La crisi del 1929 e l'ascesa del nazismo

Materie:Riassunto
Categoria:Storia
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Testo

LA CRISI DEL 1929
La ripresa economica dopo il primo dopoguerra
Alla fine degli anni ’20 i traumi prodotti dalla prima guerra mondiale sembravano essere superati: l’indebitamento pubblico e l’inflazione andavano riassorbendosi, la distensione franco-tedesca apriva una prospettiva di pace e di relazioni stabili, e il sistema produttivo statunitense continuava ad espandersi in modo sostenuto.
Il boom economico statunitense
L’economia americana aveva tratto molti vantaggi dalla guerra:
1. era stata favorita la sua posizione di primo paese produttore e “banchiere” del mondo.
2. superata la fase recessiva dell’immediato dopoguerra il sistema produttivo americano aveva saputo riconvertirsi alla domanda dei mercati internazionali, al contrario di quelli europei, che si erano quasi esclusivamente concentrati a produzioni belliche.
Ciò avvenne in presenza di numerosi fattori positivi
1. forte mercato interno.
2. razionalizzazione dei processi produttivi e innovazioni tecnologiche che hanno portato a un incremento enorme della produttività oraria.
I settori industriali trainanti furono quelli automobilistico, degli elettrodomestici, delle fibre sintetiche.
La produzione ottenuta era diffusa su larga scala, anche grazie ai sistemi di vendita rateale.
La bilancia commerciale era in forte attivo: l’economia americana era infatti molto legata a quella europea, in quanto gli ingenti prestiti che gli USA concedevano all’Europa stimolavano la sua ripresa economica, e quindi la sua domanda di beni; la produzione statunitense era perciò molto superiore alla capacità di assorbimento interno.
Dal punto di vista politico, gli USA erano guidati dal partito repubblicano. La linea politica di questo partito era rivolta al protezionismo e all’isolazionismo: il governo adottava una politica economica decisamente liberista sul piano interno, in modo da favorire l’iniziativa privata, e protezionistica sul piano internazionale, in modo da difendere la produzione nazionale.
Il boom diventa crisi
L’euforia e l’ottimismo derivati da boom economico misero in moto comportamenti che ebbero come risultato il crollo del mercato borsistico americano.
La grande crescita del sistema industriale fece aumentare grandemente non solo i profitti, ma anche il valore delle azioni, e l’aspettativa di poter realizzare grandi guadagni con la compravendita azionaria; da ciò derivò una corsa sfrenata alla speculazione azionaria, cioè all’acquisto di azioni per lucrare sul loro incremento di prezzo. Ma questo incremento era sempre di più legato al gioco della domanda borsistica che agli effettivi risultati delle imprese. Il boom però non colpì nè il settore agricolo che trovava difficoltà nel collocare sul mercato prodotti a prezzi remunerativi, né quello tessile e dell’edilizia.
Nel 1929 maturò la crisi: la saturazione del mercato interno statunitense si intrecciò con la decisione delle maggiori banche di distogliere finanziamenti dall’Europa per concentrarli sulla speculazione di borsa.Ciò ha portato ad una contemporanea caduta della domanda interna ed esterna, compromessa sia dalla caduta dei finanziamenti americani, sia dalle misure protezionistiche che molti paesi adottavano come risposta a quelle statunitensi.
Il “giovedì nero” e la “grande crisi”
La crisi finanziaria causata dal crollo della borsa di New York, esplose il 24 ottobre del 1929, il celebre “giovedì nero”, quando a fronte dei primi sintomi di recessione del sistema industriale, si verificò una frenetica corsa alla vendita di azioni, cosa che, secondo il gioco della domanda e dell’offerta, causò lo sgretolamento dei prezzi delle azioni. Questo shock produsse un effetto a catena su tutti i settori economici e tutte le classi sociali: la rovina economica di molti finanzieri causò la chiusura di migliaia di aziende industriali e commerciali, e il licenziamento di milioni di lavoratori dipendenti.
Le misure politiche adottate dal governo repubblicano, furono poche e inefficaci: vennero poste barriere d’ingresso alle importazioni e vennero bloccati i finanziamenti all’estero, e ciò provocò il tracollo del commercio internazionale e la crisi finanziaria di molti Stati, soprattutto europei.
La “grande crisi” andò quindi a colpire anche l’Europa.
L’esportazione della crisi in Europa
La ripresa delle economie europee fu immediatamente arrestata dalla crisi americana, e il sistema produttivo venne messo in ginocchio dal collasso del sistema bancario e dei sistemi monetari. L’esportazione della crisi avvenne quando le banche statunitensi chiesero il pagamento dei crediti che avevano concesso all’estero. Grandi banche tedesche ed austriache fallirono, e ciò provocò una contrazione del credito, e molte industrie, non potendo più ricevere finanziamenti, furono costrette a chiudere. I Paesi più colpiti furono quelli che avevano avuto maggiore necessità dell’aiuto delle banche statunitensi, in particolare la Germania, che aveva fatto ampio ricorso al credito americano, dopo il piano Dawes; inoltre la politica deflazionistica di Bruning incrementarono il malessere sociale, dato che egli adottò una politica di contenimento delle spese statali, di riduzione dei salari e dei prezzi e il rifiuto di intraprendere costruzione o altri lavori. In questo modo crebbe a dismisura la disoccupazione. Il cancelliere, inoltre, temendo che il risorgere dell’inflazione potesse penalizzare il suo elettorato, vale a dire la classe media, avviò un processo inflativo controllato per diminuire e contenere le conseguenze della depressione.
La sterlina inglese era sull’orlo del collasso (le riserve auree della Banca d’Inghilterra erano esaurite) e venne svalutata del 40%; ciò destò grande sensazione in quanto era sancita la decadenza commerciale della Gran Bretagna. Si formò un dualismo tra le aree baste su un’industrializzazione classica che adoperava il carbone e la siderurgia e le aree del sud caratterizzate dalla diffusione delle industrie automobilistiche, elettriche ed aeronautiche. Le autorità statali per migliorare le condizioni delle aree depresse incentivò progetti di edilizia privata e pubblica. Per la Gran Bretagna le conseguenze della crisi furono comunque attenuate dall’esistenza di un mercato protetto, costituito dall’impero britannico.
Le conseguenze per gli altri paesi furono meno gravi.
La Francia non aveva avuto bisogno di finanziamenti e aveva un commercio interno in grado di sopperire alla contrazione di quello internazionale dato che i costi della disoccupazione vennero pagati dai lavoratori immigrati che rientravano in patria e dato che l’agricoltura fu in grado di assorbire parte degli operai che erano stati licenziati nei centri urbani.
In Italia l’industria era poco sviluppata, così come i suoi rapporti con il mercato mondiale; lo Stato Fascista controllò gli scambi monetari, creò l’IMI (istituto mobiliare italiano) e l’IRI (istituto per la ricostruzione industriale) e inoltre adottò una politica protezionistica.
Roosvelt e il “New Deal”
In piena crisi, le misure adottate dal governo repubblicano (contrazione della spesa pubblica, riduzione del numero di dipendenti pubblici, delle prestazioni sociali e degli investimenti in opere pubbliche), non furono assolutamente efficaci. Alle elezioni del 1932 viene eletto presidente il democratico Franklin Delano Roosvelt, che fin da subito dichiarò di voler inaugurare un “nuovo corso”, una nuova strategia fondata sull’intervento diretto dello Stato nell’economia, con l’obiettivo di sostenere la ripresa economica e l’aumento dell’occupazione.
I punti fondamentali del “New Deal”
1. supporto all’azione sindacale per cercare di indurre un aumento dei livelli salariali, allo scopo di ridare fiato ai consumi.
2. grandioso programma di investimenti in opere pubbliche, per assorbire occupazione.
3. riforme di carattere sociale, finalizzate a una redistribuzione del reddito.
4. leggi a tutela dei lavoratori
5. riduzione dell’orario di lavoro..
6. incentivi agli agricoltori per ridurre la produzione e salvaguardare i prezzi, e crediti per riscattare le proprietà ipotecate.
7. il mercato borsistico e il sistema bancario furono sottoposti a controlli.
8. abbassate le tariffe doganali e per sostenere le esportazioni, svalutato il dollaro.
9. venne fatto un piano di programmazione territoriale nella vallata del Tennessee (una delle zone più depresse del Sud).
10. tra gli interlocutori dell’amministrazione democratica vennero inseriti anche i rappresentanti della classe operaia sindacalizzata e le organizzazioni degli agricoltori.
11. Vennero poste le basi per un sistema pensionistico.
Nel 1937 ci fu una nuova crisi; negli anni precedenti la ripresa era stata possibile grazie a una politica che doveva far crescere la domanda di acquisto aumentando in modo artificiale la capacità di spesa delle masse popolari. Nel 37, per tenere sotto controllo il deficit statale vennero diminuiti i fondi a disposizione delle varie organizzazioni. Nel 38 la crisi era terminata e ormai l’America doveva preoccuparsi della situazione internazionale.
I risultati ottenuti dal “new Deal”,che cessa di essere attuato nel 1939, furono notevoli; tuttavia una piena ripresa economica si verificò solo con l’aumento della produzione dovuto alle produzioni belliche, verificatosi nell’imminenza della seconda guerra mondiale.
Il nuovo ruolo dello Stato nell’economia
Il verificarsi della grande crisi ha provocato un ripensamento delle teorie economiche, con una decisa critica al liberismo assoluto, il laissez-faire. L’economia, abbandonata a se stessa, era precipitata in un baratro da cui occorreva farla uscire attraverso una diversa linea di politica economica. Fu soprattutto l’economista inglese John Maynard Keynes a sostenerne la necessità.
Keynes sosteneva che lo Stato non doveva intervenire solo per alleviare la disoccupazione attraverso lavori pubblici, ma anche concedendo crediti a basso interesse e favorendo una politica di alti salari, intesa ad accrescere il consumo, e quindi ad allargare il mercato interno. Allo stesso modo, occorreva favorire una redistribuzione del reddito, introducendo imposte progressive, che colpissero le rendite improduttive.
Per Keynes, comunque, lo Stato non doveva assumere le funzioni dei capitalisti privati, ma solo correggere gli squilibri e le distorsioni di un’economia priva di regole.
LA GERMANIA TRA LE DUE GUERRE
LA REPUBBLICA DI WEIMAR
Dall’ottobre del 1918 in Germania si creò una grande incertezza politica: i socialdemocratici volevano la fine immediata delle ostilità;la “lega di Spartaco” credeva in una rivoluzione anticapitalistica per eliminare la monarchia e instaurare una società socialista. Questa propaganda era molto accettata anche dall’esercito e in particolar modo dai marinai; la sinistra rivoluzionaria voleva formare una “repubblica dei consigli”basata su organi di autogoverno degli operai e dei soldati. Dopo la richiesta dell’armistizio (5-10-1918) la situazione precipitò e l’opposizione si schierò sempre più contro la monarchia che cadde definitivamente il 9-11 quando fu proclamata a Berlino la Repubblica Tedesca detta di Weimar (dalla città dove si riunì l’Assemblea Costituente). Al Primo Congresso dei consigli degli operai e dei soldati la SPD ottenne la maggioranza, il 31-12 venne fondato dagli spartachisti il Partito Comunista (KPD) il quale tentò un’azione insurrezionale che si concluse nel sangue. Con l’elezioni del 19-1 si formò un governo di coalizione tra socialisti, partito cattolico e liberali democratici e venne eletto presidente Ebert. Dal 1920 invece, si iniziarono a rafforzare le vecchie classi conservatrici, vale a dire i partiti di centro-destra: nacque il Partito Operaio Tedesco che poi nell’agosto dello stesso anno diventerà il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP). Il 28-6-1919 era stato emanato il Trattato di Versailles e l’umiliazione subita accentuò gli animi nazionalisti nella loro campagna anti-socialista e anti-democratica.Una circostanza che favorì la caduta della Repubblica di Weimar fu l’inflazione del 1923 e la crisi economica del 1930-33. Subito dopo la guerra la Germania aveva avuto una rapida ripresa e la disoccupazione era pressoché scomparsa. Ma ancora incombevano le riparazioni di guerra: il governo tedesco chiese di dilazionarle, ma la Francia rifiutò, e non vedendo ancora soldi occupò il bacino industriale della Ruhr, centro nevralgico delle industrie tedesche. L’industria tedesca ne fu paralizzata, il marco divenne carta straccia (per comprare un dollaro ci volevano miliardi di marchi) con la conseguenza che i salari e gli stipendi persero potere di acquisto con disagi per i lavoratori e i pensionati.
Un’abile campagna di destra allora addossò tutte le colpe di questa crisi alla repubblica, infiammando così gli animi già stravolti dei tedeschi. (l’8-11-23 Hitler capo della NSDAP tentò un colpo di stato nazionalista che fallì e fu arrestato).
Tuttavia, grazie all’abile politica di Stresemann, capo del governo, la Germania si ristabilì dalla crisi: egli infatti introdusse un nuovo marco e fu deciso di pagare le riparazioni di guerra attraverso il “Piano Dawes” che si basava sul concetto fondamentale che la Germania stando in crisi economica non poteva pagare i debiti di guerra perciò le nazioni dovevano fornirle dei capitali sotto forma di investimenti e prestiti agevolati. Dopo che questo patto venne accettato dagli alleati la Germania si riprese in breve tempo:diminuì la disoccupazione e vennero emanate delle leggi con lo scopo di migliorare la qualità di vita delle classi meno abbienti. Morto Ebert gli successe Hindenburg di stampo monarchico (ciò era avvenuto poiché i comunisti preferirono votare per un proprio candidato, piuttosto che appoggiare il Marx ossia il candidato del “blocco popolare”). Nel 25 furono ripresi i rapporti con la Francia grazie alla conferenza di Locarno in cui la Germania garantiva Francia e Belgio da un eventuale attacco (e viceversa): garanti erano l’Italia e l’Inghilterra. Nel 26 la Germania entrò a far parte della Società delle Nazioni; contemporaneamente strinse rapporti segreti con la Russia soprattutto nell’ambito militare: le armi tedesche venivano prodotte dall’URSS sfuggendo in questo modo al controllo delle commissioni alleate per il disarmo.
Nel 1927 si ritornò alla produzione industriale prebellica, e fino al 1928 si ebbe una situazione di benessere economico fino alla crisi del 1929 in cui la Germania fu duramente colpita. Vennero radicalizzate le opposizioni sia a destra che a sinistra: i nazionalisti volevano un potere conservatore mentre i comunisti sostenevano la rivoluzione socialista; comunque sia entrambe le forze si stavano coalizzando in funzione anti-repubblicana. Il primo ministro Bruning fu la causa del disfacimento della repubblica poiché emanò una serie di decreti legge (rifacendosi all’articolo 48 della costituzione che prevedeva, in casi eccezionali la promulgazione di un decreto legge senza il concorso del potere legislativo) per aggirare la prassi parlamentare e rafforzare il potere esecutivo. Proprio in seguito alla bocciatura di un decreto presidenziale rassegnò le dimissioni e vennero indette delle nuove elezioni che decretarono il forte successo del NSDAP che era stato appoggiato da moltissimi giovani i quali avevano visto in Hitler l’unica forza in grado di risollevare le sorti economiche e sociali della Germania.
Ancora però non si era riusciti a sedare quel pensiero controrivoluzionario e nazional-patriottico che ancora serpeggiava tra l’esercito, burocrazia, magistratura e università e che minavano alle fondamenta la Repubblica di Weimar.
IL MOVIMENTO NAZISTA
Origini e fondamenti ideologici
Quando si parla di nazismo bisogna distinguere il “movimento” nazista che si sviluppò tra gli anni Venti e Trenta dallo “Stato” nazista inteso come governo dispotico che invece si formò nel gennaio del 1933. il NSDAP nacque come rifiuto agli esiti della guerra: i nazionalisti attribuivano la causa principale della sconfitta ai marxisti e ai pacifisti che avevano sabotato dall’interno del paese la guerra; infatti furono proprio i bolscevichi a causare, sempre secondo loro, la fine dell’impero e la nascita della repubblica. Nel movimento nazista confluivano: il nazionalismo, l’anti-socialismo, i piccoli borghesi, la rabbia degli ex combattenti e i disoccupati. Uno dei punti del programma del NSDAP prevedeva la rinuncia dello sfruttamento da parte del capitalista dell’operaio, il quale a sua volta doveva impegnarsi per la pacificazione nazionale; quindi il capitalista e il proletario dovevano lavorare e impegnarsi a vicenda ai fini dello sviluppo produttivo. Un altro punto fondamentale era l’antisemitismo: gli ebrei, i quali erano presenti nelle file del marxismo e nei partiti operai e i quali si occupavano della finanza internazionale, erano visti come i principali colpevoli dei mali che affliggevano la Germania. In pratica il NSDAP fu l’unico partito che lesse la crisi della Germania come una crisi di valori di una società democratica e moderna. Nel nazismo troviamo anche riferimenti alla filosofia di Hegel e di Nietzsche, alla letteratura romantica tedesca e un’interpretazione sociale del darwinismo. L’opera che divenne la “Bibbia” del partito fu il “Mein Kampf” (la mia battaglia) scritto da Hitler tra il 1924 e il 1927.
Hitler e il Fuhrerprinzip
Hitler, il futuro Fǘrer della Germania, nacque in Austria da una famiglia legata alla tradizione contadina; a Vienna si consolidò il suo pensiero basato: sull’antisemitismo, l’odio per il proletariato, il rifiuto della cultura moderna e il nazionalismo aggressivo. Con lo scoppio della guerra si arruolò tra le file dell’esercito tedesco:questa per lui altro non era che l’apice del nazionalismo e pangermanesimo. Dopo essere stato ferito trascorse dei mesi in ospedale e quando uscì trovò una Germania completamente modificata basata ormai su un ordinamento repubblicano; successivamente divenne “ufficiale istruttore” e la sua posizione gli consentiva di far propaganda fra le truppe. Nel 1920 iniziò a partecipare alle riunioni di un piccolo partito della destra nazionalista e nel giro di poco tempo, grazie anche alle sue doti di oratore e di manipolatore, divenne capo del partito da lui stesso fondato: il NSDAP.
Il Mein Kampf ruotava attorno a tre semplici concetti:
1. lotta al liberalismo con conseguente disprezzo al parlamentarismo e alla democrazia.
2. lotta al marxismo materialista, alla lotta di classe e alla rivoluzione sociale.
3. lotta contro gli ebrei accusati di manipolare l’economia e il mondo finanziario tedesco: lo scopo della razza ariana era quello di sottomettere le altre razze e di creare una nuova società “purificata”.
L’ideologia nazista, dunque, si fondava sul concetto di razzismo. Hitler utilizzò, per far accrescere il numero dei suoi sostenitori, tutti i mezzi di propaganda a lui disponibili:il cinema, la radio, la stampa, l’arte e la letteratura. Lo scopo prioritario del furer era quello di trasformare la Germania in una grande potenza e di ampliare i propri confini a Est.
La grande crisi e il movimento nazista
Il carcere e l’esempio di Mussolini convinsero Hitler ad accantonare l’uso della violenza organizzata come strumento per ottenere il potere e ad abbandonare le rivendicazioni populiste per guadagnarsi l’appoggio della borghesia e della grande industria e perciò per ottenere maggiori consensi tra le classi popolari Hitler adottò una via legalitaria, anche se vennero organizzate le SA (squadre d’assalto) usate per annientare le organizzazioni social-comuniste. Fino al 1929 la NSDAP rimase un partito abbastanza piccolo; alle elezioni presidenziali del 1932 ebbe la meglio Hindenburg grazie anche ai voti ottenuti dai cattolici e dai socialdemocratici che optarono per un candidato anti-hitleriano. L’elezione di un rappresentante della monarchia rappresentava l’inizio del declino della repubblica e se a ciò si aggiunge la frattura esistente all’interno della sinistra, è ovvio pensare che Hitler, nel giro di poco tempo, si sarebbe proposto come candidato alla cancelleria del Reichstag. Alle elezioni che si tennero nuovamente nel 32 la NSDAP, totalizzando il 37.4% dei voti, divenne il più grande partito tedesco.
IL TERZO REICH
Hitler al potere
Nel 1932 la crisi politica raggiunse l’apice a causa della crisi economica di riflesso dell’America. Il cancelliere Bruning tentò di fare qualche riforma ma fu costretto a rassegnare le dimissioni e venne sostituito da Van Papen. Nello stesso anno gli industriali e gli agrari decisero di appoggiare fortemente il nazismo per instaurare un forte potere borghese-conservatore. In nuovo cancelliere Schleicher tentò di appoggiare sia la parte più rivoluzionaria del nazismo che i vari sindacati pensando a delle riforme in chiave anticapitalistica: questo, però, fece sì che gli industriali spinsero Hinderburg ad affidare il comando della cancelleria a Hitler che avvenne il 30 gennaio del 1933. ciò segnò la fine della repubblica di Weimar.
Il terrore interno,l’emigrazione, l’opposizione al nazismo
Come Hitler salì al potere decise di sopprimere i giornali e creò una polizia ausiliaria. L’episodio del gravoso incendio che il 27-2 distrusse il Reichstag fu preso da pretesto da Hitler per eliminare gli articoli della costituzione garanti della libertà civile e personale; nel giro di poco tempo il furer abolì tutti i partiti di Weimar. Dal 14-7 venne dichiarato lo Stato totalitario e tutti coloro che volevano proseguire un’attività politica differente dal nazismo furono costretti ad emigrare e proprio quest’ultimi crearono i primi centri di opposizione al nazismo. Vi fu così la cosiddetta “fuga di cervelli” dalla Germania: tutti gli intellettuali fuggirono soprattutto verso gli Stati Uniti, e si riveleranno molto importanti in futuro per lo sviluppo tecnologico di questo Stato. Tra gli oppositori troviamo anche i cattolici. In un primo momento Hitler il 20-7-1933 firmò un accordo con il papa Pio XII anche se poi non lo rispettò perchè cercò di eliminare ogni elemento estraneo allo Stato-Partito e quindi anche i partiti cattolici stessi; nel 36, infatti, i rapporti tra il Reich e il Vaticano peggiorarono ulteriormente a causa della politica anti-religiosa e si formò un movimento cattolico d’opposizione ideale al nazismo. Gli ufficiali non vedevano di buon occhio il processo di “nazificazione” dell’esercito, ossia il tentativo di controllare direttamente l’apparato militare, anche se i generali fino al 1943, a causa della rimilitarizzazione della Renania contro il parere dello Stato Maggiore, non poterono fare nulla.
Lo stato totale
Nel partito troviamo due fazioni divergenti: la destra conservatrice vicina a Hitler e la sinistra rivoluzionaria guidata da Rohm che dirigeva le SA ottenendo vasti consensi nel partito. Rohm pensava che si stesse per attuare la seconda rivoluzione in funzione anti-capitalistica, ma dato che Hitler era molto vicino agli industriali era necessario eliminare dal partito l’ala più rivoluzionaria. Hinderburg spinto dai nazisti sciolse il partito e fissò le elezioni per il 5-3-33. La propaganda fu notevole anche se i risultati furono inferiori rispetto alle attese: la NSDAP“solo”il 44.9% dei voti ottenne anche se rimase in ogni modo il maggiore partito tedesco. A questo punto iniziò la fase dell’equiparazione, ossia della nazificazione dello Stato: nel giro di sei mesi Stato e nazismo divennero la stessa cosa dopo che Hitler stabilì l’assoluto monopolio politico; venne creata la Gestapo (polizia segreta) e la magistratura fu posta sotto il controllo del governo. Nel 34 i rapporti tra Hitler e Rohm peggiorarono dato che il furer non aveva nessuna intenzione di attuare la seconda rivoluzione. Il 21-6 Hitler fu costretto ad eliminare gli estremisti, anche perché se non lo avesse fatto l’esercito avrebbe potuto direttamente assumere la guida dello Stato. L’epurazione iniziò con “la notte dei lunghi coltelli” nella quale morirono centinaia di persone. Quando morì Hinderburg Hilter assunse anche il compito di presidente del Reich: a questo punto il suo potere era diventato illimitato. Per fare leva sulle persone venne creata la “gioventù hitleriana”, ossia un’organizzazione che curava nel dettaglio la vita dei tedeschi in ogni suo aspetto.
L’antisemitismo e le persecuzioni razziali
La politica nazista contro gli ebrei può essere distinta in tre fasi:
1. 33-35 moderata.
2. 35-38 inasprimento della discriminazione razziale.
3. 38 in poi, epurazione totale.
Fino al 1935, dato che Hitler doveva ancora consolidare il potere e dato che voleva dare un’immagine positiva in ambito internazionale, i provvedimenti rimasero legati al solo mondo del lavoro. Progressivamente gli ebrei vennero emarginati dalla società. Nel 35 con la legge di Norimberga essi vennero privati anche della cittadinanza tedesca e vennero dichiarati estranei alla Comunità nazionale. Quando nel 38 un ebreo per opporsi alla politica razzista e antisemita uccise un diplomatico nazista le autorità scagliarono migliaia di tedeschi contro gli ebrei stessi. Nella notte tra l’8 e il 9 novembre (la famosa “notte dei cristalli”) vennero rotte migliaia di vetrine di negozi ebraici. La soluzione finale al problema ebraico venne messa in atto solo durante la seconda guerra mondiale quando gli ebrei riempirono i campi di concentramento. Si calcola che nei lager nazisti persero la vita ca 7.000.000 di persone di cui ca 6.000.000 erano di religione ebraica.
Politica economica e sociale del Terzo Reich
Dal 33 l’economia, subordinata del tutto alla politica, si basò essenzialmente sul riarmo totale in vista della guerra. Lo scopo primario della politica agraria fu quello di conseguire l’autosufficienza alimentare. Anche se il governo di Hitler non mantenne le promesse fatte ai contadini, come quella di distribuirgli i latifondi incolti, questi ottennero abbastanza per entrare tra le file dei sostenitori del nazismo. In questi anni le campagne, in cambio di una sicurezza economica, fornirono allo Stato soldati e consenso. Per ciò che riguarda il mondo industriale e del lavoro in genere bisogna ricordare che il furer nel 34 fece approvare il decreto della “fonte del lavoro”, vale a dire un’organizzazione in cui proletari e salariati lavoravano in un’ottica corporativistica. Lo scopo di esse era quello di poter controllare contemporaneamente più settori dell’industria. La vita economica venne progressivamente militarizzata dato che con le nuove leggi i lavoratori non potevano rifiutare il lavoro assegnatogli dalle autorità. Nel 1934 tutte le aziende di uno stesso settore dovevano entrare in dei “gruppi economici” esponendo i cartelli per limitare la concorrenza: ciò avrebbe consentito il consolidamento dell’industria pesante e il risparmio delle risorse. Nel 36 invece vene varato un piano quadriennale con lo scopo di raggiungere l’autarchia (diminuendo le importazioni) e preparare il paese alla guerra, oramai imminente (parte di questi provvedimenti, paradossalmente, vennero ripresi dalla politica stalinista in URSS). Per diminuire il deficit statale e gli scompensi tra industria pesante e leggera Hitler cercò di ampliare i propri confini ad oriente.
Politica estera (1933-1937)
La politica estera si basò su ciò che era scritto nel Mein Kampf: un espansionismo che avrebbe consentito alla Germania di poter dominare il continente. Distinguiamo tre fasi:
1. 33-36 Hitler scelse di non sottostare agli obblighi derivanti dal trattato di Versailles riaffermando dunque la sovranità nazionale.
2. 37-38 il Reich raggiunse i confini naturali annettendo alla Germania altri territori; si attuò la ricongiunzione con l’Austria.
3. dal 39 in poi si affermò apertamente il carattere imperialistico del regime che portò all’annientamento della Cecoslovacchia e all’annessione di Boemia e Moravia e l’aggressione alla Polonia il 1-settembre 1939.
Bisogna considerare anche le alleanze che strinse la Germania durante questi anni con le altre potenze; anche qui possiamo distinguere due fasi:
1. 33-35 la Germania rimase isolata anche se non venne ostacolata nei suoi progetti poiché rappresentava un freno al comunismo e al bolscevismo.
2. dal 37 fece accordi con Italia e Giappone.
Questi erano già iniziati nel 35 con la formazione dell’asse Roma-Berlino a cui successivamente si aggiunse il Giappone. Nel 33 Hitler ritirò la Germania dalla Società delle Nazioni e poi, incurante di ciò che era stato sancito nel trattato di Versailles riarmò il paese nella totale incuranza da parte delle altre nazioni. Nel 35 la SAAR si ricongiunse con la Germania; poi venne fatto un accordo con la Gran Bretagna il quale prevedeva che la marina tedesca non poteva superare il 35% del tonnellaggio di quella britannica e con ciò veniva implicitamente accettato il riarmo tedesco. Sempre nello stesso anno venne resa obbligatoria la coscrizione. Francia e Inghilterra non fecero nient’altro che protestare. Il 36 fu un anno decisivo: Hitler occupò la Renania non considerando dunque il trattato di Locarno del 1925 tra Francia e Germania. La Francia non si mosse e ciò agli occhi dei tedeschi apparve come un gran successo per Hitler. Tra il 1936 e il 1937 la Germania era diventata una grande potenza.
Differenze tra Nazismo e Fascismo
Nonostante tutte le analogie (esaltazione dello stato forte, l’esasperato nazionalismo, lo squadrismo), il fascismo e il nazismo sono dei movimenti con molte differenze:
1. Innanzitutto il nazismo nacque come movimento antisemita e razzista e con l’esaltazione della razza ariana, mentre il fascismo non fu condizionato da alcuna esaltazione della razza (si avrà in seguito per seguire le impronte tedesche).
2. Il partito nazista partì con una ideologia ben definita e già presente nella mente dei Tedeschi; l’ideologia fascista fu inculcata dal regime agli Italiani assumendo toni controrivoluzionari, agrari e industriali.
3. Tutte e due furono movimenti di massa, ma il fascismo tentò di rendere demagogicamente popolare la conservazione come metodo di tranquillità sociale, mentre il nazismo mirò a concentrare tutte le nostalgie nazional-patriottiche presenti in Germania dopo la sconfitta della 1a Guerra Mondiale.

LA POLITICA INTERNAZIONALE TRA LE DUE GUERRE
La Francia
Oltre all’instabilità politica degli anni Venti e Trenta bisogna aggiungere le difficoltà economiche. Dal 29 al 36 si successero circa una ventina di governi. Tra le personalità di spicco ricordiamo Laval che deflazionò il franco causando la protesta di massa. A ciò la destra estremista reagì tentando un colpo di stato il 6-2-1934 che però fallì; la sinistra invece, per vincere le elezioni del 36 formò un fronte popolare con i socialisti, i comunisti e i radicali che si mostrò almeno inizialmente vincente. Blum divenne il nuovo capo del governo: durante il suo mandato la tensione si mantenne alta anche all’interno del fronte popolare: i comunisti erano propensi ad un’azione rivoluzionaria mentre i radicali volevano gestire in modo moderato il paese. Blum emanò delle leggi sul pino sociale: ferie retribuite; settimana lavorativa di 40 ore; controllo statale sulle fabbriche di materiale bellico e soppressione delle organizzazioni fasciste. In politica economica invece si adoperò per utilizzare i vantaggi dovuti ai risarcimenti di guerra imposti alla Germania e riordino coloniale.
La Gran Bretagna
Anch’essa attraversò in questi anni difficoltà economiche e sociali; inoltre l’affermazione degli USA e del Giappone fece venir meno la supremazia secolare marittima così come la crisi del carbone era stata determinata dall’avvento dell’energia elettrica e la diffusione del petrolio. Nel 31 con lo statuto di Westminster vennero regolarizzati i rapporti tra le colonie e l’UK: veniva formalizzato il Commonwealth (associazioni di popoli che perseguivano un bene comune). Nel 21 venne trattata la questione irlandese: l’Irlanda del Nord continuava ad appartenere alla giurisdizione di Westminster, mentre l’Irlanda del Sud venne dichiarata indipendente. Dal 24 in poi si alternarono, a capo del governo, laburisti (Mac Donald) e conservatori come Baldwin che affrontò la situazione finanziaria; nel 29 tornò nuovamente Mac Donald che, con l’appoggio di liberali e conservatori formò un governo nazionale. Successivamente il governo più importante fu quello di Chamberlain che offrì delle cessioni alla Germania per pagare i debiti di guerra e per cercare di mantenere a tutti i costi la pace internazionale.
Il fallimento dell’azione diplomatica
L’equilibrio internazionale era precario poiché: Wilson aveva preferito l’isolazionismo; la Gran Bretagna tornava ad occuparsi del suo impero; la tensione era forte causa dei risarcimenti di guerra che doveva pagare la Germania; la Francia voleva isolarla per evitare che essa tornasse una grande potenza. Inoltre l’equilibrio era privato sia della Russia e sia dell’impero Asburgici. La Società delle Nazioni era debole per la non adesione degli Stati Uniti e a tutto ciò bisogna annoverare anche la crisi economica che dilagava in Europa.
Lo “spirito di Locarno”
Dal 1925 si parla di “spirito di Locarno”per indicare quel clima di fiducia che si instaurò tra le varie nazioni le quali credevano di poter raggiungere delle intese diplomatiche. Con la conferenza che avvenne il 16-10-1925, vennero sottoscritti degli accordi tra Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia e Belgio e prevedevano: l’impegno tedesco di smilitarizzare la Renania e il riconoscimento da parte della Germania dei propri confini occidentali che erano stati definiti a Versailles; inoltre la Germania cercò di trovare degli accordi con la Polonia e la Cecoslovacchia (convenzioni di arbitrato). Però se Italia e UK si dichiararono garanti per i confini occidentali tedeschi, per quelli orientali la Polonia e la Cecoslovacchia potevano contare solo sull’intesa della Francia. Questo accordo venne sottoscritto dalla Germania in un periodo di benessere e ripresa economica: in altre parole lo accettò solo per uscire dall’isolazionismo e per entrare a far parte della Società delle Nazioni, cosa che avvenne nel 1926; nel 28 fu firmato il patto Briand-Kellogg da quindici stati che si riproposero di evitare la guerra per risolvere i conflitti internazionali, anche se a causa degli effetti della crisi del 29 paesi come Germania, Italia e Giappone erano convinti che una guerra fosse il modo più semplice per uscire dalla difficile situazione.
Il sistema delle alleanze alla vigilia della seconda guerra mondiale
La Francia per timore di un ritorno della Germania dall’isolazionismo degli USA firmò una serie di alleanze: 1921 alleanza franco-polacca; 1924 alleanza franco-ceca, 1926 alleanza franco-romena; 1927 alleanza franco-jugoslava. Nel 1931 il Giappone occupò prima la Manciuria e poi la Cina; l’Italia rivendicava un ruolo di potenza di primo piano; la Germania con la salita al potere di Hitler voleva far affermare il pangermanesimo, ossia un vasto impero formato da tutte le popolazioni di lingua tedesca. Per far ciò Hitler cercò prima di annettere l’Austria che si trovava in difficoltà a causa dell’opposizione dei socialdemocratici. Nel 34 i nazisti tentarono un colpo di stato che non raggiunse i risultati sperati dato che essi vennero bloccati dalla dura repressione. Dato che in ambito internazionale Italia, UK e Francia avevano dichiarato la loro contrarietà al progetto hitleriano, egli ,almeno in un primo momento abbandonò il progetto. Nel 32 venne sancito un patto di non aggressione franco-sovietico; nel 35 sempre la Francia firmò un accordo con l’Italia. L’11-4-35 ci fu il convegno di Stresa tra Francia UK e Italia nel quale venne condannato il riarmo tedesco; l’URSS nel 34 entrò a far parte della Società delle Nazioni e l’anno seguente fece un’alleanza con la Cecoslovacchia. La Gran Bretagna sottoscrivendo un accordo con la Germania sui limiti della flotta tedesca, accettava implicitamente il riarmo di quest’ultima. Nel 35 l’Italia andando contro la Società delle Nazioni occupò l’Etiopia; l’anno seguente Hitler riarmò la Renania nel disinteresse generale. Dal 36 al 39 si svolse la guerra civile spagnola che evidenziò l’incapacità di azione della Francia e della Gran Bretagna. Sempre nel 36 Hitler e Mussolini sottoscrivevano l’asse Roma-Berlino: esso prevedeva che l’Italia continuasse ad aderire solo in funzione strumentale alla Società delle Nazioni e che facesse fronte compatto con il regime fascista nella lotta al bolscevismo; i fascisti italiani s’impegnavano inoltre a sostenere la dittatura di Franco. I Tedeschi in cambio riconoscevano l’impero d’Etiopia. Nel 37 il furer costrinse il cancelliere austriaco a dimettersi e il 12 marzo le truppe naziste invasero l’Austria per “salvare il paese dal caos”. La volontà espansionistica di Hitler lo portò ad occupare la Cecoslovacchia: sempre per il progetto del pangermanesimo voleva ricongiungere i sudati alla Germania. Il rischio di una guerra era reale dato che la Francia aveva sottoscritto un patto con i cechi; nonostante ciò la Cecoslovacchia fu lasciata sola. La situazione peggiorava giorno dopo giorno e i governi occidentali chiesero a Mussolini di fare da mediatore: il 30-9 a Monaco si riunirono il duce, il furer, Chamberlain e il primo ministro francese Daladier, questi decisero che la Cecoslovacchia, abbandonata ormai da tutti, era costretta a cedere. Nel 39 Hitler voleva terminare il suo piano diabolico: la conquista di Danzica e quindi della Polonia che avvenne in marzo; successivamente occupò anche la Boemia e la Moravia. Il 2-5-1939 venne firmato il patto d’acciaio tra Germania e Italia: non si trattava di un’alleanza difensiva ma totale, perché le clausole del trattato imponevano che il sostegno militare diventasse immediatamente operativo non appena una delle due nazioni si fosse trovata in stato di guerra,a prescindere dal fatto che fosse il paese attaccante o attaccato. Sempre ne 39 Francia e UK fecero una serie di accordi con il Belgio, l’Olanda, la Grecia, la Romania, la Turchia e la Polonia. Il 23 agosto venne sancito un accordo tra URSS e Hitler di non aggressione poiché Stalin voleva tirarsi fuori dall’imminente guerra e Hitler, sempre in caso di guerra, voleva evitare il confronto tra due fronti. Segretamente i due dittatori si assicurarono: la neutralità dell’URSS in cambio di una parte della Polonia nonché dell’accettazione da parte del furer delle mire espansionistiche russe in Lettonia, Finlandia, Estonia e Lituania. Il 1 settembre 1939 la Germania invase la Polonia, la risposta di Francia e Inghilterra fu immediata e il 3 settembre dichiararono guerra alla Germania. Era scoppiata la seconda guerra mondiale.
Guerra civile spagnola
Nel 36 si scontrarono militarmente le forze fasciste con quelle antifasciste. Dal 1931 al 1936 destra e sinistra si erano alternate varie volte alla guida del paese. Alle elezioni del 36 il fronte popolare, composto da catalani, baschi, democratici liberali, comunisti,salì al potere. Le masse quindi si ribellarono contro i latifondisti e contro il clero. La svolta avvenne nel luglio del 1936 quando ci fu la sollevazione delle truppe dell’esercito presenti in Marocco e nelle Canarie: gli insorti, guidati da Francisco Franco, occuparono la zona occidentale della Spagna creando un governo anti-repubblicano. Mentre Germania e Italia aiutavano materialmente le truppe di Franco, Inghilterra e Francia scelsero la neutralità. L’URSS, invece appoggiava il governo repubblicano, promovendo la formazione di brigate internazionali in funzione antifascista. Franco si basava sul consenso della borghesia. Il governo repubblicano era diviso in due schieramenti: quella anarchica che voleva attuare riforme economiche e sociali e i partiti della coalizione che volevano invece salvare la repubblica. Nel 1937 i repubblicani, appoggiati dal Partito comunista, si scontrarono con gli anarchici. Nel 38 Franco separò la capitale Madrid dalla Catalogna e nel 39 l’esercito nazionalista entrò a Madrid. Lo scontro si concluse con la vittoria del fascismo internazionale e Franco pose le basi per una dittatura che perdurò fino al sopraggiungere della sua morte nel 1975.

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