Situazione economica europea dal 1848 al 1908.

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SITUAZIONE ECONOMICA E POLITICA ITALIANA NELLA SECONDA META’ DELL’OTTOCENTO
con particolare riferimento all’industrializzazione e al fenomeno del “Meridionalismo”

L’Italia partecipa allo sviluppo dell’economia europea da posizioni ancora assai arretrate. Una certa accelerazione dello sviluppo del settore siderurgico e metalmeccanico viene a crearsi solo grazie alla politica protezionista promossa dalla Sinistra a partire dal 1880.
Infatti il vero e proprio decollo industriale nel nostro paese sarà avviato solo negli ultimi anni del secolo e all’inizio del successivo. Bisogna notare tuttavia che l’industrializzazione timidamente avviata nel corso dell’Ottocento riguarda solo settori limitati del territorio nazionale, perlopiù ristretti al triangolo Torino–Milano-Genova.
Il resto del paese resta prevalentemente agricolo e profondamente condizionato dalla “questione meridionale”. L’Unità aveva accelerato la crisi del Meridione, spazzando via gli insediamenti industriali del Casertano, del Napoletano e del Salernitano, incapaci di reggere alla concorrenza delle regioni del Nord. Il protezionismo cerealicolo aveva sì salvaguardato l’agricoltura meridionale dalla concorrenza americana, ma lasciandola in condizione di spaventosa arretratezza. Altri fattori di crisi furono: lo squilibrio dello sviluppo, tutto a vantaggio del Nord; l’applicazione da parte della Destra, che tenne il potere dal 1861 al 1876, di un duro sistema fiscale che colpiva soprattutto le masse contadine; la diffusione del brigantaggio; il potere dell’usura che impediva la nascita di un ceto di piccoli e medi proprietari, soffocati dai debiti. Esplode così, nella seconda metà degli anni Sessanta, la cosiddetta “questione meridionale”, rivelata al paese dalle coraggiose inchieste di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino e dagli scritti di Pasquale Villari e di Giustino Fortunato.
Da un punto di vista politico, in Italia prevale, sino alla fine del secolo, una linea conservatrice e talora duramente repressiva. La tendenza a risolvere i problemi con l’inasprimento fiscale sulle masse popolari e con il rafforzamento dell’esercito, già avviata dalla Destra, viene corretta ma non modificata nella sostanza dalla Sinistra, al potere nel 1876 con Depretis, che anzi aggiungerà a tutto ciò la propensione alle avventure coloniali.
Il liberismo della Destra aveva abbandonato l’agricoltura meridionale alla concorrenza estera proprio quando si manifestavano le prime avvisaglie della crisi. Inoltre la dura politica fiscale attuata dalla Destra e volta al pareggio del bilancio, aveva fatto diminuire la possibilità di investimenti e prosciugato il mercato dei capitali. La stessa ristrettissima base su cui poggiava il suffragio non era adeguata in una società in cui le masse iniziavano ad avere un ruolo da protagonisti. Depretis andò al governo con un programma tendente ad allargare le basi di consenso dello Stato e a proteggere l’economia nazionale tramite il protezionismo. Nel 1882 una riforma elettorale allargò la base del suffragio; Depretis abolì la tassa sul macinato, riorganizzò e potenziò il sistema educativo tramite la legge Coppino nel 1877. Per realizzare tale programma Depretis non si appoggiava su una base parlamentare fissa e stabile, quanto su aggregazioni momentanee di interessi che si realizzavano su singoli problemi: è la pratica del “trasformismo”, che durò fino alla morte di Depretis. Sul piano internazionale, l’Italia si lega nel 1882 alla Germania e all’Impero asburgico nella Triplice Alleanza e contemporaneamente si dà inizio a un’espansione coloniale in Africa che porta a un conflitto con l’impero etiopico. Nel gennaio 1887 la sconfitta di Dogali ha forti ripercussioni nell’opinione pubblica, accentuando l’opposizione repubblicana e socialista al governo.
Alla morte di Depretis, nel 1887, va al potere Francesco Crispi, che inaugura una politica autoritaria di stampo bismarckiano e imperialista, rilanciando una politica coloniale in Eritrea e subendo cinque anni dopo una dura sconfitta ad Adua.
La politica autoritaria di Crispi accentua il conflitto sociale interno. Lo sviluppo dell’industria fornisce una base di massa alle rivendicazioni dei radicali e dei socialisti, che si uniscono in partito nel 1892. Le lotte dei Fasci siciliani, di ispirazione socialista, sono duramente represse: Crispi scioglie di autorità sia i Fasci sia lo stesso partito socialista nel 1894.
La sconfitta di Adua indusse Crispi a lasciare il potere nel 1896 nelle mani di Rudinì che ne continuò la politica autoritaria e repressiva e poi a Pelloux.
Ma le elezioni del 1900 videro l’affermazione del partito socialista e la situazione cominciò ad evolversi in senso liberaldemocratico.
La seconda rivoluzione industriale aveva infatti visto sorgere una giovane borghesia imprenditoriale che vedeva nel movimento operaio un interlocutore piuttosto che un nemico. Nel frattempo le forze moderate si coagularono intorno a un nuovo leader, Giovanni Giolitti, con il quale nasce anche in Italia la moderna democrazia.

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