Società borghese e movimento operaio

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

15.1 La borghesia europea
Processo si mutamento della società con come protagonisti i ceti borghesi e coinvolgeva anche le classi proletarie.
Ascesa della borghesia
Nel 1848 la borghesia crebbe e si affermò. Nonostante fosse ancora condizionata dalla persistenza delle vecchie gerarchie sociali e pesantemente sacrificata nella distribuzione del potere, la borghesia riuscì a presentarsi come portatrice e depositaria degli elementi di novità e trasformazione, a imporre un po’ ovunque la sua influenza e le sue idee-guida, come il merito individuale, libera iniziativa, concorrenza e innovazione tecnica.
Ceti e gruppi borghesi
- Artigiani e contadini-piccoli proprietari: la loro condizione tendeva a confondersi con quella delle classi proletari.
- Grandi magnati dell’industria e della finanza: assumevano i comportamenti esteriori tipici dell’aristocrazia e si mescolarono con essa.
Tra questi c’erano gruppi e categorie sociali definibili come borghesi:
- Ceti emergenti: fortunati grazie allo sviluppo dell’industria e mezzi di trasporto. Erano i dirigenti d’azienda, i banchieri e i grossi commercianti;
- Borghesia tradizionale: traeva i proventi dalla terra, esercitava le professioni (avvocati, medici, ingegneri) e che occupava i gradi medio-alti della burocrazia statale;
- Ceto medio o piccola borghesia: impiegati e insegnanti, piccoli commercianti e piccoli professionisti.
Lo stile borghese
La borghesia europea esprimeva una propria cultura e un proprio stile di vita. Lo stile di vita borghese è ravvisabile nelle manifestazioni esteriori, come l’abbigliamento, l’arredamento dove i requisiti tipici erano la solidità e la funzionalità e l’abbondanza degli addobbi, dei quadri e dei soprammobili all’interno, l’attenzione al particolare e l’esigenza di tradurre il successo e la ricchezza in simboli visibili.
I valori tradizionali
I valori restavano quelli tradizionali: austerità, moderazione, propensione al risparmio, capacità di reprimere gli istinti. Erano le virtù capitali per il borghese-tipo, che gli permettevano di legittimare moralmente la propria posizione nella società. Ciò si rifletteva nella struttura della famiglia basata sull’autorità del capofamiglia e sulla subordinazione della donna.
La povertà come peccato
Solo certe doti morali potevano garantire il mantenimento o il miglioramento delle posizioni acquisite. Di conseguenza ne discendeva il luogo comune secondo il cui chi occupava i gradini inferiori della scala sociale era colui che di quelle doti era sprovvisto. La povertà era un peccato. I poveri rimanevano poveri perché non conoscevano l’arte del risparmio e non erano in grado di dominare i bassi istinti. Chiunque possedesse accortezza, moderazione e capacità di sacrificio poteva raggiungere i traguardi più ambiziosi, in termini di ricchezza e rispettabilità.
15.3-4 Lo sviluppo economico e la rivoluzione dei trasporti e dei mezzi di comunicazione
Dalla fine degli anni ’40 l’economia europea ha conosciuto una fase di forte sviluppo che interessò soprattutto l’industria nei settori siderurgico e meccanico. Si generalizzò l’impiego delle macchine a vapore e del combustibile minerale. I fattori principali del boom degli anni ’50-’60 furono l’affermarsi del libero scambio, la disponibilità di materie prime, la diminuzione dei tassi di interesse e l’espansione del credito a favore degli impieghi industriali, lo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto (navi a vapore e ferrovie) e di comunicazione (telegrafo). Lo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto e di comunicazione mutò la vita dell’epoca e l’immagine che la gente aveva del mondo così da sembrare più unito.
15.5 La città moderna
L’urbanesimo
L’affermazione della borghesia e la crescita del proletariato comportarono allo sviluppo dei centri urbani con quel processo di urbanesimo che avrebbe portato la maggioranza della popolazione dei paesi industriali a trasferirsi dalle campagne nelle città. La grande città era un fenomeno raro a parte la Gran Bretagna dove la popolazione urbana aveva anche superato quella rurale ed esistevano grossi centri industriali. Londra era la più grande città del mondo ed era un continuo espandersi.
La crescita delle grandi città
Trent’anni dopo in Francia e in Germania il numero delle grandi città raddoppiò e le grandi capitali si allargarono a dismisura. Le cause di questo fenomeno erano: lo sviluppo industriale che creava nuove occasioni di lavoro; la rivoluzione dei trasporti che rendeva più facili gli spostamenti. Queste cause alimentavano un flusso migratorio dalla campagna alla città.
Le trasformazioni dei nuclei urbani
Le città cambiarono aspetto e strutture. La vita cittadina ruotava intorno a nuovi centri come le stazioni ferroviarie, la borsa, i centri commerciali, il tribunale e i palazzi dei ministeri. Si sviluppò il quartiere degli affari che si svuotò dei suoi abitanti di condizione meno agiata e si riempì di uffici e negozi.
Le “cinture operaie”
I ceti popolari si addensarono nelle periferie. La separazione fra le periferie operaie, malsane, prive di servizi e afflitte dal fumo delle fabbriche e i quartieri residenziali borghesi situati nelle zone verdi, aerate, con acqua corrente e impianti di riscaldamento, era più netta. Questo segnò una differenza importante rispetto alla vecchia città, dove ricchi e poveri coabitavano negli stessi edifici:
Artisti e Poveri
Piccolo-borghesi
Medio-borghesi
Borghesia ricca
Famiglia del portiere
Le trasformazioni avvenivano in modo spontaneo, sotto la spinta della speculazione edilizia senza un piano regolatore.
La ristrutturazione di Parigi
Fu condotta per incarico di Napoleone III dal prefetto Haussman che sventrò parte del centro medievale aprendo una serie di larghi viali con lo scopo di rendere più piacevole e meglio percorribile il centro cittadino che scoraggiarono il ripetersi di sommosse urbane. L’opera di Haussmann contribuì alla creazione di nuovi ponti sulla Senna, nuove stazioni ferroviarie, nuovo sistema di fognature, parchi e edifici pubblici.
Il miglioramento delle condizioni di vita
Quasi tutte le grandi città videro aumentarsi le iniziative dei poteri pubblici destinate a risolvere i problemi igienici, a sconfiggere le epidemie, migliorare la qualità della vita, facilitare gli spostamenti all’interno dell’area urbana. La rete fognaria fu migliorata e scomparvero i rigagnoli fediti, l’approvvigionamento idrico fu più diffuso e regolare, le strade in terra battuta furono ricoperte dal selciato.
Illuminazione e trasporti urbani
I quartieri periferici erano illuminati da lampioni a gas. Grazie all’organizzazione di reti di trasporto pubbliche, attraversare la città divenne semplice. Londra disponeva già nel ’70, di un efficiente sistema di ferrovie metropolitane. Gli itinerari più importanti erano serviti dagli omnibus (carrozze trainate da cavalli).
Una città più vivibile
L’intervento dei pubblici poteri, statali e municipali, lo sviluppo di più ami apparati burocratici per il governo delle città, la creazione di nuovi corpi di polizia più numerosi e professionali servirono a disciplinare i processi di urbanizzazione e ad attenuarne il carattere spontaneo. Nonostante gli squilibri e i problemi degli amministratori, la città tendeva a perdere l’aspetto caotico che aveva affascinato gli scrittori dell’800 e a diventare un sistema organizzato, specchio della civiltà moderna.
15.6 I lavoratori della terra e il proletariato urbano
Il peso numerico dei lavoratori agricoli
Intorno alla metà dell’800 in tutta l’Europa continentale i lavoratori della terra costituivano il grosso della popolazione attiva. Il mondo contadino comprendeva una miriade di realtà economiche e di figure sociali diverse con differenze fra Stato e Stato e regione e regione. La Gran Bretagna aveva una popolazione agricola formata in buona parte da lavoratori salariati e rappresentava un caso isolato. La Russia era un caso limite con tantissimi servi della gleba. In Francia si continuò a manifestare l’aumento della piccola proprietà contadina per tutto l’800. Negli Stati tedeschi e nell’Impero asburgico delle leggi di emancipazione abolirono le forme di lavoro servile e stimolarono il processo di privatizzazione della terra.
Una realtà molto differenziata
Nel Sud e nell’Ovest della Germania scomparve il regime feudale e che lasciò posto alla piccola e media proprietà. Nell’Europa orientale la privatizzazione della terra andò a vantaggio dei grandi latifondisti e per la maggior parte dei contadini, l’emancipazione significò il passaggio dalla condizione di servi a quella di braccianti senza terra. Questa condizione era analoga e aggravata dalla scarsa produttività dei suoli, quella in cui versavano i contadini del Mezzogiorno d’Italia e dell’Europa mediterranea. La situazione era complessa nella Germania centrale, l’Italia centrosettentrionale, l’Austria e la Boemia dove coesistevano e si intrecciavano latifondo, azienda capitalistica e piccola proprietà, lavoro salariato e mezzadria.
Le condizioni di vita delle masse rurali
I progressi realizzati dall’agricoltura non valsero a modificare le condizioni di vita delle masse contadine. I lavoratori agricoli occupavano i gradini inferiori della scala sociale e le condizioni erano disagiate: redditi bassi, alimentazione povera, analfabetismo diffuso, partecipazione alla vita politica quasi inesistente. I ceti rurali costituivano l’elemento statico della società, quello legato alle religioni tradizionali e alle consuetudini del mondo preindustriale.
L’emigrazione
Lo sviluppo industriale e la rivoluzione dei trasporti offrirono ai lavoratori della terra maggiori possibilità di allontanarsi dal luogo d’origine. Milioni di lavoratori (contadini dell’Inghilterra, Irlanda, Europa centrale) lasciarono il continente per andare nel Nord America dove trovarono condizioni più favorevoli anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Più imponente fu il numero di chi abbandonò definitivamente le campagne per cercare nuove occasioni di lavoro nei grandi centri industriali.
L’emergere del proletariato di fabbrica
Il proletariato delle città offriva un quadro tutt’altro che omogeneo. Gli operai di fabbrica costituivano ancora una minoranza fra gli stessi lavoratori urbani. Erano numerosi i lavoranti di piccole officine e botteghe artigiane, domestici e manovali. Era numeroso anche l’esercito dei lavoratori occasionali, vagabondi, mendicanti e prostitute. Con lo sviluppo dell’industria e la decadenza della piccola impresa artigiana il proletariato di fabbrica venne assumendo sempre maggior consistenza. Gli operai godevano di un vantaggio rispetto ai lavoratori della terra. I salari nell’industria erano superiori a quelli del settore agricolo. La vita dell’operaio, però, non era migliore di quella del lavoratore agricolo.
Nascita di una coscienza di classe
L’operaio era a contatto quotidiano con le manifestazioni esteriori del modo di vita borghese. Nella città veniva meno il quadro consolidato dei rapporti sociali che sussisteva nelle campagne e che faceva apparire naturale al contadino il suo stato di subordinazione. Nelle città il lavoratore smarriva i tradizionali punti di riferimento culturali e religiosi, quindi alla parrocchia si sostituiva la taverna e cominciò a maturare una nuova coscienza di classe, la consapevolezza di una condizione comune, unita alla spinta ad associarsi per mutare questa condizione.
15.7 Il movimento operaio dopo il ‘48
Le prime forme di associazioni operaie si rivolgevano ai lavoratori più evoluti e meglio pagati, si collegavano alla tradizione delle antiche corporazioni artigiane e si dedicavano alla cooperazione e al mutuo soccorso. Dopo le repressioni del ’48-’49 il movimento associativo fra i lavoratori appariva ovunque indebolito e lontano da nuove iniziative rivoluzionarie
Il movimento operaio inglese: le Trade Unions
Il movimento operaio inglese era l’unico che poteva vantare una struttura organizzativa solida e poteva muoversi in condizioni di relativa libertà. Aveva rinunciato ai progetti politici di lungo respiro e si concentrò sul rafforzamento delle organizzazioni sindacali di mestiere (Trade Unions) che conobbero uno sviluppo negli anni ’50-’60. Lo sviluppo fu coronato nel 1868 con la costituzione del Trade Unions Congress che riuniva i delegati di tutti i maggiori sindacati e che rappresentò il nucleo basilare del movimento operaio britannico.
Il movimento operaio in Francia
I nuclei organizzati erano influenzati dalle teorie di Proudhon, fautore di un federalismo a sfondo anarchico. Le sue teorie non erano socialiste perché erano basate sull’avversione a ogni forma di collettivismo. Si adattavano alla struttura sociale di un paese in cui i contadini erano piccoli proletari e l’artigianato e il commercio conservavano un peso notevole anche nelle città.
Il movimento operaio in Italia
Le dottrine di Proudhon ebbero fortuna in Italia e influenzarono le elaborazioni dei primi teorici socialisti nel paese. Il proletariato di fabbrica era ancora inesistente e i pochi nuclei operai subivano l’influenza di Mazzini.
Lassalle e il movimento operaio tedesco
In Germania si stava formando una classe operaia e un movimento socialista esisteva già da tempo. Negli anni ’50 questo movimento trovo come leader Lassalle che basava le sue concezioni socialiste su una teoria dello sfruttamento capitalistico simile a quella elaborata da Marx. Credeva nelle possibilità per i lavoratori di conquistare lo Stato borghese e di trasformarlo dall’interno attraverso il suffragio universale. Lassalle svolse in Germania un’intensa attività politica e fondo una Associazione generale dei lavoratori tedeschi che rappresentò il primo esempio di partito operaio organizzato su scala nazionale.
15.8 Marx e “Il Capitale”
All’inizio del ’48 Marx ed Engels pubblicarono il Manifesto dei comunisti. Non solo gettarono le basi per una nuova concezione del socialismo, ma indicarono al proletariato europeo un programma rivoluzionario da attuarsi a breve scadenza. Col fallimento dei moti del ’48, Marx fu costretto a ripensare modi e tempi del processo rivoluzionario.
Marx e la critica dell’economia politica
Marx dedicò gran parte del suo tempo allo studio dell’economia politica: l’analisi economica divenne la base fondamentale del suo “socialismo scientifico”. Il frutto del pensiero di Marx fu Il Capitale che è una minuziosa descrizione delle leggi e dei meccanismi su cui si fonda il mondo di produzione capitalistico. Contiene una storia del capitalismo, una previsione circa i suoi sviluppi futuri e un’indicazione dei compiti che spettano al nuovo soggetto rivoluzionario: il proletariato industriale.
La teoria del valore-lavoro
Il fondamento principale della costruzione di Marx è la teoria del valore-lavoro: il valore di scambio di una merce è dato dalla quantità di lavoro mediamente impiegato per produrla. Il lavoro è una merce e viene comprato e venduto sulla base del valore-lavoro che contiene. La caratteristica della merce-lavoro è di produrre un valore superiore ai propri costi di produzione, di rendere più di quanto non costi. La differenza fra il valore del lavoro e il valore del prodotto è il plusvalore. L’imprenditore che acquista sul mercato di lavoro e vende il prodotto di questo lavoro realizza un profitto. Si forma il capitale che si accumula e cresce su se stesso grazie all’impiego di nuova forza-lavoro.
Il destino del capitalismo
Marx per formulare la sua teoria si basa sulle elaborazioni degli economisti classici, capovolge il senso delle loro analisi e ribalta le conclusioni. Smith e Ricardo consideravano il modo di produzione capitalistico come un dato naturale e scontato, mentre per Marx, il capitalismo, rappresenta una fase ben definita nello sviluppo storico dei rapporti di produzione. Una fase iniziata alle soglie dell’età moderna e destinata a concludersi quando il sistema avrà espresso appieno le sue potenzialità e sarà distrutto dalle sue contraddizioni. Con lo sviluppo, il capitalismo produce i germi della sua dissoluzione. La concentrazione del capitale si accompagna alla formazione di una massa proletaria sempre più grande e misera, alla tendenza di espansiva insita nello sviluppo capitalistico fa riscontro l’incapacità del sistema di allargare l’area di assorbimento dei suoi prodotti, alle forme più organizzate della produzione industriale si contrappone il carattere anarchico della concorrenza. Le stessi leggi della produzione capitalistica determinano la crisi finale del sistema. La pubblicazione de Il Capitale segnò una data fondamentale nella storia del movimento operaio e della cultura occidentale.
Il significato del “Capitale”
Il socialismo non era presentato come il sogno di un mondo migliore, la cui realizzazione era legata alla riuscita di questo o quel movimento insurrezionale ma veniva fatto scaturire dalle leggi stesse dello sviluppo economico, oltre che dall’azione consapevole del proletariato organizzato. L’utopia divenne necessità, la profezia acquistò il fascino della previsione scientifica. Per militanti sociali e lavoratori impegnati nelle lotte sociali Marx era il grande economista che aveva analizzato i meccanismi dell’economia capitalistica e ne aveva svelato le contraddizioni, era lo studioso che aveva detto una parola nuova nel campo delle scienze sociali.
Marxismo e movimento operaio
Fu questo l’aspetto che penetrò nella cultura del movimento operaio e che permise al marxismo di affermarsi sulle altre teorie socialiste fino a diventare la dottrina ufficiale del movimento operaio. La penetrazione delle dottrine di Marx non fu immediata né incontrastata. Dopo l’uscita del Capitale non furono in molti a conoscere direttamente il testo e ad assimilarne le tesi. Sul piano politico l’affermazione del socialismo marxista fu il risultato di un lungo scontro di tendenze che ebbe per teatro principale la prima organizzazione internazionale fra i lavoratori.
15.10 Il mondo cattolico di fronte alla società borghese
Socialisti e anarchici non furono i soli a protestare contro le ingiustizie della società borghese e a denunciare i guasti del capitalismo industriale. Il mondo cattolico assunse un atteggiamento duramente critico nei confronti di una civiltà che si basava su presupposti laici e che tendeva a relegare la religione nell’ambito delle superstizioni e delle credenze popolari.
La restaurazione tradizionalista di Pio IX
Il papa Pio IX aveva suscitato tante speranze nell’opinione pubblica liberale. Abbandono qualsiasi velleità innovatrice e si preoccupò di riaffermare la più rigida ortodossia dottrinaria e di incoraggiare le tradizionali pratiche di devozione, soprattutto quelle relative al culto mariano. Nel 1854 fu proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione de dal 1585 Lourdes divenne meta di ininterrotti pellegrinaggi.
Il “Sillabo”
Lo scontro fra la Chiesa cattolica e la cultura laico-borghese ebbe il suo culmine quando Pio IX emanò l’enciclica (Lettera circolare apostolica che il Papa indirizza ai vescovi e ai prelati di tutta la Chiesa, su argomenti di fede o sociali) Quanta cura dove accomunava in una condanna senza appello il liberalismo, la democrazia, il socialismo e la civiltà moderna. Fece anche pubblicare il “Sillabo”, una specie di elenco degli errori del secolo a partire dalla sovranità popolare alla laicità dello Stato, alla libertà di stampa e di opinione. La pubblicazione del Sillabo suscitò scalpore in tutta Europa anche fra cattolici e alleati.
Il Concilio Vaticano I
Nel Concilio Vaticano I, Pio IX fece proclamare il dogma dell’infallibilità del papa nelle sue pronunce ufficiali in materia di fede e di morale. Questa decisione rafforzò l’autorità dei pontefici nei confronti dell’episcopato e che non piacque ai governi degli Stati cattolici causando l’isolamento della Santa Sede. Quando le truppe italiane entrarono in Roma, nessuno dei governi europei si mosse per salvare il potere del papa.
I movimenti cristiano-sociali
Durante le battaglie del vaticano contro le nuove civiltà si continuarono a verificare nel mondo cattolico tendenze che cercavano di adeguare la presenza della Chiesa alle trasformazioni della società. La condanna della civiltà borghese lasciava spazio ai movimenti cristiano-sociali che si svilupparono in Belgio, in Francia, in Austria e in Germania dove l’appello alla pietà si accompagnava alla richiesta di un intervento dello Stato sotto forma di leggi e iniziative assistenziali a favore dei lavoratori e auspicava lo sviluppo della cooperazione e del mutuo soccorso fra i lavoratori stessi. Si realizzarono i primi esperimenti di moderno associazionismo cattolico, fondato sulle unioni di mestiere, le cooperative, sulle casse rurali e artigiane: una rete organizzativa che avrebbe permesso ai movimenti cattolici di contare su una propria base organizzata fra i ceti rurali e fra i lavoratori urbani, e di contendere il passo ai socialisti sul terreno degli organismi di massa.
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