dell’esercito persiano. Quando gli esploratori riferirono a Serse il numero dei greci che presidiavano il passo, il re scoppiò a ridere e piuttosto perplesso si chiese cosa stessero aspettando, non aveva capito che i greci si preparavano alla morte per dare tempo alle altre città di prepararsi.
Serse attese quattro giorni convinto che il solo numero sarebbe bastato a far fuggire gli alleati. Allo stesso momento anche la sua flotta non riusciva ad avanzare bloccata dalle veloci navi ateniesi al cui comando si trovava il brillante Temistocle. Al quinto giorno Serse spazientito ordinò l’attacco sicuro che il numero stesso sarebbe bastato ad annientare i greci. Quando alcuni disertori dell’esercito persiano (perlopiù greci arruolati con la forza) avevano dichiarato che i Medi erano così tanti da oscurare il sole con le loro frecce, gli spartani risposero -bene almeno combatteremo all’ombra-.
E non si sbagliarono di molto, per tutto il giorno combatterono ferocemente e nello stretto passo dove il numero non aveva significato, fecero strage di persiani che con le loro armature leggere e le lance corte non potevano nulla contro il pesante equipaggiamento oplita. Il giorno successivo Serse schierò in campo le sue truppe d’èlite i diecimila Immortali comandati da Idarne che non ebbero maggior fortuna. I greci combattevano a turno concedendosi un pò di riposo da quel massacro, si accasciavano a terra sudati e sporchi di sangue per poi rialzarsi e tornare a combattere.
Ma il terzo giorno a causa di un tradimento i persiani fecero passare gli immortali di Idarne attraverso un sentiero che aggirava il passo. Leonida venuto a conoscenza del tradimento fece tornare a casa gli alleati per risparmiarli in prospettiva delle future battaglie. Lui e i suoi spartani sarebbero rimasti per coprire la ritirata e morire sul posto perché le leggi di Sparta non contemplavano la ritirata. Rimasero anche 700 tespiesi che piuttosto di abbandonare Leonida preferirono morire. Quando i persiani chiesero di consegnare le armi Leonida gridò -venite a prenderle!-
Gli spartani combatterono con assoluto disprezzo della vita con le aste delle lance ormai spezzate e con le spade, poi con i pugni e i calci lasciando sul campo più di ventimila persiani compresi due fratelli di Serse, alla fine si rifugiarono sul colle che sovrastava le Termopili per proteggere il corpo del loro re caduto. Serse ordinò che fossero finiti con gli archi per non perdere altri uomini.
Il sacrificio dei trecento spartani permise agli ateniesi di prepararsi allo scontro navale di Salamina e agli altri greci di rimandare il confronto con i persiani un anno dopo a Platea.
Ancora oggi sul posto si trova una lapide rivolta a tutti i greci:
"Va’ o passeggero,
narra a Sparta
che noi qui morimmo
in obbedienza alle sue leggi"
Bibliografia:
Fonti: Erodoto
Dopo la vittoria alle Termopili l'esercito persiano giunge poi in Attica, devasta Atene abbandonata dalla popolazione rifugiatasi nell'isola di Salamina. Intanto la flotta greca, in cui prevalgono le navi ateniesi, dopo aver impegnato quella persiana al capo Artemisio, si ritira nel golfo di Saronico: a Salamina il 23 settembre si svolge lo scontro definitivo tra le due flotte, che termina con la completa sconfitta dei Persiani. L'esercito di Serse è così costretto ad abbandonare l'Attica ed a rifugiarsi nell'amica Beozia.
(*) Sulla descrizione che ne fece Erodoto (485-425), ci sono molti dubbi, anzi sembra che il combattimento sia un quadro di fantasia ed è difficilmente credibile nei suoi dettagli. Il mosaico nel resoconto delle operazioni sia navali che terrestri è piuttosto raffazzonato. Comunque pieno di errori, di luoghi, di partecipanti, di date.
Innanzitutto la conoscenza geografica del luogo è usata a sproposito. Infatti la stretta delle Termopili si accorda col racconto di Erodoto ma solo in parte. Lo storico visitando la zona, non la esplora, si avvale solo di vaghe descrizioni della gente del posto.
Anche sulla data Erodoto sbaglia: fa coincidere la battaglia con la fine dell'Olimpiade del 480 e la contemporanea celebrazione delle Carnee. Poichè entrambe terminavano col plenilunio, Erodoto cita il 21 di luglio. Ma un altro plenilunio ci fu il 19 agosto.
Sappiamo che dopo le Termopili l'esercito persiano dopo sei giorni entrò in Attica e ad Atene. Ma dato che la battaglia di Salamina sappiamo con certezza fu combattuta il 23 settembre (il giorno dopo la processione di Iacco ad Eleusi - il 22 era il gran "Giorno dei Misteri) la prima data è quanto mai improbabile; poi è difficile credere che Serse sostasse ad Atene per sette settimane prima della battaglia. Innanzitutto perché i greci riparati a Salamina senza provviste alimentari li avrebbero trovati tutti morti; ma anche gli stessi marinai delle 350 triremi della flotta persiana sarebbero morti d'inedia.
Queste precisazioni non sono prese da fonti riportate da cronache antiche o nuove, ma a seguito di una accurata visita sui luoghi, montagne e passi compresi, fatta dal sottoscritto, con il testo di Erodoto in mano; ed è apparso chiaramente che lo storico Erodoto in questi posti non c'era mai stato.
Tessaglia. Da Larisa al Passo Tempe. Al centro il Monte Olimpo
La battaglia delle Termopili, 19 agosto 480 a.C.

Di coloro che alle Termopili morirono,
gloriosa è la sorte, bello il destino,
altare la tomba, ricordo prima che lamento,
e lode è il compianto.
Tal veste funebre né la ruggine
oscurerà né il tempo che tutto doma:
è di uomini valorosi. Questo luogo sacro
si prese come abitatrice la gloria d'Ellade.
E lo attesta pure Leonida re di Sparta,
che gran ornamento di virtù ha lasciato
e gloria eterna.
(C. Coppola, Letteratura greca classica, Nuova Accademia Ed. 1962)

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