Letteratura e Fascismo

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Testo

La letteratura del ventennio fascista
1. Flussi diversi della letteratura del ventennio
Abbiamo molta produzione letteraria volutamente disinteressata dei temi politici, cioè di avere una relazione con la realtà dell’epoca. La produzione poetica di Ungaretti, Montale e Quasimodo (non scrivono solo nel ventennio fascista) è una produzione che rimane estranea. La produzione de “La Ronda” e di “Solaria” ( due riviste culturali rispettivamente degli anni ’20 la prima e degli anni ’30 la seconda, intorno alle quali orbitano tutti i principali intellettuali dell’epoca) sono a loro volta volutamente estranee alle problematiche politiche.

Una seconda produzione è quella della LETTERATURA DI REGIME cioè che nei suoi contenuti vuole esaltare il regime e le sue scelte politiche, anche assecondandolo. Se si pensa a molte poesie delle Laudi di D’Annunzio, sono proprio poesie che esaltavano le imprese del regime.

La letteratura del DISSENSO che trattava del tema politico contro il regime, aveva come “voci rare” come Antonio Gramsci e Piero Gobetti. Gramsci è il capo del neonato Partito Comunista ed è un intellettuale che si oppone liberamente, venendo poi arrestato. Scriverà i Quaderni dal carcere durante la sua detenzione.
Piero Gobetti è il primo editore della raccolta di poesie di Montale (Ossi di Seppia). Muore a causa delle bastonate dategli dai fascisti.
2. “La Ronda” e “Solaria”
“La Ronda” è una rivista letteraria pubblicata negli anni ’20. intorno a questa rivista orbita l’élite intellettuale e rappresenta la rottura fra politica e intellettuali. Questa rivista elabora e diffonde la POLITICA DEL FRAMMENTO cioè che i componimenti devono essere più brevi possibili e molto curati nella forma. Avrà molta influenza sulla poesia ermetica. Ha sede a Roma.
“Solaria” viene pubblicato negli anni ’30 e ha sede a Firenze. È aperta alla letteratura americana e finisce per essere amata dal regime. All’opposto de “La Ronda”, elabora una poetica che è quella della RIEVOCAZIONE MEMORIALE; il ricordo diventa indispensabile ma se si ricorda inevitabilmente il componimento è lungo e narrato, quindi decade la politica del frammento. Finisco quindi per produrre componimenti lunghi. Influenzerà molti scrittori come Vittoriani e Pavese.

3. LA POESIA ERMETICA
Francesco Flora, critico letterario, gli da questo nome per sottolineare la chiusura alla comprensione.
Nasce come scuola solo negli anni ’30 e ha come esponente principale Quasimodo.
Se invece si parla di Ermetismo non ancora codificato in scuola, nasce con Ungaretti e Montale.
Caratteri principali dell’ermetismo:
La poetica dell’ermetismo si accentra nell’idea di POESIA PURA: la poesia dev’essere libera da ogni sovrastruttura e da ogni condizionamento. Il lessico, la metrica, la posizione delle parole nel testo e la sua lunghezza devono essere calibrate. Per il lessico bisogna dare il modo alle parole di esprimere il loro valore originale e perché questo avvenga dovranno anche avere una collocazione particolare all’interno del verso, una collocazione che gli permetta di esprimere il loro vero significato. E anche la metrica dovrà essere tesa a questa finalità. Dal “La Ronda” l’ermetismo riprende l’idea di COMPONIMENTI BREVI, proprio perché solo il breve è garanzia di una poesia pura che non ha cioè neppure lo spazio per sovraccaricarsi di valori aggiunti.
La poesia ermetica non vuole né consigliare né essere impegnata civilmente nel migliorare l’uomo, né rivelare qualche verità; vuole essere solo una PRESA DI COSCIENZA, una DENUNCIA di quello che Montale chiamerà “il male di vivere”, cioè della difficoltà dell’uomo di vivere, una difficoltà spesso angosciosa.

4. UNGARETTI
Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto. Rientra in Italia nel 1914 e combatte la I guerra mondiale che sarà poi per lui un’ esperienza fondamentale. Nel corso del 20ennio fascista lui simpatizzerà con i fascisti, infatti la prima raccolta, l’Allegria, contiene un nucleo Il Porto Sepolto con la prefazione di Mussolini. In Italia lavora come giornalista, poi vince la cattedra di letteratura a San Paulo del Brasile e vi si trasferisce. Ritorna poi nel 1942 e resta a Roma come professore universitario.
Vive e muore tra terre diverse; non scorderà mai la Toscana ( terra dei suoi) e neanche l’Egitto. È importante anche Parigi perché studia alla Sorbonne.
Durante la sua permanenza a S.Paulo muore suo figlio di 10 anni; questo evento segna la sua vita tanto come la partecipazione alla I guerra mondiale e come, nel 1928, la sua conversione al cattolicesimo.

Nelle sue poesie si può parlare di Ermetismo perché c’è già la ricerca, lo studio della parola pura, con le scelte sintattiche, metriche e lessicali e la brevità dei suoi componimenti.
La sua prima raccolta di poesie si chiama L’Allegria. Di poesie importanti citiamo anche Il Sentimento del tempo, Il Dolore; sono tutte raccolte in Vita di un Uomo. Nel commento che spiega il titolo di tutta questa raccolta, si sente l’unione tra la sua vita e le poesie.
L’Allegria è del 1923 (precedente alla conversione) e sono tutte poesie di guerra, scritte in base alla sua esperienza di militante nel corso della grande guerra. La guerra diventa la metafora più grande della fragilità degli uomini e del loro dolore, del male di vivere.
Il titolo può sembrare contraddittorio; con questo termine intende quella voglia di vivere, quel riscatto dal dolore che lui vuole prendersi proprio quando il dolore è più forte. È cioè l’attaccamento alla vita e quindi la voglia di andare avanti che nasce proprio dalla constatazione più cupa del fallimento. In Veglia compare proprio questo atteggiamento (la conclude dicendo “non sono mai stato così tanto attaccato alla vita”). Ne L’Allegria troviamo una poesia senza punteggiature, senza la matrice tradizionale e molto molto breve e concisa. Il tutto finalizzato ad avere una parola pura.
Le raccolte successive sono posteriori alla conversione in cui riprende la punteggiatura, reintroduce in parte la metrica tradizionale e riprende a scrivere un po’ di più ( poesie meno brevi). Con il recupero quindi della fede e con una vita leggibile in chiave cattolica, recupera anche il modo di scrivere classico, come a dire “la mia consapevolezza della vita può esprimersi anche con la metrica e il lessico tradizionale”. Di ermetico resta sempre lo STUDIO DELLA PAROLA. Non cambia comunque il modo di vedere la vita (dolore e fatica).
Il dolore è doppio; c’è un dolore suo personale e c’è un dolore dell’umanità per la II guerra mondiale. Ungaretti dice di essere un uomo di pena ma anche un soldato di speranza.

5. MONTALE
La sua poesia si riconduce alla linea dell’ermetismo. È un genovese, 10 anni più giovane di Ungaretti, muore nel 1981. Vive entrambe le guerre. Fa il traduttore dall’inglese e il giornalista. È bravissimo a tradurre e nell’era fascista, rifiutandosi di prendere la tessera del partito come giornalista, viene licenziato dalla casa editrice. Nel 20ennio fascista nasconde a casa sua un amico, Umberto Sava, poeta ebreo, per sottrarlo alle persecuzioni razziali. È antifascista ma non prenderà mai nelle sue poesie una posizione politica e delle guerre tratterà perché la guerra diventa per lui il simbolo della brutalità a cui può arrivare l’uomo. È il primo che scopre il valore della “Coscienza di Zeno” e che si fa diffusore, anche in Italia, di Joice. Nel 1975 è premio nobel per la letteratura e qui pronuncia un discorso in cui sottolinea la sua sfiducia nei confronti del futuro della poesia. Dice che in una società dove dilaga la massificazione, la volgarità, a nessuno interessa e ha voglia di scrivere poesia. Fa una critica al degrado della società contemporanea.

* I raccolta: Ossi di Seppia
Non c’è nessun spartiacque nella sua poesia. Il titolo è già una dichiarazione di poetica (l’osso di seppia da l’idea di qualcosa ridotto all’osso, essenziale, schietto). La sua poesia vuole essere non fonte di consigli, consolazioni, non con una forma ricercata e aulica, ma dev’essere denuncia, utilizzando parole schiette, del male di vivere (la fatica di vivere, difficoltà nell’affrontare e limite della morte) che è la condizione esistenziale dell’uomo.
Di ermetico in Montale (non rifiuterà mai la punteggiatura però) c’è la RICERCA SULLA PAROLA che dev’essere PURA e la poesia dev’essere pura. Lui dice che deve esistere il “fantasma che ti salva” o la “la maglia rotta nella catena che ti stringe”; da qualche parte deve esistere un modo più positivo per vivere, un riscatto, ma Montale non sa dov’è.
Montale utilizza una tecnica simbolista, quella del CORRELATIVO OGGETTIVO; carica degli elementi paesaggistici di un forte valore simbolico (come il sole che per lui è un correlativo oggettivo del male di vivere perché per lui è accecante, caldissimo, inaridisce e soffoca, mentre un correlativo oggettivo della positività è il mare, perché lui dice d’essere della razza di quelli destinati a rimanere a terra, cioè di cercare e non trovare mai la positività).
Non c’è religiosità in quello che scrive ma ammette che gli piacerebbe ci fosse.
In Ossi di Seppia parla principalmente della sua Liguria.
* II raccolta: La Bufera
Ambientato nella II guerra mondiale, diventa un modo per parlare dei livelli di disumanità ai quali l’uomo è arrivato.
* III raccolta: Satura
Comprende poesie di vari argomenti. Satura in latino indica la varietà dei temi e c’è una sezione di Satura, Xenia, che è dedicata alla moglie Drusilla, donna che lui ha amato che è morta; lui la chiama col soprannome di Mosca perché aveva degli occhiali smisurati perché era miope. Xenia, sono in greco i doni che si fanno tra ospiti. Non è un caso che sia dedicato a sua moglie; lui e la moglie sono stati ospiti l’uno della vita dell’altro e queste poesie sono un dono di ospitalità che lui fa alla moglie dopo la sua morte.
In alcune raccolte parla di Clizia, nome di donna che lui ha amato e che nomina nelle Occasioni; è uno pseudonimo e rappresenta la donna che rappresenta la cultura, la ragione e le sue potenzialità. Tutte le donne di cui parla sono esseri santifici: Clizia → salvezza che puo’ esser portata dall’impegno intellettuale
Ne La Bufera la donna che chiama “Volpe”, Luisa Spaziani, è un essere santifico che rappresenta la sensualità e l’istintività.
Nell’ultima raccolta di questa sezione la “mosca”, la moglie, è l’ essere santifico per la sua capacità di capire quasi fisicamente la vita, d’istinto le persone e le cose.

6. QUASIMODO
È siciliano di Ragusa, nasce nel 1900 e muore nel 1968. è un premio nobel per la letteratura nel 1959. anche per Quasimodo si può parlare di spartiacque che per lui è l’esperienza della II guerra mondiale. Funge da spartiacque tale che la sua produzione può dividersi in PREBELLICA e POST-BELLICA.
→ Tutte le sue raccolte prebelliche sono state unificate in un’unica raccolta chiamata Ed è subito sera. Queste sono poesie in cui parla prevalentemente della condizione esistenziale dell’uomo e quindi del male di vivere della sua terra e quindi della Sicilia, terra della sua infanzia, della sua condizione di esiliato dalla Sicilia (se ne va ancora molto giovane). La Sicilia diventa simbolo di altro, insieme alla condizione di esiliato. La Sicilia rappresenta quell’età e quei luoghi della sua giovinezza in cui aveva ancora un rapporto di armonia con il mondo, in cui aveva un rapporto istintivo con il mondo in cui si poteva essere felici. La condizione di esiliato diventa il simbolo della sua condizione di vita adulta, che ha perso ormai la spontaneità e l’immediatezza, che ha perso ormai quella sensazione di armonia del mondo e che conosce il male di vivere.
Lo stile di queste poesie è uno stile molto difficoltoso che si adegua molto più alle prerogative dello stile ermetico: poche parole, molte analogie e cioè uno stile per il quale non è prioritario farsi capire.
→ La sua produzione post-bellica ha al centro la II guerra mondiale ma non solo ( Dare-Avere dove fa il bilancio della sua vita, un bilancio che si chiude in pareggio). La contraddistingue dall’altra l’impegno civile, quello di conservare la memoria storica di quello che è successo perché l’uomo impari dai suoi sbagli. Questa poesia è molto più piana, meno ermetica; la volontà è prima di tutto quella di farsi capire e di riuscire a contribuire al recupero dell’uomo.
La più famosa raccolta post-bellica è La vita non è sogno dove spiega che nella vita non si più solo sognare ma ci si deve impegnare concretamente.

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