Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia |
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Data: | 02.02.2001 |
Numero di pagine: | 3 |
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Testo
BAGNI PUBBLICI
Non esiste tratto peculiare della vita sociale giapponese che sia stato criticato con maggior ignoranza, e in certi casi con la maggior pervicacia, dell'usanza di frequentare il bagno pubblico. Se la pulizia è affine alla devozione, allora i giapponesi sono una razza veramente pia. Se ci si limita ad affermare, senza ulteriori precisazioni, che al bagno pubblico un gran numero di giapponesi si lava nella stessa acqua, sarebbe inevitabile giudicarla un'abitudine ripugnante. E lo sarebbe davvero, se l'affermazione fosse riferita alle classi inferiori del nostro paese. Ma quando si sa che i giapponesi della classe operaia (carpentieri, muratori e così via) spesso si lavano due o tre volte al giorno, e che quando entrano in acqua devono essere di una pulizia che i nostri lavoratori conoscono di rado, se mai la conoscono, l'affermazione perde abbastanza valore. Se poi si aggiunge che questa gente al bagno pubblico non si lava, ma rimane a bollire o in ammollo per un po’, e poi, con un altro secchio d'acqua e un asciugamano, si lava e si asciuga sopra una pedana, il carattere ripugnante di questa operazione scompare completamente.
Un giapponese, abituato a teatri ariosi e simili a capannoni, a conferenze in costruzioni aperte come tende, o a ricevimenti in stanze in cui una parete, o tutte, si può spalancare all'aria, anche in pieno inverno, considererebbe le assemblee che i nostri connazionali tengono i sale di conferenze, in aule scolastiche e in altri locali chiusi, dove spesso l'aria diventa talmente mefitica che i presenti si sentono svenire e si affrettano a raggiungere la porta per respirare una boccata d'aria pura (un giapponese, dicevo, avrebbe ragione a considerare queste usanze estremamente ripugnanti.
Le tinozze, o vasche da bagno, sono di vari tipi, tutte ampie e profonde. I metodi per riscaldarle direttamente, che è ovviamente il sistema più economico, sono vari. Il tipo di vasca più comune ha una piccola camera di combustione in rame applicata ad una estremità, vicino alla base, con l'imboccatura rivestita in pietra, argilla o intonaco. Qui si accende il fuoco, e l'acqua si può portare, se necessario, fino al punto di bollitura. All'interno della tinozza ci sono alcune sbarre trasversali che impediscono a chi fa il bagno di venire a contatto con la camera di combustione dove arde il fuoco. In un altro tipo di vasca c'è un tubo di rame o di conduttura che passa a contatto del fondo della tinozza. La parte inferiore della conduttura è provvista di una grata di filo metallico; il carbone viene infilato nella conduttura, e bruciando riscalda rapidamente l'acqua. Sotto alla tinozza è sistemato un recipiente per raccogliere i tizzoni e la cenere.
Una vasca di tipo più complesso è divisa in due settori, separati da una parete delle stanza. I due settori comunicano mediante numerose canne di bambù, o condutture, che permettono all'acqua di circolare liberamente. Il settore esterno contiene il ornello in cui si accende il fuoco, e grazie a questo espediente che fa il bagno non deve sopportare il fastidio del fumo che si alza dalle fiamme. Un'altra tinozza veramente funzionale in cui la camera di combustione è esterna e assomiglia a una botticella con le due estremità chiuse; al suo interno passa una tubatura in rame, in cui si accende un fuoco di carbone. La botticella comunica con la tinozza tramite una grossa canna di bambù, al cui interno c'è uno sportellino quadrato che si può chiudere se l'acqua diventa troppo calda. In molti casi è installata una cappa in modo che il fumo venga aspirato fuori. Queste tinozze sono posate su un ampio pavimento di legno con le tavole inclinate in direzione di una canaletta centrale. Qui il giapponese, dopo essere rimasto letteralmente a bollire in un'acqua così calda che uno straniero non potrebbe sopportarla, si pulisce strofinandosi energicamente con acqua attinta da un altro secchio.
Una vasca molto comune in campagna è formata da un'enorme marmitta di ferro poco profonda, a cui è fissato tutt'intorno un prolungamento in legno che crea la profondità sufficiente per l'acqua. Il fuoco viene acceso sotto la marmitta, e chi fa il bagno, prima di immergersi nell'acqua, fa calare sul fondo una rastelliera di legno, su cui sale per non ustionarsi i piedi. Questa tinozza viene chiamata Goemonburo, dal nome di Ishikawa Goemon, un famoso ladro del periodo Taiko che era stato condannato a fare il bagno nell'olio bollente. Esistono sicuramente altri tipi di tinozze fornite di congegni per riscaldare l'acqua, ma quelle che abbiamo presentato sono le principali. Nulla impedirebbe di adottare anche da noi queste comode attrezzature, dove non sono disponibili gli acquedotti o l'approvvigionamento idrico urbano. Esistono poi molte tinozze e di ampie vasche di legno a pareti alte, entro cui viene versata l'acqua calda, ma non è necessario descriverle.