Storia moderna

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Testo

L'Italia nell'età barocca
Le condizioni dell'italia
L'epoca dell'egemonia spagnola in Italia, dal 1559 fino al 1700 che coincide alle circa con la cosiddetta età barocca, appare in complesso un'epoca di decadenza.
L'economia della penisola continua a prosperare fino ai primi decenni del 1600 ma già alla fine del 1500 l'Italia è un paese arretrato e depresso.
La decadenza è soprattutto di natura etico politica: la borghesia degli uffici degli affari che un tempo mirava a moltiplicare i profitti affrontando imprese anche rischiose, predilige ora gli investimenti terrieri, acquista titoli nobiliari e aspira a vivere di rendita.
L'Italia inizia a risentire economicamente dello spostamento di gran parte dei commerci sul mare Atlantico. Il Mediterraneo diventa quindi un mare secondario.
La dominazione spagnola, inoltre, trasmette un modello non certo efficiente da un punto di vista economico, legato ancora a schemi feudali con il peso maggiore dato a una stanca proprietà terriera.
La Spagna, insediata nel milanese, nel napoletano, in Sicilia e in Sardegna, controlla indirettamente una serie di territori nel centro Italia, garantisce una pace (la pace spagnola) che in Italia è in larga misura una pace ispirata allo spirito della controriforma.
Viene meno il fervore creativo dell'età rinascimentale e la cultura si va facendo barocca nel senso deteriore, cioè prevalentemente retorica, formalistica, lontana dai problemi reali.
Galileo Galilei, fondatore della scienza moderna e assertore dell'emancipazione della mente umana nell'ambito dell'indagine naturalistica e scientifica, viene appunto in un tale clima condannato dall'inquisizione.
Venezia è l'unico paese che cerca di difendere strenuamente la propria autonomia e conserva un certo peso nel contesto internazionale: la sua libertà d'azione è però limitata dalla minaccia turca e dal progressivo esaurimento della sua funzione di mediatrice fra l'oriente e l'Europa.
Nel ducato dei Savoia, in Toscana e nello Stato Pontificio è in corso un processo di integrazione territoriale e di edificazione di un potere centralizzato rivolto con varia fortuna a eliminare il caos dei privilegi dei singoli nobili
Enrico IV e Richelieu: la ricostruzione della Francia
Il rinnovamento di Enrico IV
Una volta preso il potere, cercò di accentrarlo maggiormente su di sé, non con gli Stati generali, che esprimevano più le tendenze della nobiltà che quelle della nazione ma attribuendo più importanza ai Parlamenti locali, espressione della nuova borghesia.
Riuscì ad attuare un profondo risanamento economico grazie a un suo collaboratore:
il duca di Sully: Convinto che la fonte di ogni prosperità fosse la campagna, fece una serie di provvedimenti grazie ai quali l'agricoltura francese produsse anche eccedenze da destinare all'esportazione:
* Vennero bonificati terreni paludose,
* Una tassa gravosa per i contadini fu ridotta
* vennero concessi permessi di esportazione ai contadini, cosa che consentiva maggiori guadagni.
* Fu migliorata la rete stradale e furono creati dei canali per trasporti via acqua.
Venne fatto inoltre un risanamento finanziario.
* Vennero tagliate le spese inutili e vennero riprese molte terre che nel periodo delle guerre erano state affettate a prezzi bassi.
Durante regno di Enrico IV lo stato presente a interessarsi uno sviluppo industriale che fu favorito sia con dogane protettive sia con sovvenzioni alla manifattura.
La grande opera di Enrico IV per la riforma dello Stato avrebbe richiesto un periodo di pace ma questo non accadde perché un frate fanatico lo uccise, pugnalandolo, per punirlo a causa dei suoi trascorsi Ugonotti.
La scomparsa di Enrico IV fu per la Francia un colpo durissimo tanto più che il figlio Luigi XIII ebbe solo nove anni.
Il Cardinale Richelieu
Prese quindi il potere in Francia,. come reggente, un cardinale: il cardinale Richelieu.
Quest'ultimo riforzò la burocrazia statale aumentando il numero di commissari del re che sostituirono via via i nobili nelle funzioni di governo.
Al governo quindi aumentò il potere della cosiddetta nobiltà di Toga, costituita da magistrati e funzionari della borghesia, che si contrapponeva alla nobiltà di spada, di antiche origini feudali.
Il cardinale incontrò l'ostilità dei grandi nobili francesi che vollero liberarsi di lui anche a costo di ucciderlo, ma a sua volta reagì con una decisione molto profonda operando una cinquantina di condanne a morte dei nobili più ostili.
Fu duro con i nobili ma non meno nei confronti dei moti popolari, suscitati dagli inasprimenti fiscali necessari per finanziare la politica estera.
Il resto d'Europa nel 1600 – La guerra dei 30 Anni
L'Inghilterra degli Stuart
A Elisabetta, morta nubile e senza eredi, succedette il parente Giacomo I già re di Scozia.
Nonostante questo Scozia e Inghilterra conservarono amministrazioni e istituzioni separate fino al 1707, anno in cui si costituì il regno unito di Gran Bretagna.
Il sovrano tentò di imporre in Inghilterra un regime assolutistico, in un paese in cui non esistevano le premesse necessarie.
In Francia l'assolutismo trovava un terreno più favorevole: il paese era costretto a continue guerre che facevano sì che si sopportasse un sovrano assoluto in grado di reggere gli sforzi.
La Gran Bretagna, protetta dal mare, non aveva bisogno di affidare la propria difesa a un esercito terrestre costoso, e quindi non aveva neanche la necessità di un sovrano assoluto.
La borghesia inglese, peraltro, era già nel 1600 così forte da poter condurre una rivoluzione vittoriosa contro l'assolutismo.
Il mondo germanico
Teoricamente gli Asburgo avrebbero potuto gestire il mondo germanico cercando di accentrare il potere imperiale; in realtà, la forza dei principi era troppo alta e la divisione intervenuta tra cattolici e protestanti con la riforma di Lutero aveva contribuito a dividere i vari Stati.
Fatto particolarmente importante fu l'inquietudine del territorio di Boemia.
Ferdinando, cugino dell'imperatore mattia, governava il territorio e tentò di riconvertirlo al cattolicesimo giungendo fino a ordinare la chiusura e la demolizione di alcuni templi protestanti.
La risposta della nobiltà boema fu però adeguata. Nel 1618 a Praga tre ufficiali del re furono sottoposti a un giudizio sommario e scaraventati dalle finestre del palazzo reale è la cosiddetta 'defenestrazione di Praga'. Iniziò quindi un periodo durissimo che avrebbe coinvolto gran parte d'Europa: la guerra dei trent'anni
La guerra dei trent'anni
Il primo periodo della guerra dei trent'anni si definisce boemo palatino proprio perché i boemi, rifiutandosi di riconoscere Ferdinando d'Asburgo, insorsero e offrirono la corona al principe Federico V del palatinato. La ribellione si estese a varie regioni dell'impero ma non riuscì a contrastare l'esercito imperiale perché mancò la solidarietà del mondo protestante. L'aristocrazia boema, infatti, non difendeva la libertà religiosa ma i propri privilegi.
Per questo non ebbe la solidarietà degli altri principi.
L'esercito imperiale, appoggiato dalla Spagna, vinse la guerra.
Meno di tre anni dopo, le tensioni internazionali determinarono una nuova fase della guerra detta periodo danese: sul trono di Spagna sali Filippo IV, un giovane di 16 anni che, grazie un consigliere, perseguì una grandiosa politica di egemonia, alleandosi agli Asburgo di Ferdinando II, nuovo imperatore. Temendo l'accerchiamento dato dall'alleanza tra Spagna e Austria, la Francia iniziò ad appoggiare tutti i nemici degli Asburgo e a cogliere ogni occasione per contrastare la loro offensiva.
Scoppiò un conflitto tra impero e Danimarca; la guerra però si spostò in Italia e poi in Svezia dove il Re stava conducendo una guerra contro l'impero, per difendere i protestanti e per impadronirsi di un territorio nel continente, per avere un ponte sul baltico. Gli svedesi vennero però sconfitti e si andò verso la pace.
Il cardinale Richelieu, però, temendo che la Spagna, non più impegnata in un conflitto assieme all'impero, potesse concentrare le forze contro la Francia, dichiarò apertamente guerra alla Spagna.
Nel maggio del 1635 i problemi del mondo germanico diventarono quindi secondari rispetto alla guerra in atto tra Francia e Spagna.
Il periodo francese non ebbe una supremazia militare di uno dei due schieramentima lo sforzo imposto dalla guerra fu gravissimo per entrambi paesi.
Senonché in Francia non venne intaccata la matrice produttiva della nazione.
La Spagna, invece, già provata dalla politica di Filippo II nella seconda metà del 1500, si trovò impoverita nei commerci dalla cacciata degli ebrei e nell'agricoltura dalla cacciata dei moriscos.
In più iniziarono a esserci sommosse in Portogallo. Il Portogallo riuscì così a cacciare gli spagnoli e a insediare sul trono una dinastia, la dinastia dei braganza.
La guerra in Europa si concluse dopo molti anni: con la pace di Vestfalia.
La pace di Vestfalia
Complessivamente la pace di Vestfalia sancì una situazione ben diversa dalla pace di Cateau Cambresis.
* La Francia si affermò con la massima potenza del continente.
* La Spagna, anche se poteva ancora illudersi di vincere la guerra con la Francia (che proseguiva nonostante la pace di vestfalia) aveva perduto la guerra con le province unite che si dichiaravano indipendenti e si avviava a diventare una potenza di secondo piano.
* Gli Asburgo mantennero il trono di Imperatore ormai solo di nome e l'ipotesi di uno Stato nazionale tedesco era lontana.
* Lo sfacelo dell'economia e della società tedesca fu il risultato più grave della guerra; alcune regioni come la Boemia erano devastate e la popolazione falcidiata dalla peste, dalla carestia e dalle stragi era ridotta del 40% nelle campagne e del 30% nelle città. Le attività industriali e minerarie erano completamente cessate. Le merci olandesi e francesi invasero quindi i mercati tedeschi.
Monarchia costituzionale e Monarchia assoluta, due modelli a confronto
E' ormai definitivamente affermato il processo che ha portato alla formazione in Europa degli Stati nazionali; si confrontano e si affacciano due diversi modelli:
* La monarchia assoluta che trova la massima espressione in Francia
* La monarchia costituzionale che sarà invece l'approdo a cui arriverà non senza difficoltà l'Inghilterra

L'Inghilterra nel 1600
I rapporti tra Re e Parlamento
In Inghilterra i rapporti tra il re e il Parlamento erano già molto tesi ai tempi di Giacomo I e si inasprirono duramente durante il regno di Carlo I, fino a sfociare in una guerra civile e nell'uccisione del re.
Il contrasto era tra il re che voleva accentrare il proprio potere e il Parlamento che intendeva partecipare attivamente al governo del regno.
Da una parte stavano il re, i nobili ancora legati a tradizioni feudali e gli ex contadini che, grazie alle recinzioni delle campagne, erano nella miseria più nera.
Dall'altra parte stava una borghesia di imprenditori, di artigiani e di nobili imborghesiti che nelle loro terre adottavano i metodi moderni del capitalismo.
Semplificando, Re e nobili si battevano per la conservazione, la borghesia per il progresso.
La crescita demografica del 1500 aveva fortemente stimolato lo sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento che forniva lana alle industrie tessili e quindi la borghesia si era profondamente rafforzata, mentre la grande nobiltà che viveva di rendita era in crisi perché le entrate erano molto più lente rispetto all'aumento dei prezzi.
Di fronte a questo sviluppo che comportava una redistribuzione delle ricchezze mai avvenuta prima nacque l'ostilità e l'invidia dei nobili che odiavano gli uomini nuovi, i negozianti, i mercanti che riuscivano ad acquistare castelli e a partecipare alle amministrazioni dei paesi e diventando influenti nelle elezioni del Parlamento.
I borghesi, da parte loro, non potevano più accettare i controlli della monarchia sull'attività economica. Rifiutavano il monopolio dello stato su alcune merci, non accettavano di affidare al re le decisioni riguardanti l'agricoltura, l'industria e il commercio.
Le ragioni dello scontro erano quindi sociali ma erano vissute all'epoca prevalentemente nel loro significato morale e religioso.
L'assolutismo di Carlo primo

I deputati della camera dei comuni, prevalentemente borghesi, pretesero di controllare il potere del re, vollero che i ministri del re fossero di loro gradimento e si ribellarono contro l'arbitrio degli arresti senza autorizzazione del potere giudiziario.
Respinsero inoltre ogni tentativo di imporre tasse non approvate dallo stesso parlamento.
Il Parlamento, sciolto più volte tra il 1625 e il 1626, venne convocato nel 1628 ma si rifiutò di votare un aumento delle tasse se non fossero prima riconosciuti alcuni diritti.
Venne quindi formulata una petizione dei diritti che il re approvò.
La petizione fu un elenco delle rivendicazioni parlamentari tra cui
* l'obbligo di subordinare le imposizioni fiscali all'approvazione del Parlamento
* divieto di reclutamento forzato dei soldati
* rifiuto degli arresti arbitrari.
Carlo primo, però, dopo aver approvato formalmente questa petizione sciolse le camere e per 11 anni governò senza Parlamento cercando di evitare di convocarlo con artifici fiscali: al posto di mettere tasse (per cui ci sarebbe voluta l'approvazione del parlamento) fece infliggere multe ai proprietari, mise imposte sul commercio e tasse indirette che poteva approvare da solo.
Creò un consiglio privato costituito da pochi uomini a lui fidati, avviando quindi un processo assolutistico.
Il tentativo però si infranse contro una serie di ostacoli difficilmente superabili:
* gli enti locali godevano di libertà.
* Non c'era una burocrazia statale forte come quella francese.
* Non c'era un esercito terrestre forte come quelli necessari in continente.
Questo rendeva il re oggettivamente più debole.
Iniziò quindi un vero e proprio sciopero fiscale.
Mentre in Inghilterra l'opposizione crebbe, in Scozia il malcontento espose in ribellione.
Con lo scoppio della rivolta Carlo I fu costretto a convocare il Parlamento nel 1640 per recuperare soldi indispensabili a reprimere la ribellione scozzese.
Il Parlamento corto e il Parlamento lungo
Il Re è convinto del consenso dei sudditi inglesi alla guerra ma la nuova camera guidata da John Pym pone come una questione pregiudiziale l'annullamento di tutta la legislazione assolutistica precedente. Carlo I scioglie immediatamente il Parlamento che per questo, essendo durato solo due mesi, viene chiamato corto Parlamento. La decisione, però, non risolve problemi.
La minaccia scozzese è sempre più pericolosa, così Carlo I è costretto nel 1640 a convocare una nuova camera che durerà per 13 anni e verrà chiamata lungo parlamento.
Il re è costretto a smantellare la legislazione precedente.
Si crea una commissione parlamentare di controllo nei confronti della Chiesa anglicana e ai vescovi viene vietata l'interferenza negli affari politici.
La situazione si complica nel 1641 quando gli irlandesi cattolici insorgono contro gli inglesi protestanti e ne sterminano alcune migliaia.
Il re cerca di organizzare un esercito, ma i parlamentari temono che lo possa usare contro di loro. L'incertezza viene risolta dal re che nel 1642 entra con una scorta armata nel Parlamento.
È l'inizio della guerra civile:
* Il re controlla il Nord dell'Inghilterra e il Galles e la Cornovaglia.
* I parlamentari Londra e tutta l'area Nord-Ovest fino a Manchester
Tutte le forze più vive e più ricche della nazione e le città più importanti manufatturiere stanno con il Parlamento. Inoltre, schierata con il Parlamento, c'è Londra, di gran lunga superiore a ogni città inglese per ricchezza, popolazione e vivacità.
Inizialmente però da un punto di vista militare la situazione è favorevole al Re perché con lui stanno la maggioranza dei nobili più esperti nell'arte della guerra.
Tra il 1643 e il 1645, però, le sorti della guerra vengono rovesciate grazie alle iniziative di Oliver Cromwell, che univa a un'intensa fede religiosa, capacità politiche e militari enormi.
Alla fine, il Re, sconfitto, si finge disposto ad ampie concessioni nelle trattative con il Parlamento ma le persone più vicine a Cromwell diffidano delle reali intenzioni del re.
Quest'ultimo verrà quindi decapitato e verrà proclamata la Repubblica.
Cromwell e la repubblica
In realtà la situazione è però drammatica e quella che sarebbe dovuta essere una Repubblica diventa un regime dittatoriale.
Gli scozzesi riconoscono come sovrano il figlio di Carlo I, Carlo II, gli irlandesi stanno ancora insorgendo.
Di fronte a questo Cromwell si occupa innanzitutto dell'Irlanda e nel 1650 la pacifica con intere stragi. In seguito guida l'esercito contro gli scozzesi e li costringe alla resa. Accolto trionfalmente a Londra con maggiore autorità del paese assume il titolo di Lord protettore, nonché il diritto di nominare un successore: gli viene conferito un potere quasi monarchico.
Il programma assolutistico fallito a Carlo I sembra realizzarsi proprio con lo stesso Cromwell.
Sono due, però, le sostanziali differenze:
* Egli non era persona interessata al potere.
* Rappresentava gli interessi della Borghesia e non della vecchia nobiltà.
Fu molto abile in politica estera, in particolare nei rapporti con le province unite (Paesi Bassi) che, una volta indipendenti dalla Spagna sono diventate uno dei più ricchi paesi d'Europa.
Le Province Unite sono quindi il naturale concorrente dell'Inghilterra. Essendo state da sempre, fin dai tempi di Elisabetta, aiutate contro gli spagnoli, in nome proprio di quella tradizionale amicizia Cromwell offre loro un trattato di unione commerciale.
Esso è però così vincolante che l'Olanda si vede costretta a rifiutarlo.
A quel punto inizia una guerra economica: viene approvato un atto di navigazione che vieta di trasportare in Inghilterra merci di qualsiasi genere se non mediante navi inglesi o appartenenti al paese di provenienza delle merci.
Questa legge sviluppa la marina mercantile inglese ma è rivolta contro gli olandesi, per cui il trasporto delle merci è una delle fonti principali di ricchezza.
Ma alla guerra economica le Province Unite rispondono con una guerra vera e propria.
Appoggiate dalla Danimarca, infliggono colpi durissimi e arrivano fin dentro il Tamigi ma l'Inghilterra reagisce e alla fine si dichiarano sconfitte, accettando l'atto di navigazione.
Grazie questa serie di successi, l'Inghilterra esce dall'isolamento della prima metà del secolo e assume un posto di grande rilievo fra le potenze europee, addirittura ottenendo il primato come potenza marinara.
Il ritorno alla monarchia
Alla morte di Cromwell succede il figlio che però si rivela incapace, così si fa strada l'ipotesi di una restaurazione del Re.
Carlo II, per accattivarsi l'opinione pubblica, lancia un manifesto con il quale promette pieno rispetto dei diritti del Parlamento e libertà di coscienza.
Egli così entra con favore popolare in quella stessa Londra che ha visto decapitare il padre.
Non è però una restaurazione: non era stato Carlo II convocare il Parlamento ma il Parlamento convocare Carlo II.
Si crea quindi un pieno accordo fra sudditi e sovrano.
I primi screzi però avvengono 12 anni dopo, nel 1672, perché il Re emana un decreto che concede libertà religiosa a tutti, compresi i cattolici.
Il Parlamento reagisce con un 'atto di prova' che preclude una carica pubblica a chiunque non sia anglicano.
In questo periodo si costituiscono due partiti Tories e whigs; nel primo stanno le persone vicine al re, nel secondo quelli che rivendicano i diritti del Parlamento.
A Carlo II succede il figlio Giacomo II che prova in poco tempo a ripristinare l'assolutismo.
Il massimo lo raggiunge nel 1688 quando battezza il figlio secondo il rito cattolico.
Per questo scoppia una rivoluzione che porta al trono Guglielmo III D'Orange e sua moglie Maria II Stuart.
Venne contestualmente votata e accolta dal Re una dichiarazione dei diritti, dettata dal Parlamento, che poneva precisi limiti all'esercizio dell'autorità.
Nasce quindi realmente in Inghilterra una monarchia costituzionale, controllata dalla borghesia, dai mercanti di Londra e dalla nobiltà che si era alleata alla borghesia.
Il nuovo regime si dimostrerà solido.
L'assolutismo francese: Luigi XIV
La situazione francese
Radicalmente diversa si dimostrò la situazione in Francia.
In Francia coesistevano sia la 'società di antico regime' sia uno sviluppo di una borghesia mercantile e manifatturiera. Lo Stato moderno francese concentrava progressivamente il potere nelle mani del sovrano. Il re non esercitava più un potere indiretto attraverso rapporti personali con i nobili ma un potere diretto attraverso un apparato burocratico che diventava la cinghia di trasmissione dei suoi ordini.
I funzionari non godevano di alcun potere personale ma solo dei poteri che il re donava loro.
Con la burocrazia statale lo Stato si trasformò in una macchina capace di funzionare indipendentemente dalle caratteristiche del suoi addetti.
Per accentrare il potere assoluto, però, si sarebbero dovuti eliminare gradualmente i privilegi della nobiltà, del clero e delle singole città che ancora conservavano buona dose di autonomia.
La volontà di edificare regimi accentrati e assoluti vi era in quasi tutti i paesi dell'Europa e avevaaperto lungo tutta la storia del medioevo scontro tra il re e i nobili.
Furono le grandi guerre, come le guerre franco Spagnole e la guerra dei trent'anni a spingere i Re, in particolare il Re di Francia, ad accelerare e rendere più drastico il passaggio all'assolutismo.
La necessità di mantenere eserciti permanenti, di poter gravare con tasse i cittadini, tutto questo si rese necessario e spinse a una monarchia assoluta.
Nei confronti dell'assolutismo inoltre il cattolicesimo diede un notevole contributo esaltando il sovrano, principio di un ordine razionale che si presumeva voluto da Dio.
Questo accadeva soprattutto dove il re non pretendeva di esercitare il proprio potere contro la Chiesa stessa. La Francia proprio perché è stretta tra Spagna e Austria e spesso costretta a guerre, fu il paese in cui l'assolutismo si attuò nelle forme più profonde.
Nonostante la pace di Vestfalia che pose fine alla guerra dei trent'anni la Francia fu costantemente impegnata con la Spagna, l'unica a non aver concluso la guerra.
Il cardinale Mazarino
Morto precocemente Luigi XIII, diventò sovrano Luigi XIV a solo cinque anni e il potere rimase nelle mani del cardinale Giulio Mazarino. Punto la necessità di finanziare la guerra contro la Spagna costrinse il cardinale a recuperare del denaro sospendendo i soldi che venivano dati ai Parlamento.
Iniziarono una serie di agitazioni chiamate fronda parlamentare. Dopo un anno di conflitto, la fronda parlamentare però rientrò.
Nel 1650 iniziò però la fronda nobiliare, originata dall'aspirazione dei nobili a recuperare i poteri.
Ed il principale organizzatore della fronda nobiliare fu il principe di Condè. quest'ultimo fu sconfitto perché per battere il cardinale Mazarino si schierò con la Spagna ancora in guerra con la Francia e quindi apparve come traditore.
Le due fronde, nate da un generico malcontento, fallirono perché coinvolgevano ceti eterogenei e perché perseguivano obiettivi contraddittori.
Era necessario riformare lo Stato francese e il metodo di esazione fiscale ma non si poteva ottenere restituendo al potere i nobili.
Superato il marasma delle fronde Mazarino concentrò la propria attenzione alla guerra contro la Spagna e nel 1658 riuscì a sconfiggerla in una grande battaglia, tanto che nel 1659 si giunse alla pace cosiddetta pace dei Pirenei.
Questa pace fu un capolavoro di Mazarino, che inserì nel trattato di pace il matrimonio tra Luigi XIV e la figlia del re di Spagna Maria Teresa d'Asburgo, che avrebbe dovuto portare in dote 500.000 scudi d'oro, in cambio della rinuncia a rivendicare qualsiasi diritto sulla corona di Spagna.
La somma era però talmente alta che la Spagna non riuscì mai a versarla e Luigi XIV trasse il pretesto per rivendicare proprio i diritti sui domini spagnoli.
L'assolutismo di Luigi XIV
La scomparsa di Mazarino diede il totale potere a Luigi XIV. Egli diventò re quando venne assolutamente accentrato tutto il potere su di lui.
Mazarino gli ha consegnato un paese pacificato, senza il potere del Parlamento, senza il potere dei nobili e uscito da una grande vittoria contro la Spagna.
Re Luigi XIV, inoltre, era cresciuto culturalmente con l'idea che il potere del sovrano dovesse essere assoluto e illimitato, perché egli era illuminato direttamente da Dio.
Non ci sarebbero stati più ministri potenti ma sono segretari ed esecutori delle direttive del Re.
La nobiltà doveva essere politicamente annientato.
La Chiesa non doveva interferire negli affari dello Stato.
Egli era il Re Sole, cioè il re designato da Dio, capace di illuminare con le sue decisioni il suo popolo. Luigi XIV creò una serie di consigli di esperti che non dovevano decidere nulla ma sono fornire al Re informazioni e mezzi per l'attuazione dei suoi disegni.
Venne abolita l'elettività delle cariche nei comuni e il podestà vennero nominati dal re.
Luigi XIV cercò nel contempo di ingabbiare la nobiltà riducendola a nobiltà di corte.
Fece infatti costruire a Versailles un'immensa reggia dove si celebrava la sua gloria e dove i nobili potevano condurre una vita frivola, fastosa, dispendiosa, superiore alle loro risorse economiche. Vennero pensionati dal sovrano ma in cambio persero ogni possibilità di contrastare i suoi disegni e diventarono una classe di parassiti.
L'unico collaboratore al quale il re si affidò fu il suo controllore delle finanze e Jean Baptiste Colbert.
Il mercantilismo di Colbert
Il regno francese si finanziava allora con espedienti che univano iniquità e inefficienza:
* Veniva venduta all'asta l'esazione di alcune imposte
* si concedevano rendite vitalizie a chi versava prestiti.
* Lo Stato prestava denaro a interessi altissimi.
* Si vendevano uffici pubblici e titoli nobiliari.
* Vi erano tasse arbitrarie sulla base di una presunzione del reddito.
Tutto questo generava malcontento e aveva un costo di esazione insostenibile.
Di fronte a questo Colbert volle intervenire con misure radicali. Non potè attuare il suo programma del tutto per uno scontro con la nobiltà. Però:
* razionalizzò il sistema di finanziamento dello Stato.
* Liquidò le rendite vitalizie per somme modeste.
* Ricomprò da privati i beni che avevano acquistato a prezzi stracciati.
* Fece restituire allo Stato le somme riscosse dai cittadini e il diritto di riscossione di alcune imposte.
Il risultato fu imponente: per alcuni anni, infatti, il bilancio statale raggiunse l'attivo.
Le riforme finanziarie e fiscali furono un aspetto della politica economica di Colbert, ispirata al mercantilismo.
Il Mercantilismo: Questa teoria si fondava sull'ipotesi che la ricchezza di un paese corrispondesse alla quantità di oro accumulata nelle casse dello Stato. Si voleva quindi che la quantità di oro in entrata superasse la quantità che usciva. Per questo:
* Incoraggiò le esportazioni, concedendo vantaggi e premi ai produttori e ad esportatori
* frenò le importazioni imponendo dogane protettive su prodotti stranieri.
* Sviluppò le compagnie di commercio, chiamate eserciti del re.
* Sviluppò le manifatture statali e private con prodotti di alta qualità a prezzo basso per battere la concorrenza straniera, in alcuni casi sfruttando in maniera eccessiva la manod'opera.
Le condizioni di lavoro furono molto dure con orari tra le 12 e le 16 ore al giorno.
La Fabbrica diventò un qualcosa a metà fra caserma e prigione.
L'ideologia del lavoro ebbe meno risultati nell'agricoltura anche se Colbert iniziò a importare dall'Inghilterra e dalla Spagna nuove razze di ovini e incoraggiò la diffusione di colture come il gelso e la seta.
Le condizioni delle masse contadine e l'agricoltura francese non progredirono molto.
I limiti del mercantilismo di Colbert furono nel non aver eliminato alcuni squilibri di fondo.
Nel suo progetto infatti occupò una posizione secondaria l'agricoltura che non poté godere di grandi incentivi e di viveri.
La politica religiosa
Fervente cattolico, sebbene convinto che la Chiesa francese dovesse essere subordinata al Re. Progressivamente però, dopo la morte di Colbert, che cercava di difendere gli ugonotti, questi ultimi furono esclusi dalle professioni, allontanati dalle corporazioni.
Venne emanato l'editto di fontainebleu che costrinse molti ugonotti a fuggire dalla Francia indebolendola da un punto di vista commerciale, essendo essi la classe borghese più attiva.
La politica estera di Luigi XIV
Luigi XIV volle estendere il proprio dominio sul continente europeo.
Per questo si impegnò in una lunga serie di guerre che andarono avanti fino ai primi 15 anni del 1700 e che finirono col danneggiare gravemente la Francia.
La prima guerra fu contro i Paesi Bassi spagnoli che il re cercò di annettere.
Gli iniziali successi francesi allarmarono però l'Olanda che creò una alleanza antifrancese con Svezia e Inghilterra costringendo Luigi XIV alla pace di Aquisgrana nel 1668.
Per questo preparò un'altra guerra contro l'Olanda.
Luigi XIV si assicurò l'alleanza della Svezia e cercò l'appoggio di Carlo II d'Inghilterra da lui aiutato a tornare sul trono.
Nel 1672 iniziò la guerra contro l'Olanda. Gli olandesi però aprirono le dighe, allargando le risaie, e crearono una vasta coalizione antifrancese comprendente Spagna, Impero e Stati germanici e si arrivò alla pace nel 1678 con un nulla di fatto.
Il potere di Luigi XIV sembrò arrestarsi.
Riprese il suo desiderio di espansione in occasione della guerra di successione spagnola.
La guerra di successione spagnola
Verso la fine del 1600 la Spagna si presentava come paese in declino per le infelici scelte politiche di Filippo II e dei suoi successori.
Inoltre i problemi si aggravarono il 2 ottobre del 1700, quando Re Carlo II firmò un testamento che designava come successore Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV, alla sola condizione che il regno di Spagna e Francia non fossero riuniti.
Un mese dopo Carlo II morì e Luigi XIV venne meno agli impegni presi e, presentando suo nipote come re di Spagna fece in modo di suscitare il timore dei sovrani europei che volesse unificare i due regni. Mentre Filippo V raggiungeva Madrid, quindi, il pericolo di guerra si faceva reale.
Contro Luigi XIV si formò la grande alleanza dell'Aia guidata dall'Inghilterra, a cui aderivano Olanda impero asburgico e la Prussia.
Il candidato dell'alleanza al trono di Spagna era Carlo d'Asburgo.
Con Luigi XIV e Filippo V si schierarono la Baviera il Portogallo e il duca di Savoia ma questi ultimi, passarono presto dalla parte degli alleati.
Il conflitto continuò per qualche anno e, raggiunto un sostanziale equilibrio delle sorti militari, le potenze a cercarono di arrivare a trattative di pace.
Si giunge così alle paci di Utrecht e Rastadt, rispettivamente del 1713 e del 1714, che ridefinirono l'assetto dell'Europa.
Gli effetti delle paci
Le due paci alla fine sancirono:
* il primato inglese sui mari.
* la ripresa degli Asburgo d'Austria,
* l'effettiva crisi e il regresso della Spagna,
* il contenimento della potenza francese
* un progresso della Prussia, principato tedesco, che si inizia affermare come stato autorevole in Europa.
In Spagna venne riconosciuto Filippo V di Borbone che però rinunciò a qualsiasi diritto di successione al trono di Francia.
La Spagna cedette Gibilterra e Minorca all'Inghilterra, le Fiandre, la Sardegna, il napoletano e il milanese all'Austria. L'Austria così si impadroniva quindi di tutti i domini spagnoli in Italia fatta eccezione per la Sicilia, assegnata ai Savoia.
La Spagna doveva cedere all'Inghilterra anche l'Asiento, cioè il monopolio della deportazione di schiavi dall'Africa alle colonie spagnole d'America e il vascello di permissione cioè il diritto di inviare navi cariche di merci inglesi nellecolonie.
La Francia subiva un netto scacco perché subì gravi perdite in campo coloniale.
L'Italia passò dalla dominazione spagnola alla dominazione austriaca.
Considerazioni conclusive
Inizia con la guerra di Successione spagnola un periodo di conflitti che dura per tutto il 1700.
Vi saranno varie guerre di successione che avranno alcune caretteristiche comuni:
* la funzione non sarà tanto definire la successione negli Stati ma ridefinire gli equilibri su scala europea.
* i paesi che vincono le guerre, e che quindi hanno il diritto a scegliere la successione al trono degli Stati per cui si combatte, sono gli Stati che però in cambio subiscono le principali perdite territoriali.
La crescita dello Stato Russo
Riepilogo delle origini
Nel periodo in cui l'Europa centro occidentale è travagliata dalle iniziative di Luigi XIV, la Russia comincia un lungo processo di occidentalizzazione che la porterà a inserirsi nel contesto europeo. Abbiamo già visto come la nazionalità russa si crea attorno ai cosiddetti principi di Mosca che nella prima metà del 1300 iniziano il processo di emancipazione dall'Orda d'Oro guidata da Gengis Khan.
Già alla fine del 1300 I principi di Mosca iniziano a lottare contro il Regno dell'Orda d'Oro.
Sarà il principe moscovita Ivan III alla fine del 1400 a riuscire a rendersi del tutto autonomo e ad ampliare i propri domini. E' proprio durante il suo regno che viene elaborato il mito della terza Roma, secondo il quale, siccome la seconda Roma, cioè Costantinopoli, è caduta in mano ai turchi, l'eredità ideale, politica e religiosa dell'impero d'oriente spetterebbe ai principi di Mosca.
Il riferimento è ovviamente infondato e retorico ma serve a consolidare il prestigio dei principi moscoviti che esercitano in Russia una funzione unificatrice.
Sarà però Ivan IV a dare unità al regno e a organizzarlo.
Ivan IV sarà definito il terribile per la sua guerra contro le frazioni di boiari, nobili simili ai nobili feudali europei che riesce a ridimensionare affermando il proprio potere.
Ivan Quarto assieme con Ivan terzo si può definire uno dei fondatori dello Stato russo.
l'organizzazione statale russa nel 1600
In Russia non esiste una classe borghese paragonabile alla borghesia occidentale, perciò il potere degli Zar non ha base sociale nella borghesia bensì nella cosiddetta gente di servizio, cioè individui che prestano la propria opera come ufficiali, che svolgono funzioni burocratiche necessarie alla vita dello Stato.
Come contropartita la gente di servizio riceve terre che peraltro non può né vendere né trasmettere in eredità ed esercita sui contadini un'autorità sempre più completa.
Anche i commercianti e gli artigiani devono aderire a delle corporazioni e svolgere compiti nell'ambito amministrativo e finanziario.
Non esistono in Russia, quindi, individui liberi di fare ciò che vogliono col solo obbligo di rispettare le leggi, ma tutta la popolazione è divisa in classi ciascuna delle quali ha obblighi verso lo Stato.
Lo Stato russo comunque non è un blocco solido e compatto, tanto che nel 1600 si arriva al cosiddetto periodo dei torbidi cioè un periodo in cui i boiari, i nobili russi, attuano iniziative anarcoidi e cercano di sganciarsi dal potere degli zar.
È il periodo in cui ci sono anche le ribellioni di masse contadine e tentativi di intromissione di polacchi e svedesi.
Il caos cessa solo nel 1613 quando viene incoronato Zar Michele Romanov, capostipite di quella dinastia che reggerà la Russia fino alla rivoluzione del 1917. E lo zar riuscirà a mettere ordine.
Si ha in questo periodo, durante il regno del figlio di Michele, Alessio, la prima guerra del Nord, combattuta contro la Polonia che cerca di trasformare in effettivo, il dominio allora solo formale sui cosacchi.
Nasce un conflitto russo-polacco che coinvolge anche Svezia, Danimarca e impero asburgico.
Le regioni dell'Ucraina sono annesse alla Russia ma non pacifiche. Lo zar deve affrontare un moto di ribellione guidato dal cosacco Stenka. Questo venne catturato e ucciso.
Verso la fine del 1600 la Russia quindi era ancora un paese, sebbene unito, molto arretrato, nel quale il popolo non riusciva a concepire un programma rivoluzionario mentre le minoranze dirigenti non assicuravano di stabilire un rapporto con il popolo stesso.
Pietro I il Grande
figlio dello zar Alessio della sua seconda moglie, fin dalla fanciullezza Pietro da segni del proprio eccezionale temperamento e grazie a una propria originalità riesce a superare i limiti dell'educazione russa.
I suoi interessi si rivolgono a tutto ciò di cui la Russia è completamente sprovvista.
Per questo Pietro si reca in Occidente dove può rendersi conto della differenza con il suo paese e dell'arretratezza emersa nel suo paese.
Arso dalla curiosità vuole apprendere tutto, fare tutti i mestieri. Non intende limitarsi a osservare ma lavora concretamente perché lavorando si impara. Vuole apprendere fondamenti dell'arte nautica perchè sogna una grande marina russa.
Dovunque raccoglie suggerimenti idee e conoscenze per attuare le riforme che sta progettando per il suo paese.
Tornato nel proprio paese, impone a tutti i funzionari vestiti europei, vuole violare le vecchie tradizioni russe secondo le quali l'abitudine di radersi la barba, per esempio, era eretica e rendeva l'uomo simile agli animali.
Regola i conti con gli Streltsy, una classe sociale di nobili più conservatori che lo aveva osteggiato.
Ne stermina a centinaia.
Dà il via alla seconda guerra del Nord, creando una lega Antisvedese per riprendere il controllo del Baltico.
Lo zar conquista le coste del golfo di Finlandia e crea Pietroburgo che diviene capitale dell'impero e vuole essere la finestra della Russia sull'Europa. Sconfigge gli svedesi e questo gli permette di realizzare il processo di gravitazione verso il Mar Baltico.
La politica interna
Promuove un processo di occidentalizzazione della Russia:
* Centralizza l'esercito eliminando da questo le strutture feudali.
* Fonda scuole militari per l'addestramento di ufficiali, incrementa la produzione di armi e pezzi di artiglieria.
* Cerca di sviluppare la flotta mercantile :crea un'accademia navale ma i russi sono privi di tradizioni marinare e non rispondono alle sollecitazioni dello zar.
* Cerca di promuovere le attività produttive, riapre i commerci con la Cina e con la Turchia
* fa un inventario delle ricchezze dell'impero, e fa studiare il sottosuolo per scoprire eventuali giacimenti minerari.
I molti sforzi furono solo parzialmente coronati dal successo:
* Sorsero in Russia 2000 fabbriche
* furono sfruttati per la prima volta giacimenti di ferro degli Urali e la produzione siderurgica progredì tanto che la Russia diventò una delle principali esportatrici di ferro.
Alcuni rami della produzione, però, si dovettero abbandonare perché mancavano i quadri dirigenti necessari per la direzione delle aziende.
La volontà riformatrice di Pietro si manifestò anche in campo culturale:
* Impose l'uso dei numeri arabi,
* fece tradurre libri stranieri di fisica e di materie tecniche.
* Ordinò che in ogni provincia sorgesse una scuola primaria perché i figli almeno dei ricchi imparassero a leggere, scrivere e a fare i conti.
Questa iniziativa ebbe scarso successo perché la classe sociale di appartenenza rimase attaccata al pregiudizio e all'ignoranza.
In campo politico l'azione di Pietro creò uno Stato centralizzato ed efficiente:
* Creò un senato di sole nove membri ognuno dei quali presiedeva un collegio simile a un nostro ministero.
* Creò una forte burocrazia centrale.
* Fu avversato dalla Chiesa ortodossa ultraconservatrice e quindi ne limito il potere.
Il figlio dello zar, però, non amava le riforme del padre ed era diventato il centro di attrazione di tutti quelli che invocavano la fine delle riforme e il ritorno al passato.
Per questo suo tradimento Pietro non esitò a farlo condannare a morte dopo atroci torture.
Conclusioni su Pietro il grande
Pietro fu un genio barbaro e spietato. le numerose efferatezze commesse da lui personalmente furono di crudeltà difficilmente immaginabile ma per il suo paese fece un'opera veramente grandiosa.
La Russia nel 1725 aveva in campo internazionale un'importanza maggiore che nel passato.
Pietro aveva conquistato l'apprezzamento dei maggiori esponenti anche della cultura europea nonostante la sua violenza.
Dopo la sua morte, però, la Russia iniziò un progressivo ritorno al passato perché Pietro non era riuscito a intaccare profondamente la struttura conservatrice dello Stato, non aveva avuto abbastanza tempo per penetrare profondamente.
Il resto dell'Europa orientale
La Svezia uscita sconfitta dalla seconda guerra del Nord perde definitivamente l'ormai quasi secolare egemonia sul mare Baltico e diventa una potenza di secondo piano.
Per la scarsa compattezza etnica, per l'arretratezza delle strutture sociali e statali e per loro la anarchia e l'incapacità dell'aristocrazia che impedisce ai sovrani di governare e facilita le intromissione straniere, la Polonia si avvia verso una crisi e una decadenza che nel corso del 1700 per lei sarà fatale.
Il 1700 e invece il periodo che vede crescere la potenza prussiana che sotto la guida degli e Hohenzollern è da tempo avviata a esercitare sul mondo germanico una crescente influenza.
Tutto il mondo germanico è comunque in ripresa, in particolare gli Asburgo d'Austria, appoggiati da molti principi dell'impero, riescono a respingere vittoriosamente gli attacchi dei Turchi che tra il 1600e il 1700 cercano di occupare per intero la penisola balcanica e riescono addirittura nel 1683 a giungere alle mura di Vienna. Battuti, però, devono togliere l'assedio alla città e negli anni seguenti subiscono una serie di sconfitte che li costringono a ritirarsi da molti dei territori conquistati.
L'impero turco nel 1700 cessa di essere un pericolo e una minaccia per l'Europa cristiana.
I conflitti settecenteschi
Dopo la guerra di successione spagnola che ha sancito un ridimensionamento della Francia, la perdita del prestigio e del potere europeo della Spagna stessa nonché la nascita di una nuova potenza, quella austriaca, l'Europa vide un ventennio di pace.
Crisi economica in Francia e Inghilterra
Negli ultimi anni del regno di Luigi XIV le finanze statali erano in crisi, il debito pubblico aveva raggiunto livelli elevati tanto che lo Stato non era in grado di restituire i soldi ricevuti in prestito per affrontare le guerre.
Il sistema fiscale era caotico e inefficiente, l'alto clero e i nobili erano esentati dal pagare le tasse. Le imposte indirette erano molto alte e gravavano sull'economia e sugli scambi commerciali.
Il re di Francia decise quindi di affidarsi a un banchiere scozzese John Law, ideatore di un piano per il rilancio dell'economia. Venne creata una banca di Stato nella quale entrarono tutti i soldi che il regno recuperava.
Venne creata una grande compagnia commerciale che vede riuniti i risparmiatori in un'unica società per azioni per svolgere diverse attività.
Nacque così la compagnia delle Indie che assunse il controllo del commercio estero francese.
Le azioni vennero richieste e il loro prezzo aumentò di 20 volte, ma non aumentò di 20 volte il loro valore reale. Vi fu infatti una corsa all'acquisto nella speranza di guadagni rapidi e miracolosi. Tanto quanto fu rapida la crescita, dopo l'illusione fu rapida la disillusione e il conseguente crollo delle azioni.
Simile alla situazione francese fu quella inglese; in Inghilterra, infatti, nel 1711 fu fondata la compagnia dei mari del sud destinata a promuovere i traffici col Sudamerica. Anche in questo caso ebbe un grande consenso e vi fu una corsa alle azioni., anche in questo caso, però, la Compagnia si rivelò una bolla di sapone e crollando portò una grave crisi anche in Inghilterra.
Importante
L'importanza di questi due eventi non è soltanto meramente economica, non segna soltanto la prima sperimentazione degli effetti potenzialmente negativi dell'entusiasmo verso i facili guadagni della finanza, ma si rivela importante anche perché segna, sia in Inghilterra sia in Francia soprattutto, il primo tentativo moderno di intervento dello Stato in economia. Il re, quindi lo Stato, per la prima volta, si interessano dei processi economici in atto. Questo accade nei vent'anni di pace all'inizio del 1700.
Equilibrio e pace in Europa
I vent'anni di pace in Europa sono dati da una politica di equilibrio tra gli Stati. Sebbene ogni sovrano voglia espandere il proprio regno, in quella fase storica a causa anche delle trasformazioni economiche in atto, nessuno crede di poter aggredire o prevaricare un altro Stato. Francia e Inghilterra vivono una fase di buoni rapporti economici, mentre in Francia regna Luigi XV, e in Inghilterra, dopo la morte di Anna Stuart, sale al potere la dinastia degli Hannover, il cui re, Giorgio I, lascia molto potere al Parlamento inglese. Il ventenne di pace è però destinato a concludersi a causa dell'inizio di un'altra guerra di successione dopo quella spagnola di fine 1600: la guerra di successione polacca.
Guerra di successione polacca
Dopo la fine della dinastia dei jagelloni nella seconda metà del 1500, i principi polacchi, per riacquistare potere, decisero di mantenere la carica di re della Polonia come elettiva e non ereditaria.
Questo fu un grave errore in una fase di formazione e rafforzamento degli stati nazionali.
Il re polacco, infatti, essendo eletto ha uno scarso potere di controllo dei nobili, può dare una scarsa coesione allo stato e questo espone il paese al desiderio di dominio di altre potenze europee molto più forti.
Questo problema si manifesta con evidenza nel 1733 dopo la morte di Federico Augusto II re di Polonia poiché alla successione aspiravano sia il figlio Federico Augusto III,sostenuto da Russia e Austria sia Stanislao Leszczynski, sostenuto da Spagna e Baviera nonché da Carlo Emanuele III di Savoia e da Luigi XV.
Per questo scoppiò la guerra di successione polacca che si concluse nel 1738 quando la Russia riuscì a invadere la Polonia e impose l'elezione di Federico Augusto III.
Come già accadde per la guerra di successione spagnola, la guerra di successione polacca fu un pretesto per ridefinire i rapporti di forza fra gli Stati su scala europea, infatti buona parte del conflitto e soprattutto delle trattative di pace e riguardarono non tanto la Polonia quanto i territori italiani e in genere la dimensione e il potere degli Stati.
È significativo come solitamente i vincitori della successione nel paese in cui si combatte tendono a perdere territori altrove in cambio.
La pace di Vienna fu un capolavoro diplomatico molto complesso.
Il dato più importante fu la perdita del napoletano della Sicilia da parte dell'Austria che però conservò il milanese ampliato dall'annessione di Parma e Piacenza.
La Spagna riprese il sud Italia.
I Savoia le Langhe, Tortona e Novara. L'Austria perse gran parte dei territori conquistati durante la guerra di successione spagnola, la Francia ebbe il ricco territorio della Lorena.
La guerra di successione austriaca
Poco dopo la fine della guerra di successione polacca si aprì un altro conflitto.
L'imperatore austriaco Carlo VI, infatti, morì senza eredi maschi. Sebbene si fosse preoccupato di stabilire, attraverso un documento chiamato prammatica sanzione, la successione anche nei confronti di una figlia femmina, alla sua morte la figlia Maria Teresa non venne riconosciuta da tutti come legittima erede al trono.
Federico II re di Prussia, Stato tedesco in ascesa politica ed economica, fu il primo a rivendicare pretese al trono. A lui si associarono la Francia, la Spagna e il regno di Napoli.
Maria Teresa si trovò isolata; solo Carlo Emanuele III di Savoia si schierò con lei ma, nel 1742, l'Inghilterra si unì decisamente all'Austria per il timore di una rottura degli equilibri europei.
Dopo alterne vicende belliche, si giunse alla pace di Aquisgrana, ancora una volta fondata sul principio di equilibrio. Di fatto non cambiò molto in Europa dopo questa guerra. I dati più significativi furono l'aumento della potenza prussiana, e la conferma della potenza austriaca che, nonostante le difficoltà, riuscì a superare felicemente la prova di un'aggressione delle principali potenze europee.
La guerra dei Sette Anni
Dopo l'inizio secolo in cui vi fu una fase di buoni rapporti, la guerra di successione austriaca riportò in crisi i rapporti tra Francia e Inghilterra.
Inoltre, negli anni che seguirono il trattato di Aquisgrana, le due potenze, nonostante formalmente in pace, condussero una guerra per il controllo delle colonie.
Ciascuna di esse cercò di isolare l'altra potenza e di costruire attorno a sé una più ampia solidarietà internazionale. In pochi anni si verificò un cambio strategico di alleanze su scala europea.
La Russia si legò all'Inghilterra mentre la Francia iniziò ad avere buoni rapporti con l'Austria.
Nel 1756 scoppia la guerra dei sette anni e dura fino al 1763. In Canada ci fu una situazione particolarmente tesa. Il formale responsabile dello scoppio della guerra è Federico II Re di Prussia che cerca di estendersi ai danni dell'Austria.
La guerra scoppia con Prussia e Inghilterra da un lato e Francia, Austria, Russia, Polonia e sassonia dall'altro. L'Inghilterra riporterà grandi successi in America strappando di fatto il Canada alla Francia. In Europa, però, la situazione è migliore per i nemici dell'Inghilterra. In Russia, dopo sette anni di guerra, si arriva a due trattati di pace: il trattato di Parigi e il trattato di Hubertsburg.
Il primo trattato segna il tracollo dell'impero coloniale francese a vantaggio dell'Inghilterra che si impadronisce di Canada e luisiana.
Il secondo trattato restaura lo Status quo in Europa. La Francia acquisì poco dopo la fine della guerra la Corsica.La guerra dei sette anni sancisce la crescita al rango di potenza della Prussia.
La crisi della Francia
La perdita delle colonie diede un colpo alla Francia più un punto di vista di prestigio che non da un punto di vista strettamente economico. Da un punto di vista economico la Francia era ancora molto forte ma la sua organizzazione dello Stato era in crisi.
Una politica economica non adeguata alla realtà francese, la vita dei nobili alla reggia che continuava immutata con dei costi altissimi per lo Stato pagati dalle classi produttive, sono tra le principali cause. Luigi XV non riuscì a gestire la situazione che si fece esplosiva, tanto che alla sua morte dovette celebrare dei funerali notturni per il timore di proteste da parte del popolo.
Lo smembramento della Polonia
Dopo la morte di Federico Augusto III iniziò un progressivo processo di spartizione della Polonia.
La debolezza del paese diede la possibilità alle potenze straniere di invadere e scegliere che fare dei territori polacchi. Nel 1772 la Russia, la Prussia e Austria invadono un terzo del territorio polacco spartendoselo. Nel 1791 Russia e Prussia estendono ulteriormente il loro potere lasciando alla Polonia una piccola parte di territorio delle dimensioni di uno Stato regionale.
La debolezza del regno nobiliare emerge chiaramente. Il popolo polacco proverà a reagire nel 1794 ma l'azione concorde di Russia Prussia e Austria lo fece cedere e i tre paesi si unirono nella spartizione del paese. Le altre potenze non intervenirono e arrivarono ad accettare il fatto compiuto. Nel 1795 la Polonia non esiste più.
Il 1700. Il secolo dei lumi
La fiducia nella scienza e nella ragione già affermata nella seconda metà del 1600 diventa passione e tema dominante della cultura del 1700.
Le condizioni favorevoli al nuovo corso filosofico sono presenti in Francia dove la borghesia non trova più nella monarchia di diritto divino uno stato adeguato le proprie esigenze ma un freno e un impedimento al progresso.
Il vecchio regime appare assurdo, un residuo di Medioevo da dissolvere con i lumi della ragione. L'illuminismo è quindi frutto di un'esigenza di riforma della società che proviene dalla borghesia. Sebbene nasca da questa esigenza, però, il movimento illuminista va però ben oltre questi limiti e, in realtà, tocca investe e trasforma tutti gli aspetti della realtà e della vita sociale.
L'illuminismo concepisce la cultura come costante critica, elaborazione di proposte e di metodi per migliorare la realtà.
Assegna i filosofi il compito di educare gli uomini per conservare e accrescere l'eredità del passato progettando razionalmente il futuro.
Illuminismo significa la volontà di rischiarare le menti con il lume della ragione, una lotta assidua quindi contro le superstizioni e i pregiudizi che ostacolano il progresso umano.
Uno degli obiettivi fondamentali, quindi, diventa la diffusione del sapere. Perché le idee si possano tradurre in un progetto devono essere diffuse nelle coscienze delle persone.
Gli illuministi saranno quindi un'elite borghese che ha come obiettivo il diffondere la cultura, anche se ci sarà ancora molta diffidenza per il popolino, per la plebe, troppo facile preda di suggestioni irrazionali, di superstizioni religiose.
Il Supremo valore è la Ragione. La ragione che cerca la verità con metodo critico e scientifico. Il sapere, per gli illuministi, se non è immediatamente da tutti i raggiungibile non esclude nessuno.
Inoltre, tutti gli uomini, secondo gli illuministi hanno alcuni diritti naturali che nessuno Stato può legittimamente violare, anzi, gli Stati devono difendere questi diritti naturali.
Innanzitutto l'uomo deve essere ugualmente degno di rispetto a qualunque razza, religione, classe sociale appartenga.
l'illuminismo e la storia
Una concezione progressista come quella illuminista finisce anche con l'attaccare le tradizioni quando esse sono sottoposte o determinano una superstizione.
Per questo si dirà che con l'illuminismo nasce l' antistoricismo. Il fastidio verso le tradizioni oggi potrebbe apparire come un male perché siamo una società che giustamente difende il valore delle tradizioni ma, in quell'epoca storica, la tradizione coincideva con gli aspetti più oscurantisti della chiesa e del potere assoluto, rappresentava quindi un profondo ostacolo al progresso dell'uomo e spesso coincideva con le superstizioni.
l'illuminismo e la religione
Inevitabilmente l'Illuminismo mette in discussione anche la religione laddove rappresenti un qualcosa di inspiegabile razionalmente e rivelato.
Molti filosofi cercano di formulare principi di una religione a cui arrivare con la sola ragione umana, una religiosità che viene proposta per superare i fanatismi derivanti dalle religioni tradizionali.
Questo spesso porta a alcuni filosofi illuministi come Voltaire a un attacco alla Chiesa quando essa nega la libertà e l'uso della ragione.
Questo è spiegabile come reazione alla cultura della Chiesa che si sviluppa nel 1600, grazie alla controriforma una cultura oscurantista che nega la libertà di pensiero dell'uomo come abbiamo visto nei casi di Giordano Bruno e Galileo. Di fronte a un Voltaire, che comunque credeva in Dio, vi saranno molti altri pensatori illuministi atei.
L'illuminismo e il sapere
La divulgazione del sapere è uno degli obiettivi fondamentali degli illuministi. Il sapere, che fino a quell'epoca era rimasto proprio di una elite, di una minoranza di letterati nel 1700 vede aumentare il numero di coloro che vogliono essere informati e partecipare attivamente.
Molte più persone iniziano a leggere e vengono stampate pubblicazioni e giornali.
La diffusione dei giornali e uno degli aspetti più interessanti dell'illuminismo. Questo impegno nella diffusione del sapere da parte degli illuministi trova la sua massima espressione nella nascita dell'Enciclopedia o meglio detta Dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri pubblicata tra 1751 e 1772. L'Enciclopedia non è solo un'opera di divulgazione culturale, ma rappresenta anche una battaglia politica come dimostrano le varie condanne e gli ostacoli posti dalle autorità e dalla Chiesa.
Un decreto del Re condannerà i primi volumi perché in essi si trovano molte affermazioni tendenti a distruggere l'autorità del Re e a mettere in discussione la religione.
L'enciclopedia appare ai potenti come uno strumento del demonio.
Il merito della nascita dell'Enciclopedia e di Denis Diderot, che spese vent'anni della propria vita nel compito di dirigere e comporre con migliaia di collaboratori i 28 volumi dell'opera, destinata a produrre una rivoluzione negli spiriti. Alla stesura dei testi parteciparono i più famosi filosofi, scienziati e letterati dell'epoca da Voltaire a Russeau a Quesnay a matematici come D'Alembert. L'Enciclopedia mirava a offrire al maggior numero di lettori un repertorio globale del sapere fondato sulla ragione e sull'esperienza. Il fine di questo lavoro non sarebbe dovuto essere semplicemente informativo ma umanistico, laddove l'umanesimo si esprime nel fornire strumenti all'uomo di critica alla realtà.
Gli illuministi e lo Stato
I filosofi illuministi, sebbene democratici, sebbene contro l'autoritarismo del re, sono diffidenti nei confronti delle masse popolari e tendono a condividere le idee di Voltaire riassumibili nel motto “tutto deve essere fatto per il popolo nulla deve esser fatto direttamente dal popolo”. Gli illuministi credono a una sorta di dispotismo illuminato; dispotismo perché non viene messo in discussione il potere di un sovrano illuminato perché Voltaire crede che questo potere debba essere esercitato per riformare la società. I sovrani dovrebbero soddisfare le esigenze del popolo mantenendo il controllo della situazione.
Ci sono però pensatori dell'epoca quale Montesquieu che hanno pensieri assolutamente diversi. Secondo Montesquieu uno Stato dovrebbe vivere nella divisione dei poteri, affidando cioè i diversi poteri dello Stato a forze sociali diverse in modo che queste stesse si possano controllare a vicenda impedendo abusi e prevaricazioni.
Fra il sovrano e i sudditi devono esistere corpi intermedi destinati a esercitare una parte del potere. Non è nemmeno questo è un'ipotesi democratica ma un Aristocrazia liberale.
diverso il pensiero di Russeau. Egli crede nel progresso della cultura, condanna il progresso che non contribuisce alla liberazione degli uomini e la cultura che si riduce pura tecnica priva di un'ispirazione etica. Egli è convinto che l'uomo sia nato libero e quindi debba trovare una forma di associazione che difenda e protegga con tutta la forza la sua libertà. L'unico regime in grado di operare una sintesi tra convivenza e libertà è la democrazia diretta, nella quale il popolo sovrano non delega a nessuno la propria sovranità.
I deputati non sono rappresentanti ma portavoce. La volontà generale, cioè la volontà del popolo, supera gli egoismi dei singoli unisce e accomuna gli uomini.
La novità dell'illuminismo a rispetto ai movimenti passati è che questo movimento non coinvolse solo nel ristretto ambiente intellettuale ma ebbe un'ampia diffusione nell'opinione pubblica grazie ad associazione e giornali. Fu un momento che non riguardò solo la Francia ma si sviluppò in Inghilterra, in vari paesi d'Europa quali la Russia la Spagna e l'Italia.
Le scienze economiche
una altra originale conquista del 1700 fu la fondazione delle scienze economiche. Un tentativo parallelo di applicare la ragione all'economia. Questo può accadere solo dopo il 1600 dopo lo sviluppo di un sistema capitalistico che si è iniziato come abbiamo visto con la scoperta dell'America e con l'aumento dei commerci.
È un altro dei frutti della crescita della classe dirigente borghese che mette l'attività economica al centro dei propri interessi e considera la produzione non come un mezzo per soddisfare bisogni una come un mezzo per moltiplicare il capitale stesso secondo la nozione di capitalismo.
Nel 1700 dopo l'esperienza mercantilistica ci si rende conto che servono delle scienze esatte in grado di regolare i rapporti economici.
Il fondatore della scienza economica in Francia fu quesnay e in Inghilterra Adam Smith.
La Fisiocrazia di Quesnay
Il primo tentativo di non andare una scienza economica fu di Quesnay che teorizzò la fisiocrazia.
secondo Quesnay la società è costituita da tre classi proprietari terrieri, lavoratori produttivi, lavoratori sterili che sono quelli non legati alla produzione dell'agricoltura.
Quesnay è convinto che l'agricoltura sia l'unica a dare un prodotto netto che parte dal nulla creando qualcosa mentre l'industria semplicemente trasforma.
In realtà non affronta il problema che senza l'industria o altri settori nemmeno l'agricoltura potrebbe procedere. E non si rende conto potere che il processo di trasformazione che rende il prodotto inutilizzabile in prodotto finito e utilizzabile.
Il suo pensiero fa presa in un paese ancora prevalentemente agricolo come la Francia dell'epoca.
Il liberismo di Adam Smith
L'economista inglese si rende conto che il lavoro, in tutti i campi della produzione è fonte di ricchezza.
Il lavoro crea un valore perché crea un prodotto netto e finito. L'economista inglese, quindi, crede di poter ottimizzare costi e il valore attraverso la divisione del lavoro. Spezzando in molte operazioni semplici un processo di trasformazione della materia permette di ricorrere in minor misura crescente strumenti che accelerano l'azione dell'uomo risparmiando tempi e quindi costi. Inoltre egli afferma che il capitalismo è l'organizzazione economica più evoluta in assoluto. Assegna il potere politico il solo compito di agevolare l'espansione eliminando il monopolio della presenza dello Stato. Il meccanismo economico si regola da solo non deve essere controllato da uno strato. Apre la strada alla rivoluzione industriale dell'Inghilterra nella prima teoria di liberismo economico.
La Rivoluzione Industriale
Il Contesto Storico
L’Inghilterra dà l’avvio nel '700 a quel processo di trasformazione globale e radicale dell’organizzazione economica e sociale che va sotto il nome di "Rivoluzione industriale" e che segna in modo determinante la storia europea e mondiale condizionandone ogni forma di organizzazione civile e di esperienza di vita. Alla base di questo processo vi è un complesso di fattori e cause: la disponibilità di materie prime, la capacità di organizzare efficacemente sforzi e risorse accumulate in precedenza e di indirizzare a buon fine le tensioni emergenti tra le diverse classi sociali, la disponibilità della classe dominante ad assecondare e guidare l’innovazione, la disponibilità infine degli intellettuali (scienziati e tecnici in particolare) ad applicare le loro conoscenze alla soluzione di problemi pratici.
Il metodo d’indagine scientifico - matematico, empirico e razionale, derivato dalle scienze naturali, è dal ‘700 applicato a tutto lo scibile. Nessun settore dell’esperienza umana è escluso dalla verifica e dal vaglio critico operato dalla ragione, che diventa criterio superiore di verifica di ogni affermazione e come principio di ogni azione.
Il ‘700 è il secolo in cui nasce il concetto stesso di "progresso".
Le prime macchine a vapore costituirono una risposta all’esigenza di ottenere un più efficace drenaggio e prosciugamento dei pozzi delle miniere. Infatti dopo una prima fase di disboscamento selvaggio per recuperare il legno con cui venivano alimentate le fornaci e quella successiva di sfruttamento delle miniere di carbone a cielo aperto, il combustibile per far funzionare le manifatture e le ferrovie doveva essere cercato in profondità.
In questo quadro è evidente l’esigenza di macchine che permettessero, attraverso una maggiore razionalizzazione del lavoro e una diminuzione dei rischi delle miniere, di aumentare la produttività.
La Macchina A Vapore
Già A partire dal XV secolo, diversi uomini di scienza si cimentarono nella costruzione di macchine in grado di compiere lavoro sfruttando la potenza del vapore
Con Leonardo da Vinci si approdò a conoscenze circa la forza motrice del vapore fino a quel momento ignorate; Con la diffusione delle armi da fuoco, avvenuta verso la fine del XVI secolo, vennero costruite macchine in grado di macinare i minerali necessari alla preparazione della polvere da sparo, come la turbina a vapore ideata da Giovanni Branca nel 1629.
Nel 1681, In Inghilterra, il francese Denis Papin, sotto la protezione dello scienziato R. Boyle, ideò la prima pentola a pressione, la cui peculiare caratteristica fu quella di funzionare a vapore e di avere una valvola di sicurezza di cuoio. Il principio base del funzionamento della locomotiva a vapore fu quindi noto.
L'industria Tessile
Verso il 1760 l'industria attraversava un periodo espansionistico e si erano già susseguite diverse macchine tessili, come la navetta volante di Kay, che rendeva molto più rapido il lavoro di tessitura, e la cardatrice di Bourn, ma l'invenzione più importante fu brevettata nel 1769 da Arkwright, che consisteva di un telaio di legno alla sommità del quale erano disposte in senso orizzontale quattro bobine portanti il nastro. La macchina era stata inizialmente studiata per essere azionata da un cavallo, ma in principio si usò la forza motrice dell'acqua: da qui il nome di telaio ad acqua.
Quasi contemporanea di questo tipo di telaio fu la macchina azionata a mano che non traeva ispirazione da precedenti esperimenti. Si trattava di una macchina per grossa filatura o "jenny" che riproduceva i movimenti dell'operazione manuale. In seguito si iniziò ad applicare il vapore anche ai telai.

Industrie Metallurgiche E Siderurgiche
Settore Minerario
Nel corso del '700 l'industria mineraria inglese fu un campo di importanti innovazioni tecnologiche, come l'uso delle pompe per prosciugare l'acqua nelle gallerie sempre più profonde o il sistema di trasporto su rotaia del materiale dai giacimenti sotterranei alla superficie. A sollecitare l'industria carbonifera fra il '700 e l'inizio dell' 800 fu soprattutto il processo di urbanizzazione e la conseguente necessità di riscaldamento delle case, che venne assicurato appunto dal carbone; solo in un secondo tempo il carbone fu massicciamente impiegato nella produzione industriale e nelle ferrovie.
L'industria del ferro in Inghilterra fu a lungo alimentata, prima della costruzione della rete ferroviaria, dalle esigenze belliche e dallo sviluppo della marina militare, ma anche di quella mercantile.
Il consolidamento dell'apparato industriale interno fece lievitare la domanda di articoli di metallo (dalle macchine agricole e tessili agli utensili domestici ai materiali per costruire), mentre l'avvio dell'industrializzazione in altri Paesi, dopo le guerre napoleoniche, aprì un dinamico mercato di esportazione. Industria carbonifera e industria siderurgica si influenzarono reciprocamente, in quanto la produzione di combustibile rappresentò per la siderurgia una spinta al progresso tecnico, e per altro verso l'estendersi della produzione di ferro stimolò quella del carbone.
Il Carbone
Il carbone deriva da un lento processo di fossilizzazione delle foreste che rimasero sepolte in seguito a sconvolgimenti della crosta terrestre. Questo viene chiamato carbon fossile naturale e viene classificato in base al periodo in cui ha avuto inizio il processo: antraciti che sono i fossili più antichi con un elevato potere calorifico,
Nel 1709 Abraham Derby ideò un sistema di cottura del carbon fossile che lo rendeva più puro e quindi più utilizzabile (carbon cotto ,coke).I nuovi sistemi di lavorazione messi a punto da Henry Cort nel 1784 risolsero i residui problemi tecnici ,liberarono definitivamente le fonderie dal vincolo con le aree boschive, consentendo di utilizzare il coke in tutto il ciclo di lavorazione. Per l'Inghilterra ,che disponeva di grandi giacimenti di carbon fossile, per lo più ubicati in prossimità delle miniere di ferro, fu l'avvio di una crescita prodigiosa.
Nacquero grandi complessi industriali. la sua produzione siderurgica e metallurgica consentì un rapido sviluppo dell'industria meccanica ,che produceva ad esempio, i telai e i filatoi meccanici impiegati nel ramo tessile al posto di quelli precedenti costruiti in legno ,che erano meno precisi e meno resistenti, incapaci di reggere all'impiego di più potenti forme di energia.
Il Lavoro
Con la Rivoluzione industriale si modifica radicalmente il lavoro.
Nell'Inghilterra pre-industriale i lavoratori erano distinguibili a seconda del prestigio e dell'importanza economica, derivanti dalla loro qualifica. La diffusione del capitalismo industriale provocò, invece, il declino dei vecchi mestieri: pochissimi artigiani riuscirono ad emergere e la maggior parte perdette il suo lavoro a causa della concorrenza delle manifatture e fu costretta ad emigrare in città, entrando così a far parte di quella massa indistinta che costituiva la manodopera per le fabbriche.
Gli operai lavoravano per salari bassissimi, in ambienti insalubri, subendo orari massacranti: si afferma il regime dell'orologio che imponeva ritmi di lavoro prima mai utilizzati.
In questo periodo si svilupparono addirittura delle vere e proprie teorie per la razionalizzazione del lavoro: la corrente conosciuta come Utilitarismo proponeva al capitalista come unico parametro di giudizio l'utile e lo autorizzava a uno sfruttamento sistematico dei dipendenti.
I grandi industriali, per poter migliorare i profitti, decisero di far specializzare ciascun operaio in una singola fase del lavoro in modo da evitare dispersioni e perdite di tempo. In molti si opposero a questa tendenza cercando di mettere in luce come essa rovinasse inevitabilmente i lavoratori, privandolì della loro dignità. Il fatto che la manodopera fosse composta anche da donne e da bambini e vivesse nelle workhouses, miseri alloggi costruiti vicino ai centri produttivi, creò generazioni di persone degradate fisicamente e moralmente e senza una concezione propria della famiglia. E' però proprio in questo periodo che iniziarono le prime proteste da parte dei lavoratori per ottenere qualche miglioramento alla loro condizione, ma il Governo si mosse più per soffocare questi moti che per risolvere i problemi che ne erano alla base.
Il Proletariato Urbano
Con l'avvento della rivoluzione industriale ed il mutare delle condizioni di lavoro, nasce la classe operaia, il cosiddetto proletariato urbano. Questo, privo di protezione ed esposto al rischio permanente della disoccupazione, dal momento che l'abbondante manodopera permetteva agli imprenditori di licenziare quando volessero, era sottoposto a condizioni di lavoro durissime.
Le macchine, che non erano più alimentate da energia umana, ma da fonti esterne, non avevano teoricamente più bisogno di soste ed imponevano ritmi di lavoro costanti. Un operaio dunque compiva meccanicamente lo stesso lavoro per 12/ 16 ore al giorno, in pessime condizioni igieniche e con un salario appena sufficiente per vivere. Questi lavoratori erano dei veri e propri "schiavi", imprigionati in afose fabbriche alte otto piani fino a sera, senza un attimo di riposo salvo i tre quarti d'ora del pasto. Il fatto che il lavoro dell'operaio consistesse semplicemente nella prolungata esecuzione di facili e monotone operazioni e non servisse più essere dotati di forza fisica, allargava la possibilità di impiego anche a donne e bambini, pagati ancora meno degli uomini..
Fino alla metà del sec. XIX i tre quarti circa della manodopera impiegata nella fabbriche tessili inglesi erano donne e ragazzi fra i dieci e i diciotto anni.
Egli finiva col diventare uno strumento di produzione, asservito ad un meccanismo produttivo sul quale non poteva esercitare alcun controllo. Inoltre le terribili condizioni di vita portavano all'aumento del degrado e della criminalità nei tetri, malsani e sovraffollati centri industriali, dove l'assenza di servizi pubblici e di misure igieniche era quasi totale: si trattava di veri e propri agglomerati di case, sorte senza ordine, senza un piano preciso, senza il minimo rispetto per l'uomo e per la natura. Di solito intere famiglie abitavano in un'unica stanza, chiamata "cellar", senza finestre o con piccole prese d'aria. Nelle strade buie, fangose e malsane della Londra del XVIII sec., dove si conduceva una vita particolarmente squallida e misera, si diffondevano la delinquenza organizzata, il borseggio, la prostituzione, il gioco d'azzardo e l'alcoolismo, così come testimoniano molti scrittori ed artisti del periodo. Stanchi delle loro condizioni di vita gli operai ben si ribellarono, dando vita a varie proteste.
La Protesta Operaia
Molti lavoratori, prima indipendenti, opposero una ferma resistenza alle innovazioni tecnologiche e al tentativo da parte dei capitalisti di ridurli al semplice ruolo di comuni salariati che spesso, invece di occuparsi dell'intera produzione di un oggetto, si limitavano a ripetere fino allo sfinimento la stessa operazione. Lo sfruttamento economico e la repressione politica impedirono ogni tipo di protesta legale spingendo così un gran numero di lavoratori ad agire clandestinamente e con violenza: tra il 1811 e il 1812 alcuni lavoratori sempre più declassati ed immiseriti diedero vita a molti episodi di terrorismo economico: il luddismo. L'origine del movimento veniva fatta risalire a un mitico Ned Ludd, che nel 1779 diede il via al sabotaggio della produzione meccanizzata rompendo un telaio. La grande ondata di agitazioni luddiste cessò con arresti e processi di massa terminati con ben 13 condanne a morte.
Urbanizzazione E Vita Nelle Campagne
Enclosures
Importanti riforma riguardarono anche l'agricoltura.
La chiusura dei cosiddetti open fileds (campi adibiti a libero sfruttamento) fu la principale conseguenza della nuova riforma agricola inglese, volta a riproporre una sorta di regime feudale. I latifondi, infatti, furono consegnati a nobili che, in tal modo, monopolizzarono l'intero settore agricolo. E furono proprio gli Enclosures Acts a proporre e salvaguardare questa nuova struttura organizzata, volta a potenziare il diritto di proprietà. Ma, sebbene la produzione agricola ottenne un notevole beneficio da tale riforma, essa costrinse molti contadini inglesi ad abbandonare i campi e a recarsi nelle città in cerca di lavoro.La vita nei grandi centri urbani, però, non era certo migliorata..
Aumento Demografico
Durante il diciottesimo secolo avvenne un'importante diminuzione della mortalità e un notevole aumento delle nascite e in tal modo la popolazione crebbe in modo vertiginoso. Gli storici non sono sicuri sulle reali cause di ciò che accadde. Alcuni pensano che il calo del tasso di mortalità fu resa possibile dalla scomparsa dei topi portatori di malattie quali la peste, altri ritengono che sia stato causato dai miglioramenti delle condizioni igieniche, da migliori materiali da costruzione e dallo sviluppo delle conoscenze mediche. Ma la maggior parte degli storici sono concordi nell'affermare che l' aumento della popolazione non sarebbe potuta avvenire in Inghilterra se le fattorie non avrebbero prodotto più cibo.
Urbanesimo
Il rapido incremento demografico, non trovando adeguato sfogo in impegni di lavoro nelle campagne, dove al contrario la politica delle "enclosures " aveva finito per allontanare i contadini, mutò radicalmente le precedenti forme di aggregazione sociale, spopolando le campagne e popolando le città: si verificò così il fenomeno dell'urbanesimo. Di fronte alla prospettiva della disoccupazione e della povertà, ai contadini non restava infatti altro che cercare la soluzione dei propri problemi economici nell'ambito della nuova organizzazione industriale: essi, pertanto, si riversarono nelle zone dove più numerose sorgevano le fabbriche nella speranza, spesso illusoria, di trovare lavoro.
Anche la vita delle città mutò radicalmente dal momento che nelle capitali e nelle metropoli industrializzate si verificò in un breve giro di anni un fortissimo aumento della popolazione. Londra alla fine del Settecento raggiungeva le 900.000 unità, seguita da Parigi con quasi 600.000. Napoli, la terza città europea, passava nel giro di un secolo da meno di 200.000 abitanti a ben 400.000. Berlino, a sua volta, triplicava addirittura la sua popolazione, né Mosca e Varsavia erano da meno. Non meraviglia dunque che - mentre le città dovevano dare vita ad un impianto urbanistico ampiamente ristrutturato - le amministrazioni si trovassero a dover affrontare compiti difficilissimi, come quello dell'approvvigionamento delle derrate alimentari in quantitativi tali che spesso le campagne circostanti non erano in condizione di fornire, neppure nei periodi di massima resa. A causa di una penuria di alimenti pressoché generalizzata, si determinavano di quando in quando periodi di gravissima crisi come quello verificatosi in tutta l'Italia centro-meridionale durante le carestie del 1763-64, allorché in un anno nella sola Napoli morirono d'inedia ben 40.000.
La rivoluzione americana
La condizione delle colonie
Generalmente le colonie in America erano soggette a governatori nominati dal re inglese o da altre autorità della madrepatria.
Inizialmente i coloni erano privi di diritti politici.
Per tutto il 1600 la vita in colonia era semplice, rozza e quasi barbara.
Solo più tardi i coloni ottennero il diritto all'autogoverno e poterono leggere delle assemblee legislative con poteri limitati.
Le colonie erano molto diverse fra loro per genesi e formazione e, sebbene non mancassero tentativi di stabilire legami di amicizia, spesso fra esse c'era un atteggiamento di ostilità, alimentato da controversie. La forza economica dell'Inghilterra era per buona parte fondata sul commercio con le colonie nordamericane, da cui importava materie prime a basso costo ed esportava manufatti arricchiti del valore aggiunto del lavoro.
Erano degli scambi ineguali che ponevano i coloni in uno stato di inferiorità.
L'Inghilterra non voleva che coloni potessero diventare concorrenti, così proibiva ai coloni di produrre manufatti, di costruire fonderie, acciaierie, di lavorare le materie prime.
L'Inghilterra voleva che i coloni svolgessero funzioni semplicemente complementari. Questo favoriva la nascita del contrabbando.
Le origini delle colonie
Inizialmente ciò che diede vita all'immigrazione oltre l'Atlantico fu la ricerca di una libertà religiosa che non si trovava in patria.
Emigrarono sia padri Pellegrini, calvinisti che avevano stabilito norme democratiche a cui intendevano attenersi. Nacquero colonie protestanti, nacque poi la colonna della foresta di Penn, la Pennsilvania, in onore del quacchero Penn.
L'America si presentò quindi come amalgama di popoli di carattere diverso che speravano di trovare degli spazi in cui far valere le proprie capacità e imprese.
L'America fu la fusione di un insieme di persone diverse.
Inizialmente nelle colonie non vi era nulla. I coloni dipendevano quasi totalmente dall'Europa. Soprattutto nelle regioni meridionali venivano chiamati insegnanti dalla madrepatria oppure venivano mandati i figli nel studiare nelle università inglesi.
Solo dopo la metà del 1600 nacquero le prime scuole e le università ad Harvard e Yale, le più antiche degli Stati Uniti.
Gli Indiani
Gli americani andavano progressivamente alla conquista del continente, incontravano gli indiani e li ricacciavano sempre più a ovest. Inizialmente entrando in contatto con loro fecero conoscere le armi da fuoco, l'alcool ecc. Quando questi ultimi si ribellavano alla sottrazione di spazi iniziarono l'opera di distruzione.
Quando gli indiani tentarono di reagire si raggiunse un vero proprio genocidio.
La nascita del popolo americano si fonda su questa forma di genocidio e si forma anche sull'esperienza dello schiavismo. Inizia infatti il cosiddetto commercio triangolare: si prelevavano di schiavi dall'Africa, si portavano in America a lavorare in cambio di materia prima che veniva mandata in Europa. Nasce il razzismo come cultura volta a giustificare questa forma di sfruttamento delle persone.
I coloni in America del Nord ebbero un differente sviluppo:
* le colonie del centro vivevano sull'agricoltura svolta da aziende di modeste proporzioni e sul commercio di pellicce.
* Le colonie del Nord vivevano su agricoltura ma anche sul lavoro di cantieri sulla pesca sul commercio marittimo.
* Le colonie del sud invece avevano grandi piantagioni di canna da zucchero, tabacco riso più tardi cotone con un massiccio impiego di schiavi neri.
Nel Nord la vita sociale si svolgeva in centri cittadini di 10.000 o 20.000 abitanti massimo, mentre nel sud si svolgeva nelle ville dei grandi proprietari terrieri con le loro aziende agricole.
Un continente governato da un'isola
Progressivamente le colonie del Nord America iniziarono a sopportare sempre meno le promesse di uno sviluppo nazionale autonomo che faceva l'Inghilterra, senza che alla promesse corrispondessero fatti.
Pian piano iniziò una ribellione alla madrepatria, quando ormai, dopo generazioni e generazioni, gli abitanti delle colonie non si sentivano più europei e non riuscivano a capire le ragioni per cui dovessero essere governati da un'isola.
Londra sfruttava queste colonie e ne esigeva tasse e manufatti.
Le colonie, inizialmente, restarono fedeli alla madrepatria per il timore di possibili attacchi da parte dei francesi.
Solo in seguito però esplosero le ragioni della rottura; una delle cause fu sicuramente la Guerra dei sette anni, grazie alla quale la Francia perdette il controllo delle colonie del Nord America (canada) e le colonie inglesi non si sentirono più minacciate dai francesi.
Verso la rivolta
I privilegi che adesso la madrepatria si riservava non erano più bilanciati dalla contropartita della protezione contro i francesi e le colonie nordamericane iniziarono a pretendere maggiore autonomia. Uno dei motivi di attrito profondo fu un'imposta, l'imposta del bollo che gli inglesi estesero alle colonie nel 1765 (così chiamata perché veniva pagata tramite l'opposizione obbligatoria di marche da bollo su tutti documenti commerciali).
Di fronte alla protesta dei coloni, l'imposta del bollo fu eliminata ma fu sostituita con una serie di altre imposte indirette sulle merci che le colonie importavano dall'Inghilterra.
Concretamente l'incidenza di questi provvedimenti era limitata ma veniva posta la questione di principio facendo valere da parte dell'Inghilterra un diritto a tassare tutti i sudditi dell'impero.
Lo scontro si riaprì nel 1773 e si fece più rapida la rottura.
La Compagnia delle Indie orientali aveva ricevuto una detassazione del Tè importato dalla Cina che ne abbatteva i costi andando a colpire indirettamente i commercianti delle colonie, il cui the era diventato meno competitivo.
I commercianti ebbero l'appoggio dell'opinione pubblica e organizzarono un boicottaggio delle merci inglesi che culminò in un episodio particolarmente clamoroso.
Il cosiddetto Boston Tea Party ('il ricevimento del tè a Boston') con il quale alcuni americani di un movimento chiamato Figli della libertà assalirono e gettarono a mare il carico di tè nel porto di Boston.
La reazione di Londra fu pesante: cercò di affamare la città e di privare l'intera zona dell'autonomia amministrativa.
In questa tesa situazione si creò poi nel 1774 da parte dell'Inghilterra la famosa legge del Quebec che assicurava ai sudditi del Canada, francesi la più ampia libertà religiosa e civile e assegnava al Canada i territori del Nord.
Questo fu vissuto fra i coloni come 'Intolerable act', legge intollerabile, perché favoriva i francesi rispetto a loro e stimolò il processo di ribellione ormai in corso.
Iniziò a crescere il consenso verso il partito radicale, il movimento di coloro che volevano l'indipendenza.
In America ci fu un contrasto tra lealisti e radicali.
Lealisti: più ricchi, consideravano l'Inghilterra come garante della conservazione della loro condizione sociale
Radicali: desiderosi dell'Indipendenza immediata, che furono assolutamente una maggioranza.
La guerra d'indipendenza
Nel 1774 il congresso di Philadelphia a cui parteciparono i delegati di tutte le colonie non parlavano di secessione ma votarono il boicottaggio delle merci inglesi.
Le squadre armate che boicottarono le merci inglesi creavano un clima di tensione per cui sarebbe stato impossibile evitare incidenti.
Nel 1775 ci fu una sparatoria tra una colonia una pattuglia inglese: la famosa sparatoria di Lexington che diede inizio alla guerra rivoluzionaria.
Inizialmente le truppe americane erano improvvisate e poco numerose e la Gran Bretagna dominava i mari ed era in grado di bloccare le coste.
Il lealisti aiutavano i britannici, la guerra assunse quindi in parte anche il carattere di una guerra civile. Gli americani, però, erano molto più numerosi degli inglesi che erano stati mandati oltre Atlantico, e sapevano muoversi molto meglio nel loro territorio.
Il 4 luglio del 1776 venne dichiarata dalle colonie l'indipendenza dall'Inghilterra.
Quando scoppiò la rivoluzione l'America ebbe l'apoggio dell'opinione pubblica europea che diede una grande mano ai coloni.
In seguito intervennero anche Francia Spagna a fianco degli americani perché la mossa avrebbe indebolito l'Inghilterra.
La guerra si espanse e l'Inghilterra dichiarò guerra all'Olanda, colpevole di appoggiare gli insorti, e iniziò a ispezionare le navi neutrali.
Caterina II di Russia si oppose rivendicando la libertà di navigazione sui mari e creò una 'lega dei neutri', che in realtà furono ostili all' Inghilterra: Ad essa aderirono Danimarca, Svezia, Prussia Austria e Portogallo.
Nel 1782 venne firmata la pace di Versailles in cui venne riconosciuta l'indipendenza inglese.
La lotta per l'indipendenza delle colonie ebbe una serie di conseguenze a catena in tutto il mondo.
Le colonie spagnole e portoghesi dell'America Latina iniziarono a maturare le esigenze dell'indipendenza dalla madrepatria.
L'esempio americano, inoltre, aprì la strada anche all'esigenza di rivoluzione in Francia.
Verso la costituzione
Subito dopo le guerre, i singoli Stati crearono una serie di provvedimenti volti a definire un nuovo stato nettamente diverso dal modello europeo. I lealisti fuggirono in Canada
* Il diritto di voto, che prima era legato alla proprietà, fu esteso a tutti i maschi maggiorenni.
* Furono abolite tutte le leggi di origine feudale.
* Furono abrogati i privilegi delle chiese
L'America si ritrovò libera e con una struttura democratica, ma ebbe una serie di problemi da risolvere.
In alcuni Stati vi erano processi democratici più avanzati, in altri meno.
I rapporti fra gli Stati erano pessimi e in alcuni casi degeneravano in scontri armati.
Non ci fu una legge unitaria comune a tutti gli Stati e il governo dell'unione era debolissimo.
Per questo nel 1787 fu convocata a Philadelphia una convenzione per dettare regole comuni. Essa concluse propri lavori e nel settembre varò una Costituzione.
La costituzione americana
Ancora oggi vale nella sua sostanza. Si ispira a principi liberaldemocratici.
Il potere esecutivo è affidato un presidente eletto ogni quattro anni.
I cittadini eleggono dei grandi elettori che a loro volta eleggono inl presidente.
Il potere legislativo fu dato a un congresso composto di due assemblee: la camera dei rappresentanti e il senato.
La prima aveva eletti nei singoli Stati in numero proporzionale alla popolazione.
Ogni stato invece aveva due sanatori.
Si svilupparono due tendenze a cui corrisposero due movimenti: federalisti e demo-repubblicani
i federalisti interpretavano le esigenze della borghesia commerciale, erano fautori di un potere centrale forte e della divisione dei poteri
I demo-repubblicani rappresentavano la piccola proprietà contadina, si battevano per la larga autonomia degli Stati e per il liberismo in economia.
Dei primi faceva parte Washington dei secondi Jefferson.
Nelle prime consultazioni diventò presidente George Washington, che venne eletto per la prima volta nel marzo del 1789 quando la costituzione entrò in vigore.
La nuova nazione era comunque forte, aveva fiducia nel suo destino.
Proseguiva la marcia verso occidente spinta anche dal continuo sbarco di popolazione dal territorio europeo. Il ministro del Tesoro di Washington, fondò la prima banca degli Stati Uniti, una banca federale in grado di emettere cartamoneta.
Egli procurò al governo centrale entrate sufficienti. Pose il bilancio dell'unione su solide basi e riuscì a conquistare la fiducia degli ambienti commerciali.
I più ostili furono gli Stati meridionali, ad economia agricola contrari all'ingerenza del governo federale.
La rivoluzione francese
Nella seconda metà del 1700 cresce sempre più il distacco fra il popolo francese e la monarchia.
Già ai tempi di Luigi XIV, con la nascita della corte di Versailles, per la vita oziosa dei nobili iniziarono a crearsi dei problemi.
Luigi XV, che governò poco tempo, ebbe funerali notturni per evitare manifestazioni popolari.
Luigi XVI, pieno di buone intenzioni, ereditò però una situazione difficile, aggravata dall'intervento della Francia a fianco degli insorti americani.
Quest'ultimo conflitto portò a un tracollo delle finanze francesi.
Uscita in difficoltà dalle numerose guerre, la Francia si riprese solo in parte.
Lo sviluppo francese inoltre presentava forti squilibri.
Cresceva la popolazione, la produzione agricola restava pressoché immutata, salivano quindi i prezzi degli alimentari.
Lo sviluppo quindi giovava ai ceti più ricchi ma danneggiava i ceti più poveri e la piccola borghesia.
Un paese diviso
In questo periodo la Francia era un paese diviso.
* La Chiesa si divideva in alto clero, d'origine nobiliare, più interessato alla difesa dei propri privilegi che alla missione religiosa e un basso clero, più povero, che aveva un forte odio contro l'alto clero e contro il regime.
* Al contrasto fra ricchi e poveri si unisce un contrasto anche tra i ceti più alti, tra nobili e alta borghesia. La crescita delle attività produttive accresceva la potenza economica della borghesia che aspirava a imporsi come classe dirigente. La borghesia non poteva accettare che agli alti gradi dell'esercito, della magistratura, dell'amministrazione dello Stato ci fosse semplicemente la nobiltà.
A questo si univa una profonda iniquità fiscale: la nobiltà, che costituiva meno del 2% della popolazione aveva un quarto delle terre coltivabili ed era esentata dal pagamento delle tasse.
Le tasse, dirette e indirette, le pagavano la borghesia e i lavoratori più poveri.
Questo portò a un'unione, a un'alleanza tra la borghesia e i ceti più poveri che, sebbene avessero interessi contrastanti, avevano nell'immediato un nemico comune: i due ordini privilegiati nobiltà è alto clero.
Il governo di Luigi XVI
I primi 15 anni di regno di Luigi XVI furono occupati da tentativi, falliti di riformare la struttura amministrativa dello Stato per evitare la bancarotta.
Si susseguirono nella carica di ministri delle finanze uomini di notevoli qualità che si scontrarono con il potere dei ceti dominanti.
Jacques Turgot : economista di fama, cercò di estendere agli obblighi fiscali anche all'alto clero e ai nobili e cercò di liberalizzare il commercio del grano. Inizialmente questo portò a un aumento dei prezzi che creò scontento non solo tra i nobili ma anche tra il popolo. Fu costretta ad andarsene
Jacques Necker: il finanziere svizzero pubblica un rendiconto al re che mette in evidenza l'enorme quantità di denaro sprecata per il pagamento delle pensioni dei nobili di corte. Le pensioni assorbivano il 6% del bilancio dello Stato ed erano assai elevate.
Il rendiconto suscitò rabbia nella popolazione e ostilità dei nobili contro di lui. Per questo il re fu costretto a sostituirlo.
Alexandre de Calonne anch'egli dopo aver iniziato a realizzare una politica di crediti da parte dello Stato si rende conto che senza il contributo fiscale dei nobili non si può affrontare il problema delle casse francesi. Anch'egli costretto a dimettersi.
Lomenie de Brienne :anche il cardinale si rese conto che l'unica possibilità per risollevare le casse francesi sarebbe stata quella di far pagare le tasse ai nobili, anch'egli si trovò contro le classi sociali dominanti. Fu costretto a dimettersi nel 1788.
Jacques Necker fu quindi richiamato dal re, egli era di sicuro la persona più gradita al popolo per aver pubblicato il rendiconto.
La situazione era così drammatica che ci si rendeva conto che l'unica soluzione possibile per affrontare il problema in Francia sarebbe stata la convocazione degli Stati generali. Gli Stati generali erano l'organismo consultivo di rappresentanza delle principali classi sociali: nobiltà, clero, borghesia.
La convocazione degli Stati generali fu ben vista dalla nobiltà e dal clero che pensarono, dopo anni di monarchia assoluta, di poter maggior tornare a giocare un ruolo tenendo conto che due terzi dell'assemblea erano composti di fatto da persone affini per interessi come nobiltà e alto clero.
Gli Stati generali
Gli Stati generali si sarebbero dovuti riunire all'inizio del 1789 in una situazione economica particolarmente grave perché nel 1788 i raccolti furono distrutti dalla grandine, il prezzo del grano salì del 50% creando disagio fra le classi popolari.
Le spese per l'acquisto del pane portavano via circa tre quarti del reddito di una famiglia povera.
Vennero quindi convocati gli Stati generali che non venivano più riuniti dal 1614; questo dà l'idea della straordinarietà della situazione.
Gli esponenti del terzo Stato, della borghesia, pretesero però il diritto di raddoppiare i propri deputati in modo da rappresentare meglio le trasformazioni avute nello Stato francese, visto che gli Stati generali erano nati in epoca feudale, quando quindi la borghesia aveva un peso assolutamente minore.
Il re accettò il raddoppio degli esponenti del terzo Stato che quindi diventarono pari alla somma dei deputati del clero e della nobiltà.
Speranze diverse con gli Stati generali
il Re sperava che la nobiltà, pressata dal terzo stato, accettasse una riforma fiscale.
La nobiltà è l'alto clero speravano di porre fine all'autoritarismo e l'assolutismo del Re recuperando il potere che avevano in passato nei confronti della corona.
La borghesia, e il terzo Stato, speravano di creare un regno radicalmente nuovo e finalmente di far perdere il potere e il privilegi alla nobiltà.
Le tre classi sociali, andarono quindi dagli Stati generali con interessi assolutamente opposti.
Il problema del voto
Finalmente, il 5 maggio del 1789, si riunirono gli Stati generali.
Re Luigi XVI aveva accettato il raddoppio dei deputati del terzo Stato per spaventare la nobiltà ma si pose il problema delle modalità di voto all'interno degli Stati generali.
I deputati del terzo Stato chiesero infatti che si potesse votare per testa e non per ordine mentre i deputati di alto clero e nobiltà chiesero che si potesse votare per ordine.
voto per testa: Veniva conteggiato il voto di ogni membro dell'assemblea.
voto per ordine: Ogni ordine valeva un solo voto: Uno la nobiltà, uno l'alto clero, un voto il terzo Stato.
In questo modo, ovviamente, se si fosse votato per testa il terzo Stato avrebbe avuto la maggioranza se si fosse votato per ordine l'avrebbero automaticamente avuta la nobiltà e l'alto clero che avevano interessi comuni.
Il voto per testa aveva anche un significato più profondo, andava a liquidare lo Stato feudale in cui i soggetti politici erano gli ordini e si sarebbe creato un nuovo Stato in cui i soggetti politici erano i cittadini.
Il giuramento della pallacorda
Non prendendo il Re una decisione sulle modalità di voto, dopo settimane di discussioni inconcludenti, il terzo Stato decise di proclamarsi autonomamente assemblea nazionale.
I deputati, fra i quali si schierarono anche una cinquantina di rappresentanti della nobiltà si riunirono in una palestra dedicata al gioco della palla corda e rivendicarono il diritto e il dovere di modificare le strutture dello Stato.
Nacque quindi l'assemblea nazionale costituente grazie al Giuramento della pallacorda il 20 giugno del 1789.
Lo scoppio della rivoluzione
il re ordina a rappresentanti di clero della nobiltà di riunirsi con i deputati del terzo Stato ma si riserva il diritto di riprendere il controllo della situazione con l'esercito.
Poco dopo si rende però conto che l'esercito è spaccata e buona parte di soldati e ufficiali di grado inferiore si schiera con il popolo.
Il 14 luglio del 1789, il re fa affluire delle truppe vicino alla sua reggia con l'intenzione di ristabilire l'ordine ma il popolo di Parigi deluso per le speranze che vanno vanificandosi, decide l'assalto alla Bastiglia, simbolo dell'assolutismo del re, all'epoca carcere.
Un comandante dell'esercito, il marchese di Lafayette, organizza la guardia nazionale, reclutata fra i borghesi, che sarà l'esercito della rivoluzione.
Nel luglio del 1789 inizia una fuga all'estero di nobili che temono per la propria incolumità.
A Parigi nasce un nuovo governo della città chiamato 'la comune'.
La rivoluzione inizia a dilagare. In tutto il paese viene preso il potere da parte dei borghesi e si creano 'Comuni'.
Le voci rivoluzionarie si diffondono nelle campagne in cui dilaga il panico. I contadini, che si credono minacciati da tutto e da tutti reagiscono alla paura che cresce assalendo i castelli e le residenze dei nobili.
Il processo rivoluzionario continua
Coloro che sono alla guida della rivoluzione francese, non immaginano in questo momento di cacciare la monarchia.
Il loro ideale è la creazione di un regime monarchico costituzionale, se non che il re non coglie la situazione non si rende disponibile.
L'assemblea nazionale prosegue il propri lavori e il 27 agosto approva la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, ispirata alle idee illuministiche.
Ognuno dei 17 articoli è la negazione di un principio del governo assolutistico precedente.
L'articolo 1 proclama l'uguaglianza e la libertà degli uomini, stabilendo che la legge è uguale per tutti.
In questa fase il Re non sa cogliere l'opportunità di una collaborazione con l'assemblea nazionale costituente, si irrigidisce in un atteggiamento di rifiuto, respinge l'abolizione dei diritti feudali e la dichiarazione dei diritti.
Fa affluire attorno alla reggia di Versailles nuove truppe che rappresentano una minaccia per la stessa assemblea costituente.
La parte più rivoluzionaria del popolo si scatena contro la monarchia e nell'ottobre del 1789 inizia a marciare minacciosa sulla reggia di Versailles e e viene contenuta in extremis dalla guardia nazionale guidata dal marchese Lafayette.
Man mano che la rivoluzione procede gli entusiasmi compatti della fase iniziale vengono meno e il fronte rivoluzionario si frantuma in gruppi diversi.
I club
Una parte composta da nobili illuminati e borghesi moderati che credono ancora nella monarchia. Un'altra parte è composta da quei borghesi che non intendono venire a compromessi con la corte.
La divisione politica si crea anche nell'assemblea nazionale costituente.
Nascono all'interno dell'assemblea nazionale costituente una specie di partiti i 'Club'.
I giacobini che hanno dentro rappresentanti della borghesia e democratici come Robespierre,
I Cordiglieri, ancora più radicali, che vantano figure come Danton e Marat.
I lavori dell'Assemblea
L'Assemblea Nazionale Costituente inizia a prendere decisioni che veramente mutano l'organizzazione dello Stato:
* Vengono confiscati i beni della Chiesa, dell'alto clero che vengono definiti beni nazionali e vengono redistribuiti. Le conseguenze sociali della confisca però non non contribuiscono a rasserenare l'animo tra i rivoluzionari. Chi infatti può beneficiare dell'acquisto di questi beni, sono i borghesi medio alti e la vendita dei beni nazionali non dà vantaggio ai contadini più poveri. Questo contribuisce ad allargare le fratture in seno al movimento rivoluzionario.
* L'assemblea nazionale vara la costituzione civile del clero, che impegna lo Stato a mantenere sacerdoti purché giurino fedeltà alla costituzione. La chiesa quindi si spacca tra il clero che giura fedeltà alla costituzione e un clero refrattario che invece si rifiuta. Il clero refrattario avrà un'importanza profonda soprattutto nelle campagne perché si opporrà alla al rivoluzione. Per questa ragione anche la rivoluzione francese non sarà una rivoluzione realmente di popolo ma una rivoluzione prevalentemente borghese e cittadina.
La reazione di Luigi XVI
Luigi XVI inizialmente finge di accettare i principi della monarchia costituzionale ma si fa guidare da consiglieri sprovveduti reazionari e cerca quindi di fuggire con la propria famiglia per raggiungere l'Austria e chiedere all'Austria stessa di muovere guerra alla Francia e schiacciare la rivoluzione.
Nel 1791, mentre cerca di attuare questo piano e fuggire in incognito, viene però riconosciuto è arrestato. La stampa democratica lo accusa di tradimento. L'assemblea nazionale si spacca su cosa fare del re e della monarchia.
Lafayette, moderato cerca di riabilitare la figura del re.
I giacobini, fino all'epoca stragrande maggioranza, si spaccano ed escono da essi le figure moderate come Lafayette che creano il Club dei Foglianti.
La nuova costituzione
Il 12 settembre del 1791 nasce la nuova costituzione dello Stato francese che prevede una divisione dei poteri e assegna:
* al sovrano il potere esecutivo e il diritto di veto.
* Si crea un'assemblea legislativa che ha appunto il potere legislativo.
* Il potere giudiziario viene affidato ai giudici eletti non da tutti cittadini ma da quelli che hanno diritti politici.
* Il diritto di voto viene riconosciuto ai cittadini attivi cioè ai maschi maggiorenni che pagano imposte. I cittadini attivi eleggeranno gli elettori che eleggeranno i deputati.
Nell'ottobre del 1791 nasce l'assemblea legislativa.
Nell'assemblea legislativa si dividono due grandi raggruppamenti che si definiranno
Girondini (più moderati) e giacobini (più radicali).
L'assemblea si rende conto delle spaccature al proprio interno e della difficoltà nel gestire la fase rivoluzionaria.
La scarsità di viveri dovuta ai cattivi raccolti e al rincaro della vita innesca una serie di tumulti popolari. La soluzione scelta dalla maggioranza per ricompattare il popolo e quella di muovere guerra all'Austria. Una guerra contro le potenze straniere nemiche della rivoluzione avrebbe mobilitato le energie nazionali distraendo i francesi dai problemi interni.
Per questa ragione l'assemblea legislativa approva quasi all'unanimità la guerra all'Austria e alla Prussia.
Alla guerra era favorevole anche il re Luigi XVI che però sperava in una vittoria austriaca per riavere il proprio pieno potere.
La guerra contro gli Austro-Prussiani
La Francia subisce inizialmente una serie di sconfitte, l'esercito del Re è infatti guidato da ufficiali nobili che disertano, che passano al nemico e che vogliono la sconfitta.
Le previsioni del re Luigi XVI sembrano avverarsi, se non che il popolo, rendendosi conto di essere stato tradito, si ricompatta e partecipa alla battaglia.
La comune di Parigi diventa il centro di riferimento e coordinamento dell'ira del popolo che vede spie e traditori tra i nobili vicini al re.
Rendendosi conto della situazione e del comportamento del Re il 10 agosto del 1792, la comune rivoluzionaria decreta la deposizione di Luigi XVI.
L'assemblea legislativa pressata dalle masse popolari sospende e il re e lo fa imprigionare.
In seguito a questo si va al nuove elezioni che questa volta sono a suffragio universale.
La comune di Parigi assume provvisoriamente il potere e istituisce un tribunale rivoluzionario. Il 21 settembre la convenzione, nuovo centro di potere nato dopo la fuga dello stesso, dichiara decaduta la monarchia e proclama la Repubblica.
Mentre la guerra con Austria e Prussia continua, bisogna decidere che fare dire Luigi XVI.
L'assemblea dei legislativa si divide:
I Girondini, sebbene repubblicani, vogliono che Luigi XVI venga risparmiato perché prevedono che la sua morte avrebbe potuto inasprire le tensioni interne e aumentare il numero dei nemici esterni alla Francia isolandola a livello internazionale
i Giacobini lo vogliono morto perché non possa più essere un punto di riferimento delle forze controrivoluzionarie e perché il regime repubblicano diventi irreversibile.
Dopo mesi di dibattiti 387 deputati contro 334 votano per la condanna a morte del re. Il 21 di gennaio del 1793 il re e la famiglia vengono ghigliottinati.
La repubblica giacobina e il terrore
La prima coalizione antifrancese
La convenzione continua la guerra contro le forze straniere.
L'uccisione di Luigi XVI però scatena le potenze straniere contro la Francia.
L'Inghilterra si allea con l'Austria e con la Prussia, trascinando Russia, Spagna, Portogallo, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Stato Pontificio e regno di Napoli.
È la prima coalizione antifrancese.
La repubblica giacobina
Nasce una democratica costituzione dell'anno primo.
La convenzione ordina una leva straordinaria ma in Vandea, una regione profondamente cattolica e reazionaria, la popolazione si solleva, massacra i rappresentanti del governo e crea una armata che sconfigge le truppe mandate dalla convenzione.
È il frutto del malcontento dei contadini e della volontà di sottrarre i giovani alla lega.
Molte città intanto si ribellano al governo centrale in nome del federalismo.
La situazione in Francia si fa sempre più pericolosa finché, in circostanze così difficili, il governo del paese viene assunto da un comitato di salute pubblica, diretto da Robespierre che creerà un sistema rigoroso e rivoluzionario:
* Il 17 settembre 1793 viene approvata la legge dei sospetti che consente di procedere a condanne in quanto definisce come sospetti, non coloro che abbiano commesso un reato, ma coloro che con la condotta si siano dimostrati fautori di tirannia e nemici della libertà.
* Si crea, quindi, in Francia, un regime del terrore, una dittatura giacobina con la quale si intendono bloccare le rivolte interne al paese guidando il paese nella guerra con le potenze straniere.
* La rivolta della Vandea viene stroncata e massacrati coloro che cercano di portarla avanti.
* Si crea un ulteriore inasprimento del terrore quando viene istituito un tribunale rivoluzionario per punire i nemici del popolo. Nemico del popolo diventa chiunque fosse sgradito al potere. La pena è sempre la morte.
Negli stessi mesi continua la mobilitazione della nazione. Tutte le attività economiche sono assoggettate a controllo, vengono imposti il calmiere dei prezzi e il blocco dei salari e si armano e arruolano 900.000 soldati.
Questo porterà una grande vittoria delle truppe francesi contro la coalizione antifrancese.
La congiura e il terrore bianco
Questa vittoria porta la Francia a non essere minacciata da pericoli imminenti quindi il terrore, che prima alcuni giustificavano per la situazione di emergenza, diventa sempre più intollerabile: si crea così una congiura che vuole cacciare Robespierre accusandolo di tutti gli errori di questa fase.
La congiura avviene da parte dei girondini: viene ucciso Robespierre e vengono liquidati i giacobini e al terrore rosso giacobino si sostituisce tra il 1794 eil 1795 il terrore bianco che si abbatte proprio sui giacobini, da parte dei girondini.
* Viene abolito il calmiere sui prezzi,
* si ritorna al liberismo e i ricchi borghesi sono ansiosi di rifarsi dei sacrifici subìti sotto la dittatura giacobina.
Nel 1795 nasce la costituzione dell'anno terzo.
Il potere legislativo è costituito da due assemblee:
* un consiglio dei 500 che propone le leggi
* un consiglio degli anziani di 250 che le approva o le respinge.
* Il potere esecutivo è affidato a un direttorio di cinque membri scelti dagli anziani.
Nel frattempo i membri della convenzione riescono a firmare trattati di pace con almeno parte delle potenze che si erano create contro la Francia.
Continueranno la guerra Inghilterra e Austria.
La francia del direttorio è però un paese in crisi in cui si susseguono congiure e complotti.
Napoleone Bonaparte
I successi Militari
Mentre in Francia la situazione si fa sempre più caotica sta per emergere la figura di un condottiero francese, Napoleone Bonaparte, soldato cinico e grande figura politica, con grandi capacità organizzative.
Nel 1796 il direttorio gli affida il comando del corpo di spedizione in Italia.
Napoleone scende in Italia e batte ripetutamente piemontesi e austriaci: il 28 aprile del 1796 i piemontesi firmano la pace e sono costretti a cedere alla Francia o la Savoia e Nizza.
Prosegue la guerra con gli austriaci, occupa Milano, estende le operazioni nel Veneto e dopo una serie di vittorie e costringe l'Austria alla pace di Campoformio del 17 ottobre 1797, grazie alla quale riesce a conquistare la Lombardia e l'Emilia.
Fonderà così la Repubblica cisalpina, satellite della Francia nel 1797, territorio libero ma legato a sé e alla Francia.
I giacobini italiani con l'appoggio francese fondano anche la Repubblica ligure e la Repubblica romana imprigionando il Papa Pio VI.
Napoleone prosegue la campagna scendendo in Italia ma il suo vero obiettivo è sconfiggere l'ultimo nemico rimasto in guerra contro la Francia: l'Inghilterra.
Per questo cerca prima di tutto di assicurarsi il controllo del Mediterraneo attraverso la conquista dell'Egitto, allo scopo di strappare quel paese all'impero turco e consolidare il potere in Europa.
Nel maggio del 1798 Napoleone salpa alla volta dell'Egitto, conquista l'Egitto ma presto le sorti si rovesciano.
La flotta britannica guidata dall'ammiraglio Nelson sorprende e distrugge la flotta francese presso Alessandria.
Il rientro in Patria e il colpo di stato
Napoleone Bonaparte resta isolato dalla madrepatria. Nello stesso tempo, all'inizio del 1799, alcuni patrioti filofrancesi fondano la Repubblica partenopea cacciando Ferdinando IV di borbone che si rifugia in Sicilia.
Si crea però nel 1799 la seconda coalizione antifrancese formata da Inghilterra, Russia, Austria impero turco e regno di Napoli.
Questo porta alla dissoluzione delle varie repubbliche che si sono create in Italia.
Mentre questo accade in Italia, in Francia c'è il caos e Napoleone, rendendosene conto, torna rapidamente in patria perché la situazione sta degenerando.
Tornato a Parigi è accolto dalla popolazione come il salvatore della patria.
Napoleone interviene nell'assemblea dei 500 con i propri granatieri che costringono alla fuga i deputati. È di fatto un colpo di Stato.
Le truppe di Napoleone fanno votare un decreto che conferisce la carica di console a un triunvirato.
Alla fine del 1799 si può dire che si sia conclusa la carica rivoluzionaria della rivoluzione francese. Girondini e giacobini si sono autoeliminati e indeboliti a causa delle divisioni interne e la situazione di debolezza e di crisi apre la strada al colpo di Stato e alla dittatura di Napoleone.
Il periodo napoleonico
La vigilia di Natale del 1799 viene votata la costituzione dell'anno ottavo che attribuisce grandissimi poteri a un primo console con carica di 10 anni.
Il primo console fu naturalmente Napoleone.
Due anni dopo viene votata una costituzione dell'anno decimo, due anni dopo ancora una costituzione dell'anno dodicesimo la prima delle quali attribuiva a Napoleone il consolato a vita, la seconda di attribuiva al ruolo di Imperatore.
'Riportare l'ordine'
L'obiettivo di Napoleone in questa fase è di ripristinare l'ordine:
* La ribellione contadina venne in parte repressa in parte calmata attraverso provvedimenti atti a soddisfare le esigenze dei contadini stessi.
* Lo Stato fu ricostruito secondo criteri di accentramento.
* La polizia fu riorganizzata resa più efficiente grazie all'abilità di Joseph Fouchè.
* La libertà di stampa e di espressione furono soppresse.
* Fu fondata la Banca di Francia destinata a incoraggiare le attività imprenditoriali.
* Vagabondi e straccioni furono perseguitati e condannati.
L'ordine fu imposto dopo anni di guerra e fu accolto da molti come cosa buona benché si fosse pagato un prezzo politico e sociale elevatissimo in termini di mancanza di libertà.
* Napoleone arrivò anche a una pacificazione religiosa reintegrando i preti cosiddetti e refrattari nelle loro funzioni di sacerdoti.
* Permise il rimpatrio dei nobili emigrati.
* Sconfessò gli atteggiamenti anticattolici della rivoluzione. Per questo stipulò con Pio VII un concordato che riconosceva il cattolicesimo come religione della maggioranza dei francesi ma impegnava il Papa a non rivendicare i beni confiscati alla Chiesa.
Ispirato a una forma di giustizia fu il codice civile napoleonico. Il codice attuava concretamente l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge, esaltava il diritto di proprietà dichiarandolo assoluto.
Il codice civile napoleonico fu un capolavoro di coerenza adatto a soddisfare le esigenze della società francese.
Napoleone avvia una profonda trasformazione del sistema scolastico concentrando la propria attenzione sui licei. Vuole che, seguendo gli interessi del regime, le scuole preparino burocrati e militari capaci e obbedienti di cui la Francia ha assoluto bisogno.
Una vita collegiale sottoposta rigorosa disciplina forma un esercito fedele ai suoi propositi.
I successi militari Napoleone
All'interno pacifica lo Stato, in politica estera Napoleone ha deciso, rendendosi conto che la pace è impossibile, ad affermarsi attraverso il prestigio militare.
Napoleone nel 1800 torna in Italia, entra a Milano, affronta gli austriaci e ridà vita alla Repubblica cisalpina e alla Repubblica ligure.
Vienna firma nel 1301 la pace.
Anche i Borboni di Napoli firmano una pace e cedono l'Elba e Piombino ai francesi.
In campo contro Napoleone resta solo la Gran Bretagna. La più grande nemica di Napoleone è sicuramente la Gran Bretagna, la sola potenza che resta in guerra costantemente con Napoleone.
Gli inglesi vogliono conservare l'equilibrio fra gli Stati europei in modo che nessuno di essi acquisti tanta potenza da costituire per loro una minaccia, e temono che la Francia ridiventi una concorrente in campo coloniale com'era prima della guerra dei Sette anni.
Per questa ragione viene creata una terza coalizione antifrancese.
Intanto, mentre affida l'amministrazione del regno d'Italia e dei territori conquistati ai parenti, Napoleone progetta di invadere l'Inghilterra.
A questo scopo concentra un gran numero di navi e centinaia di migliaia di soldati che costituiscono una grande armata.
Si ha quindi la famosa battaglia di Trafalgar nella quale Nelson muore ma riesce a impedire lo sbarco francese facendo anzi una gran strage.
È in questo momento in cui Napoleone si rende conto che l'unico modo che ha per sconfiggere l'Inghilterra è prima estendere il suo controllo su tutta l'Europa.
Nel 1305 batte austriaci è Russi ad Austerliz e prende le terre del Veneto.
Assegna il regno di Napoli al fratello, il regno d'Olanda a un altro fratello.
E acquista una serie di territori germanici costituiti in confederazione Renana.
Si forma una quarta coalizione ma Napoleone continua a vincere.
Nel 1307 occupa il Portogallo e in seguito occupa la Spagna.
L'occupazione della Spagna pone però problemi gravissimi perché gli spagnoli insorgono contro gli invasori e conducono costantemente una guerriglia che dura fino alla caduta di Napoleone.
La Spagna è sottomessa ma mai pacificata e questo costerà molto in termini di energie a Napoleone. Prende vita una quinta coalizione.
Potenza e precarietà
Si può dire che Napoleone controlli gran parte dell'Europa, riesce a stipulare un'alleanza con la Russia e ha come nemica solo l'Inghilterra ma in realtà la situazione è alquanto diversa perché i popoli sottomessi non sono pacificati.
L'Inghilterra inizia a sostenere tutti i nemici della Francia e tutti popoli che vogliono liberarsi di Napoleone.
Istituisce un blocco continentale con l'Inghilterra per impedire l'afflusso di materie prime ma questo comporta dei problemi anche nei paesi che controlla, che prima commerciavano con l'Inghilterra.
Inizia a manifestarsi malessere anche all'interno del proprio paese, in alcune classi sociali.
Dall'altare alla polvere
Nel 1311 Napoleone inizia a capire che il suo dominio sull'Europa è ricco di difficoltà.
Inoltre, nonostante l'apparente patto, crescono i problemi tra il governo francese la Russia perché la Russia, per tutelare propri interventi, viola il blocco continentale e commercia con l'Inghilterra. Napoleone reagisce quindi con una serie di provocazioni che porteranno rapidamente a uno scontro con la Russia.
Nel 1312, quindi, avvia una grandiosa spedizione militare contro la Russia per eliminare l'ultimo pericoloso concorrente e rendere inviolabile e il blocco contro la Gran Bretagna.
Egli spera che le truppe russe lo attacchino in campo aperto offrendogli l'occasione di annientarle in poche grandi battaglie.
In realtà i russi evitano gli scontri frontali e conducono un'azione di disturbo che rallenta l'avanzata dell'invasore, infliggendogli notevoli perdite.
Attaccano e si ritirano lasciando dietro di se regioni spogliate di risorse e viveri che sarebbero necessarie al sostentamento dell'esercito francese.
Napoleone entra in Mosca il 14 settembre ma la città viene distrutta da un incendio.
L'imperatore attende per più di un mese che lo Zar avanzi proposte di pace ma, fallita questa speranza è costretto prender la via del ritorno prima che il terribile inverno russo si abbatta sulle sue truppe. Durante la ritirata, però, i russi lo attaccano e gli infliggono durissime perdite.
La grande armata di Napoleone, che comprendeva 700.000 soldati, rientra ridotta a poche decine di migliaia di uomini.
Questo disastro mina il prestigio di Napoleone in Francia e in Europa.
In Francia la crisi economica porta cattivi raccolti e il l calo della produzione tessile fa sì che la grande borghesia, che aveva appoggiato Napoleone, ora lo avversa perché i costi delle molte guerre non sono compensati da adeguati guadagni.
In Europa il dominio di Napoleone è ormai avversato:
* in Prussia ci si prepara vendicare la sconfitta,
* la confederazione Renana si scioglie e i principati si uniscono alla Prussia.
* L'Austria si prepara alla guerra,
* la Spagna continua la sua guerriglia interna.
* L'Inghilterra come sempre sostiene tutti i nemici della Francia.
La sesta coalizione antifrancese che si crea è ormai troppo forte per Napoleone.
Napoleone viene quindi sconfitto presso Lipsia ed è costretto a difendersi nei propri confini esponendo il paese alle distruzioni della guerra.
Deve richiamare in patria le truppe spagnole, fa saltare il blocco continentale e all'inizio del 1314 riesce semplicemente a rallentare le avanzate nemiche ma il 31 marzo del 1814 la coalizione entra in Parigi accolta festosamente dalla borghesia della capitale.
Napoleone quindi abdica e i vincitori gli assegnano il governo dell'isola d' Elba.
Sale quindi al potere Luigi XVIII fratello di Luigi XVI.
La corona francese torna al re, torna ai Borboni.
Contemporaneamente finisce anche l'esperienza del regno d'Italia che torna sotto mano austriaca.
Gli ultimi 100 giorni
La restaurazione del Re, fa nascere nell'opinione pubblica il timore che si voglia tornare al vecchio regime e che i nobili e il clero vogliano rivendicare i privilegi e farsi restituire le terre.
Di fronte a questo borghesi, liberali e democratici iniziano a rivalutare la figura di Napoleone come colui che almeno ha salvato alcuni aspetti essenziali della rivoluzione francese.
Questo stato d'animo favorisce l'ultima avventura di Napoleone che, fuggito dall'Elba il 26 febbraio del 1315, arriva sul ruolo francese.
Il 1º marzo viene nuovamente acclamato imperatore dalle truppe inviate da Luigi XVIII ad arrestarlo. Torna quindi a Parigi mentre il Re è costretto a fuggire.
Si tratta però di un miracolo di breve durata, di circa 100 giorni. Infatti verrà sconfitto il 18 giugno del 1315 a Waterloo. A batterlo saranno gli eserciti della settima coalizione.
Consegnatosi agli inglesi, verrà confinato nell'isola di Sant'Elena, in mezzo all'Atlantico, dove morirà il 5 maggio del 1821.
L'età della restaurazione
Il congresso di Vienna
Tolto di mezzo Napoleone Bonaparte, i sovrani degli Stati europei si proposero di restaurare il potere in Europa precedente alla rivoluzione francese e al governo napoleonico.
Venne convocato il Congresso di Vienna, riunione tra le principali potenze che contribuirono alla sconfitta e alla lotta contro Napoleone.
Il congresso di Vienna iniziò prima dei 100 giorni di Napoleone e si concluse nel settembre del 1315. Fu ispirato ad alcuni principi:
principio di legittimità. Si sarebbe dovuta restaurare in ogni paese l'autorità legittima, cioè l'autorità che aveva esercitato il potere prima del 1789, cioè prima della rivoluzione francese. Con la restaurazione di Luigi XVIII in Francia, il paese, sebbene avesse perso la guerra, subì perdite modeste e potè trattare quasi alla pari con le altre potenze.
Questo fu ottenuto dall'abilità del mediatore francese Talleyrand.
principio di equilibrio: il principio di legittimità si sarebbe rispettato solo se non in contrasto con il principio di equilibrio fra le potenze, con un principio che premeva soprattutto all'Inghilterra, da sempre attenta a che non si creassero grandi potenze continentali.
L'unico a non essere rispettato fu il principio di nazionalità: la Polonia infatti fu spartita tra Austria Russia e Prussia. La confederazione germanica fu concepita come una semplice lega fra Stati sovrani tra cui Austria e Prussia, pienamente indipendenti, e non come una tappa verso l'unificazione.
L'Italia si ritrovò di nuovo con il lombardo-veneto in mano austriaca, il regno di Sardegna sotto i Savoia, vennero restaurati il Granducato di Toscana, lo Stato Pontificio, il regno di Napoli, il Ducato di Parma e Piacenza, il Ducato di Modena e Reggio.
Il principio di nazionalità non fu negato, ma semplicemente ignorato in nome di un pragmatismo delle grandi potenze.
L'Europa dopo il congresso di Vienna
Grazie al periodo della rivoluzione, i governanti si resero comunque conto di come l'agevolazione dei commerci degli scambi avrebbe portato benefici a tutti gli Stati.
Uno dei lati positivi del Congresso di Vienna fu anche il divieto della tratta dei neri che dall'Africa venivano deportati e venduti come schiavi in America.
Non fu l'abolizione della schiavitù, ma un passo avanti in quella direzione.
Le nuove esigenze di collaborazione tra gli Stati, mosse anche da interessi economici, permisero anche la nascita della cosiddetta Santa alleanza.
La Santa Alleanza
Il progetto di un'alleanza sacra tra i sovrani europei, che avrebbero dovuto prestarsi assistenza e soccorso in ogni circostanza perché delegati da Dio a governare la famiglia cristiana, fu inizialmente proposto dallo zar Alessandro di Russia. L'imperatore di Austria e di Prussia rimasero inizialmente perplessi di fronte un progetto di questo tipo ma lo accettarono.
L'Inghilterra, conformemente alle sue tradizioni politiche, non volle partecipare a un patto di alleanza di questo tipo.
La Santa alleanza esisteva solo nelle intenzioni, perché i tre sovrani austriaco, prussiano, russo si promettevano semplicemente reciproca solidarietà contro tentativi di sovversione dell'ordine stabilito dal congresso di Vienna.
La Santa alleanza fu strumento della restaurazione che cercò di sradicare ideali illuministi, rivoluzionari, napoleonici, che si stavano comunque diffondendo in Europa.
Per ottenere un senso alla Santa Alleanza venne proclamato un principio d'intervento cioè il diritto-dovere delle potenze di intervenire nelle vicende interne di qualsiasi paese in cui l'ordine venisse turbato.
L'Inghilterra, pur rifiutando la Santa Alleanza, non intendeva isolarsi e voleva evitare che la Russia diventasse una potenza egemonica.
Per questa ragione propose una quadruplice alleanza fra Inghilterra, Prussia, Austria e Russia che fu stipulata e impegnò le potenze in periodici incontri per salvaguardare la pace.
La restaurazione nei paesi europei
La pretesa di restaurare l'Ancien Regime, benché corrispondesse ai propositi di rivincita delle classi nobiliari, potè essere soddisfatta solo in parte. L'importanza assunta dalla borghesia nelle attività economiche rendeva infatti impraticabile un vero e proprio ritorno al passato.
Le velleità di nobili e clero dovevano essere tenute a freno e i governi si limitavano a favorire la nobiltà terriera, a restituire al clero alcuni privilegi, a ostacolare un eccessivo rafforzamento della borghesia, senza però andare oltre.
La Francia
La stessa Francia e lo stesso Luigi XVIII si resero conto dell'impossibilità e dell'assurdità di un ritorno al passato.
Per questa ragione venne emanata una 'carta octroyeè', cioè concessa per grazia sovrana, che conservava alcune piccole conquiste della rivoluzione:
* una limitata libertà di stampa
* l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge
* il diritto libertà individuale e alla libertà di culto.
La carta istituiva inoltre due camere che il Re poteva sciogliere a piacimento: la camera dei pari, nominati dal Re e la camera dei deputati, elettiva, i cui elettori erano però i soli cittadini che pagavano almeno 300 franchi di imposte.
Le camere avevano un potere legislativo limitato.
La moderazione del Re non piacque agli ultrà monarchici, guidati dal conte Carlo d'Artois, che voleva una politica molto più autoritaria.
Quando il figlio di quest'ultimo venne ucciso, gli ultrà riuscirono a imporre una svolta politica reazionaria che si amplificò ulteriormente quando, morto Luigi XVIII, proprio Carlo d'Artois col nome di Carlo X, divenne re.
La restaurazione in Inghilterra
L'Inghilterra era il paese vincitore della guerra contro Napoleone.
La grande nobiltà terriera consolidò il potere; possedeva la metà delle aree agricole e guidava l'economia.
Gli aristocratici, che erano i dominatori della camera dei Lord, avevano una maggioranza anche nella camera dei comuni.
Fecero passare delle leggi sul grano che difendevano la produzione di grano inglese anche se meno economica.
Vantaggioso per gli agrari, il provvedimento danneggiava i ceti più poveri costretti a pagare più caro il pane.
È il periodo della rivoluzione industriale, è il periodo anche delle lotte operaie e del Luddismo a cui segue una profonda depressione.
Particolarmente gravi furono i fatti accaduti nel 1819, quando, durante un comizio popolare, la cavalleria uccise sei dimostranti.
L'opinione pubblica reagì anche perché erano state approvate nel frattempo leggi che limitavano la libertà di riunione e di parola e i metodi autoritari risultarono impopolari.
Iniziò quindi una politica diversa e il nuovo ministro degli esteri Giorgio Canning, operò una svolta liberale.
La restaurazione in Austria e Prussia
In Austria assunse particolare peso la figura del primo ministro (cancelliere) Metternich che
* nella politica interna accentuò il centralismo burocratico per controllare tutti i popoli soggetti agli Asburgo
* in politica estera, oltre a farsi coerente fautore del principio d'intervento, tese a mantenere l'egemonia sugli Stati della confederazione germanica che iniziavano a subire l'influenza della Prussia.
La prussia infatti, grazie al prestigio acquistato nelle lotte contro Napoleone, aspirava a sostituirsi all'Austria come punto di riferimento e di aggregazione dei popoli di nazionalità tedesca.
Alessandro I di Russia
Nei territori dello Zar non c'era niente da restaurare perché erano rimasti sostanzialmente immuni dal contagio rivoluzionario anche se molti dei soldati avevano potuto rendersi conto della profonda differenza che separava il loro paese dal più avanzato Occidente.
Alessandro I si atteggiò a campione della libertà dei popoli e concedete alla Polonia una sorta di costituzione autonoma, dichiarando che si trattava di un primo esperimento da estendere a tutta la Russia. Questi propositi ebbero però breve durata: nel 1320 tornò il tradizionale autoritarismo. Quando poi gli succedette il fratello Nicola I, ultra reazionario, nel 1325 vi fu addirittura una rivolta.
La rivolta di parte dei reggimenti militari, chiamata decabrista perché accaduta in dicembre, andò incontro a un fallimento perché rimase isolata.
Benché si battessero anche per una riforma agraria e per l'abolizione della servitù della gleba, i cospiratori non avevano rapporti con le masse dei contadini, che quindi non erano in grado di mobilitarsi per un'azione politica.
Il moto di rivolta fu represso e lo Zar fece giustiziare i coraggiosi ma inesperti nobili che avevano organizzato la rivolta.
La restaurazione in Italia
L'Austria resta il paese che ha il dominio di gran parte dell'Italia, nel lombardo-veneto direttamente ma indirettamente su tutti gli Stati italiani.
Nel lombardo-veneto il governo di Vienna si preoccupò di contenere le aspirazioni all'indipendenza, diffusa soprattutto fra la borghesia cittadina.
Il regno di Sardegna, sotto i Savoia, fu con Vittorio Emanuele I una delle roccaforti della reazione.
Lo Stato Pontificio, la cui amministrazione rimase nelle mani di alti prelati, mantenne un atteggiamento assolutamente reazionario.
Nel regno delle due Sicilia Ferdinando I di Borbone, rientrato a Napoli, iniziò un'azione di epurazione di tutti coloro che avevano contribuito alla collaborazione con la Repubblica.
Moderata fu invece la restaurazione a Parma che mantenne la moderna legislazione francese e moderata fu anche, in una prima fase, a Modena.
Il Granducato di Toscana potè godere del governo illuminato di Ferdinando III di Lorena che recuperò e aggiornò il codice leopoldino, uno dei più avanzati codici promulgati prima della rivoluzione francese.
Movimenti di opposizione è sette segrete
Fu sicuramente restaurazione da un punto di vista politico, ma da un punto di vista culturale non sarebbe più potuti tornare indietro.
Gli ideali del primo illuminismo e della rivoluzione francese erano comunque stati diffusi e avevano affascinato la classe intellettuale e la borghesia.
Sebbene venissero condannati gli eccessi della rivoluzione francese, si svilupparono di sicuro le forze di opposizione culturale ai regimi che si andavano restaurando.
Non erano forze organizzate, non erano forze con un preciso disegno politico, era una sensibilità politica e culturale che si opponeva a questo ritorno al passato.
Vi erano tre grandi gruppi di oppositori:
* liberali moderati, perlopiù appartenenti all'alta borghesia, ad ambienti nobiliari che si battono contro il dispotismo e accolgono il principio dell'uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Il diritto di partecipare alla vita politica però, secondo queste persone, spettava esclusivamente alla borghesia, a coloro che per cultura e competenza erano in grado di dirigere gli stati. I liberali sono fautore del liberismo sostengono che solo l'iniziativa privata può assicurare la massima prosperità degli Stati.
* democratici. Prevalentemente intellettuali, membri della piccola e media borghesia, credono nella democrazia, nella sovranità popolare e condannano il suffragio per censo come un iniquo privilegio che riserva il diritto di voto a una minoranza di ricchi. I democratici in Italia ritengono che la piena indipendenza della nazione sia una premessa necessaria per l'esercizio della sovranità popolare.
* Liberal democratici. Una posizione intermedia fra i moderati e i democratici assumono quei movimenti che, convinti dell'inopportunità di concedere immediatamente alle masse ignoranti diritti politici, mirano però a estenderle progressivamente. La sovranità popolare non può essere la premessa dell'attività politica perché le masse non sono ancora mature ma dev'essere quindi lo scopo.
Le sette

Nell'età della restaurazione nascono o si sviluppano molte società segrete che perseguono scopi diversi. In Italia come in Europa sono molto diffuse le sette liberali o democratiche: gli Adelfi e il Filadelfi in Francia, la lega delle virtù in Germania, i comuneros spagnoli, lL'Eteria greca, i Federati, attivi in Piemonte e Lombardia e la carboneria, diffusa soprattutto nel regno delle due Sicilie.
struttura di una setta segreta: la carboneria
La carboneria era organizzata gerarchicamente in gruppi di ampiezza importante crescente gli affiliati,1 volta ammessi alla setta mediante complesse cerimonie di carattere semi religioso nel segreto si chiamavano buoni cugini ed erano divisi in apprendisti e maestri e la piena conoscenza degli obiettivi della setta era riservata ai soli carbonari dei gradi superiori cioè ai maestri. Le sette mantenevano segreti spesso anche programmi andando oltre i limiti necessari per sfuggire alle persecuzioni della polizia e quest'eccesso di segretezza finiva col compromettere la maturazione etico politica degli aderenti perché essi, ignorando i fini strategici per cui si battevano non potevano che ubbidire e passivamente ai superiori. Le sette spesso ebbero importanza limitata perché non vollero né potevano procurarsi l'appoggio del popolo che sarebbe stato necessario per resistere alle forze organizzate della reazione. La loro presenza è comunque ora testimonianza che l'ordine della restaurazione almeno in parte imposto con la forza non godeva affatto di un solito con sé un solido consenso popolare.
Il continente americano
L'America Latina
Fra il 1808 del 1825 le colonie spagnole e portoghesi dell'America Latina, approfittando del vuoto di potere creato dall'occupazione francese della Spagna durante il periodo napoleonico, rivendicarono con modalità diverse la propria indipendenza.
La lotta per l'indipendenza fu condotta in Messico da meticci e indios.
Nelle altre parti dell'America latina furono condotte dai coloni del sud America che si batterono con tenacia contro il corpo di spedizione inviato dalla Spagna.
La vittoria e l'indipendenza delle colonie fu facilitata dall'appoggio offerto dall'Inghilterra e degli Stati Uniti che si erano opposti a qualsiasi intervento europeo nelle vicende d'oltreatlantico perché intendevano rompere il monopolio spagnolo e portoghese, per poter commerciare liberamente con tutta l'America Latina.
Tra chi lottava per l'indipendenza c'erano persone che miravano a unificare l'America Latina in un unico Stato federale e democratico ma i loro propositi vennero osteggiati da Inghilterra e Stati Uniti perché avevano paura di trovarsi di fronte un organismo enorme, capace di difendere propri interessi anche contro di loro.
Fallito il progetto federale nacquero numerosi stati tutti sottoposti al dominio di ristrette minoranze di ricchi commercianti e i latifondisti. Le condizioni degli indios e della popolazione povera restarono pessime e la schiavitù, sebbene proibita dalle leggi rimase di fatto in vigore.
Gli Stati Uniti
La presidenza degli Stati Uniti era passata a Thomas Jefferson che rimase in carica otto anni e si preoccupò di mantenere il suo giovane paese estraneo alle guerre allora in corso fra Inghilterra e Francia.
L'unico intervento in vicende legate all'europa fu il farsi vendere da Napoleone La Luisiana, regione che Napoleone considerava indifendibile e in questo modo, senza colpo ferire, il territorio degli Stati Uniti raddoppiava perché la Luisiana era di dimensioni vastissime.
Negli otto anni che vanno invece tra il 1817 1825 andò al potere il primo repubblicano James Monroe. Egli ritenne di avere prestigio e forze sufficienti per lanciare alle potenze europee un monito e affermare solennemente che l'America sarebbe dovuta appartenere solo agli americani.
Questa dichiarazione, nota come dottrina Monroe faceva sì che gli Stati Uniti ponessero le premesse della propria futura egemonia sul continente. Con essa gli USA volevano far cessare le intromissioni europee al di qua dell'Atlantico, non tanto perché fossero interessati alla liberazione delle ex colonie sudamericane, quanto perché volevano avere un rapporto privilegiato con quelle regioni.
È il periodo del grande sviluppo degli Stati Uniti: iniziarono a diffondersi il battello a vapore, le compagnie private costruivano strade a pedaggio, vennero introdotte le ferrovie, si sviluppò anche in America una rivoluzione industriale.
Come in Inghilterra, le innovazioni partirono dall'industria tessile e si svilupparono nei diversi settori. Col diffondersi delle industrie crebbe anche la domanda di lavoro, prima soddisfatto dalla manodopera locale, ma poi si cercò di sfruttare l'afflusso di lavoratori dall'estero.
Nel 1840 e il 1850 furono un milione gli irlandesi che emigrarono negli Stati Uniti.
La popolazione, in quarant'anni, dal 1800 al 1840 passò da 5 milioni a 17 milioni di abitanti.
Le prime rivolte contro la restaurazione
I moti del 1820-1821
L'ordine costituito con la restaurazione fu semplicemente apparente perché il disagio si avvertiva e si avvertivano anche i segni di un imminente bufera rivoluzionaria.
La Spagna: appena tornato al potere dopo la cacciata di Napoleone ,Ferdinando VII re di Spagna tolse la costituzione e iniziò a perseguitare anche quei soldati che si erano battuti in suo favore contro le armate francesi ma che volevano la costituzione.
Questa politica impedì al re di impegnare l'esercito per reprimere la ribellione sudamericana; infatti le truppe, pronte a Cadice, in attesa per l'imbarco verso il Sudamerica, si ammutinarono e imposero al sovrano di rimettere in vigore la costituzione. Il 7 marzo il Re fu costretto a ripristinare la costituzione.
Napoli: giunta la notizia degli ammutinati spagnoli, i militari del Regno delle due Sicilie che aderivano alla carboneria insorsero nel 1320 e costrinsero Ferdinando I a concedere una costituzione quasi identica a quella spagnola.
l'Austria di Metternich: I moti di Spagna, del napoletano e una rivolta che contemporaneamente si sviluppò in Grecia suscitò nel Metternich il timore che il contagio si diffondesse e minacciasse l'impero austriaco.
Convocò così Russia, Prussia, Inghilterra e Francia e li convinse ad applicare il principio dell'intervento.
La repressione
L'Austria entro con le truppe nel napoletano a stroncare la ribellione, cosa che accadde abbastanza rapidamente. A Milano Silvio Pellico in altri intellettuali riuniti attorno a una rivista patriottica, il conciliatore, tentarono di diffondere ideali liberali ma vennero arrestati e, fu così prevenuta una ribellione.
In Piemonte alcuni reparti militari si ribellano. Vittorio Emanuele I abdica in favore del fratello Carlo Felice; la reggenza fu però provvisoriamente assunta da Carlo Alberto che concedette la costituzione di Spagna. Carlo Felice, una volta saputa la notizia, sdegnato per il cedimento di Carlo Alberto gli ordinò di togliersi di mezzo e ottenne l'intervento di truppe austriache.
come a Napoli e in Piemonte, in seguito venne repressa anche la rivolta spagnola.
In quel caso furono le truppe francesi a entrare e il governo liberale spagnolo si ritirò a Cadice e alla fine dovette cedere.
Parallelamente si svolse una lotta dei greci contro il governo turco.
Essendo Grecia e Turchia fuori dalle grandi nazioni che partecipano alla quadruplice alleanza, non avvenne l'intervento a sedarla come accadde negli altri casi e nel 1830 la Spagna ottenne l'indipendenza.
Conclusioni
I dati significativi di quanto accaduto in Europa in questo periodo, nei 15 anni dopo la fine del congresso di Vienna sono due:
* l'organizzazione politica emersa dopo il congresso di Vienna è assolutamente fragile perché nei vari Stati iniziano a crescere il desiderio di una costituzione o l'ansia di indipendenza dal dominio straniero.
* La vicenda greca, che nello scacchiere europeo ha un peso assolutamente marginale, ha però un significato simbolico importante perché per la prima volta prevale il principio di nazionalità sul principio di legittimità e un popolo riesce a riconquistare la sovranità sulla propria terra.
L'Europa nel 1830
L'assolutismo di Carlo X
In Francia dopo Luigi XVIII, prese il potere l'ultraconservatore Carlo X.
Si impegnò a fondo per restituire alla Chiesa il pieno controllo dell'educazione pubblica e volle che i nobili fossero risarciti delle confische subite durante la rivoluzione francese.
Mentre in Francia maturavano le premesse dell'industrializzazione e si diffondevano le ideologie ispirate al socialismo, Carlo X intendeva richiamare in vita il vecchio regime restituendo all'aristocrazia il potere e il prestigio ormai tramontati.
Questa linea politica suscitava riserve anche negli ambienti più illuminati dell'aristocrazia e in coloro che temevano un ritorno della violenta reazione popolare della rivoluzione francese.
Di fronte alla politica di Carlo X si costituì un blocco di forze di opposizione che univa la borghesia finanziaria e gli intellettuali.
Fra il re e i suoi oppositori i rapporti si fecero più tesi fino ad arrivare nel 1830 al rottura quando Carlo X nominò primo ministro e il reazionario De Polignac, che fece sciogliere la camera, considerata troppo liberale e iniziò una campagna di conquista coloniale in Algeria che sarebbe dovuta servire ad aumentare la potenza della Francia ma anche a distrarre l'opinione pubblica dai problemi interni.
L'insuccesso di queste scelte e l'impopolarità del governo spinse Charles X Polignac a pubblicare quattro ordinanze con cui:
* limitavano il diritto di voto,
* la libertà di stampa,
* scioglievano la camera neo eletta prima ancora che si fosse riunita e
* indicevano nuovamente le elezioni.
Il popolo di Parigi appoggiato anche da reparti dell'esercito quindi insorse e in tre giornate le tre gloriose giornate dal 27 al 29 luglio del 1830 cacciarono il Re.
L'insurrezione fu guidata da masse popolari, ma i risultati della vittoria andarono a vantaggio dell'alta borghesia.
Questa classe, per evitare che la rivolta sboccasse nella restaurazione di un nuovo regime repubblicano democratico diedero la corona a Luigi Filippo, un nobile imparentato con i Borboni.
Luigi Filippo dovette giurare fedeltà a una costituzione che non era stata concessa per grazia sovrana ma che era stata conquistata dal popolo con la lotta.
Questo ebbe un'importanza notevole non solo per la Francia ma per l'intera Europa.
Proprio dalla rivoluzione francese del luglio del 1830 presero l'avvio sommosse e lotte che portarono in Portogallo e in Spagna a regimi monarchici costituzionali, che mossero i popoli in tutta Europa.
Le rivolte del 1830
Una rivolta nel 1830 portò all'indipendenza del Belgio dall'Olanda, iniziarono una serie di sconfitte della Santa alleanza sia in Francia sia in Belgio.
Nel 1831 anche la Polonia provò a proclamare la propria indipendenza dalla Russia se non che, la reazione dello zar stroncò la rivoluzione e tolse quindi l'autonomia che il paese di cui il paese aveva goduto fino a quel periodo.
Tra il 1830 e il 1831 anche in Italia iniziarono una serie di rivolte, a Parma, Modena, Bologna, in Romagna come nel 1821 però le truppe austriache riuscirono a ripristinare il potere.
Come i moti del 1820-21 anche le rivolte del 1830-31 in Italia si rivelarono un insuccesso perché si ispirarono ancora una volta alla concezione politica delle sette segrete e per questo non riuscirono a mobilitare le masse popolari e non si trasformarono in un vero e proprio movimento di liberazione unificazione nazionale.
L'Inghilterra
Fu il paese che prima degli altri vide nascere la rivoluzione industriale e vide trasformarsi la società.
Un contributo importante all'avvio di riforme che portarono ad affermarsi della società industriale avvenne grazie a un conservatore, Robert Peel, che cambiò la disumana e assurda severità delle leggi penali che prevedevano condanne alla deportazione e a morte anche per reati di poco conto.
Riorganizzò la polizia londinese prima costituita da poliziotti corrotti e la trasformò in un corpo di agenti rispettosi delle leggi. Da Bobby, diminutivo di Roberts, i poliziotti furono chiamati Bobbies, termine utilizzato ancora oggi. Promossa l'abrogazione di leggi che vietavano agli operai di associarsi, permise così che nascessero le prime unioni di mestiere, (Trade Unions) i primi sindacati dei lavoratori.
La svolta si ebbe però quando al potere andò Grey che trasformò e sostenne il progresso industriale inglese.
Avviò una riforma elettorale facendo in modo che le città industriali potessero eleggere un adeguato numero di rappresentanti.
Il diritto di voto rimase comunque ristretto a una cerchia di persone prevalentemente ricche di quali una quota apparteneva a ceti imprenditoriali.
La riforma era comunque importante perché permetteva alla parte più dinamica della società di avviarsi a sostituire gli agrari come classe dirigente.
Dopo il 1832, i due principali partiti inglesi si trasformarono per esprimere più adeguatamente i contrasti della società: si trasformarono quindi in partito conservatore e partito liberale.
La lotta tra questi due partiti divenne il centro della vita politica inglese per quasi un secolo.
Negli anni successivi venne abolita la schiavitù nelle colonie britanniche, vennero indennizzati in danaro gli ex proprietari di schiavi, venne approvata la legge sulle fabbriche per la tutela del lavoro e una legge sui poveri che dava assistenza ai bisognosi.
Gli operai avevano da tempo abbandonato modalità d'azione violente e, adottando una politica più articolata, si erano battuti per la riforma parlamentare.
Il modello di Owen e il Cartismo
Un contributo importante alla maturazione del movimento operaio la diede Roberts Owen in gioventù aveva lavorato come dipendente e poi era diventato proprietario della fabbrica tessile e l'aveva organizzata in modo da garantire agli operai le migliori condizioni di vita.
Inizialmente i grandi capitalisti cercarono di spezzare e reprimere il suo movimento ma la pura repressione non poteva ottenere un successo perché lo sviluppo del capitalismo industriale rafforzava le basi del movimento operaio.
Nacque in questo periodo il Cartismo, un movimento che prendeva nome da una carta del popolo nella quale si denunciavano le rivendicazioni della piccola borghesia, degli operai, degli artigiani e di numerosi disoccupati. Il Cartismo avrebbe dovuto creare un'opinione pubblica e elevata destinata a portare un miglioramento graduale alle condizioni delle classi lavoratrici senza violenza, ma presto assunse le caratteristiche di un movimento rivoluzionario tanto che nel 1839 uno sciopero minatori si trasformò in un'insurrezione. Nel 1343, però, vi fu una grande ripresa dell'economia, le fabbriche ricominciarono a lavorare la disoccupazione diminuì, i sindacati condannarono la violenza e la classe operaia sembrò sul punto di limitare le proprie proteste.
I Cartisti, quindi, persero gran parte del loro potere.
Iniziò proprio in questo periodo (nel 1837) il regno della regina Vittoria, la cosiddetta età vittoriniana che portò in grande sviluppo alla Inghilterra.
In questo periodo l'Inghilterra svolse un'intensa attività diplomatica e militare rivolta a consolidare i domini fuori Europa: Completò l'occupazione dell'Australia, concesse l'autonomia al Canada, iniziò la penetrazione nell'Africa del sud e cercò la conquista di tutta l'India.
L'impero britannico era la più grande potenza mondiale, estesa e ramificata in tutti i continenti.
Gli Stati italiani tra il 1831 del 1346
Il fallimento dei moti del 1831 aprì in Italia un periodo di riflessione sui temi politici nazionali che preparò il terreno alle riforme del biennio 1846-1848.
Gli ambienti culturali e l'opinione pubblica si vennero schierando attorno a tre opzioni fondamentali, il Mazzinianesimo, il liberalismo moderato e il liberalismo radicale.
Il Piemonte di Carlo Alberto
Dopo la morte di Carlo felice gli succedette Carlo Alberto di Savoia, riabilitato dopo le varie esperienze giovanili.
La figura di Carlo Alberto fece rinascere tra i patrioti vaghe speranze di un rinnovamento politico. Mazzini lo invitò a farsi interprete dei diritti popolari e rigeneratore dell'Italia.
Il re rispose a quest'invito dando l'ordine di arrestare il Mazzini qualora avesse tentato di entrare il Piemonte. Carlo Alberto e il Piemonte, infatti, non potevano permettersi l'ostilità dell'Austria e della Francia, quindi non poterono assecondare Mazzini.
Salito al potere, però, seguì la vecchia tradizione del dispotismo illuminato:
* creò un Consiglio di Stato
* rinnovò la legislazione civile, penale e commerciale
* fondò nuove scuole
* promosse il miglioramento della rete stradale.
Quello che sarebbe parso un grande passo avanti vent'anni prima, visto quanto si stava sviluppando culturalmente in Italia, apparve però ancora troppo poco.
Fu solo dopo il 1840 che cominciò a profilarsi nella politica estera del Piemonte una sorta di ostilità verso l'Austria.
Questo accadde sia per incidenti di confine sia per contrasti che culminarono in una guerra doganale nel 1346. L'ostilità di Carlo Alberto nei confronti dell'Austria non derivava da una conversione al liberalismo ma da una necessità.
L'Austria in Italia minava le sue mire espansionistiche nel lombardo veneto.
Il regno delle due Sicilie
Ferdinando II, se in un primo tempo concesse l'amnistia agli esuli politici e riammise nell'esercito ufficiali che avevano partecipato ai moti del 1320, ripiombò presto nella peggiore tradizione autoritaria. Gli interessi della Sicilia furono sacrificati a quelli del napoletano e questo rinvigorì il separatismo dell'isola.
Lo Stato Pontificio
Lo Stato pontificio era sotto il governo di papa Gregorio XVI, un Papa talmente conservatore e avverso a ogni innovazione da considerare il treno come opera di Satana.
Fu uno dei Papi più conservatori e reazionari che ebbe negli ultimi secoli lo Stato Pontificio.
La Toscana e i ducati
Erano forse gli Stati in cui la situazione si presentava migliore, in cui la produzione agricola, artigianale e manifatturiera cresceva e anche il governo di Leopoldo II di Toscana, , per quanto lontano da ogni intenzione liberale si poteva dire per lo meno tollerante e moderato.
Anche i Ducati di Parma e Piacenza e quello di Modena godevano di un certo sviluppo commerciale.
Il lombardo veneto
Il lombardo veneto, sotto il controllo austriaco, era la regione più florida d'Italia e almeno dal punto di vista tecnico quella meglio amministrata, con una rete stradale ottima, un sistema scolastico superiore a quello degli altri Stati, con industrie manufatturiere prospere e attive.
Gli interessi del lombardo-veneto erano però costantemente sacrificati agli interessi dell'economia austriaca mediante un sistema doganale profondamente iniquo e rimaneva un problema il fatto che l'Austria aveva sempre esercitato la funzione di roccaforte della reazione politica in Europa.
Il pensiero e l'opera di Mazzini
Giuseppe Mazzini
L'iniziativa per il rinnovamento radicale della storia d'Italia non fu presa quindi dagli Stati o dai governi ma da coloro che si opponevano agli Stati ai governi, primo fra tutti Giuseppe Mazzini.
Nato a Genova nel 1805 il Mazzini frequenta legge nella sua città ma si dimostra più aperto agli interessi politici che non alla giurisprudenza.
Entra nella carboneria, collabora con giornali che si professano letterari ma vengono presto soppressi dalla polizia toscana e dai Savoia perché la ragione letteraria è uno schermo all'intenzione politica.
Nel novembre del 1830 viene incarcerato per la denuncia di un delatore.
La Giovine Italia e il pensiero mazziniano
Inizia quindi a capire che la necessità per l'Italia non è quella di una lotta politica condotta attraverso le sette segrete ma attraverso un'opera di diffusione del pensiero e della coscienza nazionale.
Assolto dalle accuse va in esilio e, trasferitosi a Marsiglia, scrive la lettera Carlo Alberto già ricordata. Inoltre fonda la Giovine Italia con la quale si chiude il periodo delle sette e inizia il periodo delle associazioni educatrici.
Il fallimento dei moti italiani del 1821 e del 1831 avevano dimostrato che la carboneria e le altre sette non potevano modificare il quadro politico dello Stato e ai facili successi degli insorti era seguita la restaurazione dei governi imposta con altrettanta facilità.
Le vecchie sette avevano un duplice limite:
* innanzitutto agivano nell'ambito dei singoli Stati e miravano ottenere dei principi una costituzione
* poi si circondavano di mistero e segretezza.
Mazzini con la Giovine Italia non si riferisce ai singoli Stati ma all'intera nazione; non si batte per una costituzione ma per fondare una repubblica e inoltre accetta la segretezza dei nomi degli aderenti ma vuole che il programma dell'associazione venga il più possibile diffuso e fatto conoscere perché scuota le coscienze del popolo.
Mazzini vuole che sia il popolo spesso a farsi protagonista consapevole della propria liberazione.
Il pensiero di Mazzini si riassume nella frase 'pensiero e azione'. Il popolo dev'essere educato attraverso il pensiero perché chi lotta per una causa deve conoscerne a fondo le finalità e attraverso l'azione perché un pensiero sganciato da concreto impegno pratico si riduce a uno sterile gioco di parole vuote.
Il messaggio di Mazzini è rivolto a tutta la nazione intesa come organismo unitario a prescindere dalle divisioni sociali, ammettendo solo una contrapposizione generica tra una classe più numerosa e povera e le minoranze privilegiate.
Mazzini esercita un'influenza decisiva sul processo risorgimentale.
Se non sugli obiettivi da raggiungere, (non fu infatti una repubblica democratica quella che si sarebbe realizzata ma una monarchia liberale) perlomeno però sul diffondere l'idea dell'unità della patria.
Le prime iniziative dei mazziniani, però, da un punto di vista pratico furono un fallimento.
Neoguelfi e liberali moderati
Le iniziative del Mazzini nonostante l'insuccesso valsero a scuotere l'opinione pubblica e scatenarono però un dibattito su quello che sarebbe dovuto essere il futuro dell'Italia.
Tra i filoni di pensiero che si svilupparono anche in contrasto a quello di Mazzini sono da ricordare sicuramente è il Neoguelfismo di cui fu esponente principale Vincenzo Gioberti.
Egli era convinto che solo il cattolicesimo potesse restituire agli italiani l'energia morale per la rinascita. Assegna agli italiani un primato morale e civile offuscatosi nell'età di decadenza ma che sarebbe presto riemerso purché la Chiesa si fosse fatta promotrice di un moderato progresso.
Non occorreva l'eliminazione delle dinastie regnanti, bastava, secondo Gioberti, che i principi continuassero la politica riformista del 1700 e che si mettessero in una confederazione stretta attorno a Roma e posta sotto la presidenza o l'alto patrocinio del Papa.
Cesare Balbo e Massimo d'Azeglio furono liberali moderati: affacciano l'ipotesi che la guida della rinascita nazionale dovesse essere assunta da Carlo Alberto piuttosto che dal Papa.
Secondo il Balbo i Principi avrebbero dovuto costituire una lega armata che avrebbe dovuto spingere l'Austria a sgomberare l'Italia.
Il corso degli avvenimenti dimostrava, secondo d'Azeglio, che il Papa non poteva presiedere una confederazione degli Stati perché questa sarebbe stata nazionale mentre il ruolo di una religione sarebbe dovuto essere universale.
Le tesi del Balbo e del d'Azeglio ebbero dunque più tardi il consenso dello stesso Gioberti.
Attorno a queste figure comunque si formò un movimento d'opinione di una certa consistenza volto al rinnovamento civile d'Italia.
Il liberalismo radicale
vi erano figure come Ferrari è Cattaneo che avversavano il Mazzini non per ragioni addotte dai moderati ma perché non ne condividevano il misticismo e perché ritenevano che la Repubblica unitaria mazziniana non avrebbe consentito uno sviluppo democratico della nazione.
Sostenitori del federalismo come i moderati volevano proporre riforme graduali ma le loro prospettive erano completamente opposte.
Per i moderati le riforme avrebbero dovuto consolidare la società esistente eliminando le contraddizioni, per Ferrari e Cattaneo, invece, le riforme avrebbero dovuto aprire la via a un illimitato progresso verso una società borghese e commerciale.
Per i radicali come cattaneo la Repubblica avrebbe dovuto sostituirsi ai principi ed essere federale solo perché il popolo potesse esprimere la propria volontà politica nel modo più libero.
Pio IX, le riforme e il mito.
Dopo la morte di Gregorio XVI fu eletto papa Pio IX.
Non appena elevato al soglio pontificio emanò un editto del perdono con il quale concedeva nel 1846 ai detenuti politici un'amnistia molto più ampia di quella che si usava e più tardi varò una serie di riforme di rilievo:
* concesse una controllata libertà di stampa,
* creò una consulta di Stato,
* istituì una guardia civica,
Le riforme non erano tanto ispirate al liberalismo e se si fossero guardate a fondo non sarebbero state giudicate così avanzate.
Ma a molti parve che Pio IX volesse veramente proporsi come il pontefice ideale sperato dal Gioberti, disposto a guidare i principi italiani verso le riforme.
Iniziò a crearsi il mito del Papa liberale.
Il mito finì comunque col prendere una consistenza tale da coinvolgere lo stesso pontefice che giunse a riconoscere la consistenza politica e non semplicemente geografica dell'Italia.
Iniziò a esserci un entusiasmo delle masse per Pio IX.
Conclusioni
Un primo effetto che ebbero le riforme di Pio IX fu quello di scatenare in tutti i paesi italiani un effetto domino perché i vari principi, vedendo l'azione del Papa e temendo una rivolta delle masse, iniziarono a concedere una serie di riforme.
In Toscana venne concessa libertà di stampa, consulta di Stato e guardia civica.
Anche Carlo Alberto iniziò a concedere riforme.
Negli altri Stati, nei quali le richieste dei liberali restano inascoltate, l'iniziativa passa ai democratici più radicali e assume carattere rivoluzionario: nel Regno delle due Sicilie scoppiano rivolte a Reggio Calabria e Messina, rivolte che vengono represse.
Il 1848: la primavera dei popoli
La miccia della protesta
A dare il via a una serie di eventi che porteranno il 1848 a essere un anno mitico, l'anno considerato della primavera dei popoli, furono una serie di azioni in Italia e all'estero.
* Il 12 gennaio 1848 a Palermo scoppia una rivolta armata e le truppe del Re vengono cacciate dall'isola: la Sicilia si dà un governo provvisorio.
* La tensione rivoluzionaria è presente in molti stati così Leopoldo II di Toscana, Carlo Alberto e il Papa sono costretti a seguire Ferdinando II che, per mantenere il potere nel proprio Stato, arriva a concedere la Costituzione.
Gli eventi italiani dell'inizio del 1848 confluiscono in un'ondata rivoluzionaria che sconvolge gran parte dell'Europa.
La carica patriottiche si unisce a un periodo in cui la crisi economica porta ulteriore malcontento e malumore nel popolo, accendendo la miccia delle rivoluzioni.
La Francia della Seconda repubblica
In Francia l'ostilità nei confronti del potere di Luigi Filippo e dei suoi ministri è viva tra le masse popolari che lavorano nelle fabbriche in condizioni inumane ed è viva anche nei ceti piccolo borghesi che sperano nell'allargamento del diritto di voto o addirittura nell'instaurazione di una Repubblica democratica fondata sul suffragio universale.
Il 22 febbraio 1848, il governo francese proibisce un comizio organizzato dall'opposizione per chiedere l'ampliamento del diritto di voto e scatena involontariamente la ribellione.
I parigini insorgono, si impadroniscono della capitale, costringono Luigi Filippo alla fuga e proclamano la Repubblica, nominando un governo provvisorio incaricato di convocare un'assemblea costituente.
Nasce così la seconda Repubblica francese.
A vittoria ottenuta democratici e socialisti francesi si divisero.
I democratici si erano battuti solo per creare un regime repubblicano, i socialisti volevano una Repubblica che si impegnasse a migliorare le condizioni dei lavoratori.
Lo scontro si fece pesante e diventò anche scontro di piazza.
L'assemblea legislativa prevedeva l'elezione a suffragio universale, assegnava poteri fortissimi al presidente della Repubblica che veniva eletto direttamente dai cittadini.
Fu il preludio all'immediata fine della seconda esperienza repubblicana.
Tra i candidati ci fu infatti Luigi Napoleone che non aveva alcun merito se non quello di essere nipote di Napoleone Bonaparte.
In poco tempo Luigi Napoleone prese al potere e liquidò la seconda Repubblica trasformandola in un Impero autoritario.
Rivolte nell'impero austroungarico
La rivoluzione in Francia fu solo il primo di una serie di moti popolari che sconvolsero gran parte dell'Europa.
A marzo in tutto l'impero austroungarico vi furono agitazioni e rivolte: a Vienna, a Praga, a Budapest, a Berlino, a Venezia, a Milano.
In Ungheria, in particolar modo, scoppiò una vera e propria guerra di indipendenza. Tutte le rivolte vennero però dopo lungo tempo domate.
Il 1848 in Italia: le insurrezioni e la prima guerra d'indipendenza
Il Lombardo veneto: Nel marzo del 1848, non appena giunge in Italia notizia dell'insurrezione di Vienna, si propaga nel lombardoveneto un'ondata rivoluzionaria di vaste proporzioni.
A Milano dei tumulti erano scoppiati già all'inizio del 1348 quando il popolo del lombardo veneto decise lo sciopero del fumo per colpire le finanze austriache. In risposta gli austriaci in borghese si misero a fumare per le strade scatenando dei tumulti.
La rivolta vera e propria, però, scoppiò nel marzo del 1848 a Milano che durante le famose cinque giornate dal 18 al 23 marzo riuscì a cacciare per cinque giorni gli austriaci, come anche Venezia.
La rivolta dei milanesi attendeva l'arrivo di Carlo Alberto che però si decide all'intervento soprattutto per evitare che a Milano la vittoria delle forze popolari si concluda con la proclamazione di una Repubblica. Il 23 marzo quindi Carlo Alberto dichiara guerra all'Austria e lancia un proclama alle popolazioni lombardo venete dichiarando di adottare come bandiera il tricolore con lo scudo sabaudo e di voler portare agli insorti l'aiuto che 'il fratello aspetta dal fratello'.
I contingenti piemontesi giungono a Milano il 26 marzo e vengono accolti con freddezza dai cittadini che considerano Carlo Alberto un profittatore intervenuto a cose fatte.
In questo clima di diffidenze e inizia la campagna contro gli austriaci. Mentre l'esercito dei Savoia ottiene alcuni modesti successi, giungono da ogni parte d'Italia volontari e l'opinione pubblica preme affinché i sovrani si schierino a fianco di Carlo Alberto.
Leopoldo II di Toscana e Ferdinando II del regno delle due Sicilie, premuti dai liberali, mandano truppe regolari ma diffidano di Carlo Alberto e temono che la guerra possa favorire i disegni di espansione dei Savoia.
La guerra si conclude con un fallimento anche perché il Papa, preoccupato di porsi contro un paese cattolico come l'Austria, ritira le truppe che però disobbediscono e restano sul terreno.
La stessa cosa faranno Leopoldo di Toscana e il Re di Napoli.
Continua comunque la campagna dei Savoia che però, dopo una sconfitta pesante, si vede costretto a firmare il 9 agosto del 1348 un armistizio e per questo verrà accusato da milanesi e veneziani di tradimento.
La repubblica a Roma e a Firenze
Pio IX, in seguito a una insurrezione causata dall'aver ritirato le truppe, abbandona la capitale.
A Roma si forma un governo provvisorio che forma un'assemblea costituente e dichiara decaduto il potere temporale dei papi proclamando la Repubblica.
Il governo è assunto da un triumvirato costituito da Mazzini, Armellini e Saffi.
Anche a Firenze capita la stessa cosa.
Leopoldo II fugge dalla città e si crea un triumvirato formato da Montanelli Guerrazzi Mazzoni. Quest'ultimo durerà molto poco perché gli austriaci dopo aver sconfitto Carlo Alberto interverranno a Firenze.
Carlo Alberto nel marzo del 1349 tenterà di recuperare il prestigio perduto e comincia una nuova battaglia contro l'Austria che dura però tre giorni perchè a Novara nel 1849 gli austriaci infliggono ai piemontesi una decisiva sconfitta.
Per mantenere l'indipendenza e condizioni poco umilianti, Carlo Alberto dovrà cedere il trono e ritirarsi in esilio.
Gli succede il figlio Vittorio Emanuele II che firma l'armistizio di Vignale.
A Roma, invece, intervennero i francesi che mandarono un corpo di spedizione per ripristinare il potere.
I volontari italiani combatterono con un valore per un po' di giorni ma alla fine dovettero arrendersi. Caduta Roma, solo Venezia continuò a resistere nonostante l'assedio.
Sebbene falliscano anche i grandi moti del 1348, però, ormai è chiaro che la restaurazione imposta dal congresso di Vienna ha vita breve.
La formazione del regno d'Italia
La situazione in Europa
In Francia, sostenuto dal favore dei moderati e dei clericali, Napoleone III venne incoronato nel 1852 imperatore. Il secondo impero fu un regime autoritario tanto che gli oppositori furono costretti alla semiclandestinità.
L'Austria era ancora impegnata a reprimere con grande energia i movimenti che si battevano per l'indipendenza al proprio interno.
In Prussia Federico Guglielmo IV cercava di ottenere dai principi la corona di Germania promuovendo un'unione federale tra gli Stati germanici senza però risultato.
Era però la Russia in quel tempo la roccaforte della reazione europea e i metodi dello zar Nicola I furono considerati modello per tutti i sovrani che non intendevano concedere nulla ai liberali.
Tutt'altro orientamento ebbe dopo il 1848 l'Inghilterra che non aveva alcuna ragione per rifiutare le istituzioni liberali anche perché la sua posizione internazionale di prestigio e il grande impero coloniale le consentivano di mantenere sotto controllo le tensioni sociali senza ricorrere a metodi autoritari. Patria d'origine della rivoluzione industriale, la Gran Bretagna celebrò il proprio trionfo nel 1851 con una Grande esposizione di Londra dove nei padiglioni, una folla venuta da ogni parte del mondo poteva ammirare le più grandi conquiste della tecnica britannica.
La Fiera fu promossa dalla regina Vittoria che per lo stile impresso alla vita di corte e per la durata del suo regno lasciò il proprio nome a un'intera epoca detta appunto Età vittoriana.
L'Italia dopo il biennio rivoluzionario
I moti del 1848, sebbene fallimentari, contribuirono a costruire in Italia l'idea della possibilità di un'unità del paese.
Dopo i moti il regno di Sardegna fu l'unico fra tutti gli Stati italiani a mantenere l'ordinamento costituzionale concesso da Carlo Alberto.
Il legame fra Italia e casa Savoia si rinsaldò nei primi anni del regno di Vittorio Emanuele II che andò dal 1849 al 1878, che conservò lo Statuto Albertino anche quando la situazione gli avrebbe permesso di toglierlo.
Si creò quindi la leggenda di un Re galantuomo e il regno di Sardegna diventò il più importante punto di riferimento dei liberali.
Il merito però di aver dato al Piemonte la posizione di Stato guida del processo di unità d'Italia però fu soprattutto di Camillo Benso conte di Cavour.
Rara eccezione fra gli uomini del tempo fu un liberale molto capace e lungimirante. Quando prese la guida del governo Cavour continuò la linea politica innovatrice inaugurata quand'era semplicemente ministro.
* Scavò un canale che porta tuttora il suo nome per aumentare la resa dell'agricoltura,
* migliorò la rete stradale e ferroviaria,
* Collegò meglio il porto di Genova con Torino.
* Per procurarsi le finanze necessarie Cavour aumentò le tasse, cosa che inizialmente creò proteste ma in seguito tutti riconobbero che l'aumento delle tasse fu compensato dallo sviluppo economico.
* Limitò il potere della Chiesa all'interno del proprio regno avendo come motto 'libera Chiesa in libero Stato'.
Fu però particolarmente abile in politica estera.
Egli sapeva che il Piemonte non sarebbe mai stato in grado da solo di battere l'Austria quindi si impegnò per ottenere appoggi internazionali. Per questo riuscì a procurarsi l'alleanza di Napoleone III. L'occasione per attuare questo proposito gli si offrì quando aumentarono gli attriti fra la Turchia e la Russia.
Lo zar Nicola I riprese la tradizionale politica di pressione sui Balcani per il controllo degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e si intromise negli affari dell'impero turco.
I turchi, appoggiati da Napoleone e dall'Inghilterra reagirono e la Russia si vide costretta a entrare in guerra.
Nel 1853 le truppe dello zar si scontrarono con Francia e Inghilterra.
L'Austria si dichiarò in quel caso neutrale.
Epicentro della guerra fu la regione della Crimea. Gli alleati Francia e Inghilterra invitarono il regno di Sardegna a intervenire e Cavour, cedendo alle loro pressioni, decise di inviare un contingente di 15.000 uomini.
Egli sperava che l'Austria si schierasse con la Russia dandogli l'occasione di riprendere la guerra per la liberazione ma questo non accadde.
Cavour, nonostante le critiche subite per la partecipazione alla guerra, poté partecipare al congresso di Parigi per stabilire le condizioni di pace.
L'influenza del Piemonte fu trascurabile ma Cavour, sostenuto dalla Francia dall'Inghilterra, colse l'occasione per denunciare le condizioni intollerabili in cui si trovava l'Italia e accusò l'Austria di ingerenze negli Stati indipendenti della penisola.
Così il Piemonte riuscì ad assumere la parte di difensore della causa nazionale italiana.
Egli intendeva impostare il problema italiano inserendolo nel contesto internazionale. In questo fu differente da Mazzini, rivoluzionario, che si rivolgeva soprattutto ai popoli e cercava di organizzare un'insurrezione dal basso.
Mazzini e Cavour furono due figure sicuramente complementari nella riuscita del indipendenza dell'Italia.
Il rischio di minare il lavoro svolto da Cavour proprio mentre si affacciava la possibilità di un'alleanza tra francesi e piemontesi contro l'Austria , venne da un attentato che Felice Rossini provò a fare alla vita di Napoleone III, odiato dai democratici per non aver contribuito a far cedere la Repubblica romana e per avere ridato potere al Papa.
Questa azione che rischiò di guastare i rapporti tra Francia e Piemonte fu da Cavour rovesciata a suo favore. Cercò con successo di far passare l'idea che la situazione dell'Italia era intollerabile e che l'attentato era solo uno degli effetti della mancanza di indipendenza in Italia.
Per questo nel 1858 vennero stipulati i patti segreti di Plombieres tra Napoleone III e Cavour. Napoleone III si impegnava a combattere a fianco del Piemonte contro la Austria per prendere il lombardoveneto.
A vittoria ottenuta il Piemonte avrebbe ceduto alla Francia Nizza e la Savoia.
Perché entrassero in vigore, però, si richiedeva comunque che la guerra fosse dichiarata dall'Austria e avesse l'apparenza di una guerra difensiva.
Firmato il patto sia Napoleone III, sia Cavour, misero in atto una serie di provocazioni per spingere la Austria a dichiarare guerra.
La guerra scoppiò nell'aprile del 1859.
La seconda guerra d'Indipendenza
Francesi e piemontesi iniziarono un'offensiva in Lombardia vincendo a Magenta Solferino San Martino. Nel frattempo insorsero Toscana ed Emilia che chiedevano di essere annesse al regno di Sardegna. Questo sconvolgeva i piani di Napoleone III perché l'Emilia apparteneva allo Stato Pontificio e non poteva permettersi nemmeno indirettamente di portare la rivoluzione nei territori del Papa.
Per questo nel luglio del 1859 Napoleone III firmò l'armistizio di Villafranca con l'Austria.
Con l'armistizio però venne annessa da parte dei Savoia la Lombardia.
Nel frattempo Garibaldi con il segreto consenso di Vittorio Emanuele reclutò volontari in Liguria e salpò alla volta della Sicilia. Nel 1860 i garibaldini sbarcano l'11 maggio a Marsala dopo uno scontro riescono a liberare Palermo in cui si costituisce un governo provvisorio guidato da Crispi. I 1000 risalgono la penisola e avanzano fino a Napoli. I fulminei successi dei 1000 preoccupano però Cavour. Garibaldi e i suoi uomini, infatti, pur essendo impegnati a liberare il mezzogiorno in nome di Vittorio Emanuele, sono pur sempre democratici repubblicani.
Molti di loro chiedono che si convochi un'assemblea costituente per discutere problemi dell'Italia e per imprimere una forte orientamento democratico.
Cavour invece vuol chiudere al più presto la parentesi garibaldina e ritiene che almeno per il momento non si debba andare oltre i limiti dello Statuto Albertino.
Cavour vuole quindi riprendere il controllo della situazione, porre termine alla guerra di popolo e rilanciare la guerra del Re, condotta da un esercito regolare.
Quindi, ottenuto il consenso di Napoleone III, invia l'esercito piemontese a fermare Garibaldi prima che arrivi a Roma.
In questo modo si presenta a Pio IX come difensore dell'ordine e dello Stato Pontificio ma nello stesso tempo può occupare Umbria e Marche, unificandole al regno piemontese, a spese del Papa.
I piemontesi, incuranti delle proteste del Papa entrano nei suoi territori sconfiggono le truppe pontificie e proseguono a sud fino ad arrivare nel napoletano.
Il 26 ottobre del 1860 Garibaldi si incontra Teano con Vittorio Emanuele e salutandolo come re d'Italia gli consegna le terre liberate.
Il 17 marzo del 1861 si riunisce dopo una serie di Plebisciti in Umbria Marche il primo parlamento nazionale riunito a Torino che ratifica le annessioni e proclama la nascita del regno d'Italia. La capitale viene indicata in Roma nonostante sia ancora del Papa.
Conclusioni
L'esame delle vicende che si conclusero con la proclamazione del regno dimostra chiaramente che a questo risultato contribuirono in ugual misura sia il partito liberale moderato sia il partito d'azione di Mazzini.
I liberali furono il supporto delle iniziative diplomatiche di Cavour il partito d'azione organizzò la guerra di popolo che dopo tanti tentativi falliti vantò il successo della spedizione di Garibaldi.
Il Regno d'Italia però non nacque da un compromesso tra questi due partiti perché le richieste del partito d'azione furono respinte. Infatti non si tenne l'assemblea costituente ma si procedette invece alla semplice estensione dello statuto Albertino a tutte le regioni.
Garibaldi fu messo da parte e prevalse il principio dinastico territoriale della tradizione dei Savoia. Inoltre, un problema non secondario del nuovo Regno fu anche l'atteggiamento ostile di papa Pio IX che aveva ottime ragioni per non amare il Re e il suo governo.
La nascita del movimento socialista
Le origini del socialismo
Man mano che la rivoluzione industriale si estendeva e si sviluppava, la divisione fra proletari e capitalisti si faceva sempre più evidente e non meno evidente risultava il fatto che dai contrasti di queste due classi dipendevano le sorti dell'intera società.
Industriali e lavoratori avevano interessi in larga misura antitetici perché i profitti degli uni e i salari degli altri erano inversamente proporzionali.
Era quindi destinata a inasprirsi la cosiddetta lotta di classe.
Il trauma provocato dalla rivoluzione industriale divise la comunità culturale in due campi:
* il campo di coloro che si ritirarono sdegnati dalla volgarità del nuovo mondo e che quindi rifiutarono quel nuov progresso
* Il campo di socialisti e i liberisti che, pur giungendo a soluzioni opposte, accettarono il nuovo mondo e ne affrontarono i problemi.
In varie fasi della storia dell'umanità si avvertì nel mondo culturale una generica esigenza di costruire una società più giusta, ma un movimento socialista in senso stretto nasce tra la fine del 1700 inizi del 1800, non tanto come vaga aspirazione alla giustizia, quanto come critica specifica alla società e come elaborazione di proposte volte a modificarla.
Saint Simon
Uno dei primi fu Saint Simon, che si pose i problemi della moderna società industriale e ritenne che fossero superabili attraverso un potere attribuito a scienziati, industriali e tutti coloro che svolgono lavori veramente produttivi.
Più che socialista, la sua concezione fu tecnocratica e meritocratica, cioè fondata sul primato della competenza e dei meriti. Non dava rilievo ai contrasti di classe ma piuttosto alla contrapposizione fra gruppi sociali dividendo i parassiti (i nobili) da coloro che lavorano (operai e borghesi).
Fourier e i falansteri
più vicina agli ideali del socialismo fu l'utopia elaborata da Fourier che si rese conto di come la società contemporanea costringeva gli uomini a reprimere le inclinazioni naturali. Egli immaginava la creazione di comunità libere e autosufficienti, i falansteri, nei quali ognuno potesse esprimere nel migliore dei modi le proprie attitudini.
Il lavoro sarebbe così diventato gradevole e la produzione a cui tutti si sarebbero dedicati con entusiasmo sarebbe cresciuta in misura tale da soddisfare i bisogni delle comunità. Egli era animato da una fede in una sorta di armonia universale, che avrebbe dovuto portare gli uomini verso la costruzione di una società perfetta, senza lotte e contrasti.
Altra figura importante del periodo fu Luis blanc, che credeva nella necessità di affidare allo Stato il compito di dirigere le attività economiche e inoltre credeva nella possibilità che le strutture industriali fossero gestiti dagli stessi lavoratori.
Proudhom
Egli avversò l'idea di affidare allo Stato il compito di promuovere il passaggio al socialismo perché riteneva che un socialismo di Stato sarebbe degenerato in un regime autoritario e burocratico.
Egli progettò un' organizzazione sociale fondata su libere cooperative di lavoratori in concorrenza fra loro alle quali un Banca del popolo avrebbe dovuto concedere crediti senza interessi; così si sarebbe creato un regime socialista ideale capace di autogestirsi e non soffocato dal peso di un apparato statale.
Questo socialismo, che fu detto anarchico, per la sua ispirazione libertaria venne aspramente criticato da Marx che lo considerò adatto a soddisfare, non gli operai, ma la piccola borghesia che egli riteneva destinata a sparire con il capitalismo industriale.
Karl Marx e la fondazione del socialismo scientifico
Nessuna delle figure fin qui citate è confrontabile per completezza e profondità di pensiero all'ebreo tedesco Karl Marx che, in collaborazione con Engels, elaborò i principi fondamentali del materialismo storico e del cosiddetto socialismo scientifico.
La storia come scontro di classi
Marx è convinto che la storia abbia una sua logica e si svolga attraverso continue contrapposizioni e attraverso il superamento di quelle contrapposizioni.
Per Marx la storia è lo scontro tra classi sociali che si formano e si trasformano a seconda dei modi mediante i quali gli uomini si procurano i mezzi per soddisfare i propri bisogni.
Per Marx La storia è storia di lotta di classe.
Egli è convinto che nella storia abbiano sempre dominato coloro che possiedono i mezzi di produzione cioè la terra, gli strumenti, le macchine, le materie prime cioè tutto ciò che è necessario per svolgere le attività produttive.
Durante l'età feudale, per esempio, per Marx, i nobili e il clero, che possedevano le terre, esercitavano il dominio.
In seguito furono progressivamente esautorati dalla borghesia che si affermò dopo l'anno 1000 come soggetto attivo della rivoluzione commerciale, cioè come detentrice di capitale e promotrice di un rinnovamento culturale.
Nell'età presente, del capitalismo industriale, il dominio passa alla grande borghesia imprenditoriale e finanziaria che si serve della più avanzata cultura tecnico scientifica e dei soldi per acquistare mezzi di produzione efficaci.
Lo stesso sistema capitalistico, però, genera il proletariato, cioè il mondo operaio, che riuscirà, a sua volta, a soppiantare la borghesia per creare finalmente una società senza classi in cui sia restituita agli uomini la piena umanità.
Internazionalismo
Perché questo avvenga è però necessario che il proletariato contrapponga una propria organizzazione internazionale all'organizzazione internazionale del capitalismo.
Perciò Marx ed Engels credono nella necessità di fondare una 'Prima Internazionale' che riunisse associazioni operaie di tutto il mondo.
I contrasti di classe, secondo Marx, preparano le condizioni per lo scontro finale.
Questo si sarebbe dovuto concludere con la vittoria del proletariato che, dopo una fase di transizione in cui si sarebbe dovuto organizzare sotto forma di dittatura, avrebbe dovuto portare a una società comunistica.
In questa nuova società i mezzi di produzione sarebbero dovuti essere proprietà comune, ogni divisione di classe sarebbe stata abolita, sarebbe cessato lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e il libero sviluppo di ciascuno sarebbe stata la necessità e la condizione per lo sviluppo di tutti.
Marx non disprezza il progresso tecnico e industriale promosso dalla società borghese infatti, secondo Marx, il sistema capitalistico doveva essere travolto non perché avesse promosso un progresso tecnico scientifico ma perché, dopo averlo fatto, il sistema si era trasformato in un ostacolo a questo sviluppo.
La prima internazionale
Le prime agitazioni di proletari e primi tentativi di organizzazione avvennero in Inghilterra nella prima metà del 1800.
L'azione del proletariato divenne però più energica nella seconda metà del 1800, quando i metodi di produzione industriale si diffusero in aree più vaste e quando emerse più chiara la tendenza del capitalismo ad assumere dimensioni internazionali.
Nel 1864 i sindacati inglesi e i socialisti francesi fondarono l'associazione internazionale dei lavoratori che si proponeva di dare alle lotte del proletariato la stessa ampiezza internazionale assunta dal capitalismo.
Marx ed Engels si impegnarono per dare a questa associazione, chiamata più tardi Prima Internazionale, un indirizzo unitario, ma si scontrarono con l'opposizione di anarchici guidati dall'esule russo Bakunin.
I motivi della divisione erano profondi:
* I marxisti puntavano sulla lotta di classe che doveva essere condotta da grandi masse e si doveva concludere con la conquista del potere politico e con la collettivizzazione dei mezzi di produzione.
* Gli anarchici credevano invece nei metodi rivoluzionari tradizionali, nelle congiure e negli attentati ed erano contrari a ogni forma di collettivismo.
* I marxisti attribuivano la massima importanza al movimento storico,
* Gli anarchici attribuivano la massima importanza all'iniziativa di singoli individui.
* I marxisti rappresentavano il proletariato industriale dei paesi più avanzati
* Gli anarchici rappresentavano gli artigiani e i contadini poveri contrari allo Stato e alla pianificazione.
* Marx era più razionale, Bakunin più spontaneista.
L'America nel 1800 lo sviluppo la guerra civile
Gli Stati Uniti nel 1800
Nel 1800 l'Europa è ancora il centro del mondo ma il primato diventa sempre meno esclusivo perché gli Stati uniti assumono un peso crescente fra le maggiori potenze del nostro pianeta.
Gli Stati Uniti, all'origine, erano ben poca cosa, un vasto paese agricolo e arretrato nel quale la campagna prevaleva sulla città.
Nonostante ciò, però, in un secolo si avviano a diventare la più grande potenza del mondo.
La produzione del cotone coltivato dagli schiavi neri nelle piantagioni del sud fa sì che si Stati Uniti alimentino le industrie tessili inglesi e francesi.
Dall'Europa, nello stesso tempo, importano utensili e manufatti che ancora non sono in grado di produrre.
Il sistema statunitense dei trasporti e delle comunicazioni diventa presto uno dei migliori del mondo. All'avanguardia nella navigazione a vapore, la loro marina mercantile è seconda solo a quella inglese. Strade e canali si moltiplicano.
Quando in Europa ci sono al massimo 2500 km di ferrovie, nel 1840, la rete ferroviaria americana supera i 5000 km. La popolazione passa dai 5 milioni del 1800, ai 23 milioni del 1350, ai 76 milioni del 1900.
Questo è determinato anche dall'afflusso di milioni di emigranti in gran parte provenienti dall'Europa. Lo sviluppo economico va di pari passo con la maturazione di una cultura industriale e con un progresso tecnico e scientifico.
In entrambi i campi gli americani dimostrano grandi capacità creative. Dagli Stati Uniti nascono il telegrafo, il telefono, la lampadina elettrica, la macchina per cucire, la macchina da scrivere ecc.
La conquista del West
Gli Stati Uniti iniziarono a espandersi dall'Atlantico al Pacifico già nel 1821.
Ai 13 Stati originari se n'erano aggiunti altri 11 verso il centro del continente.
Nel 1350 gli Stati Uniti raggiunsero la California dove i ricchi giacimenti di oro attiravano centinaia di migliaia di avventurieri in cerca di fortuna.
Gli Stati dell'unione salivano al 31 nella metà del 1800 e a 45 alla fine del secolo.
L'espansione verso il Far West non accrebbe solo il numero degli Stati e delle risorse, ma fu il risultato di una mentalità e contribuì a formare e a consolidare questa stessa mentalità.
I pionieri non erano ostacolati né da tradizioni consacrate da secoli, ne dà una classe nobiliare rigida nella difesa dei propri privilegi, né da confini custoditi da grandi potenze come accadeva in Europa.
Essi avevano contro solo la natura da dominare col coraggio e con la tecnica e, a volte, la debole resistenza degli indiani, prima tenuti a bada con accordi, poi sterminati senza pietà o rinchiusi nelle riserve.
Il mondo degli affari in America era considerato un mondo di valori positivi e nasceva la figura dello scienziato inventore capace di tradurre in vantaggio economico le proprie scoperte.
Lo stesso concetto di cultura era negli Stati Uniti diverso da quello che arrivava dagli ambienti europei perché era un popolo tutto preso dal compito di dissodare un continente e viveva la cultura soprattutto come strumento per modificare il mondo e sottoporre la natura alla propria volontà.
Le forze produttive si poterono esprimere senza ostacoli perché gli spazi e le risorse erano abbondanti a prezzi irrisori, i salari erano alti perché la domanda di manodopera superava l'offerta.
Capitalismo, democrazia e libertà d'impresa furono le modalità organizzative e di principi fondamentali della società americana.
Erano principi che però valevano solo per gli americani; non valevano per i neri ancora a lungo tenuti in schiavitù.
La guerra di secessione
Dalla contraddizione fra democrazia e schiavismo nacque guerra di secessione che mise in pericolo la stessa sopravvivenza degli Stati Uniti.
I 13 Stati all'origine dell'unione non avevano una struttura omogenea; nel Nord erano più sviluppate le attività commerciali ed artigianali mentre la ricchezza del sud derivava dalle grandi piantagioni di canna da zucchero, tabacco, riso e cotone, possedute da pochi grandi proprietari terrieri e coltivate da schiavi di colore.
Verso la fine del 1700 sembrava tramontare l'istituto della schiavitù, che ebbe però ripresa quando la richiesta delle industrie tessili inglesi e francesi rese vantaggiosa la coltivazione del cotone e spinse gli americani del sud a moltiplicare il numero delle piantagioni e a procurarsi nuove masse di schiavi. Mentre nel Nord la schiavitù fu abolita, nel sud gli schiavi continuavano a crescere sino a raggiungere nel 1860 i 4 milioni e mezzo di unità.
Nel Nord la schiavitù era vissuta come una vergogna nazionale e comunque era un'istituzione inutile perché sarebbe stato rischioso affidare agli schiavi le attività di un'economia avanzata.
Nel sud la schiavitù era di vitale importanza perché gli schiavi svolgevano elementari lavori e costavano quanto basta mantenerli in vita.
Il Nord aveva interesse a conservare le dogane che proteggevano le sue fragili industrie dalla concorrenza europea mentre il sud puntava sul libero scambio, che consentiva di vendere le proprie derrate sui mercati europei.
Il contrasto fra il Nord antischiavista e protezionista e il sud schiavista e liberista si inasprì.
Si creò il partito democratico che rappresentava gli artigiani e i piccoli coltivatori del sud gli intellettuali dell'est e i ceti che erano esclusi dalla direzione del paese.
Punti significativi del programma erano l'eliminazione delle restrizioni al diritto di voto, la legge per l'organizzazione sindacale, la lotta contro i privilegi e il controllo sulla banca centrale americana, oltre allo sviluppo del sistema scolastico pubblico.
Jackson da un lato riconosceva, come Presidente Democratico degli Stati Uniti, che i singoli Stati dovevano godere di ampia libertà, ma pretendeva che si attenessero alle direttive del governo dell'unione.
Questo si manifestò quando il sud Carolina annunciò che non avrebbe applicato le tariffe doganali stabilite dal congresso. Jackson minacciò un intervento armato. La situazione rientrò ma era comunque sul punto di scoppiare.
Dopo una guerra col Messico vittoriosa che permise agli Stati uniti di prendere California, Nevada, Arizona, Nuovo Messico e Colorado, ma inasprì ulteriormente le tensioni tra Stati schiavisti e stati antischiavisti.
A metà del 1800 nacque anche un partito repubblicano decisamente antischiavista.
Quando nel 1860 andò al potere Abramo Lincoln, uomo di grande tempra morale, deciso a procedere all'abolizione della schiavitù, gli Stati del sud reagirono separandosi dall'unione e costituendo una confederazione indipendente.
La secessione fu la premessa della guerra.
La superiorità dei nordisti (Antischiavisti) era schiacciante, sia perché erano più numerosi, sia perché avevano il monopolio delle industrie e perché disponevano di una flotta forte con la quale potevano ostacolare i rifornimenti che il sud riceveva dall'Europa.
Il sud, però, aveva migliori ufficiali e poteva contare sull'appoggio di inglesi e francesi, che erano fortemente interessati per ragioni economiche a sostenerli.
La guerra fu feroce e contò 600.000 morti su una popolazione di 30 milioni. Il sud si arrese solo nel 1365.
I piantatori del sud uscirono dalla guerra in condizioni disastrose perché una legge del 1862 eliminò gli schiavi senza concedere indennizzi ai padroni.
Per questo un fanatico sudista assassinò Lincoln e privò gli Stati Uniti di un grande Leader.
Il dominio dei nordisti negli Stati del sud era inviso alla popolazione bianca schierata per il partito democratico, che considerava il partito dell'uomo bianco.
I repubblicani dovevano però essere sostenuti dalla presenza della guardia nazionale e sembravano una minoranza straniera appoggiata da un esercito di occupazione.
La guerra civile era finita ma l'odio tra Nord e sud era presente.
Si creano in questa fase società paramilitari come il Ku Klux klan o come la lega bianca della luisiana. Molti crimini vennero commessi da queste organizzazioni.
Quando non picchiavano fustigavano e uccidevano, presiedevano i seggi elettorali impedendo ai neri di esercitare il diritto di voto.
Ci sarebbero voluti molti anni prima di arrivare a una situazione di cosiddetta normalità tra Nord e sud degli Stati Uniti.

Esempio



  


  1. francesca

    sto cercando una tesina con l'argomento:la politica pontificia e il commercio di Ancona con il Levante.sostengo l'esame alla facoltà scienze politiche università di catania