La famiglia Tudor

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Testo

Nei cento anni tra la metà del quattordicesimo e la metà del quindicesimo secolo, gli inglesi dovettero affrontare una forte diminuzione della popolazione dovuta alla “morte nera”, una prolungata stagnazione economica e le sporadiche esplosioni della guerra dei Cento anni contro la Francia.
Il quadro comunque non era completamente nero in quanto quegli stessi anni videro la scomparsa pressoché totale dello stato servile, una certa prosperità fra i membri delle classi inferiori e una fioritura della vita universitaria; né vi fu alcun declino dello slancio artistico della nazione.
Ma il graduale svilupparsi di una nuova stabilità nella seconda metà del quindicesimo secolo fu ben accolto da tutto il paese.
I Tudor, vincitori della lotta dinastica, furono eredi di questa situazione.Essi svilupparono ulteriormente la stabilizzazione iniziata sotto gli ultimi re della casa di York e portarono la nazione in salvo attraverso la Riforma, la Controriforma e la minaccia di un’invasione spagnola.
La politica Tudor, sebbene fosse ideologicamente assolutistica e spesso dura e corrotta nella pratica, coincise nelle grandi linee con le aspirazioni più profonde degli inglesi sino quasi alla fine del sedicesimo secolo.
Enrico VII fu ligio me tenace, astuto e prudente in materia finanziaria tanto da apparire addirittura avaro.
Il primo re Tudor dovette dedicarsi non solo al compito di restaurare la monarchia ma anche a quello di guardarsi le spalle dall’attivissima cospirazione yorkista.
Il suo fiore all’occhiello fu la capacità di imporre il rispetto degli 0obblighi politici e finanziari verso la Corona, oltre che della legge e dell’ordine.
Enrico VIII succedette al padre all’età di 18 anni perché suo fratello maggiore, Arturo, era morto nel 1502.Cedendo alle pressioni della nonna (Margherita Beaufort) iniziò il suo regno sposando la vedova del defunto fratello, Caterina d’Aragona.
Questo sovrano era senza dubbio un re affascinante, pericoloso e profondamente corrotto. L’egoismo e l’ipocrisia derivano dalla combinazione di una mente relativamente agile, ma non troppo brillante, e di un radicato complesso d’inferiorità, frutto del trattamento riservato da Enrico VII al suo secondogenito.
Il primo dei Tudor n’aveva, infatti, scarsa opinione; alla morte d’Arturo, infatti, non gli aveva assegnato altro che il titolo di principe del Galles, segno inequivocabile di sfiducia.
Enrico VIII intendeva quindi riscattarsi, attribuendo alle parole rex imperator un significato che neppure gli imperatori romani si sarebbero sognati di dar loro. E, bramoso di conquiste, avrebbe voluto conquistare la corona francese ma il suo primo ministro Wolsey riuscì sempre ad evitare guerre.
A differenza del padre riteneva lo scrivere noioso e penoso; preferiva la caccia, la danza, la bella vita…Nei momenti migliori si dedicava all’astronomia e alla teologia.
Durante il suo regno iniziarono a diffondersi le idee luterane, che giunsero persino alla casa reale tramite Anna Bolena e la cerchia dei suoi intimi.nella sua qualità di legato Wolsey fece com’è ovvio del suo meglio per bloccare la diffusione del protestantesimo, ma senza troppo successo.
In questa bufera religiosa si inserisce il primo divorzio di Enrico.
Caterina d’Aragona gli aveva dato ben cinque figli ma solo la principessa Maria era sopravvissuta e il re esigeva un erede maschio come garante della fortuna della dinastia. Nel 1527 era ormai evidente che Caterina non fosse più feconda, e, nel frattempo, il re aveva messo gli occhi su Anna Bolena, che però non era disposta a concederglisi senza la promessa del matrimonio.Gli annullamenti di matrimoni regali non erano infrequenti e tutto avrebbe potuto risolversi senza drammi se il re non fosse stato un teologo competente oltre che menzognero.
L’ostacolo maggiore era costituito dal fatto che il re, che temeva un’umiliazione internazionale, insisteva a che il divorzio fosse pronunciato da un’autorità competente in Inghilterra, unico sistema per privare la moglie dei suoi diritti legali. Ma a fondamento del suo matrimonio stava la dispensa di Papa Giulio II, dispensa che Enrico dovette procurarsi per sposare la vedova del fratello, quindi la questione spettava a Roma.
Allo scopo di ottenere lo scioglimento senza far riferimento alla Santa Sede, vista la riluttanza del papato a cedere alle sue pretese, a Enrico non restava che provare che la dispensa di Giulio II non era valida, ragion per cui il matrimonio, legalmente, non sarebbe mai avvenuto.
Se la dispensa di Giulio II non era valida non poteva che essere perché i successori di San Pietro non avevano facoltà di prendere misure del genere e i papi non erano dunque meglio di altri legislatori umani ed erano quindi colpevoli di abuso di potere.
Così ben presto si autoconvinse che il primato pontificio era una vergognosa macchinazione umana per privare il re dei suoi diritti.
Enrico volgeva lo sguardo indietro, ai tempi dell’Imperatore Costantino e di re Lucio I. In effetti Lucio I non era mai esistito, era una leggenda. Ma le fonti britanniche di Enrico comprovavano che Lucifera stato un grande sovrano, il primo re cristiano di Britannia, colui che ne aveva dotato la Chiesa di tutte le sue libertà e possedimenti, e che quindi aveva scritto a papa Eleuterio chiedendogli di farlo partecipe delle leggi romane. Il papa però aveva risposto che Lucio non aveva bisogno delle leggi romane perché disponeva della lex britanniae sulla base della quale poteva governare sia il regnum che il sacerdotium:
“Dio ti conceda di governare il reame di Britannia in modo che tu
possa regnare per sempre con colui di cui sei il vicario nel reame”.
Vicarius dei-vicario di Cristo. Il divorzio di Enrico, per quanto assurdo possa sembrare, l’aveva portato a credere nella sua supremazia sulla Chiesa d’Inghilterra.
Scoppiata la crisi causata dal divorzio Enrico si fece personalmente carico della propria politica scacciando Wolsey.
Il sovrano nominò cancelliere Tommaso Moro, mossa che poi gli si rivelò controproducente.
In quel periodo Enrico ed il Parlamento decretarono la fine dell’ alleanza inglese con Roma con una serie di decreti rivoluzionari:
• L’Act of Annates (1532)
• L’Act of Appeals (1533)
• L’Act of Succession (1534)
• L’Atto di Supremazia (1534)
• Il Treasons Act (1534)
• L’Atto contro l’autorità papale (1536)
Enrico VIII esercitava ormai il controllo della Chiesa inglese in veste di suo capo supremo in materia sia temporale che dottrinale.Tuttavia egli non può neanche definirsi un protestante: fino alla sua morte credette in un cattolicesimo privo dell’autorità papale, secondo una logica che si rifaceva ai “fatti” di una presunta “storia” britannica esemplificata da re Lucio I.
Per quanto concerne la politica, la realizzazione del sogno di Enrico di conferire quell’importanza alle parole rex imperator solleva un problema storico fondamentale…
Per quale motivo i vescovi e gli abati inglesi, l’aristocrazia spirituale, permise che la riforma avesse luogo?
La risposta è che almeno in parte Enrico li costrinse mediante minacce e tassazioni punitive ma alcuni vescovi appoggiavano effettivamente il re, sia pure a malincuore. Gli ecclesiastici credevano che fosse cosa migliore sottostare al volere dei monarchi, con i quali scendevano a patti, che essere offerti come vittime sacrificali alla Camera dei Comuni.
La supremazia di Enrico effettivamente preservò i vescovi dai peggiori eccessi dell’anticlericalismo laico, e il conservatorismo dottrinale del sovrano impedì che durante il suo regno si verificasse un’esplosione di protestantesimo.
Nulla tuttavia avrebbe potuto salvare i monasteri: Enrico era sull’orlo della bancarotta e aveva bisogno di incamerare i beni della Chiesa quindi diede il compito al suo nuovo vicereggente Thomas Cromwell di censire conventi e monasteri (Valor ecclesiasticus).
La soppressione dei monasteri minori iniziò nel 1536 e l’anno dopo toccò a quelli maggiori.
Il processo fu interrotto da una ribellione a Nord che venne brutalmente repressa.
Nei forzieri del re entrarono a quel punto 132000 sterline.
I principali beneficiari di questa mossa furono i membri della gentry. Con questa mossa Enrico VIII si assicurò il consenso delle classi sociali più dinamiche e allo stesso tempo riuscì ma risanare le finanze reali.
Le avventure matrimoniali di questo sovrano sono molto note ma sono quì riassunte:
Anna Bolena (seconda moglie) era già incinta quando il re la sposò e Elisabetta nacque il 7/9/1533; Enrico rimase deluso quando seppe che non era un maschio e ne diede la colpa prima a Anna e poi a Dio. Poco dopo Anna venne ripudiata e messa a morte per motivazioni politiche.La scelta del re ricadde subito sulla giovane Jane Seymour il cui trionfo consistette nell’aver messo al mondo il principe Edoardo; Jane morì dieci giorni dopo aver dato alla luce il futuro re. Le successe Anna di Clèves, che Enrico sposò per accattivarsi alleati europei ma i due non avevano nulla in comune e il divorzio fu particolarmente semplice in quanto il matrimonio non era stato consumato. Fu poi la morte di Caterina Howard, sposata nel 1540 e messa a morte per adulterio nel 1542.
Infine Enrico prese in sposa l’amabile Caterina Parr, colta seguace di Erasmo, e grazie alla cui benevola influenza i figli del sovrano crebbero sotto un unico tetto ma al riparo dagli aspetti più cattivi della politica paterna.
Durante il suo regno la riforma inglese era giunta ad un bivio.
Edoardo VI divenne, influenzato dal suo reggente, Somerset, un bigotto protestante.
Infatti fu proprio sotto il suo regno che venne pubblicato THE BOOK OF COMMON PRAYER in due edizioni (1549, 1552).
Questo racchiudeva le pure dottrine scritturali e dovette essere applicato attraverso Atti di uniformità.

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