Le foibe

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Categoria:Storia

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Testo

Le Foibe
LE VICENDE STORICHE
PREMESSA
Il dramma delle foibe istriane e triestine ebbe origine fin dal 1918, quando l’Italia ottenne l’Istria in seguito alla guerra del ‘15-’18.
In precedenza, alle spalle di Trieste e Fiume, c’era un grande impero di cui proprio questi erano i porti principali. Ma una volta che l’Istria divenne dominio italiano, senza consenso, nacquero delle polemiche alle quali l’Italia non saprà porre rimedio.
Gli istriani e i giuliani, di lingua slovena, rimpiangevano la precedente Austria-Ungheria, perché le loro tradizioni locali vennero ignorate e gli eventi della 2° guerra mondiale acuirono la situazione.
LA STORIA DAL 1866 AL 1960
Quando si parla di foibe, l’attenzione si polarizza immediatamente sulle tragiche vicende dell’autunno del 1943 e della primavera del 1945, in Istria e nel Friuli Venezia Giulia.
Dal 1866 incominciò a delinearsi il problema del confine orientale del neonato regno d’Italia: l’annessione del solo Veneto (comprendente parte del Friuli) avviò uno scontro sempre più acceso sul piano etnico e sociale, dal momento che sloveni e croati avevano iniziato a consolidare la propria identità nazionale e a battersi per il miglioramento delle loro condizioni economiche.
Anche l’Austria-Ungheria, che in precedenza governava l’Istria, risentiva di questa situazione e, allo scoppio delle guerre nel 1914, al quale l’Italia entrò l’anno dopo, le due fazioni erano decise a risolvere la questione con uno scontro anche armato.
Con l’avvento del fascismo vi fu un tentativo di italianizzazione delle minoranze slave. Nella Venezia Giulia vennero progressivamente eliminate tutte le scuole slovene e croate che furono italianizzate, gli insegnanti vennero licenziati e furono posti dei limiti all’accesso degli sloveni nei pubblici impieghi. Questo comportò una fuga da parte delle suddette minoranze dalla Venezia Giulia. Secondo stime jugoslave emigrarono circa 105mila sloveni e croati, a soprattutto si consolidò ai loro occhi un fortissimo sentimento anti-italiano che portò la maggioranza degli sloveni al rifiuto di tutto ciò che appariva italiano.
L’8 settembre 1943, i tedeschi occuparono i centri strategici di Trieste e Fiume, trascurando l’entroterra per carenza di forze.
Si creò così un vuoto di potere nel quale i partigiani croati e sloveni si inserirono, scatenando un ondata di terrore.
Fu, in sostanza, il risultato di un operazione voluta dall’alto che mirava a colpire tutti quelli che rappresentavano in qualche modo lo stato italiano e l’apparato fascista. Colui che guidò l’operazione fu Josip Broz, croato, meglio conosciuto come maresciallo Tito. Esso fu il principale responsabile del genocidio di migliaia di persone, anche se oggi viene ricordato come un patriota, una persona da imitare. Quest’uomo, dopo essersi macchiato di orrendi crimini, è stato sepolto con tutti gli onori possibili spettanti ad un capo di stato. Purtroppo, non venne ricordato per quello che era in realtà: un criminale di guerra!
Allo scoppio della 2° guerra mondiale, l’attacco italo-tedesco alla Jugoslavia nella primavera del 1941 segnava un vero e proprio colpo di Stato, voluto da Hitler e appoggiato dall’Italia. Il regime di occupazione di quest’ultima fu duro e crudele; molti partigiani e civili furono uccisi o internati in campi di concentramento. Quando in Jugoslavia nacque la Resistenza ci furono scontri fratricidi tra le varie formazioni partigiane; i titini (coloro che seguivano le orme del maresciallo Tito, precedentemente nominato) si macchiarono di terribili violenze, con infoibamenti, nei confronti degli italiani nella Venezia Giulia. Ciò accade in due periodi principali:
• Nel settembre-ottobre 1943: nei territori dell’ Istria, subito dopo l’ armistizio, i partigiani slavi fucilarono o gettarono nelle foibe centinaia di cittadini italiani, bollati come “nemici del popolo”.
• Nella primavera nel 1945: le foibe ebbero la loro massima intensità durante i quaranta giorni dell’occupazione jugoslava di Trieste, Gorizia e dell’Istria.

Quando gli anglo-americani rientrarono a Trieste, scoprirono che essa era occupata dalle truppe di Tito. Tra marzo e aprile, anglo-americani e titini si impegnarono nella corsa per arrivare per primi a Trieste. Giunse per prima la IV armata di Tito, che entro in città il primo maggio alle 9:30. Gli ordini di Tito erano chiari: ”Epurare subito!”. Era il preludio alla carneficina: ci fu una vera e propria caccia all’italiano, con esecuzioni, deportazioni, infoibamenti. Tutto finì il 9 giugno, quando Tito tracciò la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva due zone di occupazione dei territori di Gorizia e Trieste, confermate nel 1954. Questa è la linea che, ancora oggi, definisce il confine orientale dell’Italia.

ACCENNI SU ARRESTI E UCCISIONI
Ben presto nella regione dell’Istria, cominciarono gli arresti. Vennero fatti sparire i rappresentanti di stato e chiunque ricordasse l’amministrazione italiana, odiata dalla popolazione croata a causa delle numerose prevaricazioni che aveva provocato.
La maggior parte degli arrestati venne concentrata in alcune località di raccolta e soprattutto a Pisino, città posta al centro della penisola istriana. Il ritmo delle eliminazioni accelerò bruscamente agli inizi di ottobre quando le “autorità popolari” per non lasciarsi dietro scomodi testimoni, procedettero alla liquidazione di massa dei prigionieri.
LE CONSEGUENZE DELLE FOIBE
Negli anni del dopoguerra non si ebbero più episodi di violenza di massa paragonabili ai due picchi del 1943 e del 1945. Ma quanti sono stati gli infoibati? Quanti i deportati, gli uccisi in prigionia? Quanti complessivamente gli scomparsi in quegli anni? Nel corso della storia, sono state date parecchie risposte, ma tutte insoddisfacenti. Sono stati adottati termini quali “olocausto”, “genocidio”, “pulizia etnica” per indicare tali persecuzioni, ma tutte queste semplificazioni hanno finito per creare solo confusione e si sono rivelate solamente come un debole e distorto tentativo di mantenere viva la memoria dell’evento.
FOIBE: LA GEOLOGIA DI UN MASSACRO
Il sottosuolo dei vasti altipiani carsici nasconde un mondo di tenebre, abissi verticali, cupi cunicoli che si perdono nel silenzio delle profondità terrestri, caverne immense, tortuose gallerie percorse da fiumane urlanti, sale incantate rivestite di cristalli, antri selvaggi che la fantasia del volgo popolò di paurose leggende.
prof. R. Battaglia
• INTRODUZIONE
Il termine “foiba” deriva dal latino “fovĕa” che significa fossa. Si tratta di voragini rocciose a grande sviluppo verticale, presenti in tutto il territorio che va dal carso goriziano e triestino alla corniola interna e all’Istria. Le foibe sono caverne che possono raggiungere i 200 metri di profondità, alcune a forma di imbuto rovesciato o ad imbuto regolare, altre con una disposizione a pozzo.
All’apice si presentano come fenditure, molto spesso coperte dalla vegetazione che le rende difficili da individuare se non dopo un’attenta osservazione. A prima vista si può notare una certa somiglianza con i crepacci di ghiaccio che si formano talvolta in alta montagna. Al fondo esse presentano accumuli di materiali rocciosi o depositi naturali ed in alcune di esse scorrono ruscelli sotterranei.
Le foibe sono il prodotto di degradazioni, del terreno dovute all’erosione di corsi d’acqua o comunque in genere a trasformazioni del terreno dovute a fenomeni di decomposizione chimica, fisica o meccanica. Si tratta di uno dei più appariscenti fenomeni carsici.
• LO STERMINIO
Queste fosse naturali di straordinaria bellezza geologica rappresentano tuttavia un capitolo assai doloroso della storia. In questi luoghi infatti alla fine della seconda guerra mondiale vennero compiuti alcuni dei più macabri ed ingiustificati eccidi che l’uomo ricorda. Attorno a due momenti storici quali la firma dell’armistizio dell’8 settembre del 1943 e nella primavera del 1945 quando le truppe titine occuparono la Venezia Giulia, la Dalmazia, Trieste e parte del Friuli più di 15˙000 sfortunati vennero uccisi dopo atroci sevizie.
Gettati, o più correttamente infoibati in queste fosse naturali in cui ancor oggi, quasi tutti riposano. Vittime di questi stermini caddero civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti, antifascisti e membri del comitato di liberazione nazionale fra gli italiani, ma anche tedeschi e sloveni anticomunisti.
La lunghezza di questa lista colpisce per la sua completezza, ci mostra come nessuno aveva la certezza della propria vita in cui famiglie erano ingiustificatamente divise ed in cui degli innocenti subivano torture delle più atroci fino a raggiungere dopo molti giorni il riposo della morte. Questo era infatti il destino di costoro che erano indiscriminatamente uomini e donne talvolta incinte.
Prelevati dalle loro case e condotti in locali occupati da tittini, venivano torturati a lungo coi polsi legati dal fil di ferro, stretto con le pinze fino quasi a spezzare i polsi in modo che ogni più piccolo movimento provocasse dolori atroci. I prigionieri erano tenuti a digiuno e malmenati brutalmente per il divertimento dei loro aguzzini, erano frequenti gli stupri.
Il momento della morte tuttavia per alcuni non giungeva subito, condotti nelle vicinanze della foiba prescelta dopo un pellegrinaggio in cui erano obbligati a camminare scalzi su strade sterrate e malmesse, venivano svestiti di tutti i loro averi, compresi i denti d’oro staccati con violenti colpi di fucile al volto e legati a coppie. Dopo ulteriori pestaggi venivano infine condotti sull’orlo di quell’abisso di roccia e gettati all’interno; a volte veniva sparato ad una dei componenti della coppia che trascinava con sé l’altro o veniva appeso loro un grosso masso al collo.
Alcuni testimoni oculari hanno giurato di aver visto
gruppi da 100 a 200 infoibati. Veniva detto loro che se
avessero saltato oltre l’ apertura della foiba (circa 12 piedi) avrebbero avuto salva la vita e sebbene qualcuno fosse riuscito nel salto veniva comunque alla fine ucciso e gettato di sotto.
Fra le sevizie i carnefici si divertivano a spezzare o addirittura tranciare loro gli arti, a pugnalarli ripetutamente e selvaggiamente all’addome e al volto, molte volte alle donne venivano tagliate le mammelle dopo o durante le violenze sessuali.
I più fortunati venivano poi sgozzati mentre gli altri erano gettati nelle foibe ancora vivi e lasciati morire di stenti dopo giorni e giorni di martirio. I contadini dei villaggi vicini testimoniano che per molte notti si sentivano urla strazianti provenire dall’abisso, le grida dei rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli spuntoni di roccia, sia perché resi folli dalla disperazione. Tutto questo si è potuto sapere grazie alle testimonianze dei pochissimi superstiti e dall’osservazione dei corpi recuperati che anche se in avanzato stato di decomposizione, mostrano ancora gli abusi subiti prima della loro morte.
Era uso degli infoibatori gettare bombe a mano o a sparare raffiche di mitra all’interno delle foibe una volta concluso l’infoibamento, è anche questa una delle cause che hanno impedito di riportare alla luce tutte le salme delle vittime.
Uno dei casi più eclatanti fu quello di Norma Cossetto, studentessa ventitreenne, qui ne mostriamo una foto, venne legata ad un tavolo con delle corde e violentata per un intera notte da 17 aguzzini che le pugnalarono le mammelle e dopo averle conficcato un legno nella vagina, la gettarono ancora viva, nuda e sanguinante nella foiba dove morì di stenti.
• PRENDIAMO IN ESAME UNA FOIBA
Voragine tristemente famosa, la foiba di Basovizza non è una grotta naturale bensì il pozzo di una miniera scavato all’inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. Sulla base di vari elementi si pensa che gli infoibati furono alcune migliaia.
È stato fatto un calcolo inusuale ed impressionante, tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata una differenza di trenta metri. Considerando lo spazio volumetrico del pozzo, si è arrivati all’agghiacciante cifra di 500 metri cubi di resti umani. Ora questa foiba è diventata un vero e proprio monumento nazionale.
Oggi, a distanza di più di 60 anni da questi fatti, si inizia finalmente a ricordare il martirio di questi esseri umani. In moltissimi libri di storia si tende ancora ad ignorare questo che è uno dei capitoli più vergognosi del nostro passato, speriamo quindi che molto presto venga concesso anche a questi martiri un giusto posto nella cultura dei popoli.
Era per fatti come questo che le foibe, piccole o grandi che fossero, emanavano un vapore sottile di pergola e di sventura, quasi che del loro fondo continuasse a venir su un fumo di zolfo, come nelle fumarole vulcaniche. Con il calore grande dell’estate, quando l’aria tremava sulle rocce e sulle colline, anche adesso chiunque avrebbe giurato che dalla foiba grande uscisse un vapore. Qualcuno sosteneva che dall’inghiottitoio sortisse anche un lungo ansito, in qualche modo, prevalentemente nei mesi di freddo, quasi che le foibe fossero polmoni della terra, che generassero respiri emessi ad un dinosauro antidiluviano, sepolto vivo lì sotto.
Carlo Sgorlon da “la foiba grande”
Milano mondatori 1944 pp. 237-238
RITROVAMENTI FOIBE
• FOIBA DI BASOVIZZA e MONRUPINO (TRIESTE):
Oggi monumenti nazionali. Diverse centinaia sono gli infoibati in esse precipitati.
• FOIBE DI CASSEROVA:
Sulla strada di Fiume, tra Obrovo e Golazzo. Ci sono stati precipitati tedeschi, uomini e donne italiani, sloveni, molti ancora vivi, poi, dopo aver gettato benzina e bombe a mano, l’imboccatura veniva fatta saltare. Difficilissimi i recuperi.
• FOIBA DI GROPPADA:
Sono recuperate cinque salme. Il 12 maggio 1945 furono fatte precipitare nel bosco di Groppada 34 persone, previa svestizione e colpo di rivoltella alla nuca.
• FOIBA DI VIFIA ORIZI:
Nel mese di maggio del 1945, gli abitanti del circondario videro lunghe file di prigionieri, alcuni dei quali recitavano il Padre Nostro, scortati da partigiani armati di mitra, furono condotte verso la voragine. I testimoni hanno detto che i prigionieri eliminati erano circa 200.
• FOIBA DI TERLI:
Sono state recuperate nel novembre del 1943, 24 salme riconosciute.
Altre foibe che non fu possibile eseguire il recupero nel periodo tra il 1943 e il 1945(Jurani, Gimmino, Barbana, Rozzo e molti altri ancora).
Dopo oltre 50 anni di silenzio, le foibe tornarono ad essere parte della storia d’Italia. Non poteva essere scelta che Trieste come città simbolo in vista delle celebrazioni del 10 febbraio per il “GIORNO DEL RICORDO” delle foibe e delle migliaia di esuli istriani, fiumani e dalmati.
Le tragedie di una nazione non devono essere momento di divisione, ma occasione di unità, per ritrovare quei sentimenti che fanno di un popolo una patria. Al grido di giustizia e di dolore che quelle migliaia di italiani in fondo ad un pozzo ci lanciano, dobbiamo rispondere. Lo dobbiamo per amore della verità, della storia ma soprattutto dei giovani. Una memoria mutilata, manipolata, non sarà mai capace di generare una nazione veramente libera e democratica. Una nazione si fonda sul ricordo, sulla lezione del passato. È nel ricordo delle proprie vicende storiche, nella loro analisi critica anche se a volte dolorosa, che si forgia la coscienza critica di un popolo. Per 6 decenni la nostra nazione è stata drammaticamente divisa da quella tragedia. Oggi il compito a cui siamo stati chiamati con l’istruzione della legge sulla memoria è proprio quello di recuperare questa coscienza critica, infondendo nelle nuove generazioni i principi della libertà e dell’uguaglianza. È da tragedie come quella delle foibe che il nostro paese può capire gli errori e i drammi che generano le dittature.
IL GIORNO DEL RICORDO

10 febbraio, “giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dall’ esodo delle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati.
Ci sono diversi modi per contrastare una scomoda verità. Quello più facile ed immediato utilizza lo strumento del silenzio: per cancellare il ricordo di ciò che non deve essere ricordato, per impedire che i diretti testimoni parlino di ciò che sanno, per ottenere che gli altri, specie le giovani generazioni, vengono a conoscere quanto è accaduto. Il peso di questa condanna, del “silenzio storico”, ha gravato per quasi mezzo secolo su una fetta di storia d’Italia. Molte centinaia di nostri connazionali furono costretti ad abbandonare case, beni, attività e cimiteri per seguire la via dell’esilio; la tragedia di molti italiani assassinati nelle foibe carsiche. L’ angoscia e la disperazione dei tanti loro cari cui è stato negato finanche il poter accogliere nella pietà le salme dei propri genitori, fratelli e figli. Tutto ciò avvenuto al confine orientale d’Italia, in quelle terre che portano il nome di Istria, Fiume e Dalmazia, è stato per quasi mezzo secolo rimosso dalla coscienza dell’Italia ufficiale; i libri di scuola hanno ignorato tali vicende; le celebrazioni ufficiali hanno rigorosamente cancellato ogni ricordo sulle foibe e le nuove generazioni hanno subito la violenza di essere tenute nell’ignoranza di un qualcosa fondamentale. Un’adeguata coscienza di quanto accaduto sarà la premessa migliore per il passaggio ulteriore. Capire il perché di tali vicende, individuare i responsabili di tali crimini, condannare con gli strumenti della giustizia storica. Noi vogliamo capire chi sia stato a gestire sia gli anni di sangue che i decenni di dimenticanza e chi a tutt’oggi continui ad ostacolare il percorso della verità e della giustizia.
Paolo Sardos Albertini Dal “Il rumore del silenzio” 2001
Il 10 febbraio diventerà il giorno per ricordare gli infoibati. Un giorno per ricordare quei diciassettemila italiani ingoiati dalla terra e dall’odio che si scatenò, a guerra finita, tra i partigiani titini e gli italiani dell’Istria e del Friuli Venezia Giulia. Sarà celebrato ogni anno al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, l’esodo dalle loro terre degli Istrani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra e la più complessa vicenda del confine orientale. In questa giornata saranno organizzate iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso le scuole di ogni ordine e grado oltre a convegni, incontri e dibattiti in modo tale da conservare la memoria di quelle vicende. Nessuno sa con precisione quante siano state le vittime delle foibe perché nessuno allora tenne quella tragica contabilità, ma anche perché in molti comuni i partigiani di Tito distrussero le anagrafi per occultare il numero dei loro misfatti.

Bibliografia:
• “Foibe” di Gianni Oliva, Mondatori.
• www.valsesiascuole.it/liceoborgosesia/multimediale/bucomemoria/foibe/calvario.htm
• www.israt.it/israt/pubblicazioni/asti_10/vercelli.doc
• http://digilander.libero.it/lefoibe/basovizza.htm
• www.lefoibe.it
• www.leganazionale.it
Per altre fonti e filmati inerenti visionare cd allegato.
Ampliamento alla ricerca
‘’Foibe‘’
“La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.”
Con la legge del 30 marzo 2004, n. 92 il Parlamento Italiano sancisce l’istituzione del giorno della memoria dei caduti nelle foibe. In luogo all’anniversario della firma del Trattato di Pace del 10 Febbraio 1947, si è concordato di celebrare tutti i caduti dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale che sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati e infoibati.
Cinquantanove anni fa alle undici esatte del mattino, nel Salone dell'Orologio del Quai d'Orsay a Parigi, si svolge la cerimonia della firma del trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate. Tale trattato di Pace, o meglio Diktat, sanciva la sconfitta della disastrosa politica espansionistica voluta da Mussolini con clausole onerose che vennero pagate dall'intera nazione italiana.
Con il Diktat, l'Italia perdeva tutte le sue colonie e la sovranità sull'Albania. Cedeva alla Jugoslavia la regione ad Est della linea Gorizia-Tarvisio, l'Istria ed i territori dalmati, tranne il Territorio Libero di Trieste con la "Zona A" che le sarà restituito nel 1954. La "Zona B" passava, di fatto, alla Jugoslavia. Andarono alla Francia alcuni territori alpini di modesta entità ma di valore strategico: Tenda, Monginevro, Valle Stretta presso Bardonecchia, Moncenisio, Piccolo San Bernardo.
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/04092l.htm Qui l’intero testo della legge.
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