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Categoria: | Storia |
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Storia dell'Ungheria
Crocevia tra i Balcani, il mondo germanico e quello slavo, l'Ungheria è come un'isola nel cuore dell'Europa.
Paese di modeste dimensioni - quasi un terzo dell'Italia - essa vanta una notevole omogeneità dal punto di vista etnico-linguistico, con una popolazione che conta circa il 95% di magiari, discendenti delle tribù di ungari giunte nel Bassopiano pannonico dalle lontane steppe siberiane dopo una migrazione durata alcuni secoli.
L'unità etnica e la consapevolezza della propria originalità sono sempre stati elementi distintivi di questo popolo, che nel 1867 vide riconosciuta la propria dignità con la nascita dell'Impero Austroungarico, voluta da Francesco Giuseppe per cercare di restituire solidità a uno Stato che rischiava di dissolversi.
L'ampio territorio corrispondente all'attuale Ungheria, che aveva fatto parte dell'Impero romano con il nome di Pannonia, a partire dal IV secolo viene sottoposto a una lunga serie di invasioni da parte di popolazioni nomadi provenienti in gran parte dalle steppe orientali, che però non vi fondano alcuna forma di Stato organizzato. Verso la fine del IX secolo giungono nella regione i magiari, un popolo di stirpe ugro-finnica proveniente dalle regioni centrali degli Urali sotto la guida del principe Árpád, che si stanzia nella pianura del Tibisco e del medio corso del Danubio, e ne fa la base per scorrerie verso la Germania e l'Italia.
L'anno 896 è per questo popolo il momento della "conquista della patria", ma è solo con Stefano I il Santo (997-1038), il cristianizzatore dell'Ungheria, che le tribù magiare vengono organizzate in un vero e proprio Stato. Nell'anno 1000 egli riceve la corona regia dal papa Silvestro II, e il suo matrimonio con la figlia di Enrico III di Baviera eleva poi la sua dinastia - gli Árpád - al rango delle maggiori casate europee, inserendo l'Ungheria nel gioco di equilibri che segna il periodo delle lotte tra papato e Sacro Romano Impero. I successori di Stefano si schierano dalla parte di Roma e intraprendono una politica espansionistica verso i Balcani, ai danni dell'Impero bizantino e di Venezia, annettendo via via Slavonia, Croazia, Dalmazia e Transilvania. Verso la metà del Duecento la sconfitta patita dal re Bela IV contro i Tatari (1241) segna una battuta d'arresto, ma egli riesce tuttavia negli anni successivi a risollevare le sorti del regno, sul cui trono sederà alla fine del secolo l'ultimo degli Árpád, la cui morte - nel 1301 - segnerà l'estinzione della famiglia.
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Dagli inizi del Trecento, con l'estinzione della dinastia Árpád, la corona ungherese diventa appannaggio di sovrani stranieri, a cominciare da Carlo Roberto d'Angiò (incoronato nel 1309), esponente di una famiglia che con il suo successore Luigi I il Grande riuscirà ad affermare la propria egemonia anche sui Balcani raggiungendo la massima espansione territoriale (1377) del regno. Con Sigismondo di Lussemburgo (1378-1437) - dal 1410 re di Germania e de facto imperatore - comincia però a delinearsi in tutta la sua gravità il pericolo rappresentato dalla "Sublime Porta", nome con il quale si era soliti definire l'Impero ottomano. Nel 1440, dopo la morte di Alberto V d'Asburgo (genero di Sigismondo), è eletto re di Ungheria Ladislao I Jagellone, sovrano di Polonia, il quale viene però ucciso dai turchi nel 1444.
Al suo posto è nominato reggente un abile condottiero, Giovanni Hunyadi, vincitore dell'esercito ottomano nella memorabile battaglia di Belgrado (1456). Nel 1458 sale al trono di Ungheria Mattia "Corvinus" Hunyadi, figlio di Giovanni, che regna fino al 1490 e inaugura un periodo di espansione territoriale (occupazione della Moravia), di riorganizzazione interna e di rafforzamento contro la minaccia ottomana. Sovrano di formazione rinascimentale, egli sposa la principessa napoletana Beatrice d'Aragona e chiama a Buda una nutrita schiera di artisti provenienti dalla penisola, trasformando la città in un centro di irradiazione della civiltà umanistica sull'esempio delle corti italiane. Il suo amore per l'arte si coniuga a una altrettanto spiccata passione per le lettere, che egli traduce nella creazione di una delle più ricche e preziose raccolte europee, la Biblioteca "Corvina". Grande mecenate, protettore di artisti e letterati, egli deve però conciliare questa sua passione con le esigenze della politica, in primo luogo la salvaguardia dei propri territori dalla minaccia turca, che preferisce però combattere con le armi della diplomazia giungendo a una pace nel 1483.
Alla morte di Mattia Corvino, avvenuta nel 1490, la corona di Ungheria (insieme a quella di Boemia) torna di nuovo sotto la dinastia degli Jagellone, con Ladislao II (1490-1516) e quindi Luigi II (1516-1526). Quest'ultimo soffre però dei profondi contrasti sociali venutisi a creare all'interno del paese in seguito alle crescenti lotte interne tra i feudatari e alla sanguinosa rivolta dei servi della gleba (1514) oppressi da una nobiltà sempre più intransigente. Indebolita dalle discordie e pressata dai turchi, l'Ungheria perde nel 1521 l'importante fortezza di Belgrado e nel 1526 viene annientata a Mohács dalle truppe di Solimano I il Magnifico, che occupa parte del suo territorio. Nella battaglia muore anche il sovrano Luigi II, riaprendo ancora una volta la questione della successione al trono: una disputa che vede il candidato dell'alta nobiltà, l'arciduca Ferdinando d'Asburgo - fratello dell'imperatore Carlo V - prevalere sull'ungherese Giovanni Zápolya, voivoda (cioè "signore") della Transilvania, sostenuto dalla fazione nazionalista. L'ascesa al trono del nuovo re riunisce così i regni di Austria, Boemia e ciò che resta dell'Ungheria ponendo le premesse per la creazione di quell'impero multinazionale che tanta parte avrà nelle vicende europee. Il periodo di incertezza aperto dalla morte di Luigi II Jagellone e dalle dispute per la successione al trono di Ungheria porta però a un indebolimento dello Stato, del quale approfittano i turchi, che nel 1541 si impossessano di Buda e completano l'occupazione di tutti territori ungheresi, a eccezione della Slovacchia. La situazione si fa quindi sempre più complessa, sia per la crescente pressione islamica, sia per la progressiva perdita di autonomia del regno: il dominio asburgico si estende su una striscia nord-occidentale, mentre la parte rimanente si trasforma in provincia ottomana e la Transilvania diventa tributaria della "Sublime Porta". Un miglioramento si ha soltanto verso la fine del Seicento, quando i turchi - dopo essere giunti nel 1683 addirittura alle porte di Vienna - cominciano ad arretrare,
incalzati dagli eserciti della Lega Santa (1684) promossa dal papa Innocenzo XI e costituita da austriaci, polacchi, tedeschi e veneziani.
A partire dal 1686, con la riconquista di Buda e Belgrado, inizia la liberazione dell'area balcanica, ma è solo nel 1697 che la minaccia ottomana viene definitivamente sventata, grazie alla vittoria dell'esercito imperiale guidato dal principe Eugenio di Savoia. La pace di Carlowitz, nel 1699, sancisce la fine della dominazione turca e consacra la riunificazione dei territori ungheresi sotto la corona austriaca.
Nel corso del Settecento il rapporto tra la nobiltà magiara e i sovrani asburgici è segnato da continui dissidi, iniziati con la guerra di indipendenza condotta dal principe Ferenc II Rákóczi tra il 1704 e il 1711 e continuati in occasione della Prammatica Sanzione del 1713, con la quale Carlo VI sancì la successione anche per linea femminile garantendo il trono alla figlia Maria Teresa.
I contrasti continuano anche dopo l'ascesa al trono della stessa Maria Teresa (1740), a causa della politica accentratrice intrapresa dalla sovrana e ancor di più dal suo successore, il figlio Giuseppe II, che incontra la decisa opposizione della Dieta ungherese. Riconsegnata all'Impero Asburgico con il Congresso di Vienna, nella prima metà dell'Ottocento l'Ungheria vive un periodo di apparente tranquillità, sotto la quale covano però i fermenti che agitano l'Europa all'indomani della Rivoluzione Francese e che conducono all'insurrezione del marzo 1848. La creazione di un governo autonomo ispirato ai principi liberali e indipendentisti sostenuti da Lajos Kossuth (1802-94) provoca però una dura repressione imperiale, che instaura un clima di aperta ostilità nei confronti della corona, incalzata all'esterno anche dall'evolversi della situazione politica europea e dall'accresciuta potenza prussiana. La sconfitta dell'esercito imperiale a Sadowa nel 1866 mette in crisi l'assolutismo monarchico e induce l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe ad allargare le basi dello Stato per cercare di restituirgli solidità, riconoscendo l'indipendenza ungherese e trasformando il nome dell'Impero in "Austroungarico" (1867). Questo compromesso, se da una parte consente di salvare la compagine imperiale, dall'altra esaspera ancora di più i rapporti tra le nazionalità che compongono l'impero (croati, serbi, slovacchi e rumeni in particolare), tra le cui fila attecchiscono e si sviluppano quei movimenti indipendentistici che esploderanno nel 1914 con l'uccisione dell'erede al trono asburgico Francesco Ferdinando.