Le strade romane

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Categoria:Storia

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Testo

LA VITA NELLE STRADE DI ROMA

A Roma dove i favoriti della sorte profondevano somme ingenti nell'allestire un banchetto, nell'adornare una casa di oggetti rari e preziosi, magari nel comprare un nano, c'era gente che la notte dormiva sotto i ponti.
D'inverno molta gente tremava dal freddo, nelle case d'affitto le stanze erano piccole, gelide, buie.
Anche gli ammezzati delle botteghe erano abitati; spesso le stanze di una soffitta erano divise tra diverse famiglie; in quelle topaie vi era poca aria, poca luce e molte cimici, dice Marziale; i letti erano sgangherati e chi non aveva letto dormiva sulle stuoie.
La Roma antica, quella viva e vera, non è la Roma tutta luccicante della regia cinematografica, ma nei suoi contrasti è più umana e più vicina a noi.
I quartieri popolari avevano un carattere paesano; in certe zone e in certe ore vi era aria da fiera.
Numerosi erano i merciai ambulanti; vendevano zolfanelli o li barattavano con vetri rotti; compravano e rivendevano scarpe vecchie: modesti banditori, circondati dal popolino in tunica, mettevano all'asta le più umili cianfrusaglie; i libelliones facevano traffico di libri usati.
Gli esercenti delle popinae, spacci di vivande calde, e i salumai mandavano in giro, per le strade o nelle Terme, i loro garzoni a offrire salsicce cotte e simili cibarie.
I Romani erano ghiotti della torta di ceci; e chi andava a venderla faceva affari d'oro.
Vi erano anche allora i venditori girovaghi di stoie e di tappeti, noti per offrire la loro merce a un prezzo e accettarne poi uno molto minore.
Era frequente in Roma vedere qui un addomesticatore di vipere che scherzava con i suoi pericolosi animali davanti al popolo incuriosito, o uno che ingoiava spade, o un ammaestratore di scimmie, che, tenendo il flagello in mano, insegnava a una bertuccia con scudo al braccio e casco in testa, a lanciare un giavellotto contro il bersaglio.
Per le strade vi era un chiasso da levar di testa, uno spingersi, una continua fatica ad avanzar nella folla.
Ci si faceva largo a urtoni e con quel continuo fabbricare, girar per Roma non era senza pericoli; a dover passare vicino ad una gru quando sollevava un macigno o una trave, a non badarci, c'era da farsi fracassare il cranio.
La legge vietava il transito dei cocchi durante il giorno, ma faceva esplicita eccezione per i carri che trasportassero materiali per le costruzioni, oltre ai carri c'erano muli carichi, e facchini curvi sotto le loro gerle pesanti.
Nel centro di Roma si erano dati convegno i mestieri più rumorosi.
"Non ti lasciano vivere", protesta Marziale, "la mattina i maestri di scuola, di notte i fornai, e a tutte le ore i calderai che picchiano giù col loro martello; da questa parte c'è il banchiere che non avendo altro da fare rivoltola le sue monete sulle sudicie tavole; dall'altra un doratore che batte col bastoncino su di un sasso bello lucido ininterrottamente gl'indiziati al culto di Bellona, invasati dalla dea, mandano urla furibonde; il naufrago con un frammento di legno appeso al collo di ripetere di continuo la sua storia, il piccolo ebreo, ammaestrato dalla madre, di chiedere l'elemosina frignando.
ROMA DI NOTTE

Col tramonto del sole ricominciava per le strade il traffico dei veicoli, vietato per legge durante le ore del giorno.
Passavano cigolando file di grossi carri da trasporto (plaustra) carichi di sale, di derrate, di tutta la merce che Roma accumulava nei suoi depositi sul Tevere e che da Roma si irradiava nelle regioni settentrionali.
I cocchi da viaggio erano preceduti da un servus praelucens, che, correndo innanzi ai cavalli, agitava una fiaccola e rischiarava la strada.
La notte è fatta per dormire, ma non tutti a Roma dormivano.
Chi era immerso negli studi continuava a studiare al lume della lampada. I buontemponi banchettavano. I fornai lavoravano perchè la mattina i più mattinieri trovassero pronto il pane fresco, e i ragazzi che andavano a scuola la merenda.
Gli uomini di governo rimanevano in piedi sino a tardi per attendere ai loro affari.
Illuminazione pubblica non c'era.
Chi non voleva correre il rischio di rompersi una gamba o di far cattivi incontri, si faceva accompagnare da un servo con la fiaccola. Chi, per farsi lume doveva contentarsi di una modesta candela, camminava con cautela.
Spettacoli notturni di cacce e di combattimenti di gladiatori si facevano alla luce di grandi lampadari.
Le case plebee profittavano del buio per sbarazzarsi dei loro rifiuti.
L'Editto del Pretore stabiliva che tutti i coinquilini fossero responsabili dei danni recati al passante da qualunque cosa fosse gettata nella strada.

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