La Diffusione dei Regimi Autoritari

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LA DIFFUSIONE DEI REGIMI AUTORITARI

Nel corso degli anni venti e ancor più nel decennio successivo si estende in tutta Europa il fenomeno dei regimi autoritari. L’epicentro è rappresentato dall’Europa centro-orientale dove si instaurano governi di carattere militare che si richiamano alle antiche tradizioni autoctone. Non meno militaristi e tradizionalisti sono i regimi autoritari nei Balcani, che confermano l’instabilità di quest’area geografica. Anche in Spagna e Portogallo la risposta conservatrice assume tinte reazionarie, mentre in Austria l’evoluzione autoritaria si sviluppa all’ombra della Germania di Hitler.
Nel corso degli anni venti e ancor più nel decennio successivo si estende in tutta Europa il fenomeno dei regimi autoritari di cui l’Italia detiene il triste primato. Il modello fascista viene ripreso, più o meno esplicitamente, da molte nazioni accomunate dai gravi problemi politici, sociali ed economici provocati dalla guerra. Le nazioni di più consolidata democrazia liberale come l’Inghilterra e la Francia riescono, non senza difficoltà, a frenare i movimenti di tipo fascista; non altrettanto avviene in molti altri paesi in cui maggiori sono le contraddizioni e più deboli le strutture istituzionali. Il fenomeno assume un particolare rilievo e un’eccezionale diffusione nell’Europa Centro-orientale dove più acute e radicali sono le conseguenze della guerra. Non si tratta sempre e subito di regimi propriamente fascisti: più spesso si assiste alla rinascita di forme tradizionali di dittature militari o di governi autoritari.
In Ungheria, dopo la breve e fragile esperienza socialcomunista di Bela Kun degenerata in guerra civile, il potere viene assunto dall’ammiraglio Horthy che instaura una dittatura personale. A quello di Horthy succederanno altri governi autoritari che collocano il paese danubiano al fianco della Germania di Hitler e dell’Italia di Mussolini.
In Polonia in un primo tempo sembra resistere, almeno formalmente, un sistema parlamentare ma, di fatto, vi esercita un enorme potere il generale Pilsudski, nominato presidente provvisorio nel febbraio del 1919. Dopo continui cambi di guida del governo, nel 1926 Pilsudski attua un colpo di Stato, modifica la costituzione, fa eleggere un suo fedele alla presidenza della Repubblica e con la carica di primo ministro instaura una dittatura personale. La dittatura del generale viene consolidata nell’aprile del 1935 quando il varo di una nuova costituzione fa della Polonia una Repubblica presidenziale e abolisce il sistema parlamentare.
Altri governi a carattere autoritario si costituiscono nel 1926 in Lituania e nel 1934 in Estonia e in Lettonia.
L’unico paese in questa area geografica che riesce a mantenere un sistema di tipo liberale è la Cecoslovacchia, forte di una solida base industriale e rappresentata da statisti democratici come Masaryk e Benes.
L’altra area europea che subisce il fenomeno dei regimi autoritari è quella balcanica, tradizionale area “calda” del continente dove si consumano i conflitti più pericolosi e dove aveva avuto origine lo stesso conflitto mondiale.
La Bulgaria si era schierata nel primo conflitto mondiale al fianco degli imperi centrali e sconta nel dopoguerra le conseguenze della sconfitta. Dopo una prima fase sotto l’egemonia del Partito contadino guidato da Alessandro Stambolijski, nel 1923 questi viene assassinato durante un colpo di Stato militare guidato dal leader di estrema destra Cankov. Da allora si consolida un regime di tipo dittatoriale che porta lo Stato balcanico a schierarsi con la Germania nazista.
La Jugoslavia si forma tra la fine del 1918 e il 1919 dall’unione tra la Serbia, la Croazia, la Slovenia, il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina. Il nuovo regno viene affidato a Pietro di Serbia e al figlio Alessandro che nell’agosto del 1921, alla morte del padre, assume il titolo di re Alessandro I° di Jugoslavia. Dopo una fase di duri scontri politici e interetnici, il 5 gennaio 1929 Alessandro I° proclama la dittatura, scioglie il parlamento e impone il suo potere su tutto il territorio nazionale. Nel 1931 il potere personale del re si ammorbidisce con la reintroduzione di un regime parlamentare che non cambia però nella sostanza il carattere autoritario dello Stato. Nel 1934 Alessandro viene ucciso e prende il suo posto il figlio Pietro II°, sotto la reggenza del principe Paolo.
Alla conclusione del conflitto mondiale la Grecia continua le ostilità contro la Turchia dalla quale la dividono antiche ruggini alcune mire territoriali. Nel dicembre del 1923 il re Giorgio II° è costretto ad abdicare e, pochi mesi dopo, un plebiscito popolare proclama la Repubblica alla guida della quale viene chiamato l’ammiraglio Kunduriotis. La situazione resta però estremamente confusa in un paese in perenne stato di guerra (nel 1925 le truppe greche invadono la Bulgaria e vengono fermate dalla Società delle nazioni). Nel 1928 torna al potere Venizélos, già capo di governo nel 1916, ma nel marzo del 1935, a seguito di violenti scontri tra repubblicani e monarchici, viene richiamato in patria Giorgio II° e restaurata la monarchia (novembre). Nel giugno del 1936 diventa primo ministro il generale Metaxas che due mesi dopo attua un colpo di Stato e si proclama dittatore.
Anche l’Albania presenta un sistema politico istituzionale di tipo dittatoriale: nel 1925 viene proclamata la Repubblica ed eletto presidente Ahmed Zogu che fa varare una costituzione di tipo autoritario. Il potere personale di Zogu viene definitivamente sancito con la sua elezione a re nel settembre del 1928.
Negli anni venti la Spagna è un paese con una struttura economica agricola organizzata prevalentemente sulla grande proprietà terriera e, in alcune regioni, sulla piccola proprietà contadina. Nelle Asturie, a Bilbao e a Barcellona, troviamo alcuni insediamenti industriali spesso di proprietà degli stessi latifondisti. Dal punto di vista politico vige una monarchia costituzionale con un parlamento nazionale (le Cortes) sostanzialmente privo di poteri. La struttura sociale si fonda su una gerarchia che vede al vertice i grandi proprietari terrieri e una debole borghesia industriale, poi scendendo troviamo la piccola-borghesia rurale, una grande massa di contadini salariati e una esigua presenza operaia. Contadini e operai sono rappresentati dalle organizzazioni sindacali le più importanti delle quali sono la socialista Union general de trabajadores (UGT) e l’anarchica Confederaciòn nacional del trabajo (CNT). Svolge un ruolo decisivo la Chiesa cattolica detentrice di un enorme potere politico ed economico.
Nel dopoguerra il sistema politico spagnolo mantiene ancora una parvenza di democrazia ma sono sufficienti un po’ di scioperi e di tensione sociale perché si inneschi la reazione conservatrice e autoritaria. Nel 1923 una ribellione anticoloniale scoppiata in Marocco trova totalmente impreparate le truppe spagnole di stanza, segue un’inchiesta governativa che scopre le gravi responsabilità dei vertici militari. L’inchiesta subita dall’esercito viene considerata un “affronto” dal capitano generale della Catalogna, il generale Miguel Primo de Rivera che minaccia di marciare sulla capitale. L’azione di forza viene evitata soltanto perché il re Alfonso XIII decide di affidare il governo al militare ribelle. Si instaura così una dittatura clerico-militare basata sull’appoggio dell’esercito e della Chiesa che scioglie il parlamento, abolisce la libertà di parola e di stampa. La dittatura, che nel 1926 stringe un trattato di amicizia con Mussolini, si protrae fino alla fine degli anni venti.
Il Portogallo nel dopoguerra è una società arretrata ben distante dagli antichi fasti vissuti all’epoca delle grandi scoperte geografiche e delle rotte commerciali per le americhe. Dopo una tormentata fase contraddistinta da due tentativi di colpi di Stato (1915-1919) si instaura una fragile democrazia liberale che viene interrotta nel maggio del 1926 dall’ascesa al potere del generale Antonio Carmona attraverso l’ennesimo putsch. Nel luglio del 1932 viene nominato primo ministro l’economista cattolico Antonio de Oliveira de Salazar. Questi instaura un regime autoritario anch’esso, come in Spagna, fondato sull’appoggio della Chiesa e dell’esercito. La dittatura clerico-autoritaria segna la vita portoghese per quasi mezzo secolo.
A pochi mesi dalla conclusione del primo conflitto mondiale l’impero asburgico anticipa nei fatti quella dissoluzione che i trattati di pace renderanno formale. Nell’ottobre del 1918 viene proclamata la Repubblica cecoslovacca, in novembre quella ungherese. Con la conferenza di Versailles l’antico glorioso impero si sfalda definitivamente e l’Austria rimane circoscritta a circa 85.000 chilometri quadrati. Nel frattempo, il 12 novembre 1918, dopo l’abdicazione dell’imperatore Carlo, viene proclamata la Repubblica austriaca. Nel 1919 si svolgono le elezioni per l’assemblea costituente e viene eletto cancelliere il giurista Karl Renner. La grave crisi economica che colpisce l’Austria viene risolta dall’intervento delle Società delle nazioni. Nel 1927 si acuisce il conflitto sociale e, a seguito di gravi disordini, viene istituita una forza di polizia, la Heimwehr, apertamente filofascista. Nel 1932 si forma un nuovo governo di centro-destra guidato da Dollfuss che tenta di riportare il paese a uno stato di normalità, ma aumentano i disordini provocati dagli aderenti al partito nazista. Nel 1933 Dollfuss interviene duramente: scioglie le organizzazioni paramilitari e sospende le garanzie costituzionali. Nel febbraio del 1934 le tensioni covate esplodono nella guerra civile che vede contrapposti il governo di destra ai socialisti che amministrano il Comune di Vienna. Dollfuss ha la meglio, scioglie i partiti politici e assume nel luglio poteri dittatoriali. Le agitazioni dei nazisti che vogliono l’annessione alla Germania non smettono e il 26 luglio questi tentano un colpo di Stato che fallisce, ma Dollfuss viene ucciso. Prende il suo posto Schuschnigg mantenendo gli stessi poteri dittatoriali. Intanto continua la tensione tra Austria e Germania iniziata sin dal 1934 per le mire annessionistiche di quest’ultima: nel febbraio del 1938 Schuschnigg incontra Hitler senza riuscire a far valere le proprie posizioni. Costretto alle dimissioni viene sostituito da Seyss-Inquart, capo del partito nazista austriaco. Nel marzo le truppe tedesche invadono l’Austria e viene proclamata l’annessione al Reich (Anschluss), confermata dopo pochi giorni da un plebiscito.

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