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Lo stalinismo
J.V. Stalin, segretario generale del Partito Comunista
Stalin (in russo “uomo d’acciaio”) era il nome di battaglia di Josif Vissarionovic Dzhugashvili. Egli nacque a Gori, in Georgia, nel 1879, da una famiglia di umili origini; egli ebbe un’infanzia squallida e brutale, con il padre alcolizzato che lo picchiava di continuo. Sfuggì a un’oscura miseria grazie a una memoria eccezionale, che ne fece un allievo modello alla scuola locale. Nel 1894, entra in seminario a Tiflis. E' questo il periodo della sua formazione iniziale come marxista e militante rivoluzionario. Nel 1898 aderì al Partito Operaio Socialdemocratico Russo, appena fondato e, non ancora ventenne conobbe le persecuzioni della polizia zarista. Nel 1899 Stalin viene espulso dal seminario, e comincia un periodo di attività politica clandestina. Arrestato, condannato, deportato in Siberia, egli riesce parecchie volte a fuggire non per cercare una vita più tranquilla, ma per correre a organizzare scioperi, giornali, scuole e centri del partito. Quando, nel 1903 tra i socialisti russi avvenne la scissione tra menscevichi e bolscevichi, egli aderisce a quest’ultima fazione, che in Georgia e nel Caucaso era nettamente minoritaria. Negli anni successivi, Stalin partecipò attivamente ai congressi socialdemocratici all’estero e ai cosiddetti “espropri”, ovvero le rapine a banche e uffici governativi per finanziare il partito. Nel 1912 gli viene affidato l’importante incarico di dirigere della “Pravda”, il giornale dei bolscevichi. Nella Rivoluzione d’Ottobre Stalin non ebbe un ruolo di primissimo piano, ed ebbe inizialmente l’incarico di commissario delle nazionalità, ma nella guerra civile fece valere le sue capacità organizzative nel ruolo di commissario politico su diversi fronti. A Tsaritsin (la futura Stalingrado), a Karkov, a Minsk, a Pietrogrado, a Smolensk, a Perm, Stalin conquistò meriti e successi che gli valsero nel 1922 la nomina a segretario generale del partito, carica che egli terrà fino all'ultimo giorno della sua esistenza. Ebbe senza dubbio una grande capacità politica. Non era un dittatore “dilettante” come Hitler: lavorava moltissimo, fino a tarda notte, e prestava una straordinaria attenzione ai dettagli. Chi conosceva Stalin sapeva però che dietro le sue apparenze austere e modeste si celava un aspetto più rozzo della sua personalità. Era rude, crudele e vendicativo: grazie alla sua memoria eccezionale, riusciva a serbare rancore per anni. Era, per dirlo con parole di Lenin, incostante e infido. Il contrasto tra l’immagine che Stalin dava di sé e la realtà di un dittatore che ha asservito e massacrato il suo popolo è difficile da spiegare, e forse non sarà mai spiegato, dato che Stalin non ha lasciato diari segreti, e di rado faceva trasparire i suoi sentimenti più privati.
La morte di Lenin e la lotta per il potere
Lenin, alla sua morte, lasciò un testamento politico, nel quale espresse le proprie perplessità sulla persona di Stalin, sull'uso arbitrario che questi faceva del potere e sulle sue ambizioni personali che rischiavano di scavalcare gli interessi generali del partito; lo accusò inoltre di essere "troppo rozzo" e ne chiese l'estromissione. Con abili manovre, Stalin riuscì però a occultare il testamento.
Dopo la morte di Lenin, la guida del paese era nelle mani di una troika composta da Stalin, Zinov’ev e Kamenev. All'interno del partito, il principale oppositore di Stalin era Lev Trotzki che propugnava la teoria della "rivoluzione permanente" contraria a quella staliniana della "costruzione del socialismo in un solo paese". Le due teorie che si contrapponevano consistevano in questo:
• Rivoluzione permanente (Trotzkij): la sopravvivenza nel lungo periodo dell’URSS era legata alla riuscita di una rivoluzione comunista a livello mondiale, guidata dai vari movimenti operai nazionali e coordinata dall’Unione Sovietica.
• Il socialismo in un solo paese (Stalin): la prima necessità era il consolidamento dello stato sovietico; Stalin riteneva che fosse possibile edificare il socialismo in un paese solo (l’URSS), e che fosse necessario concentrare le forze del comunismo mondiale per rafforzare lo stato sovietico.
Stalin si presenta come seguace fedele del pensiero di Lenin, e accusa Trotzki, sostenendo l’inapplicabilità della “rivoluzione permanente” e portando avanti con decisione la teoria del “socialismo in un solo paese”. Stalin, Zinov’ev e Kamenev riescono rapidamente a esautorare Trotzkji, il quale nel 1925 dà le dimissioni da tutte le cariche governative, pur mantenendo quelle di partito. Nel 1926 Kamenev e Zinov’ev si erano staccati da Stalin per riavvicinarsi a Trotzkij, ma ciò non aveva avuto effetto alcuno. Nel 1927, in occasione del congresso annuale del Partito, Trotzkij, Kamenev e Zinov’ev vengono espulsi ed esiliati: Stalin rimane così padrone assoluto del Partito e dell’Unione Sovietica (Trotzkij verrà poi assassinato nel 1940 in Messico).
I primi piani quinquennali
Accresciuto il suo potere personale con l’eliminazione degli oppositori, Stalin potè affrontare il problema del rafforzamento dell’Unione Sovietica con l’avvio del primo piano quinquennale (1928-1932); Stalin diede così avvio all’industrializzazione forzata (primato dei bei strumentali su quelli di consumo, massiccio incremento dell’industria siderurgica ed elettronica) e alla collettivizzazione delle campagne, che prevedeva l’eliminazione dei kulaki “in quanto classe”. Gli espropri vennero imposti con la forza dalle truppe speciali dell’NKVD (Narodnij Kommissariat Vnutrennič Del, Commissariato del Popolo per gli Affari Interni): i kulaki vennero così espulsi dalle comunità rurali e milioni di loro morirono per la loro opposizione al regime. Le campagne cambiarono totalmente fisionomia: a circa 2.600.000 aziende individuali si sostituirono 230.00 aziende collettive, sia cooperative che statali. Nelle prime, i kolchoz, la terra e i prodotti erano di proprietà comune, ma i membri del collettivo agricolo avevano a disposizione un piccolo appezzamento privato; nelle seconde, i sovchoz, la terra era invece di proprietà dello stato.
Nel 1933, alla fine del primo piano quinquennale, si era giunti in Unione Sovietica a un enorme sviluppo dell’industria pesante e a una diminuzione della disoccupazione, ma lo sviluppo agricolo era rimasto a livelli più modesti. Anche il secondo piano quinquennale (1933-1937) portò a un incremento della produzione industriale, mentre l’agricoltura, privata di milioni di lavoratori validi e travolta dalla repressione staliniana, languiva ai margini del sistema economico. Per far capire i risultati dei piani quinquennali, basta citare alcuni dati: tra il 1928 e il 1938, la produzione siderurgica sovietica quadruplicò, e quella del carbone aumentò del 359%. Nel 1938 l’Unione Sovietica era la massima produttrice mondiale di trattori agricoli e locomotive ferroviarie; i quattro quinti della produzione industriale provenivano da stabilimenti costruiti nel decennio precedente. Nel 1938 l’URSS era superata, nel prodotto interno industriale lordo, solo da Germania e Stati Uniti.
Nonostante squilibri e carenze, la politica dei piani quinquennali del Partito Comunista consentì una grande trasformazione della società sovietica, non solo a livello economico, ma anche a livello sociale.
Stalin voleva togliere il paese dall’arretratezza: avvenne un enorme sviluppo dell’istruzione (la piaga dell’analfabetismo venne sostanzialmente eliminata), e dei servizi sociali (ospedali, ospizi, asili, trasporti pubblici).
Lo stakanovismo
Di pari passo al mutamento economico e sociale, avvenne anche un mutamento culturale: i nuovi valori imposti furono quelli dell’“emulazione socialista”. In un clima di accesa competizione, i dirigenti e i tecnici delle fabbriche furono ritenuti i diretti responsabili dell’attuazione degli obiettivi dei piani quinquennali: essi cominciarono così a far pressione sugli operai per indurli a lavorare di più, tramite gli incentivi e i premi personali. Il modello ideologico e di comportamento era quello dello stakanovismo, dal nome di Aleksej Stakanov; egli era un minatore di carbone della regione del Don, ed era considerato un lavoratore modello, poichè tutti i giorni superava lo standard di 6,5 tonnellate estratte per ogni turno di 5 ore. Il 30 agosto 1935 Stakanov lavorò senza interruzione per tutta la notte estraendo 102 tonnellate di carbone. Si trattava del doppio di quanto produceva una squadra di 8 minatori.
Questa impresa fruttò a Stakanov un premio di 200 rubli, invece dei soliti 30. E’ da notare come, paradossalmente, le differenze nei salari all’epoca fossero molto più alte in Unione Sovietica che nell’occidente capitalista.
Il terrore staliniano e il culto della personalità
Le venature autoritarie del sistema sovietico, già presenti fin dalle sue origini, sotto Stalin emersero chiaramente,e si arrivò negli anni ’30 ad avere un sistema dittatoriale e tirannico. Ciò che caratterizzò le “purghe” staliniane non fu solo in gran numero di vittime, ma il fatto che esse si rivolsero contro il cuore stesso dello stato sovietico: il partito, l’Armata Rossa e lo stesso NKVD, che era l’apparato preposto ad esercitare il terrore. Tra il 1934 e il 1938 si scatenò un’ondata di repressione e di terrore, che coinvolse milioni di cittadini sovietici, deportati nei gulag o giustiziati dopo processi sommari, istituiti senza prove e strumenti di difesa per gli imputati. L’apice della campagna del terrore si raggiunse tra il 1936 e il 1938, quando Nikolaj Jezov divenne capo dell’NKVD: in questi due anni, vennero fucilate 680.000 persone, e moltissime altre condannate a pene lunghissime. L’epurazione colpì uomini di cultura, funzionari di stato, dirigenti di primo piano come Bucharin, Zinov’ev e Kamenev, eliminati perché rivali di Stalin, e moltissimi ufficiali dell’Armata Rossa.
Nel frattempo, Stalin edificava il mito di sé stesso come padre della patria (culto della personalità) e imponeva l’adesione totale al marxismo-leninismo tra la popolazione.
crco riassunto di RITTER G.A., Storia dello stato sociale..grazie mille