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Categoria: | Storia |
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Testo
RELIGIONE NEL MONDO
‘La miseria religiosa è ad un tempo l'espressione della miseria reale e la protesta contro di essa. La religione è il singhiozzo della creatura oppressa, è il senso effettivo di un mondo senza cuore, come è lo spirito di una vita priva di spirito. Essa è l'oppio del popolo.’ – Karl Marx
Il termine religione, nella sua origine (= etimologia) e nel suo significato, ha avuto diverse interpretazioni (se ne contano circa 50!). Ne riportiamo alcune che vengono considerate soddisfacenti da molti studiosi:
Cicerone ricollega il termine al verbo relegere, nel senso di considerare diligentemente le cose che riguardano il culto degli dei.
S. Agostino, invece, lo fa derivare da re-eligere, come se l'uomo dovesse di nuovo scegliere Dio, dopo averlo abbandonato con il peccato.
Lattanzio, scrittore latino-cristiano (III-IV sec.), ritiene di poterlo derivare dal verbo religare per indicare il vincolo di pietà che unisce l'uomo a Dio.
S. Tommaso ne ha precisato il concetto, definendo la religione come il rapporto/relazione che l'uomo ha con Dio (Religio proprie importat ordinem ad Deum).
Per religiosità si intende comunemente il sentimento di rispetto e di fede ispirato dal senso del divino che si ritrova in ogni singola persona e che differisce da individuo a individuo.
In questo senso, la religione viene definita come sentimento e gusto dell'infinito, sentimento dell'infinita dipendenza dell'uomo da una Realtà che è totalmente al di fuori di lui, secondo alcune espressioni di Schleiermacher.
Uno dei segni più remoti a anche più certi del progresso intellettuale e spirituale dell’umanità è dato dalle testimonianza di pratiche religiose connesse al rapporto con il soprannaturale e il divino: la venerazione di forze superiori, sacrifici, culto dei defunti.
Fin dal più lontano passato l’Uomo ha sentito l’esigenza di trovare risposte agli aspetti più enigmatici della realtà che lo circondava.
Sono in primo luogo i fenomeni della natura, di cui l’Uomo ignora ancora le leggi che si presentano a lui come delle forze cieche, misteriose, potenti, che egli cerca di influenzare con il gesto, il rito e la preghiera e che lentamente finisce col personalizzare, conferendo loro concreti attributi a propria immagine e somiglianza.
“Primus in orbe deos fecit timor, ardua coelo fulmina cum caderent” (‘per prima al mondo la paura ha creato gli dei, alla vista dei fulmini che si abbatevano dal cielo’). Il frammento viene generalmente attribuito a Lucrezio (antico poeta latino) ed è interessante notare come colga un concetto che verrà poi ripreso nelle filosofie successive
Nel 1800 venne teorizzato da Carl Marx il concetto di ateismo,
Il pensiero Marxista, infatti, sin dalle sue prime enunciazioni, ha visto la religione non solo come il riflesso delle condizioni subalterne in cui gli uomini sono sempre vissuti, ma anche come l’espressione di una loro protesta contro questa miseria reale.
L’idea della religione come “sospiro della creatura oppressa” è già nel giovane Marx e giunge a piena maturazione attraverso un ampio arco di tempo, sino agli ultimi scritti di Engels sull’origine del cristianesimo, pubblicati tra il 1882 e il 1895 in alcune riviste tedesche e inglesi. Il marxismo non cerca di sopprimere la religione, come viene ingenuamente o interessatamente affermato nella polemica corrente, ma si sforza do spiegarla nelle sue origini e nel suo sviluppo ben consapevole della funzione reale che ha sempre avuto e continua ad avere nella storia della società.
I marxisti non aboliscono dunque ne la religione ne il diritto ne la morale ne ogni altra esigenza della vita spirituale.
Buddha
Il buddismo è il movimento religioso nato in India nella regione del Gange, di Maghada e di Kosala ad opera di Buddha.
Egli nacque verso il 565 a.C. da una ricca famiglia dei Shakya, una stirpe che dominava il paese e che aveva come capostipite leggendario il re Okkava. Non è figlio di re, come le molte leggende lo presentano, ma di un raja, cioè di un capo eletto dai maggiorenti, cui era affidato il potere di governare. Gli viene imposto il nome di Siddharta ("Quegli che ha raggiunto lo scopo") o di Gautama (l’appartenente al ramo - gotra- dei Shakya), ma in seguito verrà indicato con altri appellativi sui quali emerge quello di Buddha che significa: l’Illuminato, il Risvegliato.
Fu allevato in mezzo alle comodità e ad un lusso principesco, si sposò ed ebbe anche un figlio. Tuttavia, nonostante le precauzioni del padre, anche lui incontrò le miserie umane: un vecchio, un malato, un cadavere, un mendicante. Queste tristi realtà della vita lo impressionarono profondamente.
Desideroso di conoscere le cause della miseria presente nel mondo, a circa 30 anni abbandonò tutto e tutti per condurre vita eremitica alla ricerca di ma soluzione dell’enigma della vita.
Insoddisfatto delle risposte di altri maestri, dopo digiuni estenuanti, capì che la conoscenza della salvezza poteva trovarla solo nella meditazione personale. Abbandonò le mortificazioni eccessive e a 35 anni, dopo quarantanove giorni di riflessione, ai piedi di un albero di fico, in una notte della luna piena del mese di maggio, raggiunse l’illuminazione. Comprese le Quattro Nobili Verità: sul dolore, sull’origine del dolore, sulla estinzione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore.
Animato da profonda pietà per gli uomini e dal desiderio di salvarli, si diresse verso Benares (Varanasi) seguito da cinque discepoli affascinati dalla bellezza della sua dottrina e percorse per oltre quarant’anni il Nord dell’India e predicando il suo messaggio di speranza e di felicità.
Esse però si raggiungono non come dono della grazia di Dio ma come conquista del proprio intelletto e della propria volontà; anche perché su Dio, Buddha preferì tacere.
Secondo la tradizione, Buddha morì all’età di 80 anni, circondato dai suoi seguaci, tra i quali il discepolo prediletto Ananda, al quale lasciò le sue ultime disposizioni. Prima di spirare, rivolgendosi ai discepoli disse: "Ricordate, o fratelli, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Attuate con diligenza la vostra propria salvezza!".
Asoka
Con la morte di Buddha, datata al 486 a.C., inizia il vero cammino del buddhismo come movimento religioso. Tralasciando la storia, peraltro marginale, del primo periodo che vide tra loro alcuni "santi", tanto da far nascere la necessità di indire dei Concili al fine di fissare la dottrina e le regole del maestro, la figura che emerge è quella del re Asoka, della dinastia dei Maurya, che, per l’efficacia della sua azione sul buddhismo, fu chiamato "Colui che, per secondo, mise in moto la Ruota della Legge".
Fu Asoka a far diventare il buddhismo, da setta polemica e riformatrice del brahmanesimo, religione universalistica. Il suo insegnamento si basava sulla pratica della pietà verso tutte le creature e sulla tolleranza .
Con editti diffuse la Legge e invitò il popolo a praticare le virtù naturali, il rispetto per la vita, la devozione verso i genitori, gli anziani e i maestri, l’amore per la verità, il rifiuto della violenza. Fu egli stesso modello semplice di un’alta religiosità innestata nella sua vita, nel suo agire, nel suo governare. Le sue parole di amore e di fiducia pervennero in tutta l’India grazie a iscrizioni su roccia divenute celebri. Famosi sono i 14 Editti su Roccia e le 7 iscrizioni su pilastri.
Ma la diffusione della dottrina fu incrementata anche dall’efficace macchina organizzativa che egli aveva predisposto in tutto l’impero: i funzionari provinciali avevano l’obbligo di istruire la popolazione nella religione, i "Censori della Legge di Pietà" regolavano tutti i casi di manifesta violenza alla libertà delle persone, i "Censori di Donne" difendevano la morale femminile e i missionari portavano la dottrina nello Sri Lanka, in Egitto, a Cirene, nell’Epiro e in Macedonia. Si può dire che Asoka sia stato il primo al mondo a tentare di realizzare una forma di proselitismo universale, spinto dal suo profondo senso religioso della vita e della fratellanza che provava per tutti gli uomini.
Kaniska
Nei quattro secoli che intercorrono fra la morte di Asoka e il 100 d.C., il buddhismo si estende nel Nord dell’India e successivamente in Cina. Tra il 125 e il 144 d.C., re Kaniska, oltre a sollecitare la composizione dei commentari alle scritture canoniche, curò la costruzione di mirabili edifici culturali, tra i quali la famosa stupa (= tomba cupoliforme dei sovrani e dei santi, reliquiario delle loro ceneri) di Pashawar e indisse il quarto Concilio buddista per discutere i punti dottrinali della corrente Hinayana o "Piccolo Veicolo", che si contrappone al Mahayana o "Grande Veicolo". Il fatto nuovo è il sorgere e lo svilupparsi del Mahayana, dottrina salvifica offerta a tutti gli uomini. Nel sec. IV-V d.C., la scissione tra le due correnti buddhistiche non aveva però raggiunto le forme di intolleranza che nei secoli successivi.
Gli insegnamenti del "Grande Veicolo" sono contenuti nella "Scrittura del Loto" che offre la salvezza a tutti coloro che invocano con fede il Buddha, mentre il "Piccolo Veicolo" riservava tale salvezza solo ai monaci.
Nel VI sec. d.C., il buddhismo si impose anche nel Tibet, dove in breve tempo divenne la religione ufficiale. I monasteri buddhisti divennero i centri del potere nella vita del paese. I superiori dei monasteri sono i "Lama" (=guru) ed hanno per capi il Dalai-Lama (=oceano) e il Panchen-Lama.
Nel corso dei secoli, fino a noi, il buddhismo ha conservato la sua validità dottrinale e conta centinaia di milioni di adepti in molte parti del mondo. In Cina e nel Tibet, nonostante il regime comunista, non si può affermare che non esistono più buddhisti.
Buddisti nel mondo: 300 milioni.
ISLAM (fede come atteggiamento di fede)
La definizione di i s l a m risale ai primi tempi della religione musulmana. La troviamo, modernamente, condensata in una formula catechistica:
“Che significa islam?
Islam significa confessare con la bocca e dichiarare vero con il cuore che tutto ciò che ha portato il nostro profeta Muhammad (Dio preghi per lui e gli conceda pace! ) è assoluta verità”.
Dalla definizione emergono due valori fondamentali: l’aspetto esterno (formulazione esterna) della sottomissione a Dio ( = confessare con la bocca) e l’interiorità della stessa ( = dichiarare vero con il cuore). Su questa definizione di i s l a m si inseriscono via via definizioni o momenti della spiritualità musulmana. La sottomissione a Dio non avrà alcun valore se sarà fatta solo esternamente, ma neppure la preghiera, il digiuno) l’elemosina rituale, il pellegrinaggio annuale alla Mecca, le opere buone in generale non lo avranno se non saranno accompagnati dalla interiorizzazione.
L’esegesi islamica è esplicita al riguardo. Al-Gazali (+1111) in una bellissima pagina della sua operetta Lettera al discepolo affermava:
“La fede ha tre dimensioni:
fede è parola con la bocca,
fede è verità con il cuore,
fede è opera con i fatti.
La prova delle opere dev’essere abbondante”.
La sottomissione islamica implica un concetto di assoluta obbedienza alla divinità, di cui l’uomo è il servo, lo schiavo (ar.: a b d u). Il rapporto Dio/uomo nel Corano e nell’islam è piuttosto un rapporto di schiavitù, in cui solo per caso può anche entrare la legge dell’amore. La intenzione è quindi un atto di obbedienza alle leggi più che un gesto di sudditanza affettiva al legislatore. Il discorso dell’amor di Dio sarà sviluppato, nei secoli posteriori, dalla mistica musulmana. Una cosa è certa, comunque: “Nonostante tutti i tentativi di unione e di armonizzazione delle religioni, è scientificamente provato che la via cristiana è diversa dal sentiero buddista, che la liberazione indù non è la sottomissione (= islam) musulmana, che la vita che si cerca nelle pratiche religiose africane non è comparabile a quella offerta da tradizioni gnostiche o tantriche...”.
NOTA. Si userà sempre il nome proprio del profeta dell’islam nella sua forma araba Muhammad, che significa il superlodato (dal radicale trilittero h+m+d alla seconda forma verbale intensiva). Lo hanno chiesto espressamente i musulmani, presenti in vari congressi di studio.
Il Nome
«Islamismo» indica l’insieme di credenze, di leggi e di riti fondati sul Corano, diffuso da Maometto. Il termine deriva dal verbo aslama(= sottomettersi) e indica l’assoluta di pendenza del fedele da Dio. Si usa anche il termine muslim, da cui musulmani: significa «credente». Piuttosto scorretto è l’uso di «maomettanesimo» - «maomettano» per «islamismo» - «islamico».
La Simbologia
Un minareto, un fedele prostrato su una stuoia rivolto verso la Mecca, la mezzaluna e la stella impressa su bandiere e cupole fanno pensare subito all’islamismo. La mezzaluna e la stella meritano una attenzione particolare per il significato antico ad esse connesso. Secondo le interpretazioni di molti studiosi il culto della diade (= due divinità) benevola e fecondante del dio Luna, che protegge la vita nel deserto nel periodo delle trasmigrazioni dei greggi e della Pioggia, e del pianeta Venere, anch’essa maschile (la stella) che ha la funzione di stella di orientamento notturno, risale alle popolazioni arabe preislamiche.
In tale concezione il sole, contrariamente ad altre religioni, assume una posizione secondaria, ed è una divinità femminile, la dea Sole. Infatti, per popolazioni nomadi in affocate regioni desertiche, il sole, con il suo calore bruciante, paralizza ogni attività, dissecca corsi d’acqua e pascoli, ed è quindi ostile alla vita.
Le Sette Islamiche
Le sette islamiche si sono originate in particolari contingenze politiche e storiche dovute - soprattutto - al problema della successione di Maometto. Il loro dissenso, quindi, anche se spesso è causa di guerre fratricide, è più politico che religioso. Attualmente la grande maggioranza del popolo islamico è rappresentata dai sunniti (quasi il 90%), dagli sciiti (che sono circa il 9%) e da altre sette varie (circa l’1%).
I sunniti
La parola sunniti indica i seguaci della Sunna (cfr. 3.5.1). Secondo i sunniti, nessuno può succedere a Maometto; egli infatti è il “sigillo dei profeti”; con lui termina la rivelazione. Il successore può essere soltanto il custode dell’eredità profetica; il califfo (= successore o vicario del profeta) non può fare altro che dirigere i credenti e amministrare gli affari della comunità in dipendenza stretta dal Corano. Mediante il consenso (= igma) del la comunità, viene scelto il califfo tra i membri maschi della tribù dei quràish, alla quale apparteneva Maometto.
Dopo la morte di Maometto si ebbero quattro califfi ortodossi; quindi il califfato divenne un’istituzione dinastica che fu abolita nel 1924. Attualmente i musulmani sembrano d’accordo su questo principio: se i governi nazionali degli stati islamici osservano la legislazione comunitaria completa (= shari’ah) già stabilita, non è necessario restaurare l’ufficio soprannazionale del califfato.
Gli sciiti
La parola sciita deriva da shi’a (= partito). Essi infatti sono seguaci di Alì, cugino e genero di Maometto. Essi sostengono che i primi tre califfi furono usurpatori, perché Maometto aveva designato Alì come suo successore; pertanto può essere imam (= califfo, ma anche teologo e giurista autorevole) solo un discendente di Maometto attraverso la figlia Fatima e suo marito Alì. Gli sciiti formano la confessione islamica ufficiale dell’Iran, si dividono in ismailiti, imamiti e in altri gruppi minori. Respingono la Sunna e professano dottrine segrete e misteriose. Così, ad esempio, la setta sciita degli imamiti duodecimani ammette l’esistenza storica di 12 imam le-gittimi, discendenti maschili di Alì e Fatima, impeccabili, infallibili e unici interpreti della legge religiosa. Il dodicesimo imam Muhammad al-Mahdi, scomparso nell’878, non sarebbe morto, ma occultato in un luogo misterioso, per ricomparire prima della fine del mondo. La sua presenza attiva in mezzo ai fedeli avviene attraverso i dottori della legge (= mugtahidun), i più autorevoli dei quali in Iran sono gli ayatollah.
I drusi
Sono una minoranza etnica che vive nel Libano e gode di particolari autonomie politiche e amministrative conquistate con la violenza contro i turchi, gli arabi e i cristiani. Sono generalmente pastori e agricoltori a forte struttura patriarcale e formano una setta islamica esoterica (cioè con dottrine e insegnamenti segreti che conoscono solo gli adepti).
Considerato lo spazio limitato, non è possibile presentare qui tante altre sette minori che - fra l’altro - contano un numero limitatissimo di seguaci, anche se il loro potere economico - con la scoperta dell’oro nero - è fortissimo.
FIGURE RAPPRESENTATIVE
DEL MONDO ISLAMICO
—il muezzin, che chiama alla preghiera;
—l’imam, che guida la preghiera;
—il mufti, che interpreta il diritto;
—il cadi, che giudica in caso di contestazione;
—il marabutto, che può essere un santo venerato dopo la morte, o il fondatore di una confraternita, o un predicatore dell’islam;
—lo sceicco, che è una guida spirituale.
A partire dalle origini, e per la durata di qualche secolo, c’è stato anche un personaggio collocato al vertice della piramide dell’islamismo, una guida fra le guide, l’imam supremo, che veniva chiamato califfo, cioè “luogotenente” o sostituto (non di Allah, ma del profeta). Questa istituzione è stata spesso difficile da mantenere, e ci sono anche stati dei califfi antagonisti, per esempio a Bagdad e a Cordova nel X secolo. Ad un certo punto essa è scomparsa.
L’ EBRAISMO
Le origini: 1800 a.C.
Abramo, primo patriarca del popolo «eletto», fu chiamato da Dio. Verso il 1800 a.C. circa, Abramo partì dalla sua città, Ur, nella Mesopotamia, e si trasferì nella terra di Canaan, detta molto più tardi Palestina (nome derivato dai Filistei). Abramo e i suoi figli Isacco e Giacobbe adoravano Dio sotto vari nomi, il principale dei quali era Elohim. Giacobbe e i suoi dodici figli - capostipiti delle dodici tribù d’Israele - spinti dalla carestia si recarono in Egitto dove si stabilirono. Successivamente furono trattati come schiavi e sfruttati per la costruzione di città e di magazzini per l’ammasso del grano.
La liberazione dalla schiavitù: 1250 a.C.
Dio, che non aveva dimenticato il suo popolo, suscitò Mosè che liberò gli ebrei dalla schiavitù e fece di loro un popolo e una nazione. Mosè fu uno degli uomini più grandi della storia. A lui Dio si manifestò sotto il nome uovo: «Io sono colui che sono».
Il tetragramma JHWH non può essere pronunciato, e quando si leggevano le Scritture ad alta voce era sostituito dal termine ebraico Adonai, che significa «Signore». Gli studiosi della Bibbia della scuola babilonese e palestinese lo vocalizzarono utilizzando le vocali di Adonai, la qual cosa dette origine alla malformazione Geova.
Jhwh era probabilmente pronunciato «Jahwhè».
Mosè fu scelto quale guida del popolo ebraico nel passaggio del Mar Rosso e nel cammino attraverso il deserto. Per mezzo di lui Dio stabilì un patto di alleanza con il suo popolo e gli consegnò i 10 comandamenti che, scolpiti su due tavole di pietra, furono posti nell’arca portata dagli ebrei nelle loro peregrinazioni.
I 40 anni trascorsi nel deserto contribuirono a consolidare tra i discendenti delle 12 tribù l’unità nazionale che fu poi la causa prima della loro successiva grandezza. Mosè, tuttavia, non vide la Terra Promessa.
L’occupazione della Terra Promessa
Fu Giosuè a guidare gli ebrei alla conquista della Palestina. Ha inizio così il periodo dei Giudici (sec. XIII a.C.). In seguito, di fronte ai continui attacchi delle popolazioni circostanti (Filistei, Madianiti, Edomiti, Moabiti, ecc.) gli ebrei si organizzarono in regno sotto la guida di Saul, a cui successe Davide e poi Salomone (circa -925 a.C.). Alla morte di quest’ultimo divamparono le guerre civili che condussero alla formazione del regno di Israele a Nord, con capitale Samaria (distrutto, poi, nel 721 a.C. da un re assiro) e del regno di Giuda a Sud, con capitale Gerusalemme, distrutta nel 587 o meglio 586 a.C.. ad opera di Nabucodonosor II.
L’esilio e il post-esilio (inizio del giudaismo)
La deportazione e l’esilio del popolo ebraico si protrassero dal 586 al 538 a.C.. quando Ciro il Grande, con un editto, ordinò la ricostruzione del tempio con i fondi pubblici e la restituzione degli arredi sottratti da Nabucodonosor come bottino. Gradualmente si ricostituì la comunità ebraica. Ne furono artefici, tra gli altri, Zorobabele. Esdra e Neemia. Di Zorobabele parlano Aggeo e Zaccaria. Egli era governatore di Gerusalemme e, come tale, curò che l’opera di ricostruzione procedesse secondo la volontà del suo re. Suscitò molte speranze nella restaurazione di un futuro e risorto regno davidico, poiché era nipote del re Ioakin. il 19° re di Giuda. deposto da Nabucodonosor dopo la conquista di Gerusalemme e deportato in Babilonia. Questo è l’unico caso in cui dei profeti abbiano collegato l’ attesa di un futuro «Messia» con una figura storica contemporanea. L’ impulso verso la riorganizzazione della vita sociale e religiosa venne anche da Esdra e Neemia, due saggi governatori, di cui però è incerta la cronologia. Per due secoli Gerusalemme fu una piccola provincia dell’impero persiano. Sconfitti i persiani da Alessandro Magno, la Palestina fu sottomessa prima ai Tolomei, i signori dell’Egitto, poi ai Seleucidi, che regnavano sulla Siria, subendo un processo di ellenizzazione da parte di Antioco Epifane. Ciò determinò la rivolta dei Maccabei, i quali liberarono la Giudea e diedero inizio a un nuovo stato. Ripresero, però, le discordie interne, questo fatto determinò l’intervento dei romani.
La Preghiera
La preghiera modella tutta la vita degli israeliti. In ogni famiglia, il «Rituale delle preghiere di Israele» (Sidur), è un libro prezioso che si trasmette di padre in figlio e che guida la recita delle preghiere quotidiane (del mattino, del pomeriggio e della sera) e delle preghiere spontanee nel corso della giornata, ove tutto è occasione di lode e di benedizioni. Il capitolo della Bibbia che ritorna più spesso nella preghiera giudaica è naturalmente lo Shemà Israel. E la prima preghiera che si insegna ai bambini, fin dalla più tenera età, ed è la preghiera che si ripete più volte lungo la giornata.
Le tre grandi preghiere di ogni giorno comprendono una parte comune chiamata «le diciotto benedizioni», immensa azione di grazie che celebra il Dio di Israele che fa vivere il suo popolo, gli dona la salvezza e lo colma di beni. La formula che riassume tutto è l’esclamazione: «Benedetto, I’Eterno, nostro Dio!». Il luogo della preghiera comunitaria è la sinagoga, che però non è riservata esclusivamente al culto, essendo anche un luogo di incontro e di studio. La sua istituzione risale all’indomani della distruzione del primo tempio, nel VI secolo avanti Cristo. La preghiera comunitaria comunque non deve essere fatta obbligatoriamente nella sinagoga: si può compierla anche in una casa o in un luogo qualsiasi, purché siano presenti almeno dieci uomini che abbiano più di tredici anni. Questa preghiera è soggetta a prescrizioni meticolose, che spesso a noi sembrano strane: indossare uno scialle di preghiera (tallith) ornato di frange, portare dei filatteri (tephillim) al braccio sinistro e alla fronte. Ma sono le prescrizioni del Signore (Nm 15,39; Dt 11, 18 ss) per ricordare a colui che prega la protezione divina e i comandamenti di Dio, nei quali è come incastonata tutta la sua vita.
LA DONNA NEL MONDO EBRAICO
“ Ti ringrazio, Signore mio Dio, per non avermi fatto nascere donna”, recita lui al risveglio.
“ Ti ringrazio, Signore mio Dio, di avermi creato secondo la tua volontà”, recita lei.
La duplice versione, maschile e femminile, della preghiera mattutina lascia intendere come, di fronte a Dio, sia ben diversa la posizione dei due sessi nell’ebraismo ortodosso: gratitudine di lui per non essere nato donna; pia rassegnazione di lei alla propria condizione.
Su tale evidente disparità è fin troppo scontato fare della facile retorica. Quello, infatti, del rapporto tra i sessi nell’ebraismo ortodosso è un problema ben più complesso di quanto vorrebbe far credere la denuncia di una inferiorità femminile sancita addirittura da principi teologici.
Vero è che nell’osservanza dei precetti della HALAKHA, che regola rigidamente la vita femminile, le donne sono relegate alla sfera privata, non frequentano i luoghi di culto pubblici, sono esenti dall’obbligo dello studio, prima del matrimonio si radono i capelli sacrificando al marito la propria bellezza e la propria femminilità.
Vi è però una dimensione irriducibile di spiritualità al femminile che fa da contraltare a questo ‘sacrificio’.
I maestri del Talmud concepivano la donna come parte di una sfera, con una struttura di idee e di esigenze diversa da quella maschile, ma con una intelligenza complementare.
In quest’ottica, l’esclusione da aspetti importanti della vita comunitaria (lo studio nelle scuole talmudiche e la preghiera collettiva) va vista come un’esenzione piuttosto che come un bando. Più che implicare un giudizio di valore e relegare la donna in una posizione di inferiorità, il riconoscimento della differenza tra i sessi assegna a mogli e madri un ruolo specifico (e tutt’altro che secondario) nella famiglia e nella comunità religiosa.
Non solo perché da loro dipende la trasmissione dell’appartenenza alla religione (è ebreo che nasce da madre ebrea), ma perché sono loro che governano la vita domestica, presiedono alla liturgia del sabato (l’accensione dei lumi che accoglie lo SHABBAT), garantiscono il rispetto delle regole alimentari, basilari nella vita ebraica.
Anche la vita sessuale è scandita dai ritmi e dalle esigenze femminili: durante il ciclo mestruale, la donna ‘impura’ non può aver rapporti; il marito ha il dovere coniugale di gratificare il desiderio della moglie e il divieto di accostarsi a lei contro la sua volontà.
A lei i rabbini assegnano dunque il controllo della sessualità maschile: “la passione di una donna è più grande di quella di un uomo”
Bibliografia:
- “Donna” inserto del quotidiano “La Repubblica”
OBIETTIVO GIUBILEO:
Inaugurato la notte di natale, sotto i riflettori di tutto il mondo, il Giubileo cristiano ha iniziato il suo cammino che si concluderà il 6 gennaio 2001.
L’anno Santo, dice il Cardinale Ratzinger, è un evento religioso che interpella prima di tutto i cristiani, ma che punta anche a coinvolgere i fedeli di altre religioni, gli indifferenti e persino i ‘lontani’.
Perché il Giubileo è in fondo la ‘festa di compleanno di Gesù, nato 2000 anni fa. Un uomo, figlio di Dio per i cristiani, ma figura storica rispettata e riconosciuta come profeta di altre confessioni religiose.
Ma, al termine del secondo millennio, il cristianesimo si trova in una crisi profonda e si ritrova esile minoranza proprio nei luoghi santi in cui ebbe origine: minoranza a Betlemme, minoranza a Nazareth (dove la maggior parte della popolazione è ebraica o musulmana).
Il secondo millennio dell’era cristiana è stato anche quello degli scismi (vedi prospetto), cioè della divisione dei cristiani medesimi, senza che per questo si fermasse la loro formidabile espansione mondiale.
I cristiani nel mondo sono oggi poco meno di due miliardi, la metà dei quali cattolici, mentre i protestanti sono 360 milioni, gli ortodossi 223 milioni, gli anglicani 54 milioni.
Insidiati dalla rimonta demografica impetuosa dei musulmani, solo negli ultimi anno stanno riuscendo timidamente a riconoscersi tra loro fratelli..
Il Vaticano che ancora a metà del ventesimo secolo scomunicava gli ‘scismatici’ adesso, per la prima volta, riconosce, con Papa Wojtyla, la presenza di “elementi di Verità” nelle altre esperienze di culto cristiano.
L’unità di tutti i cristiani è il sogno di Papa Wojtyla. “Dobbiamo presentarci al Giubileo se non del tutto uniti, almeno più pronti a superare le divisioni del secondo millennio, oltre gli spettri del passato e le memorie dolorose della separazione”.
Il cristianesimo rivendica di essere una religione duttile e ricettiva, meglio delle altre in grado di misurarsi con le culture mondane e di fare i conti con la modernizzazione.
Se ciò è stato indubbiamente vero nel passato – fino a poter dire che il mondo è stato unificato dai cristiani, sia pure con la spada oltre che con la croce – non è affatto detto che valga anche per il futuro.
Anche se la ricerca di senso, il bisogno di fare i conti con il sovrannaturale che si esprime nel gesto della preghiera non verranno mai meno, è indubbio che la caduta di molti valori e ideologie, la mancanza di risposte adeguate da parte della Chiesa ai tanti interrogativi dell’uomo del 2000, hanno creato delle ‘voragini’ spirituali che si cerca ora, in vari strati sociali, di colmare in maniera diversa.
Cresce la voglia di spiritualità e le nuove ‘fedi’ si chiamano reiki, cristalloterapia, channellimg o più in generale ‘New age’.
Gruppi di persone molto motivate e consapevoli hanno bisogno di un nuovo tipo di spiritualità che le Chiese tradizionali non soddisfano e sono in molti quelli che vanno alla ricerca di qualcosa di nuovo e di ‘diverso’.
Anche in Italia sono moltissimi i luoghi dove ‘maestri’ offrono una risposta ai nuovi bisogni spirituali, centri dove si mescolano tecniche orientali ed esigenze occidentali.
Vite diverse, storie parallele accomunate dalla stessa insoddisfazione senza nome: la necessità di liberarsi dei mali del corpo e dai tormenti dell’anima in una società sconnessa e malsana, che ha perso la sacralità, dove si vive disgiunti gli uni dagli altri.
Basterà a fermare questo fenomeno il solenne “mea culpa” pronunciato recentemente dal Papa, riconoscendo errori ed orrori commessi dal cattolicesimo con la Inquisizione e le guerre di religione? Basterà l’aver rivelato, dopo quasi cento anni, il terzo segreto di Fatima, rivelazione che ha scatenato numerose polemiche da parte del mondo laico?
La Chiesa ha chiaramente necessità di guadagnare terreno in un mondo in cui il senso della vita e i valori sono cambiati rapidamente, in cui le richieste di significati universali arrivano da tutte le parti, dal mondo dei credenti e da quello dei ‘lontani’ da tutte le fedi.
Ed è per questo che ci piace, alla fine, indipendentemente dalle risposte che ci potranno essere, citare una parte delle dichiarazioni del famoso filosofo Norberto Bobbio, apparse sull’ultimo numero della rivista ‘Micromega’:
“Io non sono un uomo di fede, sono un uomo di ragione e diffido di tutte le fedi, però distinguo la religione dalla religiosità. Religiosità significa per me, semplicemente, avere il senso dei propri limiti, sapere che la ragione dell’uomo è un piccolo lumicino che illumina uno spazio infimo rispetto alla grandiosità, all’immensità dell’universo. L’unica cosa di cui sono sicuro, sempre stando nei limiti della mia ragione - perché non lo ripeterò mai abbastanza: non sono un uomo di fede, avere la fede è qualcosa che appartiene a un mondo che non è il mio – è semmai che io vivo il ‘senso del mistero’, che evidentemente è comune tanto all’uomo di ragione che all’uomo di fede. Con la differenza che l’uomo di fede riempie questo mistero con rivelazioni e verità che vengono dall’alto, e di cui non riesco a convincermi. Resta però fondamentale questo ‘profondo’ senso del mistero che ci circonda, e che è ciò che io chiamo senso di ‘religiosità’.
“……..Ma quando sento di essere arrivato alla fine della mia vita senza aver trovato una risposta alle domande ultime, la mia intelligenza è umiliata. Umiliata; E io accetto questa umiliazione. La accetto. E non cerco di sfuggire a questa umiliazione con la fede, attraverso strade che non riesco a percorrere. Resto uomo della mia ragione limitata e umiliata So si non sapere. Questo io chiamo ‘la mia religiosità’……..”Certo non si riesce a resistere a questo dubitare continuo, a questo continuo non sapere, e allora ci si affida alle credenze, come quella della immortalità dell’anima. Io però, il fondo religioso della mia persona continuo a intenderlo come questo non sapere.
Ed è un fondo religioso che mi assilla, mi agita, mi tormenta”.
Ecco, forse in queste parole così sofferte, al di là di ogni personale giudizio sui vari tipi di religione, crediamo si trovi l’essenza più profonda dell’uomo, in questo continuo porsi interrogativi e nel trovare, al di là di ogni personale certezza, il senso ultimo della propria esistenza.
RELIGIONE ‘FAI DA TE’:
REIKI CRISTALLOTERAPIA
È un sistema di guarigione naturale che armonizza è l’uso delle pietre per guarire e
e riporta in equilibrio l’energia individuale con come fonte di energia.Una conoscen-
za antichissima recentemente
rivalutata. Ogni pietra ha un potere quella universale. Energetico e guaritivo prprio, ma le
La parola è giapponese perché la scoperta risale pietre possono essere usate anche
ad un monaco di Kioto alla fine del secolo scorso; e strumento di meditazione.
ma la capacità di canalizzare l’energia cosmica, di
guarire attraverso le mani è antichissaima.
REBIRTHING CHANNELLING
Tecnica basata sull’uso del respiro diffusa negli U.S.A. è la capacità di canalizzarre ovvero
Negli anni ’70, le sue radici sono collegate al Pranayama di entrare in contatto con l’io sup, di
del kundalini yoga e a pratiche del taoismo cinese. Raggiungere stati di saggezza .
Il termine significa ‘rinascita’ si può applicare alle tecniche Il channelling è la persona che
di rilassamento, alle psicoterapie; può coinvolgere diventa canale di entità superiori,
gli stati superiori della coscienza e permettere il contatto guide spiriruali, influssi cosmici.
con il ‘se’’ superiore.
Bibliografia:
- Dossier del ‘Venerdi’ di ‘La Repubblica’ del 7.01.2000
- Micromega – Almanacco di filosofia 2\2000
- ‘La Repubblica’ del 26.4.2000.
NATALE (RAMADAN) CON I TUOI
Enzo Pace
Quest'anno la ricorrenza del Natale per i Cristiani e l'osservanza del digiuno nel mese di Ramadan per i mussulmani s'intersecano tra loro: per i mussulmani il lungo periodo penitenziale comincia una quindicina di giorni prima del Natale e si concluder… attorno alle ultime feste cristiane del nuovo anno. Questa sovrapposizione si Š gi… ripetuta pi- volte nel passato. La novit… sta nel fatto che oggi, sempre di pi-, cristiani e mussulmani si trovano a vivere le loro esperienze di fede in uno stesso spazio sociale. L'immigrazione di donne e uomini di anzione mussulmana in Veneto sta ridisegnando il panorama socio-religioso del Veneto cattolico: stiamo diventano una societ… pluralista.
Mentre i cristiani con il Natale ricordano la venuta di Cristo, i mussulmani durante il ese di Ramadan faranno memoria, fra l'altro, della "discesa in terra "del Corano , la Parola di Dio rivelata ai mussulmani per il tramite di Muahmmad.
Per questo motivo i significati religiosi delle due ricorrenze sono diversi. Eppure c'Š qualche elemento comune: entrambi, cristiani e mussulmani, credono in Dio che si rivela, Per i mussulmani Š lo stesso Dio che dapprima si Š rivelato attraverso MosŠ, poi attraverso Gesù- il Messia e, infine attraverso il suo inviato Muahmmad. Il Natale per i cristiani rappresenta qualcosa di diverso: Gesù- non Š solo un profeta, un messaggero, man la prova suprema dell'amore di Dio neio confronti dell'umanit…, poiché Gesù- di Nazareh Š per i cristiani Figlio di un Dio che decide di incarnarsi per salvare lumanit….
Per i mussulmani i 29 giorni di digiuno(durante il giorno) costituiscono una testimonianza di fede impegnativa, se Š rispettata integralmente la pratica dell'astesione dal cibo e dall'acqua per tutta la giornata fino al tramont; per i cristiani il Natale Š diventato un breve rito di passaggio che siu celebra spesso in un trionfo del consumismo. In entrambi i casi va notata comunque un'analogia: al dil… dei riti pubblici che scandiscono il mese di Ramadan (come la piccola festra che interrompe per due otre giorni il digiuno), da una lato, e e le grandi festivit… del Natale (la messa della notte di Natale e le altre liturgie pubbliche che seguono sino alla Epifania) dall'altro, prvale tra i mussulmani, come tra i cristiani, il senso di un evento che aiuta a riscoprire la famiglia. Natale con i topui potrebbe suonare allo stesso modo per i mussulmani: Ramadan con i toui. Il sovrapporsi in uno stesso tempo e cio che pi- conmya in uno stesso spazio sociale di gesti e gesti liturgici e riti domestici appartenenti a differenti tradizioni religiose , Š una buona occasione, quest'anno, per imparare a conoscersi tra cristiani e mussulmani: diversi ma in ascolto reciproco.
tratto dal nø1 di Cittadini
NOMADI SPIRITUALI
La situazione dell'Italia alle soglie del nuovo millennio per ciò che riguarda spiritualità e religione appare assai confusa e caotica. Risulta evidente infatti un clima di forte smarrimento, in cui le singole persone avvertono un bisogno sempre maggiore di una guida spirituale che possa aiutarle a capire se stesse, in un'epoca in cui i rapporti umani sembrano sempre più difficili.
La religione cattolica per sembra non soddisfare più le esigenze di molti, che si sentono piuttosto attratte da altri credo, spesso più spirituali. Il Buddismo, religione nota per la forte importanza della meditazione e del silenzio tra le pratiche degli adepti pare raccogliere sempre maggiori consensi tra gli italiani. Non sembra per essere avvertita solo in Italia questa ricerca di spiritualità..., ma piuttosto pare coinvolgere l'intero occidente, che pur proseguendo nella propria tradizione culturale, sente spesso l'influenza dell'oriente. Forse anche grazie al fenomeno dell'immigrazione, che sta portando all'abbattimento delle barriere culturali. Così accade che molte persone non si accontentino della fede professata dai loro nonni e insegnatagli durante l'infanzia, ma preferiscano convertirsi a nuove religioni pi- adatte alle loro esigenze. Ecco allora che si assiste ad una fioritura di nuovi gruppi religiosi, pseudo sette, in cui i fedeli riescono a trovare una sensazione d forte coinvolgimento.
Spesso per riuscire a conciliare i propri impegni quotidiani e la propria necessità di spiritualità, nascono religioni fai-da-te, in cui lo stesso fedele a decidere i tempi e i mezzi per dedicarsi al culto: capita così di individuare gruppi religiosi in cui convivono elementi appartenenti a diverse religioni.
In altri casi si assiste invece ad un fenomeno di fanatismo o esasperazione dello stesso "vecchi" cattolicesimo. Così sorgono gruppi che estremizzano gli ideali cristiani predicando un ritorno ad una fede più rigidamente osservante le Scritture. In altri casi ancora vi è negazione del progresso tecnologico, visto come un elemento contrario alle leggi ella natura e dunque divine. Così capita di imbattersi in fedeli che preferiscono perdere un loro caro, piuttosto che accettare una trasfusione di sangue.
Se queste persone riescono a identificarsi e a trovare le risposte ai propri problemi spirituali in questi gruppi, per contro altri ricercano un benessere interiore mediante le pratiche orientali alternative, di meditazione, rilassamento e yoga.
Rimane aperto un interrogativo, cioè se questa sete di spiritualità un reale bisogno dell'uomo moderno, che ricerca un po di tranquillità tra gli impegni pressanti della vita quotidiana o se Š piuttosto una semplice moda, quasi un fenomeno di massa da copiare alle star della televisione. Sono infatti numerosi gli esempi di personaggi famosi che rendono noto il loro credo "alternativo"; da anni Roberto Baggio ad esempio si Š convertito al Buddismo; anche Richard Gere rende nota la sua fede buddhista ed in particolare la sua devozione per il Dalai Lama, con il quale si pure recentemente incontrato; come se non bastasse Giuseppe Signori abbina alla sua devozione per Padre Pio anche una nutrita fiducia nelle tecniche dei guru.
In questo panorama risulta dunque difficile orientarsi e comprendere il vero ruolo della religione: sembra riduttivo credere che si tratti di una semplice moda passeggera, ma al tempo stesso pare un'esagerazione credere in una sentita religiosità diffusasi in questi ultimi anni. Forse quello che manca effettivamente ai giorni nostri la religione semplice, spontanea, che non ha bisogno di forzature o di titoli sul giornale.
Buddismo Le pratiche tradizionali e le tendenze recenti
La tradizione più antica identifica i fedeli del Buddha con i membri di una comunità di carattere essenzialmente monastico; la ben nota immagine del monaco dalla testa rasata, vestito di una tonaca arancione senza cuciture, evoca tuttora il seguace di questa religione e della sua disciplina, che conserva i suoi aspetti caratteristici nonostante i mutamenti e gli adattamenti certamente sopravvenuti nel tempo: i monaci oggi non sono più itineranti come in origine, ma seguono tendenzialmente (almeno nella tradizione Theravada) tutte le norme previste dagli scritti canonici. Osservano il celibato e l'obbligo di vivere unicamente di elemosina, disposizioni, queste, abrogate da alcune scuole giapponesi che permettono ai religiosi il matrimonio. Queste scuole impongono ai monaci, come fa lo Zen, di provvedere al proprio sostentamento per mezzo del lavoro agricolo.
Membri della comunità sono considerati anche i laici, che condividono con i monaci e con le monache la professione di fede riassunta nella formula: "Io prendo rifugio nel Buddha, nella legge e nella comunità"; sebbene il buddhismo, che non a torto viene definito una "religione atea", non preveda alcun tipo di culto ufficiale, ponendosi piuttosto come filosofia di vita per il singolo, la venerazione del Buddha ha trovato comunque espressione, in forme eminentemente popolari, come testimoniano gli stupa, i tempietti votivi a forma di cupola che fanno parte del paesaggio urbano nei paesi buddhisti e che accolgono le reliquie dell'illuminato, oggetto di una devozione talora molto sentita, come nel caso del dente del Buddha custodito a Kandy, nello Sri Lanka. Ai festeggiamenti per il compleanno del Buddha, che nei paesi di fede Theravada sono noti con il nome del mese (Vesakha) in cui Siddharta sarebbe nato, si affiancano i rituali più elaborati della tradizione Mahayana, con le immagini dei molteplici Buddha e Bodhisattva sempre pronti a ricevere le offerte (fiori, frutta, incenso) dei fedeli non solo nei templi, ma anche su altari domestici.
Il buddhismo rimane ancora vitale nei paesi dell'Asia orientale, soprattutto in Thailandia e in Birmania, per quanto abbia dovuto affrontare, quale conseguenza del rapido processo di occidentalizzazione, alcune delle istanze tipiche di una società moderna: alcuni monaci, infatti, si sono impegnati in prima persona in progetti volti a migliorare la condizione delle classi più umili. La loro attività ha l'esplicito fine di smentire le accuse di quanti considerano il buddhismo una fede essenzialmente passiva che si mostra insensibile alle miserie dell'umanità, considerate parte di un destino ineluttabile. Una conferma significativa di questo mutato atteggiamento si è verificata fin dal 1956 in India, dove il numero dei fedeli era costantemente diminuito fin dal XII secolo, con la conversione di oltre tre milioni di individui appartenenti alla casta più bassa della tradizione induista, quella dei cosiddetti "intoccabili".
Filosofia per sua natura nemica di ogni visione materialistica, il buddhismo ha certamente subito restrizioni, e talora anche vere e proprie forme di persecuzione nei paesi retti da regimi comunisti; le difficoltà maggiori sono sorte in Cina, paese la cui classe dirigente ha mostrato chiaramente, dopo l'annessione del Tibet e l'esilio del Dalai Lama nel 1959, la propria ostilità, in particolare al lamaismo, ma in generale a ogni altra forma di questa tradizione religiosa. Molto attivo è invece da alcuni decenni il buddhismo giapponese, che ha conosciuto la nascita di numerose nuove scuole, come la Soka Gakkai ("Società per la creazione dei valori") sorta dalla scuola Nichiren e caratterizzata da una solida organizzazione soprattutto per quanto concerne le tecniche di proselitismo e l'utilizzo dei mezzi di comunicazione per una forma di propaganda capillare. Dal 1956 essa creò un "partito del buon governo", espressione concreta di un'ideologia che promette ai suoi fedeli felicità materiale e spirituale in questo mondo, trasfigurato in una sorta di paradiso terrestre. L'indirizzo Soka Gakkai ha acquisito, insieme allo Zen e ad altre scuole buddhiste, una certa notorietà anche in Occidente, dove ormai da alcuni decenni l'interesse per questa religione si esprime sia nel rinnovato fervore di studi, condotti soprattutto in chiave di accostamento comparativo con la tradizione filosofica europea, sia in forme di adesione più o meno ufficiale, limitate comunque a cerchie alquanto ristrette.
Le Chiese cristiane hanno dovuto pure affrontare in una nuova prospettiva il problema del rapporto con la dimensione politica, accettando in diversa misura il principio della separazione fra Chiesa e Stato e il riconoscimento dei diritti delle minoranze religiose presenti nei diversi paesi. Se il carattere anticristiano dell'ideologia marxista è stato ribadito con forza a più riprese dalle diverse confessioni, spesso perseguitate nei paesi dove hanno preso il potere i regimi comunisti, l'appello alla giustizia sociale è divenuto indubbiamente parte integrante dell'azione dei diversi gruppi cristiani, nonostante il dissidio, talora piuttosto netto, fra le posizioni estremamente conservatrici degli uni e le istanze progressiste degli altri.
Fenomeno senza dubbio rilevante è lo sviluppo del movimento ecumenico, che ha avviato efficacemente il dialogo fra le diverse confessioni, ponendosi il fine ideale di raggiungere concretamente l'unità dei cristiani, secondo una prospettiva che anche la Chiesa cattolica, superando le iniziali tendenze esclusivistiche, ha fatto propria con il concilio Vaticano II, vero momento di svolta per il cattolicesimo contemporaneo. Un cenno merita sicuramente l'attività delle missioni che, condotte sia dai cattolici sia dai protestanti, hanno portato, fin dal XVI secolo, ma soprattutto negli ultimi due secoli, alla diffusione del cristianesimo in tutto il mondo.
IRAN - LA DOLCE RIVOLUZIONE
Dopo 21 anni di regime religioso i persiani chiedono libertà e riforme per entrare nella modernità.
Lo fanno i giornali, i libri, il cinema.
Il sogno? Una vita senza ingerenze.
Teheran è una città dall’aspetto benestante, una città che somiglia per molti versi più a quelle occidentali che a quelle arabe. La rivoluzione ha migliorato lo standard di vita. Città pulita con giardini curatissimi, un antico sistema di canali di scalo lungo le strade, negozi eleganti, librerie e negozi di cellulari, persino una decina di Internet Caffè. All’inizio Internet fu oggetto di grande resistenza. I pochi collegati erano posti soto controllo, ma oggi il potere ha praticamente abbandonato l’idea di poterlo controllare.
Tutto ciò oggi sta diventando possibile perché l’Iran si trova su un crinale difficile e sottile.
L’80% della popolazione ha votatao per le riforme e oggi l’Iran si trova con un Parlamento a maggioranza riformista, con un governo più aperto che tuttavia deve fermarsi dove inzia il potere religioso al vertice del quale c’è l’ayatollah Alì Khamanei, il successore di Khomeini (l’ayatollah artefice della rivoluzione).
Il potere religioso può ancora controllare giornali, cinema, beni dello Stato ecc., ma sembra che vi siano segnali di qualche compromesso sociale, ancge se lo stesso Khamanei ha fatto capire che mai la teocrazia verrà messa in discussione.
E, tuttavia, intorno a lui la società dei presunti valori islamici scricchiola: se nelle campagne la morale islamica è accettata da secoli, nelle città, tra i borghesi, sembra meno tollerata. E le città sono sempre più popolate.
Anche le donne, la maggioranza della popolazione in Iran, ha votato Khatanei e quindi anche loooro forse sentono l’esigenza di uscire da certi pesanti condizionamenti della loro cultura.
Fin da bambine le donne iraniane sono educate alla morale islamica simboleggiata da velo e “chador”. Mentre il velo è un cappuccio cucito e legato intorno al capo, il “chador” è un drappo unico che copre dalla testa ai piedi. In pubblico è obbligatorio portare uno dei due.
Le donne inoltre, hanno moltissimi divieti: non possono guidare, non possono sedere accanto ad un uomo né stringergli la mano ecc.
Eppure tutti confermano che il chador è l’ultimo dei problemi e che l’80% delle donne lo porterebbe anche se non fosse obbligata. E’ un nero drappo che fa più paura all’Occidente che ai persiani, che colpisce di più le straniere – obbligate comunque ad indossarlo, divertendosi un po’ (tanto poi si torna a casa) – che le donne iraniane.
Sarà vero? Non tutte sono d’accordo, soprattutto nelle case degli intellettuali e dei benestanti dove le donne vanno vestite come meglio credono.
Sempre più spesso spuntano ciocche di capelli biondi e di riccioli neri dalla prigione del chador: segno forse di questa seconda, dolce, rivoluzione iraniana?
Da un articolo di Attilio Giordano
Per il “Venerdì” di “La Repubblica” del 26 maggio 2000