La decolonizzazione 2

Materie:Appunti
Categoria:Storia
Download:262
Data:23.11.2000
Numero di pagine:12
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
decolonizzazione-2_1.zip (Dimensione: 12.16 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_la-decolonizzazione-2.doc     42.5 Kb


Testo

LA DECOLONIZZAZIONE E ILTERZO MONDO
1. IL PROCESSO DI DECOLONIZZAZIONE
Alla vigilia della seconda guerra mondiale la dominazione coloniale europea si estendeva su una gran parte del pianeta. I possedimenti inglesi, i più vasti, abbracciavano 30 milioni di km2 con 500 milioni di abitanti, e quelli francesi coprivano 13 milioni di km2 con 110 milioni di individui. Nel "continente nero" esistevano solo tre Stati indipendenti e in Asia soltanto la Turchia, il Giappone e la Cina possedevano i requisiti della sovranità statale (= potestà dello Stato di esercitare la sua attività di governo sui propri cittadini e di curare i propri interessi senza alcuna limitazione impostagli dall'esterno).
Oggi questi imperi coloniali non esistono più perché si sono dissolti dopo la fine del secondo conflitto mondiale in seguito a un impetuoso moto di emancipazione dei popoli della dominazione coloniale che li ha condotti alla conquista dell'indipendenza.
Un primo elemento che sta alla base del processo di "decolonizzazione" è l'indebolimento delle potenze coloniali nel corso della guerra (ad esempio Belgio, Francia e Inghilterra persero il loro prestigio in seguito ad alcune sconfitte). Inoltre il declino di Gran Bretagna e Francia si inseriva nel dopoguerra in un contesto internazionale dominato dalle due superpotenze (Stati Uniti e Unione Sovietica) che non potevano essere considerate veri e propri imperi coloniali e che erano contrarie al vecchio colonialismo e all'ideologia che lo sosteneva:
- le posizioni anticolonialiste dei sovietici discendevano direttamente dalle teorie antimperialistiche di Lenin; inoltre l'URSS vedeva nell'alleanza con i paesi in lotta per la propria indipendenza la possibilità di spezzare la barriera che gli USA stavano costruendo contro di lei.
- gli americani, memori di essere stati i primi a combattere per uscire dalla condizione coloniale, sostenevano il diritto dell'autodecisione (= possibilità e capacità di deliberare liberamente e validamente sui propri destini o sui propri interessi) dei popoli proclamato nel 1941 dalla "Carta atlantica"; questo atteggiamento statunitense era determinato anche dalla volontà di impedire che dalla decolonizzazione si avvantaggiasse solo l'Unione Sovietica e dall'ambizione di sostituire la propria influenza a quella inglese in regioni-chiave sul piano militare o ricche di materie prime.
La decolonizzazione seguì nei singoli paesi vie diverse, più o meno rapide e pacifiche o lunghe e sanguinose a seconda del grado di sviluppo socio-economico e delle particolarità storiche, politiche e sociali.
L'Inghilterra già nell'Ottocento era venuta incontro alle esigenze dell'emancipazione coloniale con la concessione progressiva dell'autogoverno e aveva fatto le prime esperienze di decolonizzazione prima della guerra. Così scelse la strada del dialogo e dell'accordo rinunciando progressivamente all'impero.
La Francia, che aveva scelto in passato la strada dell'integrazione delle colonie, era invece meno preparata alla rinuncia del suo ruolo imperiale e adottò quindi una linea dura e repressiva, impegnandosi in una serie di cruenti conflitti che segnarono la sua sconfitta.
2. GLI AVVENIMENTI IN ASIA
La prima ondata della decolonizzazione partì dall'Asia per una serie di ragioni:
- in molti paesi di questo continente i sentimenti nazionali avevano radici più profonde che in Africa, perché vi erano state elaborate religioni millenarie e civiltà raffinate, la cui essenza aveva resistito al confronto con i conquistatori consentendo la conservazione di una propria identità culturale;
- nel corso del dominio coloniale si erano consolidate elites nelle quali l'educazione di tipo occidentale si coniugava all'attaccamento ai valori nazionali e che erano quindi in grado di mettersi alla testa dei movimenti di emancipazione;
- qui esercitava una rilevante influenza l'esempio della Cina comunista, modello di una rivoluzione fondata sull'apporto dei contadini alla lotta armata;
- l'interesse degli Stati Uniti a ridurre la presenza europea in Asia per sostituirvi la propria e assicurarsi così il pieno dominio sul Pacifico.
In India durante la guerra i nazionalisti avevano promosso una vasta campagna di "disobbedienza civile" in segno di protesta per la decisione di Londra di coinvolgere il paese nel conflitto senza consultare il Partito del Congresso; quest'ultimo nel 1942 votò una risoluzione ("Quit India") in cui chiedeva l'indipendenza dell'India per permetterle di partecipare in piena sovranità alla lotta contro le potenze totalitarie. Il rifiuto di Churchill, che si limitò a promettere l'indipendenza per il dopoguerra, acuì l'ostilità popolare contro i dominatori proprio mentre una tremenda carestia uccideva milioni di persone.
La situazione era ormai diventata insostenibile per gli inglesi, che subito dopo la fine della guerra avviarono trattative per il trasferimento della sovranità all'India. I negoziati furono ostacolati dal contrasto fra indù e musulmani (questione sia etnica che religiosa). Gandhi e il Partito del Congresso volevano infatti un'India unita, perché sostenevano che i musulmani erano pur sempre popolazioni di ceppo indiano, anche se convertitesi al maomettanesimo. Invece, secondo la Lega musulmana, tra indù e musulmani esistevano differenze fondamentali; di conseguenza l'unica alternativa possibile era la spartizione del subcontinente in due diverse entità. Questa soluzione prevalse sull'altra e così, il 15 agosto 1947, furono proclamati due stati indipendenti: l'Unione Indiana, diretta da Nehru e a maggioranza indù e il Pakistan, abitato prevalentemente da musulmani e formato da due zone (occidentale e orientale).
Questa divisione causò un'esplosione di conflitti religiosi ed etnici in tutto il paese e un drammatico esodo di popolazioni nei due sensi. Di tali contrasti restò vittima lo stesso Gandhi, assassinato nel gennaio 1948 da un fanatico indù, che gli rimproverava la predicazione della "non violenza" nei confronti dei musulmani. La tensione portò poi allo scoppio di scontri armati tra i due Stati, come quelli del 1948-49 e del 1965 per il controllo del Kashmir e la guerra del 1971, che provocò il distacco del Pakistan dal Bengala orientale, prevalentemente indù, che si costituì nello Stato del Bangla Desh.
Dopo la scomparsa di Gandhi il primo ministro Nehru riuscì a mantenere la coesione del Partito del Congresso e avviò la modernizzazione delle antiche strutture sociali ed economiche dell'India. Vennero soppresse le caste, fu combattuta la poligamia, si affermò la parità dei sessi e l'eguaglianza dei cittadini, vennero intraprese vaste campagne di controllo demografico per frenare il troppo rapido aumento della popolazione.
Sul terreno economico l'azione di Nehru si ispirò a un progressismo moderato (il "socialismo indiano") che condusse all'introduzione di un sistema produttivo misto. Accanto al settore pubblico, costituito con la nazionalizzazione dell'industria di base, restò prevalente il settore privato, comprendente la maggior parte del comparto industriale e tutta l’agricoltura, nella quale una riforma agraria eliminò molti proprietari assenteisti. L’opera di Nehru fu poi proseguita dalla figlia Indira Gandhi, che fu primo ministro dal 1966 al 1977 e dal 1981 al 1984, quando venne assassinata da un fanatico sikh
(= appartenente a una comunità politico-religiosa indiana monoteista e contraria alla divisione in caste).
Il successo dei piani quinquennali, adottati nel 1951, fece uscire l’India dalla prolungata stagnazione dell’epoca coloniale e la spinse sulla via di una lenta industrializzazione. E notevoli risultati conseguì anche l’agricoltura che riuscì a garantire il fabbisogno alimentare essenziale alla popolazione. Il paese continuò però ad essere percorso da forti tensioni provocate dai contrasti etnici e religiosi e dai residui del sistema delle caste, duri a morire soprattutto nelle campagne.
3. I FRANCESI E LA GUERRA D’INDOCINA
Il Vietnam, la regione orientale dell’Indocina affacciata sul mare Cinese meridionale e sul golfo del Siam e abitata dalle popolazioni viet, nel X secolo si era liberato dalla dominazione cinese e aveva stabilito nella prima metà dell’Ottocento il suo predominio sul Laos e sulla Cambogia. Ma poco dopo il Vietnam (che si chiamava impero dell’Annam) entrò nell’orbita delle ambizioni imperialistiche della Francia, che nel 1887 impose la sua sovranità su tutta la penisola costituendo l’Unione Indocinese.
Il regime coloniale francese, caratterizzato da duro sfruttamento economico e brutale dominio politico, alimentò nei vietnamiti una crescente ostilità contro i colonizzatori. L’opposizione (che crebbe durante la seconda guerra mondiale) al dominio straniero fu ispirata dal Partito comunista indocinese di Ho Chi Minh, che allargò la sua influenza dopo aver promosso nel 1941 la costituzione del “Vietminh”, una formazione composta da comunisti e gruppi nazionalisti sulla base di una comune piattaforma antifrancese e antigiapponese.
Dopo la capitolazione del Giappone Ho Chi Minh proclamò ad Hanoi la Repubblica Democratica del Vietnam (settembre 1945). Ma i francesi occuparono buona parte della penisola e avviarono trattative con il “Vietminh” per creare una federazione indocinese, che prevedeva un Vietnam autonomo all’interno di un blocco francese detentore della sovranità.
I negoziati fallirono di fronte alla volontà del governo di Ho Chi Minh di giungere all’unificazione e alla piena indipendenza dei vietnamiti; e nel novembre 1946 la Francia diede quindi inizio alle ostilità con un bombardamento navale del porto di Haiphong. I francesi, che nel 1948 impiantarono a Saigon un regime-fantoccio restaurando sul trono l’imperatore dell’Annam Bao Dai, condussero inizialmente una guerra di tipo coloniale; ma dopo la vittoria dei comunisti in Cina (1949) e l’inizio della guerra di Corea (1950), il conflitto indocinese perse il suo carattere limitato e si integrò nella guerra fredda. Le forze vietnamite, abilmente comandate dal generale Vo Nguyen e rifornite di armi dall’URSS e dalla Cina, passarono dalla guerriglia, appoggiata dai contadini, alla guerra regolare condotta con unità più grandi; i francesi furono così costretti alla difensiva, nonostante potessero contare sul massiccio aiuto finanziario degli USA. I vietnamiti sconfissero definitivamente i francesi il 7 maggio 1954. Subito dopo la Francia si ritirò dall’Indocina, potendo termine alla guerra.
Con gli accordi internazionali di Ginevra del luglio 1954 il Laos e la Cambogia ottennero l’indipendenza, mentre il Vietnam fu diviso da una linea di armistizio fissata al 17° parallelo, con il nord controllato dal “Vietminh” e il sud dal corrotto e reazionario regime filoamericano di Saigon.
LA "GUERRA" AMERICANA IN INDOCINA
L'Escalation Americana nel Vietnam
Nonostante la vittoria di Ho Chi Minh ci fu la mancata risoluzione della questione del Vietnam; qui gli Stati Uniti presero il posto dei Francesi, perché preoccupati di una vittoria comunista che portasse alla perdita di tutto il Sud-Est Asiatico.
Il governo di Saigon, sostenuto dagli Americani, si rifiutò di indire le elezioni; così il FRONTE NAZIONALE di LIBERAZIONE (FNL) del Sud-Vietnam, fondato nel 1960e di ispirazione comunista, diede inizio alle operazioni di guerriglia per garantire il controllo delle campagne del Vietnam Meridionale.
Gli Stati uniti inviarono nel Vietnam un numero sempre crescente di reparti; questi per piegare i partigiani , detti "VIETCONG", utilizzavano i più sofisticati strumenti militari come le bombe al Napalm e i continui bombardamenti nelle zone rurali .
L'Escalation Americana si estese al Nord con delle incursioni aeree di superbombardieri ma i Vietnamiti, meno potenti degli Americani, ma capaci di gestire al meglio i sostegni dati dall'URSS e dalla Cina. Nelle truppe Americane erano in continuo aumento la diserzione e le proteste contro una guerra giudicata inutile.
Gli accordi di Parigi e l'unificazione del Vietnam
Il 27 gennaio 1973 iniziarono i cosiddetti Accordi di Parigi, delle lunghe trattative tra Stati Uniti e i Governi di Hanoi,Saiogon e il FNL, per stabilire la fine del combattimento e l'inizio di un nuovo governo. Nel 1975 il Governo di Saigon ruppe gli accordi stabiliti , iniziò così l'Offensiva di Primavera del 1975, lanciata dal Governo di Hanoi e dagli Vietcong. Il 30 aprile 1975 venne conquistata Saigon, si ebbe così l'unificazione del Paese: la Repubblica Democratica del Vietnam; da questa unificazione nacquero altri stati come: la Repubblica Democratica Popolare del Laos (1975) e la Repubblica Democratica di Kampuchea (1975), dominata dai Khmer (=popolazione autoctona della Cambogia).
IL CROCEVIA del MEDIO ORIENTE
Islamismo e "Panarabismo".L'indipendenza di Libano, Siria e Transgiordania
Il Medio Oriente, cioè quell'insieme di stati del Mediterraneo Orientale (Turchia, Siria, Egitto, Israele, Libano, Arabia, Iran e Iraq), ha una storia marcata dalla religione: l'Islamismo, qui gli Islamici costituiscono l'80% della popolazione e le aspirazioni più grandi di questa ideologia islamica e panarabista sono l'indipendenza e le trasformazioni sociali. Un altro elemento è l'aspirazione degli Stati Uniti a sostituirsi al dominio Anglo-Francese per ottenere sia le risorse petrolifere, sia per affermare la propria presenza in funzione antisovietica nel Mediterraneo Orientale.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale Francia e Gran Bretagna cercarono di conservare il controllo su questi paesi, proponendo progetti di unificazione che tendevano alla creazione di una "Grande Siria", ma il Movimento di Emancipazione portò all'indipendenza Libano , Siria e Transgiordania ; mentre nella Penisola Arabica si effettuò un precario equilibrio tra stati feudali e piccoli staterelli.
La Questione di uno Stato Ebraico in Palestina
Un mandato britannico indicava che il numero di Ebrei, immigrati tra le due guerre con la speranza di poter trovare la patria nella propria terra d'origine, stava aumentando; così l'Inghilterra che inizialmente aveva favorito questo flusso migratorio, all'inizio del 1945 adottò una Politica di Restrizione per mantenere buoni rapporti con gli Stati Arabi, contrari al rafforzamento delle presenza ebrea.
Ciò scaturì l'irritazione dell'opinione pubblica Europea e Americana poiché convinta che la Creazione di uno Stato Sionista fosse il giusto indennizzo per le stragi naziste.
Dall'ottobre 1945 il Movimento Terrorista dell'IRGUM (=Organizzazione Estrema Araba) moltiplicò il numero degli attentati ; Londra si vide costretta, all'inizio del 1947, ad affidare la Questione Palestinese alle Nazioni Unite (ONU), quest'ultime approvarono un piano di divisione della Palestina in tre parti: Stato Ebraico, Stato Arabo, Gerusalemme Internazionalizzata (sotto stretto controllo dell'ONU):
Questo progetto venne però respinto dagli Stati della Lega Araba, fondata nel 1945, perché favoriva gli Ebrei.
Proclamazione dello Stato d'Israele: la "prima guerra arabo-israeliana"
Gli Ebrei dichiarano, il 14 maggio 1948, la nascita del Nuovo Stato di Israele; istantanea fu la reazione della Lega Araba , che inviò truppe militari in Palestina, dando così origine alla prima guerra arabo-israeliana. Gli Ebrei costringono gli Arabi a siglare gli Armistizi di Rodi, febbraio-luglio 1947, che posero fine agli scontri ma non alla guerra. Infatti gli Stati arabi non vollero firmare i trattati di pace perché essi non riconoscevano l'esistenza dello Stato d'Israele. La conseguenza più drammatica della guerra furono i profughi Arabi-Palestinesi, circa 900.000.
Dopo il conflitto, Israele si rafforzò sia dal lato demografico, soprattutto per i profughi che si possono dividere in due categorie:gli Askenaziti, provenienti dall'Europa Centro-Orientale e con un buon livello di cultura; e i Sefarditi, provenienti dai Paesi Arabi e con un basso grado di cultura; sia dal lato economico, qui grazie ai cospicui finanziamenti delle comunità ebraiche sparse nel mondo (soprattutto quelle statunitensi) l'industria e l'agricoltura poterono rialzarsi: quest'ultima aveva una particolare organizzazione sociale: i Kibbutzim.
IL RISORGIMENTO DELL'AFRICA
La presa di coscienza anticolonialista. L'indipendenza della Turchia e del Marocco
La decolonizzazione dell'Africa, che avvenne più tardi rispetto a quella Asiatica, fu comunque più rapida perché c'era innanzitutto l'esempio dell'Asia stessa e, secondariamente, ci fu una presa di coscienza da parte dei colonizzatori degli effetti del colonialismo. Il rimodellamento territoriale risultò lacerante; i dominatori Europei avevano stravolto nell'Africa Nera le formazioni statali preesistenti, le identità culturali, i modi di vita e le diverse etnie.
L'africa Settentrionale composta da: Egitto stato sovrano fin dall'antichità, Libia che ottenne l'indipendenza nel 1951, Magherb costituito dalla Tunisia, Algeria e Marocco, era controllata dalla Francia.
+Tunisia: essa per ottenere l'indipendenza venne guidata dal Neo-Destur, partito laico e modernizzante, fondato nel 1943; esso ebbe come maggior esponente Habib Burghiba; egli portò fino in fondo i propri ideali fino ad una fase di lotta Armata grazie alla quale nel 1954 ci fu il Riconoscimento dell'Autonomia, preludio alla Piena Indipendenza ottenuta nel 1956. Nel 1957 la Tunisia venne proclamata Repubblica, governata da Burghiba che attuò un'economia mista, influenzata dal Capitalismo e dal Socialismo).
+Marocco: questo Stato ottenne la Piena Indipendenza nel 1956 grazie all'opera del Partito Nazionale dell'Indipendenza (ISTIQUAL) che ottenne l'appoggio del sultano Muhammad V°.
Lotta di Liberazione dell'Algeria
Gli avvenimenti che portarono all'emancipazione dell'Algeria furono più cruenti e drammatici, poiché qui si erano radicati molti coloni francesi. Nel novembre 1954 si passò alla Lotta Armata, voluta dal Movimento per l'Indipendenza e attuata attraverso operazioni di terrorismo e di guerriglia coordinate dal Fronte di Liberazione Nazionale (FNL) in cui Mohammed Ben Bella acquistò prestigio.
La lotta raggiunse il culmine nella Battaglia di Algeri (gennaio-luglio 1957) mediante gli attacchi terroristici dei Francesi che ebbero la vittoria militare ma non quella politica. A Parigi iniziò così una confusa crisi che terminò nel 1958 con un ritorno al potere di De Gaulle; egli si orientò per il Disimpegno dell'Algeria e avviò così le trattative con il FNL. Nel marzo 1962 gli Accordi di Evian stabilirono la fine della guerre e una nuova sovranità per lo Stato algerino; egli adottò una politica interna centralizzata con l'autogestione socialista delle imprese e una politica esterna antimperialista.
Il Sud Africa

Questo Paese, costituito per la maggior parte da neri, dopo la Seconda Guerra Mondiale istituì l'Apartheid, ovvero un regime di segregazione della popolazione di colore, la quale fornisce di manodopera per i famosi giacimenti di diamanti e oro. Gli uomini di colore sono mantenuti ad un continuo stato di inferiorità mediante delle leggi razziste, che proibivano determinati comportamenti e servizi(es. entrare in un locale pubblico, salire su un mezzo di trasporto prima di un bianco). I nazionalisti neri si opposero a questa politica e aiutati dall'ONU e dalla Gran Bretagna riuscirono a condannare l'Apartheid, che viene mitigato nel 1988. Il 10 maggio 1994 ci furono le Prime Elezioni a suffragio Universale, vinte da Nelson Mandela, uomo che aveva combattuto da sempre contro l'Apartheid e che per questo motivo era stato imprigionato, ma aveva continuato a credere nei propri ideali. Mandela viene dichiarato Presidente della Repubblica Sudafricana.

Esempio