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Categoria: | Storia |
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Testo
STORIA ITALIANA
I PROBLEMI:
*tradurre l’unificazione politica in amministrativa
*elaborare una linea di sviluppo economico (problema nord/sud)
*dare una salda direzione politica
*rapporti con la chiesa
*lotta per strappare il Veneto all’Austria
*collocare l’Italia nei rapporti internazionali
1861 partito moderato si presenta come forza di governo.
L’Italia inizia il proprio sviluppo economico sulla base di una accentuata arretratezza nel settore predominante della produzione, quello agricolo e di una drammatica frattura fra i contadini meridionali e lo stato.
L’arretratezza generale del paese risulta anche dal rapporto città-campagna l’Italia presenta un grado elevatissimo di urbanizzazione, ma si tratta nella maggior parte di città parassitarie dal punto di vista produttivo rispetto alla campagna.
Bassissimo grado di alfabetizzazione.
Limitatezza della rete ferroviaria.
Cavour muore nel 1861. gli eredi di Cavour sono coloro che formavano la destra, poi definita storica ( Sella, Lanza, La Marmora, Ricasoli)
La sinistra erede della democrazia risorgimentale, ma condizionata dalla sconfitta del 1859-60, divisa fra repubblicani di fede mazziniana come Crispi, ex garibaldini, ex democratici come Guerrazzi e uomini più moderati della sinistra costituzionale come De Pretis.
La sinistra chiede un più ampio suffragio fino al limite di quello universale e di continuare l’iniziativa per riannettere Roma e il Veneto.
Sinistra e destra non sono partiti di tipo moderno, più che altro sono schieramenti di opinione.
Dopo la morte di Cavour il potere passò nelle mani di Ricasoli. Riguardo alla questione di Roma proseguì i contatti che Cavour aveva iniziato senza esito col pontefice Pio IX sulla base delle richieste di rinuncia al potere temporale e di un regime separatista fra chiesa e stato ma anche lui fallisce.
1862 Ricasoli cede il potere a Rattizzi.
Garibaldi comincia a reclutare un corpo di spedizione per riconquistare il Veneto. Le sue truppe sono sciolte con la forza da Rattizzi e allora Garibaldi punta su un’azione verso Roma. Il re sconfessa la spedizione. Soldati del re e garibaldini si scontrano sull’Aspromonte.
Rattazzi sollevatasi l’opinione pubblica si dimette.
Minghetti 1863 lo sostituisce e negozia con la Francia un compromesso relativo a Roma (convenzione di settembre 1864) l’Italia si impegna a difendere lo stato pontificio da ogni attacco, mentre la Francia ritira le truppe entro 2 anni. A garanzia la capitale viene spostata a Firenze. In forza di ciò scoppiano violenti disordini e Minghetti deve dimettersi.
La Marmora 1864 ne prende il posto. Stipula alleanza con la Prussia contro l’Austria stipulata nel 1866.
1866 pace di Vienna dove l’Austria cede il Veneto all’Italia ma grazie all’intervento della Prussia. Questa umiliazione inasprisce le polemiche:
*Mazzini si scaglia contro la monarchia e i governanti incapaci.
*i cattolici gioiscono delle difficoltà dello stato nemico del papa.
*Garibaldi e il partito d’azione vedono nell’incapacità dei generali monarchici la conferma della necessità di nuove iniziative per liberare Roma.
1867 di nuovo in carica Rattazzi.
Garibaldi fa vari tentativi ed infine a Mentana viene battuto dalle truppe francesi.
La liberazione di Roma ci fu solo dopo che la Francia cadde sotto i colpi dei prussiani. Scoppiato il conflitto 1870 fra Francia e Prussia il 20 settembre 1870 le truppe italiane comandate dal generale Cadorna entrarono a Roma occupandola (breccia di porta pia). Pio IX si ritira.
1871 la corte e il governo si trasferiscono a Roma capitale. Si compie realmente l’unità d’Italia.
In tutti questi anni vige comunque nel sud un grave malcontento dovuto alla mancata riforma agraria che provoca gravi atti di brigantaggio.
Per sanare le finanze lo stato attua una durissima politica fiscale (tassa sul macinato).
Dal 1867 al 1876 si succedono 3 governi Menabrea Lanza e Minghetti tutti e 3 di destra.
1876 governo Minghetti raggiunge il pareggio di bilancio, grazie però ad un sistema fiscale che colpisce inesorabilmente i consumi delle masse comprimendone il livello di vita in molti casi al limite della sussistenza e anche al di sotto di esso. La destra era sempre più contestata dalla sinistra cosiddetta “giovane”, un insieme di forze eterogenee che univa i gruppi della sinistra storica piemontese guidata da Depretis, dalla sinistra un tempo repubblicana ora convertitasi alla monarchia con Cairoli, Zanardelli e Crispi, della sinistra meridionale.
Si esprimevano nella sinistra gli interessi tanto di strato borghesi settentrionali (riforme fiscali e politiche), quanto di proprietari e intellettuali meridionali uniti nel chiedere meno fiscalismo, la possibilità di pesare di più, la fine della dittatura settentrionale.
1875 Depretis delinea un programma di governo:
*difesa dello stato laico
*istruzione elementare obbligatoria
*decentramento amministrativo
*diminuzione e redistribuzione fiscale
*fedeltà alla monarchia
1876 governo Minghetti cade su una questione di nessuna importanza e il re incarica Depretis di formare il ministero I° governo di sinistra.
1876-1887 governo Depretis. Salito al potere con un programma apertamente riformista una volta al potere attenuò notevolmente questo programma. Si impegnò a far convergere intorno a sé uomini della destra e ad isolare con il loro contributo la nuova opposizione dell’estrema sinistra. In un discorso egli espresse ai suoi oppositori l’invito a trasformarsi diventando progressisti. Si origina il TRASFORMISMO.
TRASFORMISMO- raggiungimento di un consenso di fondo nello stile della borghesia sulle basi generali sociali e istituzionali e quindi la disponibilità nei diversi gruppi a misurarsi sulle scelte specifiche più che su grandi programmi contrapposti.
Le riforme dell’era Depretis rispecchiano la duplice esigenza di allargare la base del consenso sociale e di venire incontro ad alcune istanze di evoluzione civile ormai largamente affermatesi nei paesi più progrediti:
1877 legge Coppino, diretta a fronteggiare l’analfabetismo.
1882 riforma elettorale, diretta a sanzionare quel limitato allargamento del consenso sociale che era stato uno degli obiettivi primari del programma Depretis. La legge prevedeva elettori sopra i 21 anni, alfabeti o paganti una certa imposta. La massa dei contadini rimase così esclusa.
1882 Triplice Alleanza in funzione antifrancese.
Depretis apre un nuovo capitolo storico italiano dando il via alla politica coloniale. Il colonialismo non fu il prodotto di un forte capitalismo, bensì di un insieme di elementi il cui centro era negli interessi settoriali di alcuni strati della classe dirigente. Il tentativo fu comunque una disfatta.
MAZZINI dopo aver aderito all’Internazionale se ne discosta totalmente. L’Internazionale prende campo in Italia grazie a Bakunin che era più anarchico che socialista. Le varie insurrezioni anarchiche spinsero Costa a fondare nel 1881 il partito socialista rivoluzionario di romagna. Nel 1882 Costa viene eletto deputato. Nel 1882 nasce il partito operaio italiano sciolto da Depretis nel 1886.
1887 Depretis muore e gli succede Crispi. Ex rivoluzionario, cospiratore, mazziniano, democratico sostenitore del suffragio universale, si era convertito alla monarchia divenendo uno degli esponenti principali della sinistra moderata : acceso ammiratore della politica di forza (quindi di Bismarck, ardente nazionalista, colonialista, militarista e conservatore).
Accentrando nella sua persona le cariche di presidente del consiglio, ministro degli esteri e degli interni, Crispi operò in modo da accentuare il rafforzamento del potere esecutivo.
1889 codice Zanardelli: abolizione della pena di morte, reso libero lo sciopero, ma tutto ciò in un forte quadro autoritario, che si rispecchiò in una pratica repressiva verso le opposizioni tanto dei repubblicani, socialisti ed anarchici, quanto degli irredentisti.
1889 Turati fonda a Milano la Lega Socialista orientata ad unificare le forze socialiste e operaie sulla base della separazione dagli anarchici.
1891 cade il governo Crispi perché la Camera non accoglie alcune proposte di inasprimento fiscale.
1891 viene fondata la prima Camera del Lavoro.
1891-92 Di Rudinì
1892 nasce il partito dei lavoratori italiani che assunse in seguito il nome di partito socialista italiano (1895)sulla base di un programma ispirato al marxismo.
Dal 1882 al 1886 Giolitti appoggia Depretis finchè non ne critica il trasformismo.
1889-90 ministro del tesoro del governo Crispi si dimette per gli eccessi militaristici.
Caduto Crispi si fece strada garantendo al re che non avrebbe ridotto le spese militari.
1892 governo Giolitti :
*alleggerimento carichi fiscali ai meno abbienti
*fece sentire alle opposizioni ed in particolare ai socialisti un aria più liberale.
*si servì dell’apparato statale e dei prefetti per esercitare pressioni sugli elettori nel 1892.
L’opera di Giolitti fu interrotta dallo scandalo con la Banca romana e le agitazioni in Sicilia.
Dicembre 1893 Crispi riprende il potere. Fu subito proclamato lo stato d’assedio in Sicilia e la repressione provocò un centinaio di morti.
1896 Di Rudinì succede nuovamente a Crispi ed è costretto a firmare la pace di Menelix che sancisce la fine dell’espansionismo coloniale italiano.
Affronta una situazione difficile. Sonnino chiede una svolta in senso conservatore.
1898 moti di Milano, causati dalla fame, affrontati a cannonate dal generale Beccarsi.
Prende il potere il generale Pelloux con il tentativo di una svolta reazionaria. Ostruzionismo dei socialisti in parlamento. Zanardelli e Giolitti a capo dell’opposizione liberale.
1900 successo delle opposizioni alle elezioni.
1901 governo Zanardelli con Giolitti ministro degli interni.
1903 governo Giolitti che rimarrà in carica fino al 1914, salvo brevi interruzioni. Giolitti rimase così in carica sia nella fase di sviluppo industriale durata fino al 1907, sia nella fase di crisi culminata col 1913.
Il tipo di crescita italiana in questo periodo fu quello proprio della fase monopolistica dominata dal capitale finanziario con l’appoggio dello stato. Il connubio fra industria, finanza e stato fu particolarmente accentuato dalla debolezza della struttura produttiva nazionale. Sicchè il protezionismo doganale, le commesse statali, un regime di alti prezzi e il controllo del mercato interno da parte dei gruppi monopolistici furono le caratteristiche prevalenti e tali da continuare le linee di tendenza iniziate negli anni ’80.
L’industria siderurgica acquistò rapidamente la fisionomia di un potentissimo trust.
L’industria meccanica rimase piuttosto debole in vari settori.
L’industria automobilistica ebbe un notevole slancio.
L’industria elettrica ebbe, non solo un notevole incremento, ma suscitò esagerate speranze.
L’industria chimica in forte ascesa.
L’asse produttiva era Genova-Torino-Milano.
Anche l’agricoltura presa nel suo insieme fece progressi, ma il sud rimase decisamente alla retroguardia con ondate di emigrazione al nord enormi.
Di fronte ai conflitti di lavoro, Giolitti adottò un atteggiamento che poggiava su una precisa strategia:
*consentì gli scioperi a carattere economico per il rialzo dei salari
*represse gli scioperi a carattere politico in quanto perturbatori dell’ordine pubblico.
Fu così che le organizzazioni del movimento operaio ricevettero un grande impulso dalle lotte sociali. Il partito socialista divenne l’elemento dirigente del fronte proletario. Le principali tendenze interne al partito erano la riformistica (Turati, Bissolati) e rivoluzionaria (Labriola, Ferri).
Giolitti puntò a scindere il partito socialista cercando di tirare a se Turati che rifiutò.
1907 la crisi industriale da eccesso di produzione e di investimenti venne superata nella maniera classica: maggior concentrazione delle imprese più forti e accentuazione del loro carattere monopolistico.
1911 Giolitti presenta una istanza per il suffragio universale maschile approvato nel 1912.
Il PSI era intimamente diviso ed indebolito in merito alle questioni di guerra. Uno sciopero generale pacifico venne messo in atto, la Romagna capeggiata dal socialista rivoluzionario Mussolini e il repubblicano Nenni promossero invece forti agitazioni di piazza.
Ottobre 1913 prime elezioni a suffragio universale maschile.
Le elezioni videro un notevole rafforzamento dei socialisti.
Giolitti dette le dimissioni nel 1914.
Gli successe Calandra passato alla storia per le repressioni di quel periodo denominate come “settimana rossa”. Siamo a Giugno 1914 a Luglio c’è l’attentato a Sarajevo contro l’erede al trono asburgico e l’inizio del primo conflitto mondiale.
Nel 1921 a Giolitti successe Bonomi il quale costituì un governo di coalizione fra liberali, popolari, socialriformisti.
Fù durante il suo governo che svanì l’idea giolittiana di costituzzionalizzare il fascismo.
Al congresso di Roma 1921, il movimento fascista si trasformò in partito nazionale fascista.
A Bonomi successe l’ultimo liberale, Facta.
All’incapacità dei liberali di assimilare il fascismo facendone forza subalterna allo stato liberale, si unì l’indebolimento del PSI a causa di una nuova scissione, dopo quella del ’21 da cui era nato il PCI : la maggioranza massimalista, guidata da Serrati, espulse i riformisti, i quali formarono il partito socialista unitario. I maggiori esponenti erano Turati e Matteotti.
Sotto la minaccia di un colpo di stato, Mussolini ottenne dal re l’incarico di formare il governo.
Convinti che il fascismo avrebbe rappresentato un governo transitorio, liberali, fascisti, nazionalisti, popolari, esponenti delle forze armate entrarono nel ministero Mussolini.
1922-26 il fascismo usò autoritariamente delle istituzioni ereditate dallo stato liberale per distruggere completamente e attuare una trasformazione qualitativa delle stesse. Anche in questi anni nessuno riuscì ad opporsi al fascismo e al suo passaggio da partito di governo a partito di regime.
Dicembre ’22 sorse il gran consiglio del fascismo, una sorta di suprema direzione politica del partito, con compito di collegare quest’ultimo al governo.
Marzo ’23 si realizzò la fusione fra partito fascista e partito nazionalista.
Novembre ’23 nuova legge elettorale (legge Acerbo), costruita su una truffa, che assegnava 2/3 dei seggi alla Camera alla lista di maggioranza relativa (25% dei voti).
Elezioni ’24 i fascisti ottengono il 65% dei voti.
Matteotti, in un discorso coraggioso, denuncia i brogli fascisti, firmando così la sua condanna a morte.
Giugno ’24 Matteotti viene assassinato da sicari fascisti. Dopo il delitto le opposizioni lasciarono la Camera realizzando la “secessione dell’Aventino”. I comunisti, i soli ad aver mantenuto la loro libertà d’azione proposero alle opposizioni di costituirsi in vero Parlamento delle opposizioni, ma gli aventiniani respinsero la proposta, timorosi delle sue implicazioni e sempre fiduciosi nel re.
La trasformazione da stato liberale parlamentare dominato dai fascisti in stato a regime fascista fu realizzata per mezzo di una serie di leggi dette “fascistissime”. Fu creato inoltre il Tribunale Speciale “polizia politica.
Mussolini andò sempre più rafforzando i legami con il Vaticano e con gli imprenditori.
Mussolini si presenta come l’uomo nuovo, in ciò sostenuto da una campagna propagandistica eccezionale.
Il regime fascista fu totalitario e reazionario.
Col sostegno di industriali e agrari sconfisse il movimento operaio ed eliminò la conflittualità sociale, ottenendo così anche l’appoggio dei ceti medi, stanchi dei disordini del dopoguerra.
In campo economico il regime adottò iniziative favorevoli alla grande industria e allo sviluppo in senso capitalistico delle forze produttive.
In generale, comunque, il fascismo favorì la crescita economica del paese ed intraprese lavori pubblici di notevole importanza; contribuì inoltre ad accentuare il processo di unificazione nazionale.
Nei primi anni il regime adottò una linea economica che concedeva alle imprese ampia libertà di iniziativa, beneficiando l’Italia fra l’altro di una fase di ripresa economica su scala mondiale fra il ’24 e il ’25.
Quando però intorno al ’26, si fecero sentire i primi segni di crisi su scala internazionale, il regime impose un cambiamento di rotta ed iniziò ad intervenire massicciamente nella produzione, per evitare un eccesso di importazioni. Rientrarono in questa politica di intervento economico due grandi campagne :
1 – campagna del grano
2 – bonifica integrale
La prima iniziò nel ’25 con risultati notevoli, tanto che nel ’33 quasi l’intero fabbisogno nazionale di cereali venne soddisfatto dalla produzione interna.
Altra importante iniziativa fu la creazione, nel ’33, dell’istituto per la ricostruzione industriale IRI, un ente statale col compito di salvare le imprese in difficoltà, controllandone direttamente la gestione. Queste manovre economiche, unite all’abolizione del diritto di sciopero, rappresentarono il punto di massima convergenza fra il fascismo e i più potenti gruppi economici, fra stato e capitalismo.
La grande industria italiana venne favorita anche dalla rivalutazione della lira decisa da Mussolini nel ’26.
Caratteristiche del regime:
1 – organizzazione del consenso di massa
2 – culto della figura del Duce
3 – fascismo come stile di vita totale
In un primo momento, la posizione di Mussolini era anticlericale, successivamente, il regime capì che per avere il consenso delle grandi masse cattoliche doveva rappacificarsi con la Chiesa.
Febbraio ’29 vennero firmati PATTI LATERANENSI dove l’Italia riconosceva il Vaticano come stato indipendente, dichiarava la religione cattolica religione di stato, mentre la Chiesa garantiva appoggio incondizionato a colui che PIO XI definì “uomo della provvidenza”.
Per tentare di risollevare il paese dalla crisi economica che dopo il ’29 investì anche l’Italia, Mussolini cercò una soluzione in una guerra coloniale, nel doppio intento di distrarre le masse dai problemi interni e dare uno sbocco alla crisi.
Ottobre ’35 l?italia aggredì l’Etiopia, prendendo a pretesto degli incidenti di frontiera scoppiati al confine con la Somalia, già colonia italiana.
Quando l’esercito italiano penetrò in Etiopia, l’imperatore etiope si appellò all’ONU, che predispose una serie di sanzioni economiche contro l’Italia, dichiarata paese aggressore. Alle sanzioni il regime reagì ricorrendo all’autarchia, cioè cercando di raggiungere l’autosufficienza produttiva.
Maggio ’36 l’Etiopia era completamente conquistata al prezzo di una vera carneficina.
Nella guerra l’esercito italiano fece largo uso di gas tossici e dopo la conquista il Re venne proclamato imperatore d’Etiopia.
Nel ’36 stringe il patto con a Germania denominato ASSE ROMA-BERLINO e nel ‘37 vi aderisce anche il Giappone.
Maggio ’39 trasformavano l’asse in PATTO D’ACCIAIO.
Nel luglio del ’43 il Re Vittorio Emanuele III faceva arrestare Mussolini proclamando così la definitiva caduta del fascismo. Il Re da incarico di governo al generale Badoglio.
Mussolini liberato dai tedeschi proclama la Repubblica di Salò ( governo fantoccio) che vedrà la propria caduta con l’uccisione di Mussolini nell’aprile del ’45.
Dal ’45 al ’48 il governo è presieduto da Alcide De Gasperi.
1946
In seguito ad un referendum popolare l'Italia diventa una repubblica.
I Savoia sono costretti all'esilio
1948
Il primo gennaio entra in vigore la costituzione.Il 18 aprile alle prime elezioni politiche trionfa la democrazia cristiana di De Gasperi. Nasce l'epoca del centrismo.
1962
Inizia l'alleanza di governo fra la DC e il Partito Socialista. Giovanni XXIII inaugura il Concilio Vaticano II
1968
Sulla scia di analoghi movimenti statunitensi ed europei inizia il periodo della contestazione studentesca.
1969
Iniziano le rivendicazioni operaie con l'autunno caldo.
Strage di piazza Fontana a Milano, la prima della strategia della tensione.
1974
Il fronte politico guidato dal movimento femminista vince il referendum che conferma il diritto al divorzio.
1978
Rapimento e uccisione di Aldo Moro
1980
Marcia dei 40.000 a Torino contro gli scioperi.
L'esplosione di una bomba nella sala d'attesa fa strage alla stazione di Bologna.
1992
Scappa a Milano l'inchiesta di tangentopoli sulla corruzione della classe politica.
Ucciso dalla mafia in uno spaventoso attentato il giudice Giovanni Falcone.
1994
Prime elezioni politiche con il metodo maggioritario e vittoria della coalizione del centro destra.
La nuova Costituzione
L’Italia da ricostruire
Finita la seconda guerra mondiale, gli italiani si trovarono di fronte al compito di ricostruire materialmente e moralmente il Paese.
I bombardamenti avevano distrutto le città e reso inservibili ferrovie, strade, porti; la situazione del settore agricolo era disastrosa e le industrie, pur in gran parte salvate dai bombardamenti, dovevano riconvertirsi dalla produzione militare a quella civile. La disoccupazione era quindi alta, il potere di acquisto della lira assai debole. I beni di consumo alimentare erano insufficienti e continuava il fenomeno del mercato nero.
La scarsità di lavoro spingeva ad attività e traffici illegali; gli odi che avevano diviso gli italiani nella guerra civile avevano lasciato uno strascico di vendette contro i "repubblichini". Vi era insomma anche un clima morale da ricostruire.
In Valle d’Aosta e Sicilia si organizzavano movimenti separatisti, mentre in Istria gruppi di partigiani jugoslavi erano avanzati sino a Trieste uccidendo numerosi italiani. La città a guerra finita fu divisa in due zone di occupazione, americana e jugoslava.
Il referendum per la Repubblica
Il 2 giugno 1946 si svolse il referendum per scegliere se mantenere la monarchia o istituire la repubblica. Alla votazione parteciparono per la prima volta nella storia del paese anche le donne. La popolarità dei Savoia era stata compromessa dall’appoggio al fascismo e dalla fuga dell’8 settembre: i voti a favore della repubblica furono 12.700.000, in prevalenza al Centro-Nord; quelli per la monarchia 10.700.000. Venne quindi proclamata la Repubblica, mentre re Umberto II andò in esilio in Portogallo.
La Costituente
Insieme al referendum si tenne l’elezione di un’Assemblea Costituente, che doveva preparare la nuova Costituzione. Le votazioni per la Costituente confermarono, come già nel primo dopoguerra, la forza dei partiti di massa: la Democrazia cristiana (DC) ottenne il 35% dei voti, il Partito socialista di unità proletaria (PSIUP) il 20,7 e il Partito comunista (PCI) il 19. Il Partito d’Azione ebbe pochissimi voti e si sciolse: una parte dei suoi dirigenti si unì ai socialisti, un’altra al piccolo Partito repubblicano. La Costituente elesse presidente provvisorio della Repubblica il liberale Enrico De Nicola.
La DC aveva ricevuto il consenso dei cattolici e dei moderati, schierandosi in politica estera su posizioni filoamericane.
Tra i socialisti del PSIUP la maggioranza guidata da Pietro Nenni era per una stretta alleanza con i comunisti; la minoranza riformista di Giuseppe Saragat nel 1947 decise la scissione e fondò il Partito socialdemocratico (PSDI) i socialisti rimasti con Nenni cambiarono il nome in Partito socialista italiano (PSI).
I comunisti, fedeli alle posizioni dell’Unione Sovietica, parteciparono ai primi governi di coalizione. Nel primo governo guidato dal democristiano Alcide De Gasperi, il segretario del PCI Palmiro Togliatti ricoprì la carica di ministro della Giustizia e firmò l’amnistia per i reati commessi durante la guerra civile: una decisione che contribuì a pacificare gli animi chiudendo la porta del recente e doloroso passato.
Nel 1947 De Gasperi, con la garanzia di ottenere ingenti prestiti del piano Marshall ruppe l’alleanza con le sinistre e si schierò decisamente con gli USA.
Sempre nel 1947 firmò i trattati di pace di Parigi, dove l’Italia subì perdite territoriali ma riuscì a conservare Trieste.
Nel gennaio 1948 entrò in vigore la nuova Costituzione, caratterizzata da una forte impronta democratica e antifascista. Pochi mesi dopo si svolsero le prime elezioni politiche dell’Italia repubblicana.
Le elezioni del 1948
L’Italia si presentò spaccata in due alle prime elezioni politiche della Repubblica, svoltesi il 18 aprile 1948.
Da una parte vi era la Democrazia cristiana con i piccoli partiti suoi alleati, liberali, socialdemocratici e repubblicani; dall’altra socialisti e comunisti che si presentarono in una lista unica, il "Fronte popolare", con il simbolo di Garibaldi.
Scegliendo uno dei due schieramenti gli elettori avrebbero deciso anche le alleanze in politica estera del nostro Paese in pieno clima di guerra fredda.
In caso di vittoria della DC, avvertivano i comunisti, l’Italia sarebbe stata alle dipendenze degli americani.
Il successo delle sinistre invece, secondo i moderati, avrebbe gettato l’Italia nella sfera sovietica e abolito ogni libertà, di cui la DC, che nel proprio simbolo aveva lo scudo con la scritta "libertas", si faceva paladina. Dalla sua parte si mobilitarono gli industriali, timorosi delle agitazioni sociali promosse dalla sinistra, gli americani, che avrebbero sospeso gli aiuti del piano Marshall al nostro Paese in caso di vittoria del Fronte popolare, e la Chiesa. Vescovi e sacerdoti presentarono i comunisti come atei che in caso di vittoria avrebbero impedito le libertà religiose, come era avvenuto in URSS.Inoltre, poco prima del voto, grande eco ebbero le notizie provenienti dalla Cecoslovacchia, dove i comunisti si erano impadroniti del potere con la forza.
La Democrazia cristiana ottenne così il 48% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento; al Fronte popolare andò il 31% dei suffragi, molti meno di quelli ottenuti da PCI e PSI per l’Assemblea Costituente.
Piero Calamandrei, giurista e fiero avversario del fascismo, parlava così della Costituzione in un discorso tenuto agli studenti milanesi nel 1955.
«In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie j. ..].Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! (di) giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. [...]
Questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Carta Costituzionale, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione".
La Costituzione
Tra il giugno 1946 e il dicembre 1947 venne scritta la Costituzione della repubblica italiana. I componenti dell'Assemblea che ebbe questo difficile compito vennero chiamati padri costituenti; tra loro grandi protagonisti della vita politica del tempo come Togliatti, De Gasperi, Nenni e successiva come Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro.
I Costituenti provenivano da tre tradizioni diverse: quella democratica cristiana, quella liberale e quella socialcomunista: queste tre diverse culture riescono a trovare un equilibrio, anche se in articoli particolari si trovano sottolineati principi e valori cari a ciascuna tradizione. Ad esempio nell'articolo 29 si riconosce l'attenzione dei cattolici alla famiglia e al matrimonio; nell'articolo 42 e negli articoli dal 13 al 28 si riconosce la tradizione liberale erede del Risorgimento; l'insistenza sul valore del lavoro, già nell'articolo 1, rivela il peso della tradizione social comunista.
Un elemento che accomunò e che ispirò nel profondo i padri costituenti fu indubbiamente l'antifascismo, il rifiuto della guerra e dell'autoritarismo.
La Costituzione si divide in due parti: la prima riguarda i diritti e i doveri del cittadino, la seconda l'ordinamento della Repubblica: specifica, cioè, il ruolo del parlamento, del presidente della Repubblica, del governo, della magistratura, delle regioni.
Il Centrismo
Dopo la vittoria del 1948 si delineò in Italia la fase politica del "centrismo": le sinistre ridotte a minoranza iniziarono una dura opposizione, mentre la DC, che avrebbe potuto governare da sola, volle allearsi con socialdemocratici, liberali e repubblicani. Il Paese era diviso in due politicamente, e le proteste per un attentato a Togliatti nel luglio 1948 rischiarono di degenerare in lotta armata. Lo stesso Togliatti operò per riportare la calma. Le divisioni della guerra fredda poi si fecero sentire anche con la scissione sindacale del 1948: i cattolici, i socialdemocratici e i repubblicani lasciarono la CGIL; i primi fondarono la CISL, gli altri la UIL.
I governi di centro, guidati da Alcide De Gasperi, strinsero una salda alleanza economica e politica con gli USA e dimostrarono un orientamento europeista.
All’opposizione, oltre alle sinistre, vi erano due formazioni di destra "nostalgiche" del passato, con un buon consenso elettorale soprattutto al Sud: il Movimento sociale italiano (MSI) di ispirazione neofascista e il Partito monarchico.
Il boom economico
Gli squilibri della società italiana
Nei primi anni Cinquanta l’Italia riuscì a riattivare la macchina produttiva e l’economia cominciò a risollevarsi grazie agli aiuti del piano Marshall e allo sforzo collettivo della nazione. Tuttavia l’economia italiana continuò a presentare due volti differenti: il Sud rimase arretrato e povero, con un’agricoltura ancora in gran parte latifondistica, senza infrastrutture (strade, centrali elettriche, porti ecc.) in grado di consentire l’insediamento di industrie, che invece rimasero concentrate al Nord, nel "triangolo industriale" Milano-Torino-Genova.
I governi di centro tentarono di cambiare questa realtà con due strumenti: la riforma agraria e la Cassa per il mezzogiorno. La prima fu voluta dal ministro Segni con una legge che espropriò 700 000 ettari di terre quasi abbandonate e incolte e le fece assegnare a chi era in grado di lavorarle e renderle produttive. Purtroppo non bastarono buona volontà e manodopera: la produzione non aumentò e l’agricoltura italiana subì la concorrenza di Paesi stranieri, dove si facevano anche forti investimenti e si specializzavano le colture. La Cassa per il Mezzogiorno era invece un istituto che doveva fornire fondi e finanziamenti per creare le infrastrutture. I fondi spesi furono ingenti ma non raggiunsero il risultato sperato, anzi a volte furono usati in modo clientelare e suscitarono aspre critiche da parte delle sinistre.
La conseguenza del divario di sviluppo tra le "due Italie" fu l’emigrazione: negli anni Cinquanta milioni di persone si trasferirono dal Sud in cerca di lavoro: in parte all’estero, la maggioranza verso le grandi città del nord. Dal punto di vista morale e materiale queste persone dovettero affrontare disagi e sacrifici: bassi salari, alloggi inesistenti o insufficienti per le famiglie, mancanza di scuole, ospedali, trasporti. Non ultimo problema, la diffidenza degli abitanti del Nord impreparati ad accoglierli.
La DC di Fanfani
La situazione socio-economica, con immigrazione al Nord, povertà e bassi salari, richiese cambiamenti forti. Si trattava di regolare la crescita definita "selvaggia" della produzione e di pianificare lo sviluppo accelerato e fuori dalle regole che sarebbe durato sino ai primi anni Sessanta. Un periodo che fu ricordato come il boom o miracolo economico.
Con il nuovo segretario Amintore Fanfani, eletto nel 1954, la DC cercò di attenuare il liberismo e di attuare una programmazione con il Piano decennale di incremento e di sviluppo proposto dal ministro Vanoni: il piano restò sulla carta perché prevalsero gli interessi dei grandi gruppi dell’industria privata. Lo sviluppo rimase caratterizzato da alti profitti e bassi salari, per la strategia antisindacale degli imprenditori con l’appoggio delle forze politiche moderate. Sul piano economico la linea di Fanfani riuscì a dare grande impulso agli enti economici di Stato: l'INI (Istituto per la ricostruzione industriale) e l'ENI (Ente nazionale idrocarburi).
Il centrosinistra
Le vicende della politica mondiale contribuirono a una svolta politica in Italia. La denuncia dei crimini di Stalin con il rapporto Krusciov del 1956 e la successiva repressione della rivolta ungherese avevano indebolito il Partito comunista: dal PCI uscirono numerosi militanti e intellettuali in segno di protesta e i socialisti ruppero definitivamente l’alleanza che era proseguita anche dopo la sconfitta del 1948. Questa spaccatura rendeva il PSI un possibile alleato della Democrazia cristiana. Per arrivare a un governo di centrosinistra, l’obiettivo di Fanfani, occorreva vincere molte resistenze: quella del mondo della finanza e dell’industria, che temeva la sinistra in genere e il suo intervento regolatore nell’economia; quella interna al PSI che aveva una forte anima classista più vicina al PCI; quella della Chiesa e dei conservatori democristiani, contrari ad una apertura politica a sinistra. Tutte queste opposizioni nel 1959 fecero cadere il governo guidato da Fanfani, che si dimise anche dalla segreteria del partito. La situazione politica precipitò nel luglio 1960: contro il governo del democristiano Tambroni, appoggiato dal MSI, scesero in piazza migliaia di giovani e operai, vi furono scontri con la polizia e anche numerosi morti.
Era necessaria una svolta che placasse il clima sociale. Dopo lunghi preparativi nel 1962 si formò il primo governo con l’appoggio esterno, cioè senza ministri, dei socialisti e guidato da Fanfani.
La formula fu perfezionata nel 1963: i socialisti entrarono nel governo guidato dal democristiano Aldo Moro. Il centrosinistra governò l’Italia fino al 1968 e riuscì a realizzare alcune importanti riforme: nazionalizzazione dell’industria elettrica, riforma della scuola media, con obbligo scolastico fino a 14 anni. Tuttavia questa nuova formula di governo, faticosamente costruita e a lungo discussa, non realizzò cambiamenti radicali. I veri mutamenti avvennero nelle abitudini della gente: aumentarono i consumi stimolati dalla televisione, lo status-symbol del periodo insieme alla Vespa della Piaggio e alla 600 della FIAT, e si crearono nuove abitudini come le vacanze di massa. L’altra grande novità dei primi anni Sessanta fu il profondo rinnovamento della Chiesa cattolica.
La Chiesa da Pio XII a Paolo VI
Papa Pio XII si era adoperato prima per scongiurare la guerra e poi per alleviare le sofferenze di chi ne era stato coinvolto. Egli denunciò con fermezza i mali dei regimi totalitari e si schierò per la democrazia. Nel dopoguerra operò contro la diffusione del comunismo e nel 1949 arrivò a pronunciare la scomunica di quanti aderivano o collaboravano ai partiti comunisti. Questa dura presa di posizione suscitò delicati casi di coscienza tra quei cristiani che, pur non condividendo la dottrina comunista, partecipavano a lotte e movimenti con socialisti e comunisti, vedendo nell’azione politica o sindacale la via per il riscatto delle classi povere.
Pio XII denunciò l’altro grande male della società contemporanea: l’ideologia del successo, del consumo, la preminenza dei valori materiali, come la ricchezza, su quelli spirituali.
Nel 1958 gli successe Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, con il nome di papa Giovanni XXIII.
Fu un pontificato di svolta che ridisegnò il profilo della Chiesa contemporanea: non pronunciò condanne ma cercò i punti di convergenza di "tutti gli uomini di buona volontà" perché nel mondo prevalesse la pace e fossero sconfitte la povertà e la sofferenza.
Nella lettera enciclica Mater et magistra Giovanni XXIII chiari la linea dei cattolici in ambito sociale ed economico sottolineando la necessità di giustizia ed equità nelle relazioni tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo.
Nella Pacem in Terris precisò che la ricerca della pace e della convivenza tra esseri umani non ha etichette religiose e ideologiche. Pace e convivenza devono essere cercate insieme da cristiani e non cristiani, da tutti gli uomini di buona volontà, sulla base dei principi della giustizia e dell’amore.
Giovanni XXIII si adoperò anche per la conciliazione tra cattolici e cristiani non cattolici, incoraggio la distensione tra Est e Ovest, non fu estraneo al clima che favori l’avvento del centrosinistra in Italia.
Ma l’evento cruciale del pontificato di Giovanni XXIII fu lo svolgimento del Concilio ecumenico Vaticano Il, solennemente inaugurato nel 1962. Fu un evento che ridefinì i compiti della Chiesa e aggiornò il modo di proporre il Vangelo ai popoli. Papa Roncalli si spense l’anno successivo l’inizio del Concilio che fu portato a termine nel 1965 dal suo successore Paolo VI.
Gli studenti
Un forte movimento di contestazione studentesca caratterizza la fine degli anni 60.
Partendo dalla protesta contro la guerra nel Vietnam, il pacifismo giovanile americano si era trasformato in un rifiuto più generale dei valori del consumismo e il mito del benessere. Centro delle contestazioni erano state le università.
Quasi tutte le maggiori città europee furono testimoni di manifestazioni più o meno pacifiche. La primavera di Praga vide le lotte studentesche contro il modello sovietico: furono represse con i carri armati russi. Il maggio francese vide le contestazioni violente, da parte degli studenti, del sistema politico ed economico, con episodi di guerriglia urbana soprattutto nel quartiere latino.
Anche gli studenti italiani delle università e delle scuole superiori parteciparono ai movimenti di protesta contestando i metodi di insegnamento troppo autoritari, il sistema scolastico troppo selettivo, e chiedevano la possibilità di organizzare assemblee, di partecipare alle scelte educative, e il diritto allo studio per tutti.
Il movimento giovanile di protesta ebbe una diffusione a livello mondiale ed affascinò un'intera generazione perché basato su valori forti quali la giustizia sociale, la pace, la lotta alla povertà.
Non solo: si trattava di un movimento utopistico che s'innalzava al di sopra delle piccinerie della politica egoista progettata momento per momento.
Infatti gli slogan tipici erano:"Siate realisti, chiedete l’impossibile"; "L’immaginazione al potere"; "Vogliamo tutto".
Anche i rapporti tra le generazioni cambiarono a partire dal rifiuto dell'autoritarismo in famiglia e a scuola. Anche le donne svilupparono un movimento detto "femminista" che richiedeva la parità di diritti e la fine delle discriminazioni.
Gli studenti manifestarono per mesi occupando scuole e piazze; molti furono gli scontri con la polizia (specialmente a Milano e Roma) e gli scontri fra gruppi di destra e di sinistra. Nacquero i primi gruppi extraparlamentari di sinistra (Lotta Continua, Potere Operaio) che collegavano le lotte studentesche alle lotte operaie, con intenti dichiaratamente rivoluzionari.
L’autunno caldo
La crisi politica, sociale ed economica nata dal movimento del 68 trascinò i suoi effetti per tutti gli anni 70Il Sessantotto diede inizio a un periodo di crisi politica, sociale ed economica che durò per tutti gli anni Settanta.
L'inflazione era aumentata fortemente. Molteplici le cause: le difficoltà dell'agricoltura, il peso dello stato sociale, gli aumenti di stipendio, il rapido sviluppo delle città. Lo stato aumentò le tasse, le banche diminuirono i crediti: la produzione industriale diminuì e aumentò la disoccupazione.
Le proteste dei lavoratori furono molto accese e culminarono nell'autunno caldo del 1969.
Scadeva il contratto di lavoro di diverse categorie, tra cui i metalmeccanici: le agitazioni furono molto forti e i risultati ottenuti buoni: riduzioni dell'orario di lavoro, accordi sulle pensioni, istituzione della scala mobile, un meccanismo automatico di recupero nel salario dell'aumento del costo della vita.
Nel 1970 il movimento operaio ottenne lo "Statuto dei Lavoratori", un documento che dava regole precise ai poteri del datore di lavoro tutelando la sicurezza e i diritti politici e sindacali dei lavoratori. Nel 1972 i tre sindacati principali: CGIL, CISL, UIL si unirono in confederazione e furono riconosciuti quali interlocutori stabili di governo e industriali.
Anni di piombo
Il lungo periodo del terrorismo italiano ebbe inizio il 25 aprile del 69 con la bomba esplosa alla fiera di Milano. Vista la data l'attentato fu attribuita alla destra neofascista.
Nel mese di dicembre dello stesso anno una bomba esplosa nella Banca dell'Agricoltura in piazza Fontana, a Milano uccise 16 persone e ne ferì un centinaio. Non vi furono rivendicazioni dell'attentato. La popolazione cominciò ad avere l'impressione di lottare contro un nemico invisibile e potente.
Allo stesso modo non furono rivendicati altri sanguinosi episodi, come i due attentati del 1974 in piazza della Loggia a Brescia durante un comizio sindacale e sul treno Italicus; o come la strage alla stazione di Bologna nell’agosto 1980, dove persero la vita 80 persone.
Quasi tutti i commentatori furono d'accordo nell'attribuire una matrice di destra agli attentati, ma in effetti i mandanti non sono stati mai scoperti, anche se qualche esecutore materiale è stato rintracciato negli ambienti di estrema destra.
Strategia della tensione e mutamenti sociali
Per bloccare l'avanzato potere dei sindacati e della sinistra e approfittando di una situazione politica instabile alcuni gruppi terroristici, con l'appoggio di settori deviati dei servizi segreti, diedero luogo alla strategia della tensione.
Terribili stragi, provocati da bombe, funestarono il clima italiano, allo scopo, molto probabilmente, di instaurare un'atmosfera di terrore tesa a favorire una svolta autoritaria.
Intanto sulla scia del Sessantotto cominciarono a mutare convinzioni radicate nel tessuto sociale. Anche la famiglia fu interessata a fondo dal mutamento: nel 1970 venne emanata la legge sul divorzio, che poi scatenò la battaglia politica sul tema sino al referendum, effettuato nel 1974 e vinto dai divorzisti.
Il movimento femminista fece un passo avanti per la parità tra uomo e donna con l’approvazione del nuovo diritto di famiglia nel 1975, e nel 1978 ottenne, con forti lacerazioni nell’opinione pubblica, la legge che permette l’aborto.
Il "compromesso storico"
Gli anni settanta videro la fine dei governi di centro-sinistra e la costante avanzata del PCI, guidato da Enrico Berlinguer.
Egli diede un nuovo indirizzo alla politica dei comunisti italiani, proponendo l’eurocomunismo, cioè una "terza via" tra socialismo democratico e comunismo sovietico, e il cosiddetto "compromesso storico", cioè una collaborazione fra il PCI e la Democrazia cristiana.
Nelle elezioni del 1976 i comunisti raggiunsero quota 34,4%, rimanendo comunque il secondo partito italiano.
Il paese si dibatteva tra le difficoltà economiche e la paura del terrorismo.
Alcune frange estremiste dei contestatori del Sessantotto erano passati alla lotta armata contro lo Stato:
rapine e rapimenti per finanziarsi, ferimenti alle gambe ("gambizzazioni") di giornalisti, dirigenti industriali e politici. I terroristi s'illudevano, mediante gli attentati, di trascinare dalla loro parte studenti e operai, ma questo non avvenne, e i piccoli nuclei terroristici rimasero sempre sostanzialmente isolati.
I più famosi divennero le "Brigate Rosse", con "Prima linea" e i NAR, "Nuclei armati rivoluzionari".
L’assassinio Moro
Pareva giunto il momento di dare all'Italia governi più stabili e per farlo occorreva coinvolgere anche il PCI.
Nel luglio 1976 per la prima volta il PCI non si oppose ad un governo democristiano, votando l’astensione. Nel 1978 Aldo Moro, già a suo tempo padre del centro sinistra, preparò la formazione di un monocolore DC appoggiato esternamente dal PCI, (governo di solidarietà nazionale) guidato da Giulio Andreotti. Proprio nel giorno in cui il Parlamento avrebbe dovuto discutere il programma del governo e votare la fiducia, 16 marzo 1978, un commando delle "Brigate Rosse" tese un agguato a Moro, che venne rapito e la sua scorta trucidata. Dopo alcune settimane di prigionia Moro fu assassinato, e l'esperienza della "solidarietà" nazionale ebbe termine l'anno dopo. Con il rapimento Moro il terrorismo raggiunse il suo bersaglio più alto, ma iniziò una rapida decadenza.
Gli omicidi politici delle "Brigate Rosse" e di "Prima Linea" erano cominciati nel 1976. Vittime degli attentati furono magistrati, giornalisti, funzionari e agenti di polizia, uomini politici, dirigenti industriali e sindacalisti. Fino al 1981 durò la fase più acuta di violenza terrorista, i cosiddetti "anni di piombo", un periodo di estrema difficoltà per lo Stato e di timore e insicurezza per la popolazione.
Il movimento femminista
Il movimento femminista degli anni sessanta è figlio di un lungo percorso iniziato con il primo 900 e proseguito con la lotta per i diritti politici, la parità uomo-donna, la fine delle discriminazioni. In Italia le donne ottennero il diritto di voto nel 1946 e durante gli anni Sessanta vennero ammesse a tutte le professioni, anche a quelle sino ad allora esclusivamente svolte da uomini.
Ma le donne non si accontentarono: rimisero in discussione il loro posto nella società, i rapporti con l'altro sesso, i ruoli in famiglia, i luoghi comuni più diffusi riguardo all'immagine femminile. Negli anni Settanta sorsero nuovi movimenti di donne negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia e in Italia definiti femministi, e non femminili, per avere un rilievo politico e ideologico.
Gli anni Ottanta
Il terrorismo è sconfitto
L'assassinio di Moro aveva costituito il punto di partenza della parabola discendente del terrorismo. Interprete del desiderio della nazione di riconoscersi nella democrazia e sconfiggere il terrorismo fu Sandro Pertini, eletto presidente della Repubblica pochi mesi dopo l’uccisione dello statista democristiano. La catena di delitti isolò sempre più i terroristi, ormai odiati dalla popolazione, anche da quella minoranza che all’inizio non li aveva decisamente condannati.
Vi fu una forte reazione dello Stato che negli anni seguenti sconfisse il terrorismo. Fu il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa a coordinare le indagini che scoprirono e spezzarono la struttura delle "Brigate Rosse".
I terroristi furono tutti arrestati e processati, grazie anche alla collaborazione di coloro che si pentirono e si dissociarono dal movimento armato.
Il PCI comincia a declinare
Intanto l'inflazione era sempre altissima, la disoccupazione e i licenziamenti aumentavano. Le aziende, potendolo fare, si ristrutturavano automatizzandosi e aggravando, in tal modo, il fenomeno della disoccupazione.
I sindacati reagirono con il blocco degli stabilimenti, appoggiati senza riserve dal PCI. Questo muro contro muro si risolse in una sconfitta: una contro manifestazione di 40.000 operai e impiegati FIAT chiesero la riapertura delle fabbriche e la ripresa della produzione.
Il PCI e la sinistra sindacale furono sconfitti di nuovo nel 1985 quando indissero un referendum per ripristinare la scala mobile che era stata abolita da una legge dello stato.
Il rilancio socialista
Gli anni 80 sono il periodo d'oro del PSI e di Bettino Craxi.
Giovanni Spadolini, repubblicano, era stato nel 1981 il primo presidente del consiglio non democristiano dopo il 1945. Dopo Spadolini il Presidente Pertini affidò l'incarico a Bettino Craxi, segretario del PSI.
Approfittando del fatto che senza i socialisti non era possibile formare un governo, e del fatto che i democristiani erano indisponibili a nuove intese con i comunisti, Craxi tenne per 4 anni la presidenza del consiglio con un pentapartito (DC, PSI, PRI, PLI, PSDI) in un periodo segnato da una forte ripresa economica dovuta alla riduzione dei prezzi del petrolio, alla ristrutturazione tecnologica avvenuta nelle aziende italiane e alla ripresa dei mercati internazionali. Purtroppo, però, contemporaneamente, aumentava in modo mostruoso il deficit del bilancio statale.
Ad accrescere il prestigio di Craxi contribuì anche il nuovo Concordato con la Santa Sede, che aggiornava i Patti Lateranensi del 1929. Craxi inoltre permise alla NATO di schierare sul territorio italiano i missili nucleari in funzione anti Patto di Varsavia. Questo costituì un forte avvicinamento con gli USA, ma provocò l'opposizione forte dei movimenti pacifisti e del PCI.
La mafia
La mafia nacque in Sicilia nel medioevo e si adattò a tutti i cambiamenti storici e di potere, conservando la sua influenza sul territorio. Dopo l'unità d'Italia la mafia allargò il suo raggio d'azione in tutta la penisola e negli Stati Uniti, veicolata dall'emigrazione. I motivi della prosperità mafiosa sono fondamentalmente due:
• l'arretratezza economica delle regioni meridionali italiane e
• l'assenza dello Stato in quelle regioni.
I mafiosi nell'ottocento erano un potere parallelo, spesso più potente dello stato: proteggevano i proprietari terrieri contro i braccianti, ottenevano voti, favori e finanziamenti, si facevano eleggere nelle amministrazioni pubbliche.
Il prefetto Mori, durante il fascismo, represse le cosche, almeno in superficie; in effetti la mafia proseguì ad esercitare la sua influenza economica e sociale senza dare nell'occhio.
Nel 1943 la mafia fu rilanciata dagli alleati perché si prestò a facilitarne lo sbarco; in cambio ottenne posti nell'amministrazione e nelle attività produttive. Dopo la caduta della monarchia la mafia appoggiò in Sicilia il movimento separatista; in seguito entrò in contatto con i partiti di governo. Caratteristica costante della mafia fu la sua abilità di essere prossima ai detentori del potere per approfittarne e condizionarlo. La Commissione Antimafia, all'opera dal 1962, illustra nei suoi rapporti gli intricati rapporti tra mafia e potere.
Qui è morta la speranza dei palermitani onesti
L’omicidio di Dalla Chiesa colpì pesantemente l’opinione pubblica. Un anonimo mise sul luogo dell’attentato un cartello con scritto: "Qui è morta la speranza dei palermitani onesti".
"La mafia ha ucciso il prefetto di Palermo generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Insieme a lui è morta la moglie Emanuela Setti Carraro, 32 anni. Nell’agguato è morto anche l’agente che guidava la macchina di servizio della prefettura, Domenico Russo, 32 anni. L’agguato mortale è avvenuto ieri sera, attorno alle ventuno e dieci, nella centralissima via Isidoro Carini. Dalla Chiesa era seduto accanto alla moglie che guidava una "A l12 Elegant".
Probabilmente aveva lasciato da pochi attimi la Prefettura di Palermo in via Cavour. L’agguato è scattato a pochi metri dal comando della Guardia di Finanza di piazza Don Sturzo. I killer hanno affiancato l’auto del prefetto e hanno esploso una raffica mortale con il micidiale mitra Kalashnikov.
Proprio l’altro ieri Dalla Chiesa si era incontrato a Palermo con il ministro delle Finanze Rino Formica e il comandante delle Fiamme Gialle generale Nicola Chiari. Al prefetto di Palermo era stato consegnato un rapporto riservatissimo elaborato dalla Guardia di Finanza che aveva compiuto indagini su 3200 mafiosi palermitani, accertamenti patrimoniali su duemila imprese e società in odore di mafia.
Ed era questa la pista che avevano cominciato a seguire gli investigatori palermitani. Scovare la mafia proprio sul nuovo terreno degli affari, combatterla a viso aperto tentando di fare la radiografia del potere economico nato dal riciclaggio del denaro sporco, dal traffico dell’eroina, dal commercio d’armi, dal contrabbando, dal grossissimo giro dei racket delle estorsioni che proprio negli ultimi mesi aveva ripreso vigore in dimensioni prima mai vista. In città nel giro di trenta giorni erano stati compiuti 18 attentati dinamitardi contro aziende, negozi, grossi depositi. Unico scopo terrorizzare gli imprenditori, mettere in ginocchio una città che in un anno e mezzo ha visto cadere più di duecento persone uccise dalla mafia».
Le ramificazioni mafiose
La mafia nelle controversie sindacali fu sempre dalla parte dei padroni contro i lavoratori, si intromette negli appalti e nei lavori pubblici, influenza i grossi finanziamenti, si occupa di traffico di droga, di armi e di uomini; chiede la tangente ai negozianti... insomma: dove ci sono soldi la mafia c'è.
In Italia la mafia si è "regionalizzata": in Calabria è la "ndrangheta", in Campania la camorra, in Puglia la Sacra Corona Unita.
La cosiddetta "mafia dei colletti bianchi" è però presente nei luoghi del potere politico, Roma, ed economico, le città industriali e finanziarie del Nord.
Una piccola schiera di ostinati avversari della mafia
La potenza della mafia è veramente notevole non solo perché minaccia, ma anche perché lusinga e fa intravedere ai suoi "amici" la possibilità di una via facile e sicura al successo in una gara di appalto, in un concorso pubblico, in una contesa elettorale. Spesso si è costretti a scegliere tra un modo apparente facile e sicuro di ottenere un vantaggio e l'inimicizia minacciosa di nemici potenti. Molti imprenditori sono stati costretti con le minacce a cedere le loro attività a mafiosi o loro amici, tanti funzionari e politici sono stati convinti con la corruzione, molti di più con le minacce. Però ci sono stati e ci sono alcuni testardi decisi a lottare contro questo nemico infido e seminascosto, anche a costo del rischio della vita. Molti sono stati uccisi in questa "guerra", particolarmente violenta negli anni Ottanta e Novanta: politici come il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella e il deputato Pio La Torre; Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato prefetto di Palermo dopo i successi ottenuti contro il terrorismo; i magistrati Rocco Chinnici, Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Grazie a loro lo Stato ha ottenuto importanti vittorie, ma bisogna sempre stare all'erta, perché la mafia ha mille volti e mille nomi, si sa travestire e sa entrare anche nelle stanze dove si dovrebbe lottare contro di essa. Spesso capita anche di vedere gruppi di potere (stampa, politici, magistrati) scambiarsi reciproche accuse di collusioni mafiose.
I vecchi partiti entrano in crisi
Dopo le elezioni del 92 i partiti che avevano formato le precedenti maggioranze avevano in teoria i numeri per formare un nuovo governo, ma PLI, DC, PSI, erano profondamente divisi tra loro e in più avevano perso prestigio nell'opinione pubblica a causa della scoperta di una diffusa corruzione a cui si sottoponevano per avere finanziamenti in cambio di favori.
Il presidente della repubblica, per formare governi dal volto più presentabile sul piano dell'onestà e della competenza affidò l'incarico a personalità di alta competenza economica: Giuliano Amato nello stesso 1992 e Carlo Azeglio Ciampi, ex governatore della Banca d’Italia, nel 1993.
Travolti dagli scandali di "Tangentopoli" si dissolvono il PSI e la DC. Quest'ultimo partito si rifonda parzialmente come Partito Popolare Italiano, ma molti componenti si disperdono in altri partiti o ne fondano di nuovi. Inoltre, data la tendenza bipolare che si va sviluppando nel sistema italiano, gli ex democristiani si dividono attestandosi alcuni con la destra e altri con la sinistra. Il primo segretario del nuovo PPI è Mino Martinazzoli.
Lega Lombarda, Forza Italia, PDS, AN
Il vuoto creato al centro dello schieramento politico dalla scomparsa di Democrazia Cristiana e Partito Socialista fu occupato a sorpresa da un partito fondato in pochi mesi dall'imprenditore Milanese Silvio Berlusconi: "Forza Italia". Il partito nasceva dal nulla, Silvio Berlusconi non aveva esperienza, eppure nel giro di poco tempo questo partito s'impone prepotentemente sulla scena politica italiana contribuendo a mandare ancora più in crisi la sinistra guidata dal PCI. Ma altre forze comparivano sulla scena: nel 1987 esordiva la Lega Lombarda, una formazione politica molto aggressiva, che accusava i partiti tradizionali di corruzione e inefficienza e accusava lo stato centralista di favorire il parassitismo soprattutto a danno delle regioni del Nord ricco e produttivo. Il Leader della Lega, Umberto Bossi, persona dal linguaggio immediato e pittoresco, molto diverso da quello usato dai politici tradizionali, propose un programma federalista nel quale il Nord, resosi autonomo dal potere centrale dello Stato, avrebbe dovuto governarsi in proprio.
Il movimento divenne Lega Nord nel 1989 coalizzandosi con altre formazioni di ispirazione federalista e separatista. Nelle elezioni del 1992 la Lega ottenne ottimi risultati concentrati però nelle regioni settentrionali: oltre 20% dei voti in Lombardia, 15% in Piemonte, 18% nel Veneto.
Nello stesso periodo il PCI, anche a causa dei rivolgimenti che avvenivano nei paesi dell'est, si vide costretto a trasformarsi per sopravvivere. Il suo segretario Achille Occhetto guidò il partito all'allineamento con i partiti socialdemocratici europei, chiese ed ottenne l'ingresso nell'Internazionale socialista", modificò lo stesso nome della sua formazione da PCI a PDS (partito dei democratici di sinistra). I dissidenti uscirono dal PCI fondando Rifondazione Comunista.
Nel 1994 anche il Movimento Sociale Italiano comprese che la fase dello scontro ideologico era terminata. Gianfranco Fini, alla guida della destra italiana dopo la morte del leader Giorgio Almirante, diede vita ad Alleanza Nazionale (AN), un soggetto politico che accantonò l’eredità fascista cercando di proporsi in veste nuova all’elettorato.
Dal proporzionale al maggioritario
Per tentare un rimedio ai mali provocati dalla partitocrazia Mario Segni, ex democristiano, promosse un movimento referendario per passare dal sistema proporzionale a quello maggioritario. Quest'ultimo sistema avrebbe dovuto garantire maggiore governabilità e stabilità, una forte riduzione del numero dei partiti, una più frequente alternanza tra schieramenti di destra e di sinistra. Infatti il sistema proporzionale aveva visto aggregarsi intorno alla DC per quasi cinquant’anni diverse forze politiche senza una vera alternanza di governo, anche per lo scenario mondiale bloccato dalla lunga guerra fredda. Nel 1993 il referendum con una schiacciante maggioranza abolì la legge elettorale al Senato. Il Parlamento allora modificò il sistema elettorale italiano da proporzionale a maggioritario. Ma i problemi non sono stati risolti: il numero dei partiti è aumentato, le parentele forzate tra partiti molto diversi per poter vincere le elezioni rendono i governi molto nervosi e rendono possibili rovesciamenti di maggioranze. Alla fine degli anni 90 sono ormai quasi tutti convinti del maggioritario, ma i vari partiti non sono capaci di accordarsi su una legge elettorale che soddisfi le esigenze di tutti.
Centrodestra e centrosinistra
Il nuovo sistema elettorale cambiò il quadro politico. in Italia e portò ad un bipolarismo, ma "imperfetto". Normalmente nelle nazioni democratiche con un sistema elettorale maggioritario si scontrano due partiti o due gruppi di partiti. Chi vince le elezioni ottiene anche il consenso per governare, chi perde fa l’opposizione e attende nuove elezioni per vincerle e andare al governo: ci sono così le condizioni per una regolare alternanza di forze politiche alla guida del Paese.
In Italia si sono costituiti due gruppi di partiti o "poli". Il polo di centrodestra, il Polo delle libertà, che comprende Forza Italia, Alleanza Nazionale e altri piccoli partiti tra i quali il CCD (Centro cristiano democratico) nato dalla dissoluzione della DC come forza politica dei cattolici conservatori.
Dalla parte opposta c’è il centrosinistra (o Ulivo dal nome che la coalizione assunse nelle elezioni del 1996). Il centrosinistra comprende il PDS, il PPI, i Democratici (partito fondato da Romano Prodi e Antonio di Pietro, uno dei giudici di "tangentopoli" che ha scelto di dedicarsi alla politica) e formazioni minori di orientamento socialista e repubblicano. A causa del sistema elettorale non ancora perfezionato e per il persistere di un male antico nella politica italiana, il trasformismo, il sistema bipolare risultò alla fine del millennio imperfetto perché alcuni gruppi politici o singoli parlamentari potevano passare da uno schieramento all’altro cambiando così gli esiti delle elezioni e facendo mancare la maggioranza alla coalizione vincente. Nelle elezioni del 1994 si affermò il Polo, alleato con la Lega; Silvio Berlusconi divenne capo del governo ma pochi mesi dopo fu abbandonato da Bossi e gli mancò la maggioranza. Nelle successive elezioni del 1996 prevalse l’Ulivo guidato da Romano Prodi, nuovo primo ministro; ma nel 1998 Rifondazione comunista tolse i propri voti al governo, che appoggiava dall’esterno. Formò quindi il governo per il centrosinistra Massimo D’Alema, leader dei Democratici di sinistra (DS) evoluzione del PDS.
Dall'Unità d'Italia alla fine del fascismo
VIII legislatura
(18 febbraio 1861 - 7 settembre 1865)
Camillo Benso di Cavour
gennaio 1860
giugno 1861
Bettino Ricasoli
guigno 1861
febbraio 1862
Urbano Rattazzi
marzo 1862
dicembre 1862
Luigi Carlo Farini
dicembre 1862
marzo 1863
Marco Minghetti
marzo 1863
settembre 1864
Alfonso Lamarmora
settembre 1864
settembre 1865
IX legislatura
(18 novembre 1865 - 13 febbraio 1867)
Alfonso Lamarmora
novembre 1865
giugno 1866
Bettino Ricasoli
giugno 1866
febbraio 1867
X legislatura
(22 marzo 1867 - 2 novembre 1870)
Bettino Ricasoli
giugno 1866
febbraio 1867
Urbano Ratttazzi
aprile 1867
ottobre 1867
Luigi Federico Menabrea
ottobre 1867
novembre 1869
Giovanni Lanza
dicembre 1869
novembre 1870
XI legislatura
(5 dicembre 1870 - 20 settembre 1874)
Giovanni Lanza
dicembre 1870
luglio 1873
Marco Minghetti
luglio 1873
marzo 1876
XII legislatura
(23 novembre 1874 - 3 ottobre 1876)
Marco Minghetti
luglio 1873
marzo 1876
Agostino Depretis
marzo 1876
ottobre 1876
XIII legislatura
(20 novembre 1876 - 2 maggio 1880)
Agostino Depretis
novembre 1876
marzo 1878
Benedetto Cairoli
marzo 1878
dicembre 1878
Agostino Depretis
dicembre 1878
luglio 1879
Benedetto Cairoli
luglio 1879
maggio 1880
XIV legislatura
(26 maggio 1880 - 2 ottobre 1882)
Benedetto Cairoli
maggio 1880
maggio 1881
Agostino Depretis
maggio 1881
ottobre 1882
XV legislatura
(22 novembre 1882 - 27 aprile 1886)
Agostino Depretis
novembre 1882
aprile 1886
XVI legislatura
(10 giugno 1886 - 22 ottobre 1890)
Agostino Depretis
giugno 1886
luglio 1887
Francesco Crispi
agosto 1887
ottobre 1890
XVII legislatura
(10 dicembre 1890 - 27 settembre 1892)
Francesco Crispi
dicembre 1890
febbraio 1891
Antonio di Rudinì
febbraio 1891
maggio 1892
Giovanni Giolitti
maggio 1892
settembre 1892
XVIII legislatura
(23 novembre 1892 - 8 maggio 1895)
Giovanni Giolitti
novembre 1892
novembre 1893
Francesco Crispi
dicembre 1893
maggio 1895
XIX legislatura
(10 giugno 1895 - 2 marzo 1897)
Francesco Crispi
giugno 1895
marzo 1896
Antonio di Rudinì
marzo 1896
marzo 1897
XX legislatura
(5 aprile 1897 - 17 maggio 1900)
Antonio di Rudinì
aprile 1897
giugno 1898
Luigi Pelloux
giugno 1898
giugno 1900
XXI legislatura
(16 giugno 1900 - 18 ottobre 1904)
Luigi Pelloux
giugno 1900
giugno 1900
Giuseppe Saracco
giugno 1900
febbraio 1901
Giuseppe Zanardelli
febbraio 1901
ottobre 1903
Giovanni Giolitti
novembre 1903
ottobre 1904
XXII legislatura
(30 novembre 1904 - 8 febbraio 1909)
Giovanni Giolitti
novembre 1904
marzo 1905
Tommaso Tittoni
marzo 1905
marzo 1905
Alessandro Fortis
marzo 1905
febbraio 1906
Sidney Sonnino
febbraio 1906
maggio 1906
Giovanni Giolitti
maggio 1906
febbraio 1909
XXIII legislatura
(24 marzo 1909 - 29 settembre 1913)
Giovanni Giolitti
marzo 1909
dicembre 1909
Sidney Sonnino
dicembre 1909
marzo 1910
Luigi Luzzatti
marzo 1910
marzo 1911
Giovanni Giolitti
marzo 1911
settembre 1913
XXIV legislatura
(27 novembre 1913 - 29 settembre 1919)
Giovanni Giolitti
novembre 1913
marzo 1914
Antonio Salandra
marzo 1914
giugno 1916
Paolo Boselli
giugno 1916
ottobre 1917
Vittorio Emanuele Orlando
ottobre 1917
giugno 1919
Francesco Saverio Nitti
giugno 1919
settembre 1919
XXV legislatura
(1 dicembre 1919 - 7 aprile 1921)
Francesco Saverio Nitti
dicembre 1919
giugno 1920
Giovanni Giolitti
giugno 1920
aprile 1921
XXVI legislatura
(11 giugno 1921 - 25 gennaio 1924)
Giovanni Giolitti
giugno 1921
luglio 1921
Ivanoe Bonomi
luglio 1921
febbraio 1922
Luigi Facta
febbraio 1922
ottobre 1922
Benito Mussolini
ottobre 1922
gennaio 1924
XXVII legislatura
(24 maggio 1924 - 21 gennaio 1929)
Benito Mussolini
maggio 1924
gennaio 1929
XXVIII legislatura
(20 aprile 1929 - 19 gennaio 1934)
Benito Mussolini
aprile 1929
gennaio 1934
XXIX legislatura
(28 aprile 1934 - 2 marzo 1939)
Benito Mussolini
aprile 1934
marzo 1939
XXX legislatura
(23 marzo 1939 - 2 agosto 1943)
Benito Mussolini
marzo 1939
luglio 1943
Caduta del fascismo e transizione Costituzionale
Pietro Badoglio (2 governi)
luglio 1943
giugno 1944
Ivanoe Bonomi (2 governi)
giugno 1944
giugno 1945
Ferruccio Parri
giugno 1945
dicembre 1945
Alcide De Gasperi (4 governi)
dicembre 1945
maggio 1948
Approvazione della Costituzione e proclamazione della Repubblica
I legislatura
(8 maggio 1948 - 24 giugno 1953)
Alcide De Gasperi(3 governi)
maggio 1948
giugno 1953
II legislatura
(25 giugno 1953 - 11 giugno 1958)
Alcide De Gasperi (VIII)
giugno 1948
agosto 1953
Giuseppe Pella
agosto 1953
gennaio 1954
Amintore Fanfani (I)
gennaio 1954
febbraio 1954
Mario Scelba
febbraio 1954
giugno 1955
Antonio Segni (I)
luglio 1955
maggio 1957
Adone Zoli
maggio 1957
giugno 1958
III legislatura
(12 giugno 1958 - 15 maggio 1963)
Amintore Fanfani (II)
giugno 1958
gennaio 1959
Antonio Segni (II)
febbraio 1959
febbraio 1960
Ferdinando Tambroni
marzo 1960
luglio 1960
Amintore Fanfani ( 2 governi, III e IV)
luglio 1960
maggio 1963
IV legislatura
(16 maggio 1963 - 4 giugno 1968)
Giovanni Leone (I)
luglio 1963
dicembre 1963
Aldo Moro (3 governi, I, II e III)
dicembre 1963
giugno 1968
V legislatura
(5 giugno 1968 - 24 maggio 1972)
Giovanni Leone (I)
giugno 1968
novembre 1968
Mariano Rumor (3 governi, I, II e III)
dicembre 1968
luglio 1970
Emilio Colombo
agosto 1970
gennaio 1972
Giulio Andreotti (I)
febbraio 1972
febbraio 1972
VI legislatura
(25 maggio 1972 - 4 luglio 1976
Giulio Andreotti (II)
giugno 1972
giugno 1973
Mariano Rumor (2 governi, IV e V)
luglio 1973
ottobre 1974
Aldo Moro (2 governi, IV e V)
novembre 1974
aprile 1976
VII legislatura
(5 luglio 1976 - 19 giugno 1979)
Giulio Andreotti (3 governi, III, IV e V)
luglio 1976
marzo 1979
VIII legislatura
(20 giugno 1979 - 11 luglio 1983)
Francesco Cossiga (2 governi, I e II)
agosto 1979
ottobre 1980
Arnaldo Forlani
ottobre 1980
maggio 1981
Giovanni Spadolini (2 governi, I e II)
giugno 1981
novembre 1982
Amintore Fanfani (V)
dicembre 1982
maggio 1983
IX legislatura
(12 luglio 1983 - 1° luglio 1987)
Bettino Craxi (2 governi, I e II)
agosto 1983
marzo 1987
Amintore Fanfani (VI)
aprile 1987
luglio 1987
X legislatura
(2 luglio 1987 - 22 aprile 1992)
Giovanni Goria
luglio 1987
marzo 1988
Ciriaco De mita
aprile 1988
maggio 1989
Giulio Andreotti (2 governi, VI e VII)
luglio 1989
aprile 1992
XI legislatura
(23 aprile 1992 - 14 aprile 1994)
Giuliano Amato (I)
giugno 1992
aprile 1993
Carlo Azeglio Ciampi
aprile 1993
maggio 1994
XII legislatura
(15 aprile 1994 - 8 maggio 1996)
Silvio Berlusconi (I)
maggio 1994
dicembre 1994
Lamberto Dini
gennaio 1995
aprile 1996
XIII legislatura
(9 maggio 1996 - 29 maggio 2001)
Romano Prodi
maggio 1996
ottobre 1998
Massimo D'Alema (2 governi, I e II)
ottobre 1998
aprile 2000
Giuliano Amato (II)
aprile 2000
maggio 2001
XIV legislatura
(30 maggio 2001 - )
Silvio Berlusconi (II)
giugno 2001
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