Post rivoluzione francese

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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CAPITOLO 12: L’ESPANSIONE DELLA SOCIETA’ BORGHESE E INDUSTRIALE
Il termine borghesia ha un significato ben preciso, che ci viene spiegato da Karl Marx e da Friedrich Engels. Questi sostengono che esso sia uno strato sociale che si caratterizza essenzialmente per la sua tendenza a forzare le inerzie e a spezzare le barriere geografiche e mentali del modello sociale in cui vive. Nel Medioevo il “borghese” abbandona le campagne e fonda le città; nei secoli seguenti apre le porte del mondo all’Europa, con le esplorazioni e l’espansione dei traffici; nel 700, come Terzo stato accende la rivoluzione politica in Francia, mentre come ceto di imprenditori, a partire dall’Inghilterra, avvia il moderno sistema industriale.
1. La società di mercato
Mercato: un significato nuovo
Nel 800 la parola mercato acquisisce un nuovo significato. Fino a quel momento essa rappresentava esclusivamente la piazza in cui venivano scambiati quotidianamente i generi di prima necessità, mentre ora cominciò ad intendersi come l’insieme della produzione e l’intero volume degli scambi e delle transazioni economiche che ne derivano.
Dalla piazza del paese al mondo intero
Da questo nuovo concetto di mercato nasce una nuova scienza, l’economia politica, i cui fondatori sono Adam Smith e Ricardo. Questi infatti studiavano le leggi fondamentali che dovessero regolare la produzione e lo scambio, e allo stesso tempo proponevano nuove tecniche per far si che il mercato funzionasse sempre al meglio.
Contro i vincoli del passato
L’espansione del mercato presupponeva lo smantellamento delle restrizioni e dei vincoli in campo economico caratteristici dell’antico regime.
La libera concorrenza
Bisognava dare la possibilità agli individui di avviare senza problemi una propria attività, in quanto saranno poi le leggi naturali a deciderne il successo o il fallimento. Inoltre era necessario eliminare tutti gli ostacoli che non permettevano il libero transito delle merci da un Paese all’altro.
Alla ricerca del profitto
Queste proposte si erano già diffuse in Inghilterra nel 700, e successivamente anche negli Stati Uniti dove diventarono subito realtà. Anche in Francia, subito dopo la rivoluzione, queste furono attuate e, in corrispondenza con l’eliminazione delle classi privilegiate, portarono enorme successo a tutti coloro che avevano capacità imprenditoriali
Mercato e borghesia
La crescita del mercato si affiancava all’ascesa della borghesia, tanto che il termine borghese, che fin lì significava semplicemente cittadino, ora sta ad indicare i proprietari di beni; e quei beni potevano consistere in terre, immobili, capitali, o anche capacità.
Inghilterra e continente
L’affermazione della borghesia e del mercato portarono, nell’Europa dell’800, l’avvio dell’industrializzazione, prendendo come esempio,quello inglese, tanto che i primi decenni vengono chiamati periodo dell’emulazione continentale.
La permanenza del primato inglese
Per molti anni l’Inghilterra fu sempre al vertice del sistema economico. Tanto che nel 1851 fece una grande mostra al Crystal Palace di Londra, in cui raccoglieva tutte le invenzioni industriale nate sul territorio inglese in quel periodo. Questa mostra portò fu motivo di orgoglio per l’Inghilterra, mentre per gli altri Paesi fu la dimostrazione della loro povertà industriale.
Carbone, ferro, cotone
Il successo inglese era dato dal fatto che da quest’isola si estraevano i due terzi della produzione mondiale di carbon fossile, ovvero il combustibile necessario per azionare le macchine a vapore, e il materiale utile per realizzare leghe metalliche. Venti anni dopo l’Inghilterra continuava ad essere la numero uno, producendo la metà della ghisa mondiale.
I Paesi emulatori: Francia, Belgio, Germania, Svizzera
Molti Paesi cercarono di stare al passo con l’Inghilterra. Soprattutto quelli che avevano grandi giacimenti di carbon fossile, come la Francia, il Belgio e la Germania, mentre la Svizzera puntò sulle proprie riserve di energia idrica.
Il mercato crea benessere
Dove l’industria era più progredita, la società si faceva più ricca e generosa per tutti, ciascuno poteva fruire di maggiori servizi e beni.
2. La crescita del sistema industriale
L’epoca della svolta: gli anni Cinquanta
L’epoca della svolta in cui ormai gran parte dell’Europa si era industrializzata era negli anni Cinquanta.
La coesistenza tra vecchio e nuovo
Tra il 1860 e il 1865 la vecchia industria dovettero cedere a quella nuova, basata sulle fabbriche e sulle macchine; in quanto l’abbassamento dei dazi doganali che aveva fino a quel momento protetto le produzioni tradizionali, provocarono la loro esposizione ad una concorrenza più elevata, difficile da sostenere.
La spinta verso il nuovo: le ferrovie
L’uso delle macchine a vapore per la locomozione e per il trasporto, era stato iniziato negli Stati Uniti nel 1807, con le prime navi a vapore. Successivamente questo si sviluppò anche in Inghilterra a partire dal 1812, e dopo le guerre napoleoniche, anche in buona parte dell’Europa. Ma la svolta si ha nel 1825, quando furono introdotte le ferrovie.
Ferrovie e mercato
La nascita delle ferrovie ridusse notevolmente i costi di trasporto, e quindi permise al mercato di espandersi in territori anche molto distanti. Allo stesso tempo, tutele attività che un tempo erano protette dalle distanze geografiche , furono costrette ad abbandonare il campo.
Metallurgia e meccanica
Inoltre le imprese ferroviarie, comportarono un’enorme crescita della domanda di ferro che diede un impulso decisivo a tutto il settore dell’industria metallurgica e meccanica.
Il grande capitale: le società per azioni
Per la costruzione di linee ferroviarie, però, un unico imprenditore anche se molto ricco, non bastava, e quindi si formarono le prime società di capitali, costituite da circa dieci detentori di capitali Queste a loro volta chiedevano aiuto alle banche, che per la prima volta iniziarono a svolgere la funzione che conservano ancora oggi: ovvero, raccolgono somme di denaro dei piccoli risparmiatori, per metterle a disposizione di operazioni economiche di larga scala e che non hanno una redditività immediata.
Grandi e piccoli capitalisti: banche e Borse
Quindi ora lo sviluppo del sistema industriale coinvolse non solo gli imprenditori, ma anche i piccoli risparmiatori. Stesa cosa accadde nella Borsa, dove anche coloro che possedevano piccole somme di denaro, iniziarono ad investire sulle società di capitali, che aumentavano sempre di più.
Il rischio di impresa: il fascino di un modello
Chiaramente gli imprenditori rappresentavano una porzione molto limitata della popolazione, ma il rischio era percepito da uno strato più ampio della società
Il ceto medio
Si trattava di uno strato che nel tempo rese il nome di “ceto medio”. Questo era formato da persone che possedevano terre o immobili, da professionisti, i quali non svolgevano lavoro manuale, bensì aspiravano a godere pienamente dei benefici portati dall’espansione del mercato; inoltre erano radicati tanto in città, quanto in campagna.
I valori borghesi
Il ceto medio costituiva anch’esso una parte ristretta della popolazione, ma ad esso ci si poteva accedere dimostrando le proprie capacità. Infatti questo era la dimostrazione che la società borghese godeva di un’aperta mobilità sociale. Se aristocratici ci si nasceva, secondo i principi dell’Europa dell’antico regime, borghesi ci si poteva diventare.
A est e a sud: la spinta si arresta
La società borghese,però, rimaneva in buona parte dell’Europa, più una tendenza che una realtà. Infatti come dice lo storico David Landes, più si procede nell’Europa dell’est, più questa società rappresenta un gruppo disprezzato dalla nobiltà e odiato dai contadini. Ciò accadeva anche a Sud, compresa buona parte della penisola italiana.
3. L’ambigua sopravvivenza delle forze del passato
Campagna e aristocrazia
Accanto al mondo dell’industria, del mercato e della borghesia, continuava insomma a riprodursi e a risultare predominante quello della campagna, dell’agricoltura e dell’aristocrazia.
Operai o contadini? Una comparazione europea
Nel 1851, in Inghilterra solo un quarto dei lavorati era occupato nell’agricoltura; invece nel Belgio la percentuale relativa era ancora del 50%. In Germania per arrivare a questi livelli ci vollero ancora 25 anni, mentre in Francia mezzo secolo. L’Europa, insomma, continuava a mostrarsi come un mondo di proprietari terrieri e di contadini.
L’eredità del passato
Sebbene le sue proprietà venissero sensibilmente decrescendo durante i decenni intercorsi dall’inizio dell’800 agli anni 70, i nobili rimanevano il gruppo dominante del mondo agrario. Nel 1851 in Inghilterra, metà della popolazione viveva in centri urbani; ma in Francia e in Germania si scendeva ad un quarto, ed in altri Paesi, tra i quali anche l’Italia, ancora meno.
Una restaurazione dell’antico regime?
Dopo l’età napoleonica, molti di coloro che ricoprivano le più alte cariche negli Stati europei, erano spesso di origine nobile, quindi sembrava che ci si trovasse in una vera e propria restaurazione dell’antico regime. Ma questa tendenza iniziò a cessare agli inizi degli anni 30 e a diminuire notevolmente negli anni 50.
Il prestigio dei sangue blu
Tuttavia il prestigio degli aristocratici, ovvero di coloro che nelle vene avevano il cosiddetto”sangue blu”, restò altissimo, in quanto molti esponenti della borghesia industriale, adottarono uno stile di vita simile a quello degli aristocratici, richiedendo ai sovrani del proprio Paese, e ottenendo spesso un titolo nobiliare.
Il potere dell’antico regime
Quindi l’800 viene definito da molti storici, un periodo di transizione tra l’antico regime e la società borghese,tanto che uno storico, Mayer, scrisse nel 1981, a tal proposito un libro, che intitolò: il potere dell’antico regime fino alla prima guerra mondiale.
I caratteri nuovi dell’aristocrazia ottocentesca
L’aristocrazia ottocentesca non godeva più dei privilegi legali e delle prerogative, che invece durante l’antico regime, avevano fatto della nobiltà un corpo separato dal resto della società
Terra e profitto: l’agricoltura come industria
La grande importanza che la società dell’800 continuava ad attribuire alla terra, non doveva essere visto come un sinonimo di arretratezza, di attaccamento al passato. Infatti spesso i ricavi che derivavano dalle proprietà fondiarie, erano maggiori rispetto agli investimenti industriali, creditizi e commerciali. In poche parole anche la campagna produceva beni da immettere sul mercato.
Tramonto dell’aristocrazia
Fino agli anni 70 i maggiori patrimoni della società europea, continuarono a essere nelle mani dei nobili, ma quell’apparente forza dell’aristocrazia, rappresentava più il tardivo verificarsi di una situazione pregressa che la prova della sopravvivenza o addirittura di una rinascita dell’antico regime.
4. Conflitti nella società borghese
Contro la società borghese
In misura diversa tra i diversi Paesi, la società andava sempre più a caratterizzarsi come società borghese e di mercato, in quanto le persone erano più interessate agli andamenti dei titoli di borsa e al fumo delle locomotive, piuttosto che ai titoli nobiliari. Ma la borghesia non doveva affrontare solo l’aristocrazia, bensì anche la classe operaia, che mostrava una crescente insofferenza nei confronti delle regole dettate dal sistema della fabbrica.
Lo “scuotimento” delle condizioni sociali
Fino a metà dell’800 la classe borghese era stata definita come una classe rivoluzionaria, in quanto aveva portato tanti progressi che non si avevano mai avuto nelle ere precedenti. Il progresso materiale si era accompagnato anche dall’incessante scuotimento delle condizioni sociali, che fanno differenziare l’epoca borghese da tutte quelle precedenti.
Una nuova classe sociale: il proletariato industriale
Lo sviluppo dell’industria porta alla nascita di un nuovo strato sociale, ovvero il proletariato industriale. È così che gli operai cominciarono a formare delle coalizioni contro i borghesi per difendere il loro salario; e la lotta iniziò a diventare sommossa.
Il conflitto tra borghesi e operai
Quindi secondo i due fondatori del movimento comunista, Marx e Engels, la sommossa sarebbe diventata rivoluzione, abbattimento della borghesia e del suo dominio sociale, così recente eppure già così in crisi.
Nascita del movimento socialista
Quindi nella nuova Europa che stava nascendo, vi erano persone completamente contrarie alle novità, che appunto proponevano soluzioni opposte ai nuovi principi. Al culto dell’individuo e della proprietà privata, quello della collettività e della proprietà socializzata; alla forza del capitale, quella del lavoro salariato; alla disuguaglianza delle fortune e dei redditi, il livellamento delle condizioni sociali. Di questi obiettivi si sarebbe fatto interprete a partire dagli anni 70, il movimento socialista.
CAPITOLO 13: DALLA RESTAURAZIONE ALLA COMUNE DI PARIGI
Tra il 1815 e il 1871 in tutti i Paesi dell’Europa si assiste ad una sollevazione, in quanto avevano un obiettivo comune, ovvero quello di ottenere una costituzione, cioè un atto scritto tra abitanti e monarca che dia la possibilità ai cittadini di usufruire di elementare diritti, come la libertà di stampa, di parola e di riunione. Vi furono quindi diverse rivolte che nel 1848 coinvolsero tutta l’Europa. Nel 1871 i movimenti costituzionali toccheranno infine il culmine a Parigi.
1. L’Europa della restaurazione
Contro lo spirito di rivoluzione
I Paesi che avevano sconfitto Napoleone, Inghilterra, Austria, Prussia e Russia, si ponevano ora l’obiettivo di ridimensionare il territorio francese e di placare lo spirito di rivoluzione che si era accesso in buona parte dell’Europa.
Il Congresso di Vienna
Queste quattro nazione, attraverso il Congresso di Vienna, avevano deciso di ritornare al puro e semplice ordine prerivoluzionario, ovvero ad una restaurazione che accoglieva anche qualche effetto prodotto dall’espansione napoleonica. Infatti si preferì accettare il disegno di semplificazione della carta geografica del continente derivante dalla politica di bonaparte, ed evitare quindi di riproporre la grande frammentazione caratteristica dell’antico regime.
La Santa Alleanza
L’Europa restaurata dal Congresso di Vienna risultò assolutista e dispotica. Il Governo di gran parte dei Paesi si basava sull’alleanza tra altare e trono, caratteristica dell’antico regime, tanto che i nuovi monarchi strinsero un patto, La Santa Alleanza, secondo il quale si impegnava ad intervenire militarmente nei Paesi in cui si verificavano sommosse contro l’ordine restaurato.
I Paesi liberali
Accanto a questa nuova Europa, però esistevano ancora degli ordinamenti variamenti liberali, costituiti da strati ristretti della popolazione che esercitavano il diritto elettorale. Era questo il caso dell’Inghilterra, dove già dal 600, era esistente un sistema parlamentare. Ma in Francia, Svezia, Paesi Bassi e alcuni stati tedeschi, i rispettivi sovrani decisero di attenuare questi ordinamenti autoritariin materia di libertà di stampa, di pensiero e associazione.
Le costituzioni legittimiste
Il prototipo di queste nuove costituzioni chiamate”legittimiste”, in quanto limitavano il potere del sovrano secondo una decisione che non derivava dal popolo, ma dal monarca stesso, era rappresentato dal carta emanata nel 1814 dal Re Luigi XVIII, salito al trono di Francia dopo la prima caduta di Napoleone. Questo era quindi un passo avanti rispetto all’assolutismo puro, anche se permetteva ugualmente al sovrano di poter agire drasticamente contro il Parlamento; quindi quest’ultimo non risultava pienamente titolare del potere legislativo.
Il sogno della costituzione
La battaglia contro il dispotismo si accese in tutta Europa e si espresse in diversi modi. Da una parte, come abbiamo visto,i cittadini richiedono una costituzione, dall’altra questi cerano di ottener dei vantaggi dai apporti di forza fissati dalle costituzioni legittimiste, ed infine gli starti più ampi cercavano di dare la possibilità di fruire di diritti politici a tutti, e non più ad un ristretto cerchio di persone.
Oltre il liberismo: democrazia e socialismo
La lotta per l’affermazione del liberismo si trasformò in una lotta per l’affermazione della democrazia che spesso ebbe come obiettivo la trasformazione della monarchia in repubblica. In rari casi, alla spinta per la democrazia si affiancò anche quella tesa alla modificazione dei rapporti tra le classi sociali e alla riformulazione in termini più favorevoli per il proletariato. Tutto ciò fu portato avanti dalla dottrina del cosiddetto socialismo utopistico, a partire dagli anni 30, da pensatori come Fourier e Owen
Marx e il comunismo
Dal 48 in avanti ai programmi socialisti si ne affiancarono altri, comunisti, proposti da Karl Marx, basati sull’abolizione della proprietà privata, sull’egualitarismo e sul collettivismo.
Le agitazioni del 1820
Rifurono sollevazioni in ordine sparso in tutta Europa. In Spagna, nel 1820 fu emanata una nuova costituzione che era la replica di quella emanata nel 1812 a Cadice durante la lotta antinapoleonica. Nel regno delle Due Sicilie, invece venne assunto a Napoli un Parlamento in base ai criteri derivanti dalla costituzione spagnola; invece a Palermo il Parlamento si era formato in base ai criteri di una carta costituzionale in vigore nell’isola dal 1812 al 1815, al tempo del protettorato inglese antinapoleonico.
I tentativi del 1821
Nel 1821 vi fu una piccola sommossa anche in Piemonte, ma qui il dispotismo stabilito dal Congresso di Vienna si dimostrò efficace e tempestivo; infatti nel 1821, gli Austriaci scesero in Piemonte e nel regno delle Due Sicilie ponendo fine alle varie sommosse. Invece in Spagna intervenì il re di Francia nel 1823.
La Russia e il moto decabrista
Le sommosse furono quindi represse nel giro di tre anni, compresa quella avviata in Russia a dicembre (dekaber) e quindi detta decabrista, che fu subito terminata dallo zar senza problemi.
2. Dagli anni Trenta al Quarantotto
La rivoluzione di Parigi del 1830
Nel 1830 vi fu la rivoluzione di Parigi che scacciò via i Borbone, i quali durante il regno di Carlo X, avevano accentuato la linea autoritaria e conservatrice imbavagliando il Parlamento e imponendosi pesanti restrizioni alle libertà.
La monarchia parlamentare
La nuova costituzione era un insieme di regole imposte dalla popolazione al nuovo monarca, Luigi Filippo d’Orleans. Questa venne definita “figlia del selciato” cioè delle pietre scagliate dai manifestanti contro l’esercito. Cos’ la monarchia francese si trasformò da puramente costituzionale a pienamente parlamentare.
Parlamento e governo
L’attività del governo risultò quindi vincolata al rispetto della volontà della maggioranza parlamentare, dunque di quella degli elettori che con il loro voto l’avevano formata.
La rivoluzione belga del 1831
La rivoluzione francese scatenò una rivolta delle province cattoliche dei Paesi Bassi i quali si ribellarono all’Olanda, dalla quale si distaccarono con il nome di Belgio. Si dotarono di una costituzione ancora più liberale rispetto a quella francese, che prevedeva che sia i membri della Camera dei deputati, sia quelli del parlamento dovevano essere designati direttamente dagli elettori.
Altre sollevazioni del 1831
Vi furono anche altre sollevazioni tra il 1830 e il 1831, che ebbero però, esiti negativi: nel Ducato di Modena e Reggio, nelle legazioni (alcune province) pontificie, e nella porzione russa della Polonia. Ma queste furono represse dalle truppe austriache e russe.
La riforma elettorale inglese del 1832
Nel 1832 la tendenza generale all’allargamento dei diritti politici della cittadinanza trovò luogo in Inghilterra. Qui tra il 1815 e il 1830, la maggioranza parlamentare aveva contrastato le rivendicazioni fatte da Cobbett e Bentham, capi del movimento radicale, che si poneva l’obiettivo di estendere il suffragio elettorale fino a farlo diventare generale. Tanto che l’Inghilterra diventò il Paese avente il suffragio più lungo.
1832-1847: una fase di ristagno
Nel quindicennio successivo l’ondata liberal-costituzionale conobbe una fase di ristagno, anche se in questo periodo ebbe modo di radicarsi ancora meglio nei Paesi aventi una costituzione.
3. Dal 48 alla Comune di Parigi
La tempesta del 48
Anche se le varie sommosse si ebbero tra gli anni 30 e 40, quella che accadde nel 1848 costituì un’autentica tempesta che colse tutti di sorpresa.
Un antefatto: il suffragio generale in Svizzera
Nel 1847 vi fu una grande sommossa in Svizzera, con l’istituzione nel Paese del suffragio universale maschile; ma dopo qualche mese vi fu una vera e propria rivolta. Rivoluzione e costituzione divennero due fattori inscindibili; in nome della Costituzione l’Europa intera scese in piazza, si ribellò ai propri governatori e impose l’estensione dei diritti e la trasformazione dei sudditi in cittadini.
I luoghi della rivoluzione
Gennaio 1848: Palermo; febbraio: Napoli e Parigi; marzo: Vienna, Berlino, Venezia, Milano; in poche parole nel giro di pochi mesi queste rivolte ebbero tutte esito positivo.
Parigi: dal liberismo alla democrazia
Dove una costituzione c’era già, è il caso di Parigi, essa venne modificata in senso repubblicano e si basò sul suffragio generale maschile. Qui, dunque, il liberismo cedette il passo alla democrazia. Il nuovo governo mirò a promuovere alcune misure di carattere sociale, volte a migliorare le condizioni del mondo del lavoro. Venne quindi istituita una commissione governativa incaricata di affrontare problemi di politica sociale.
Liberismo contro dispotismo
Altrove le rivoluzioni del 48 portarono al conseguimento di nuovi obiettivi, e soprattutto l’istituzione di una assemblea rappresentativa dei cittadini e sulla tutela dei diritti fondamentali degli individui.
Il 48: diversità e analogie
Le rivoluzioni furono diverse da luogo a luogo. In Italia, Ungheria e Boemia si aggiungeva a queste il problema della nazionalità e dell’indipendenza dall’Austria. In altri luoghi furono violente, mentre altre si risolsero in modo pacifico. A Parigi, infine, si mise in luce un altro conflitto, tra liberismo e democrazia; tra una concezione socialmente esclusiva dei diritti della cittadinanza e una invece orientata a strati più ampi della popolazione, inclusi contadini, artigiani e operai.
L’inizio della reazione
Tuttavia anche se all’inizio del 48 vi fu la vittoria del liberismo in molte parti dell’Europa, questa dopo poco tempo fu repressa da quei sovrani che avevano accettato dei compromessi per placare le rivolte, ma che ora volevano nuovamente imporre la supremazia.
La svolta autoritaria in Francia
A dicembre del 48 in Francia fu eletto presidente della Repubblica Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del grande Napoleone. Nei mesi immediatamente successivi egli diede una svolta autoritaria lla costituzione parigina, eliminando il suffragio generale maschile. Nel 1851 egli fece un colpo di stato a seguito del quale sciolse l’assemblea legislativa Nel 1852 emanò la nuova costituzione, che portò alla sua proclamazione a imperatore dei Francesi,con il nome napoleone III e alla nascita del Secondo Impero. La Francia cessò quindi di essere una repubblica tornando a incanalarsi nel costituzionalismo censitario.
La sconfitta del liberalismo
Nel resto dell’Europa il liberismo era stato sconfitto dal dispotismo in tutti quei paesi in cui nel 1848 vi furono le varie sommosse.
Nell’impero asburgico
L’impero asburgico tornò ad essere quello di una volta: i parlamenti di Vienna e Budapest furono sciolti e la Lombardia e il Veneto tornarono sotto il dominio di Vienna.
In Germania e in Italia
In Germania i sovrani soffocarono tutte le aspettative dell’assemblea rivoluzionaria di Francoforte che si basava sulla fondazione di una nazione unitaria tedesca basata su una costituzione completamente liberale. In Italia furono abolite tutte le nuove costituzioni.
L’importanza del 48
Le rivoluzioni del 48 furono comunque molto importanti in quanto eliminarono qualsiasi forma di feudalesimo ancora presente e quindi permisero la formazione di una società liberal-borghese.
Il liberalismo dall’opposizione al governo
Dal 1859 il liberismo iniziò a diventare una forza di governo, infatti quasi tutta Europa con l’eccezione della Russia, poteva ormai dirsi liberale e costituzionale, e in alcuni Paesi il diritto di votare cominciava a risultare esteso a strati sempre più larghi, tanto che si parla di liberalismo orientato verso la democrazia.
La Comune di Parigi
Nel 1871, in Francia, la città venne governata da un Parlamento rivoluzionario eletto con suffragio universale maschile. La popolazione, in questo periodo nel quale si svolse la cosiddetta Comune, venne chiamata ad una intesa partecipazione democratica al potere. Quindi il governo era attribuito alla cittadinanza organizzata in comitati che volevano avviare un programma basato sull’eguaglianza sociale: un programma socialista.
La repressione
Dopo poco più di due mesi, l’esperimento della Comune fu represso dall’esercito.
I limiti del liberalismo
L’episodio della Comune dimostrò che nei vari Paesi era ora presente un conflitto tra liberismo da una parte e democrazia e socialismo dall’altra. Tanto che nel 1864 era stata fondata l’Internazionale socialista, organo di coordinamento che si poneva l’obiettivo di abbattere la società liberal-borghese.
Dalla rivoluzione politica alla rivoluzione sociale
La Comune fu in primo luogo una rivoluzione sociale, tesa non solo ad avvicinare la cittadinanza al pubblico potere, ma anche e soprattutto a ridistribuire in modo egualitario opportunità e ricchezze all’interno della società.
4. Ascesa e declino del liberalismo ottocentesco
Una dottrina antidogmatica
Il cardinale Henry Newman sosteneva che il liberalismo fosse un principio antidogmatico.
La critica cattolica
Quindi le principali critiche dal mondo liberale provenivano dal versante cattolico,che lo definivano altamente laico. Infatti esso sosteneva che il liberalismo negava uno dei fondamenti della dottrina cattolica, ovvero la fragilità degli uomini e il loro “naturale” bisogno di subire autorità, ricevere ordini e obbedire.
La cultura reazionaria
Questa ostilità da parte della Chiesa verso il liberalismo, culminò nel 1864 quando il papa Pio IX emanò il Sillabo;questo era un documento che conteneva la condanna della Chiesa cattolica di molti presupposti del pensiero liberale.
Il cattolicesimo liberale
Ma la Chiesa aveva anche altre opinioni rispetto a questo fenomeno,. Nel 1830, infatti il francese de Lamennais dette vita al cosiddetto cattolicesimo liberale, basato sul motto “Dio e libertà: uniteli”. Per lui questa unione era naturale,in quanto sia la Chiesa sia il liberalismo avevano un nemico in comune: lo Stato burocratico. Questo cattolicesimo liberale fu importante sia in Francia e in Belgio dove portò alla rivoluzione del 1831, sia e soprattutto in Italia.
L’antistatalismo liberale
Quindi il liberalismo si basava su una forte carica antistatale, in quanto la società civile riteneva di essere capace di autoregolarsi grazie allo sviluppo delle libertà individuali, economiche, di stampa e di associazione.
Il liberalismo dell’aristocrazia
Anche l’aristocrazia andava contro la forza dello Stato, quindi accanto al liberalismo borghese,si affiancò anche quello aristocratico.
Libertà o privilegio?
Ma una buona amministrazione pubblica prevedeva meno disuguaglianze sociale, quindi tutelava i più deboli. Quindi questa grande insistenza liberale a ridurre la forza dello Stato, nascondeva in sé la nostalgia del vecchio mondo, fatto di privilegi e disuguaglianze.

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