La rivoluzione francese

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

La Rivoluzione Francese
1. INTRODUZIONE
Rivoluzione francese Insieme degli avvenimenti politici e sociali svoltisi in Francia tra il 1789 e il 1799, che ebbero come conseguenze principali la caduta della monarchia, il crollo dell'Ancien Régime e l'istituzione della repubblica.

2. CAUSE STORICHE DELLA RIVOLUZIONE
Crisi e conflitti si manifestarono con intensità crescente negli anni che precedettero il 1789, riconducibili innanzitutto alla debolezza e all'incoerenza del sistema istituzionale e all'organizzazione fiscale dello stato. Il re Luigi XVI, salito al trono nel 1774, non poté mettere in atto le misure di cambiamento che la situazione richiedeva. In molti settori della società era cresciuta l'avversione al re, alla corte, al regime assolutistico, alimentata anche dagli illuministi, dalle cui riflessioni, incentrate sui temi della libertà, della rappresentanza, dei diritti individuali, era scaturita una forte critica all'Ancien Régime.
Decisiva fu anche la formazione di quella che viene definita con il termine "opinione pubblica". Intorno al 1780 la situazione economica manifestò gravi problemi, derivanti principalmente dalla crisi finanziaria in cui si dibatteva lo stato. Intanto nelle campagne cresceva il malcontento dei contadini, sottoposti a pesante tassazione e a un complesso di oneri signorili divenuto sempre più gravoso.
3. LE RIFORME FALLITE
Alla metà degli anni Ottanta il problema finanziario si manifestò in tutta la sua gravità, al punto che il nuovo controllore generale delle finanze, Charles-Alexandre de Calonne, convocò nel 1787 un'Assemblea di notabili per risolvere la questione, ma dovette ripiegare in un nulla di fatto di fronte alla reazione scatenata dai ceti privilegiati. Anche il suo successore, l'arcivescovo di Tolosa Étienne-Charles Loménie de Brienne, propose una nuova imposta fondiaria, a cui sarebbero stati assoggettati anche l'aristocrazia e il clero; i notabili riuniti a Versailles rifiutarono l'imposta e chiesero la convocazione dell'Assemblea degli Stati Generali, come unico organo competente a stabilire nuove forme di tassazione. Prima di rassegnare le dimissioni (agosto 1788), Loménie de Brienne comunicò la convocazione degli Stati Generali per il 1° maggio dell'anno seguente.
Gli Stati Generali (assemblea formata da rappresentanti del clero, della nobiltà e del Terzo Stato) non si riunivano dal 1614. In un clima psicologico di generale mobilitazione vennero redatti, nel corso delle assemblee elettorali, i cahiers de doléances che dovevano riportare al re le critiche e le richieste della società. Necker, nuovamente nominato controllore generale, chiese di attribuire al Terzo Stato, cioè alla borghesia, tanti rappresentanti agli Stati Generali quanti erano quelli attribuiti al primo e al secondo stato insieme.
Gli Stati Generali si riunirono a Versailles il 5 maggio 1789. Le delegazioni delle classi privilegiate si opposero immediatamente alle proposte di procedura elettorale avanzate dal Terzo Stato, che, essendo il gruppo più numeroso, con il sistema del voto individuale si sarebbe assicurato la maggioranza. Dopo sei settimane di stallo i rappresentanti del Terzo Stato, guidati dal conte Honoré-Gabriel de Mirabeau, in aperta sfida alla monarchia che sosteneva clero e nobiltà, si proclamarono Assemblea nazionale costituente, attribuendosi il potere esclusivo di legiferare in materia fiscale. Privata dal re della sala di riunione, l'Assemblea per tutta risposta si trasferì nella sala attigua (20 giugno), giurando che non si sarebbe sciolta senza aver redatto una Costituzione (giuramento della pallacorda). Divisioni interne fecero sì che si unissero al nuovo organo anche molti rappresentanti del basso clero e alcuni nobili liberali tra i quali il marchese di La Fayette, che aveva guidato il corpo di spedizione francese in America in appoggio ai coloni inglesi in rivolta contro il governo della madrepatria.
4. LA RIVOLTA
Di fronte al pericolo di un colpo di mano del re, il popolo parigino reagì con l'insurrezione e, dopo due giorni di tumulti, prese d'assalto la Bastiglia, il carcere simbolo del dispotismo reale (14 luglio 1789). Luigi XVI, impaurito dagli avvenimenti, decise il ritiro delle divisioni straniere e richiamò Necker.
Alle due rivoluzioni sin lì scoppiate (quella politica degli Stati Generali e quella cittadina di Parigi) nell'estate del 1789 si aggiunse la rivoluzione contadina: furono saccheggiati e distrutti i castelli, segno questo della spinta antifeudale presente nei contadini ribelli. Per arginare l'agitazione l'Assemblea nazionale decretò l'abolizione dei diritti feudali (4 agosto 1789); furono quindi proibite la vendita delle cariche pubbliche e l'esenzione dalle tasse
Luigi XVI, non potendo contenere la crescente rivolta, ritirò le truppe, richiamò Necker e legittimò le misure prese dalle autorità provvisorie.
5. LA COSTITUZIONE
Sin dai suoi primi giorni l'Assemblea si dedicò alla redazione della Costituzione, nel cui preambolo, noto come Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (26 agosto 1789), i delegati formularono gli ideali rivoluzionari condensati poi nell'espressione "liberté, égalité, fraternité". Era la solenne proclamazione delle libertà fondamentali dell'individuo (di pensiero, di parola e di stampa), dell'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge senza distinzioni di ceto e dei principi democratici (divisione dei poteri, sovranità popolare, diritto all'istruzione).
Nel frattempo il popolo, affamato e in fermento per le voci di una cospirazione monarchica, assediò inferocito il palazzo di Versailles (5-6 ottobre), costringendo la famiglia reale a riparare a Parigi con l'aiuto di La Fayette.
Lo stato venne riorganizzato all'inizio del 1790: le province furono abolite e sostituite da dipartimenti dotati di organi amministrativi elettivi locali; i titoli nobiliari furono soppressi; si istituì il processo davanti alla giuria per atti criminali e si prospettarono fondamentali modifiche alle leggi. Alla crisi finanziaria l'Assemblea fece fronte con la confisca dei beni della Chiesa.
La questione religiosa, intrecciata con quella finanziaria, fu al centro del dibattito nell'Assemblea, concluso nel luglio del 1790 con la Costituzione civile del clero che limitò notevolmente il potere della Chiesa cattolica: preti e vescovi sarebbero stati eletti da particolari assemblee e retribuiti dallo stato, al quale essi dovevano giurare fedeltà, mentre quasi tutti gli ordini monastici dovevano essere soppressi.
6. L'ASSEMBLEA LEGISLATIVA

La carta costituzionale della Francia fu approvata dopo lunghe discussioni il 4 settembre 1791; il 14 settembre il re giurò di rispettarla. Basando il diritto di suffragio sulla proprietà, la Costituzione limitò l'elettorato alla borghesia e alle classi più elevate. L'Assemblea legislativa, riunitasi il 1° ottobre, era composta da nuovi membri ed era divisa in fazioni le cui idee politiche erano ampiamente divergenti. La più moderata era quella dei foglianti, sostenitori della monarchia costituzionale prevista nella Costituzione del 1791; al centro si collocava la maggioranza (detta "Pianura"), senza un programma preciso, ma compatta nell'opposizione ai repubblicani, seduti a sinistra, distinti in girondini, che chiedevano la trasformazione della monarchia costituzionale in repubblica federale, e montagnardi (giacobini e cordiglieri, che occupavano i seggi più in alto, quelli appunto della "Montagna"), che propugnavano una repubblica fortemente centralizzata. Il veto del re a tali proposte creò una crisi che portò al potere i girondini, guidati da figure di prestigio quali Jacques-Pierre Brissot e l'ex marchese di Condorcet. I nuovi ministri, nonostante l'opposizione di Maximilien de Robespierre, capo dei giacobini, adottarono un atteggiamento ostile verso Federico Guglielmo II e Francesco II d'Asburgo (succeduto al padre Leopoldo II sul trono), principali protettori dei réfugiés e sostenitori della ribellione dei signori feudali alsaziani contro il governo rivoluzionario. Il 20 aprile 1792 l'Assemblea legislativa dichiarò guerra all'Austria, affidandone la direzione al ministro Charles-François Dumouriez.
7. LA LOTTA PER LA LIBERTÀ
A causa degli errori commessi dagli alti comandi francesi, perlopiù monarchici, l'Austria riportò numerose vittorie nei Paesi Bassi austriaci. L'11 luglio i regni di Sardegna e Prussia entrarono in guerra contro la Francia e scattò l'emergenza nazionale; furono inviati rinforzi agli eserciti e a Parigi si raccolsero volontari da tutto il paese, tra cui il contingente di Marsiglia che arrivò cantando la Marseillaise.
Il 20 settembre l'avanzata prussiana fu bloccata a Valmy. Il giorno seguente si riunì la nuova Convenzione nazionale, che proclamò l'abolizione della monarchia e la nascita della Prima Repubblica.
Mentre le truppe conseguivano nuove vittorie, conquistando Magonza, Francoforte sul Meno, Nizza, la Savoia e i Paesi Bassi austriaci, cresceva il conflitto all'interno della Convenzione, con la Pianura che oscillava tra i girondini conservatori e i montagnardi radicali, capeggiati da Robespierre, Marat e Danton. Fu approvata infine la proposta della Montagna di processare Luigi XVI per tradimento: il 15 gennaio 1793 il re fu dichiarato colpevole e il 21 gennaio ghigliottinato, provocando la reazione immediata delle Corti europee.
8. IL TERRORE
Il 6 aprile la Convenzione istituì un nuovo organo esecutivo della Repubblica, il Comitato di salute pubblica, e riorganizzò il Comitato di sicurezza generale e il Tribunale rivoluzionario, inviando inoltre funzionari nei singoli dipartimenti per sorvegliare l'applicazione della legge e requisire uomini e armi. Il conflitto tra girondini e montagnardi si acuì; nuovi tumulti scoppiati a Parigi, organizzati da estremisti radicali, costrinsero la Convenzione a ordinare l'arresto di 29 delegati e di due ministri girondini, così che da quel momento prevalse la fazione radicale del governo parigino. Il 24 giugno l'Assemblea promulgò una nuova Costituzione ancora più democratica (detta Costituzione dell'anno I), che però non entrò mai in vigore perché il testo fu completamente riformulato dai giacobini, passati il 10 luglio alla direzione del Comitato di salute pubblica.
Il 27 luglio Robespierre entrò nel Comitato e ben presto ne assunse la guida: coadiuvato da Louis de Saint-Just, Lazare Carnot, Georges Couthon e altri, ricorse a misure estreme per schiacciare qualunque tendenza controrivoluzionaria. I poteri del Comitato vennero rinnovati mensilmente dall'Assemblea nel periodo noto come "il Terrore" (aprile 1793 - luglio 1794).
In campo militare, la Repubblica dovette affrontare le potenze nemiche che avevano ripreso l'offensiva su tutti i fronti: Magonza era stata riconquistata dai prussiani, gli insorti cattolici o monarchici controllavano buona parte della Vandea e della Bretagna, mentre Caen, Lione, Marsiglia e Bordeaux erano nelle mani dei girondini.
Il tribunale di Nantes condannò a morte oltre 8000 persone in tre mesi e in tutta la Francia si eseguirono quasi 17.000 pene capitali che, sommate ai morti nelle prigioni sovraffollate e malsane e ai rivoltosi uccisi sul campo, portarono le vittime del Terrore a circa 50.000. Non si fecero distinzioni: nobili, ecclesiastici, borghesi e soprattutto contadini e operai furono condannati come renitenti alla leva, disertori, ribelli o responsabili di altri crimini. Fu avviata una campagna di scristianizzazione, culminata con l'abolizione del calendario gregoriano, sostituito dal calendario repubblicano, che fu istituito nel 1793 ma reso retroattivo a partire dal 22 settembre 1792.
Frattanto, la campagna contro la coalizione antifrancese raccoglieva vittorie e respingeva gli invasori; contemporaneamente il Comitato di salute pubblica schiacciava le insurrezioni di monarchici e girondini.
9. LA CADUTA DI ROBESPIERRE
Il conflitto tra il Comitato e gli estremisti si risolse con l'esecuzione di Hébert e altri radicali (24 marzo 1794); pochi giorni dopo (6 aprile) Robespierre fece giustiziare Danton e i suoi seguaci (i cosiddetti "indulgenti"), che cominciavano a chiedere la pace e la fine del Terrore. A causa di tali rappresaglie Robespierre perse l'appoggio di molti giacobini; si diffuse il rifiuto delle eccessive misure di sicurezza imposte dal Comitato e lo scontento generale si trasformò presto in una vera cospirazione: Robespierre, Saint-Just, Couthon e altri 98 loro sostenitori furono arrestati il 27 luglio (corrispondente al 9 termidoro dell'anno II) e giustiziati il giorno seguente.
10. IL DIRETTORIO
La Convenzione nazionale redasse rapidamente una nuova Costituzione (Costituzione dell'anno III) che, approvata il 22 agosto 1795, conferiva il potere esecutivo a un Direttorio composto di cinque membri e quello legislativo a due camere, il Consiglio degli Anziani (250 membri) e il Consiglio dei Cinquecento. La nuova Costituzione si allontanava dalla democrazia giacobina e, non indicando mezzi per risolvere i conflitti tra potere esecutivo e legislativo, pose le premesse per rivalità interne, colpi di stato e un'inefficace gestione degli affari interni.
I disordini furono sedati dai soldati guidati dal generale Napoleone Bonaparte (il futuro Napoleone I). Il 26 ottobre cessarono i poteri della Convenzione, sostituita il 2 novembre dal governo previsto nella nuova Costituzione.
11. L'ASCESA DI NAPOLEONE
A circa cinque mesi dall'insediamento, il Direttorio aprì la prima fase (marzo 1796 - ottobre 1797) delle guerre napoleoniche. Tre colpi di stato, sconfitte militari nell'estate del 1799, difficoltà economiche e fermento sociale misero in grave pericolo la supremazia politica borghese. Un colpo di stato rovesciò il Direttorio e Napoleone Bonaparte, idolo popolare grazie alle sue recenti vittoriose campagne militari, salì al potere come Primo console, chiudendo il periodo "rivoluzionario". Il parziale fallimento della rivoluzione fu compensato dal suo dilagare in quasi tutta l'Europa.
12. CAMBIAMENTI PORTATI DALLA RIVOLUZIONE
Il risultato immediato della rivoluzione fu l'abolizione della monarchia assoluta e dei privilegi feudali. Con la redistribuzione delle ricchezze e dei terreni, la Francia divenne il paese europeo con il maggior numero di piccoli proprietari terrieri indipendenti. A livello sociale ed economico, furono aboliti l'incarceramento per debiti e il diritto di primogenitura nell'eredità terriera, e venne introdotto il sistema metrico decimale.
Napoleone portò a compimento alcune riforme avviate durante la rivoluzione: istituì la Banca di Francia, instaurò l'attuale sistema scolastico; riorganizzò l'università e fondò l'Institut de France; stabilì l'assegnazione delle cattedre in base a esami aperti a tutti.
La riforma delle leggi provinciali e locali fu incorporata nel Codice napoleonico (1804), che rispecchiava molti principi introdotti dalla rivoluzione: uguaglianza dei cittadini davanti alla legge; regolarità processuale; la presunzione di innocenza dell'accusato fino a prova contraria e il diritto alla difesa. In tema di religione, i principi di libertà di culto e di stampa, enunciati nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo, portarono a una maggiore libertà di coscienza e al godimento dei diritti civili per protestanti ed ebrei. Furono inoltre gettate le basi per la separazione tra Stato e Chiesa.
Gli esiti teorici della Rivoluzione francese si condensano nei principi di "liberté, égalité, fraternité", che diventarono il vessillo per le riforme liberali in Francia e in Europa nel XIX secolo e sono tuttora i fondamenti della democrazia.
Luca Hanout- La Rivoluzione Francese

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