Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia |
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Testo
Spunti di riflessione sulla recrudescente crisi Arabo-israeliana ; aspetti storici , politici e religiosi .
Sin dalle origini della loro storia gli ebrei hanno costituito un’isola monoteistica nel mare del politeismo antico. Occuparono la Palestina sotto la guida di Mosè. Le dodici tribù di cui era costituito il popolo ebraico strinsero un patto di alleanza religiosa e le loro tradizioni culturali e soprattutto religiose li portarono a sostenere continue lotte con le popolazioni vicino con cui vennero a contatto: assiri, babilonesi , persiani, macedoni e romani. Proprio quest’ultimi nel 70 dC ad opera dell’imperatore Tito distrussero il tempio di Gerusalemme e dettero inizio alla Diaspora.
In età imperiale gli Ebrei della Diaspora furono tollerati e protetti perché la realtà dell’impero era multiforme. In età medioevale soprattutto dalle Crociate (1096) furono adottati verso gli ebrei dei procedimenti ristrettivi e segregazionisti , essi infatti furono rinchiusi nei ghetti , furono loro proibiti il possesso delle proprietà immobili (case) e le professioni liberali . Essi si dedicarono ad attività commerciali ed al prestito del denaro ad interesse (anche in conseguenza della proibizione dell’usura fatta ai cristiani dalle autorità della chiesa).
Essi divennero oggetto del disprezzo della superstizione popolare che li ritenne per secoli responsabili di ogni calamità naturale come epidemie, carestie etc.
Vittime di persecuzioni gli ebrei vennero particolarmente colpiti in Spagna ed anche in altri paesi , subito dopo la cacciata dei mussulmani con i quali avevano convissuto serenamente .
Gli Ebrei videro parzialmente riconosciuti i loro diritti solamente dalla fine del 1700 nell’età dell’ Illuminismo e delle idee di tolleranza. Nell’800 sorge una nuova forma di antisemitismo cioè un’attività anti-ebraica organizzata politicamente e fondata su precise basi scientifiche.
L’antisemitismo nacque in Germania e si diffuse in Europa dando origine , come reazione , al movimento del sionismo, movimento a carattere politico-religioso volto a riunire la Palestina a tutti gli ebrei dispersi nel mondo. Fondatore fu Theodor Hertze il quale nel 1897 organizzò a Basilea il primo congresso sionista e collaborò alla fondazione della banca nazionale ebraica i cui fondi sarebbero dovuti servire all’acquisto e alla messa in valore dei terreni in Palestina (incentivare le attività produttive).
Nel 1909 sorse la prima città ebraica Tel-Aviv. La Gran Bretagna cercò di appoggiare questo movimento tanto che nel 1917 il sionismo ottenne dall’Inghilterra la dichiarazione di Belfast , in questo documento ci si impegnava a costruire un focolare ebraico in Palestina protetto da Londra secondo i programmi elaborati da Hertze e dai suoi successori. Così si ebbe una notevole immigrazione ebraica che precedette la formazione di colonie agricole , alla costituzione di centrali e di impianti per utilizzare e sfruttare le acque del Giordano.
Questo flusso immigratorio dette fastidio agli Arabi i quali si risentirono e da qui scaturirono violente lotte , aggravatesi dopo il 1933 per la presenza ebraica che in Palestina andava sempre più aumentando a causa delle persecuzioni naziste in Europa. Infatti negli anni successivi alla prima guerra mondiale in Germania l’antisemitismo si affermò come dottrina ufficiale del nazismo , teorizzato da Hitler e Rosemberg , il quale nell’opera intitolata “ Il mito del XX secolo” teorizzava i principi che sfociarono nelle leggi razziali di Norimberga (1935) alle quali dal 1938 si uniformò anche se in forma più blanda pure l’Italia fascista.
Durante la seconda guerra mondiale l’antisemitismo hitleriano toccò il suo apice con l’eliminazione fisica di 6 milioni di ebrei nei campi di sterminio. Il movimento sionista che ebbe un ruolo particolare durante e dopo la seconda guerra mondiale , vide realizzare le proprie attese nel 1947 quando l’ONU decise la spartizione della Palestina tra Arabi ed
Ebrei, e soprattutto nel 1948 quando venne proclamato lo stato di Israele. La nascita dello stato di Israele ha portato tragiche conseguenze: 4 guerre arabo-israeliane
La prima nel 1947-49, la seconda nel 1956, la terza nel ’67 e la quarta nel ’73.
La creazione dello Stato fece incrementare l’afflusso degli ebrei dall’Europa centrale ed orientale e ribaltò la consistenza della popolazione locale ponendo gli arabo- palestinesi in situazione di inferiorità giuridica e numerica. In quel periodo pur di non sottostare al potere israeliano 750mila palestinesi abbandonarono il paese rifugiandosi negli stati arabi confinanti (1948).
I successi riportati dagli israeliani nei confronti degli eserciti che si erano riuniti nella lega Araba portarono nel 1949 ad un armistizio con il quale si delinearono i territori del nuovo stato. La fascia costiera , il deserto del Negev, l’alta e bassa Galilea , una parte della Giudea e della Samaria ; Gerusalemme venne divisa in due parti , la parte occidentale ad Israele e quella orientale venne ammessa alla Giordania. Nel 1988 Yasser Arafat dell’OLP ( organizzazione liberazione Palestina) ha programmato ad Algeri la costituzione dello stato indipendente della Palestina sui territori della transgiordania e della striscia di Gaza occupati dagli israeliani. Gran parte degli arabo-palestinesi vive in campi profughi soprattutto in Libano e Giordania, il loro capo Arafat conduce da anni una battaglia per il ritorno del suo popolo in Palestina, la sorte dei palestinesi ha causato un continuo stato di guerra tra Israele ed i Paesi Arabi confinanti, soltanto l’Egitto ha firmato un trattato di pace con Israele.
Anche ultimamente ci sono stati scontri tra le due popolazioni , i problemi sono sempre gli stessi , la capitale Gerusalemme , il territorio , i profughi arabi ed i vari insediamenti .
Problema 1 : Gerusalemme.
Nessuna spina nel conflitto tra israeliani e palestinesi è più carico di simboli di Gerusalemme. Il motivo è semplice: la città rappresenta il principale luogo sacro per gli ebrei e il terzo per i musulmani. Metà della città - la sua parte antica - era sotto il controllo giordano fino alla guerra del 1967, quando venne unificata con i settori più moderni sotto l'autorità israeliana dopo che questi conquistarono la Cisgiordania
Israele insiste nel considerare la città come la propria capitale "eterna" (nonostante la maggior parte delle ambasciate straniere sia dislocata a Tel Aviv), e ritiene che questa debba restare unificata sotto il proprio controllo, garantendo tuttavia i diritti di tutte le confessioni religiose.
Previsione
I recenti colloqui tra il negoziatore israeliano Yossi Beilin e quello palestinese Abu Mazen hanno ipotizzato un potenziale compromesso, in base al quale i palestinesi stabilirebbero la propria capitale ad Abu Dis, un quartiere alla periferia orientale di Gerusalemme con vista sui luoghi santi dell'Islam che era parte integrante della città durante la dominazione ottomana ma che oggi non è compresa nei suoi confini municipali. Un palazzo che secondo molti sarebbe destinato a ospitare il parlamento palestinese è già in fase di costruzione. Ma c'è un nuovo problema: Arafat ha sconfessato l'intesa e sollevato Abu Mazen dall'incarico. Clinton e i mediatori dovranno cercare di confezionare una nuova versione dell'accordo che possa essere presentata come sostanzialmente diversa da quella precedente.
Problema 2 : il territorio
Gli accordi di Oslo stabilivano una autonomia limitata per i palestinesi residenti nei principali centri abitati della Cisgiordania e di Gaza. Ma il controllo finale su quei territori restava in mano israeliana e l'anelito dei palestinesi per uno stato sovrano è stato rinviato alla stipula dell'accordo sullo "status definitivo" - nonostante vi fosse il tacito accordo che questo sarebbe stato inevitabilmente l'esito del negoziato. Irrisolta è anche la definizione dei confini.
La posizione palestinese:
I palestinesi rivendicano il proprio diritto ad avere uno stato sovrano, che ritengono debba comprendere tutti i territori palestinesi occupati nel 1967, inclusa Gerusalemme est come capitale. Sostengono di aver già fatto tutte le concessioni territoriali possibili a Oslo, allorché accettarono di limitare le loro pretese alla Cisgiordania e a Gaza, rinunciando alla vecchia rivendicazione dell'intera area costituita dallo stato d'Israele. Difficilmente recederanno da questa posizione.
La posizione israeliana:
Barak accetta come inevitabile la nascita di uno stato palestinese, ma si concentra sulla tutela della sicurezza israeliana - uno stato palestinese confinante con Paesi arabi potenzialmente ostili viene considerato come un rischio mortale sul piano militare. Queste preoccupazioni spingono gli israeliani a cercare di mantenere una zona cuscinetto lungo le rive del fiume giordano e soprattutto a limitare il diritto dei palestinesi a dotarsi di un esercito effettivo. Inoltre, Barak difende l'autorità di Israele su Gerusalemme e vuole annettere le parti della Cisgiordania dove più alta è la concentrazione di coloni israeliani.
Previsione:
Entrambe le parti concordano sulla nascita di uno stato palestinese, ma la definizione dei confini resta un punto irrisolto. Arafat sta prendendo in considerazione l'eventualità di una dichiarazione unilaterale di indipendenza, con il rischio tuttavia di far scoppiare un conflitto anche violento sui territori contesi. Clinton cercherà di forgiare un compromesso che possa essere spacciato da entrambe le parti per una vittoria.
Problema n. 3: i profughi.
Israele ha impedito a quasi un milione di palestinesi di tornare alle proprie case dopo la guerra del 1948 contro gli stati arabi confinanti. Nonostante molti di questi siano stati assorbiti come cittadini da altri paesi mediorientali, dopo 50 anni 1 milione e centomila palestinesi vivono ancora nei campi profughi in Libano, Siria, Giordania e nei territori occupati. Altri 2 milioni e mezzo di palestinesi sono formalmente registrati come rifugiati.
La posizione palestinese:
Arafat insiste sul diritto di tutti i rifugiati a tornare nelle proprie case, pur essendo consapevole che la richiesta è destinata a restare inascoltata. Inoltre (o in alternativa) chiede che Israele paghi un indennizzo a chiunque decida di rimanere nei Paesi d'immigrazione o di trasferirsi nel neonato stato palestinese.
La posizione israeliana:
Israele rifiuta il diritto al ritorno ai 3 milioni e mezzo di rifugiati, nel timore di far venir meno la maggioranza ebraica del Paese. Tuttavia teme anche un'eccessiva crescita democrafica del futuro stato palestinese e confida nel fatto che la maggior parte dei palestinesi della diaspora (analogamente a quanto accaduto per gli ebrei) scelga di restare dov'è.
Previsione:
Arafat potrebbe tenere una linea molto dura sul diritto al ritorno dei rifugiati nel tentativo di ottenere concessioni ulteriori su altre questioni in gioco. In ultima analisi, Israele probabilmente accetterà di pagare un qualche indennizzo per le proprietà palestinesi confiscate nel '48, mentre a i rifugiati verrà data la facoltà di trasferirsi nello stato palestinese.
Problema n.4: gli insediamenti.
Nonostante Israele non abbia mai formalmente annesso i territori occupati nel '67, ha progressivamente costruito insediamenti su terre confiscate ai palestinesi. Oggi 155.000 israeliani vivono nelle colonie della Cisgiordania e altri 6.000 in quelle di Gaza. Il loro futuro è uno dei punti più spinosi nell'agenda dei negoziati.
La posizione palestinese:
Nonostante Israele non abbia mai formalmente annesso i territori occupati nel '67, ha progressivamente costruito insediamenti su terre confiscate ai palestinesi. Oggi 155.000 israeliani vivono nelle colonie della Cisgiordania e altri 6.000 in quelle di Gaza. Il loro futuro è uno dei punti più spinosi nell'agenda dei negoziati.
La posizione israeliana:
Nonostante Barak non abbia alcun particolare legame politico o ideale con gli insediamenti (che di norma sono legati alla destra religiosa), la loro esistenza agevola di fatto il suo tentativo di mantenere una presenza delle forze di sicurezza israeliane disseminata in Cisgiordania. Così, contrariamente a quanto avvenuto con i coloni del Sinai, che vennero rimpatriati a viva forza nel 1979 dopo l'accordo con l'Egitto, Barak insisterà sul loro diritto a restare in Cisgiordania sotto la protezione dell'esercito israeliano.
Terreno di compromesso:
Probabilmente alcuni insediamenti lontani dalle città palestinesi verranno consolidati e progressivamente annessi a Israele. Ai coloni che vivono nelle zone trasferite al controllo palestinese verrà data la scelta tra spostarsi negli insediamenti che resteranno in piedi o vivere sotto la protezione delle autorità palestinesi. Arafat potrebbe rifiutare questa ipotesi in avvio di negoziato, e accettarla successivamente in cambio di altre concessioni territoriali.
Posso concludere dicendo che dopo la seconda guerra mondiale l ‘ONU ha cercato di ridare terre agli Ebrei , terre che non gli appartenevano più , terre che erano state conquistate legittimamente dagli Arabi ed erano diventate loro , prepotentemente gli Ebrei una volta dato loro il diritto di avere una loro vera patria dopo tanti anni hanno cacciato via coloro che avevano sempre vissuto lì , costringendoli a rifugiarsi in piccole strisce di terre limitrofe alle loro case , costretti a vivere come profughi nelle loro stesse terre . Agli Ebrei sono state date queste terre solamente perché 1000 e più anni prima i loro antenati avevano casualmente abitato in quei territori , ma non riescono a capire che Israele è loro quanto lo è per gli Arabi , che hanno bisogno comunque anche loro di un posto dove possono riconoscere le loro origini e dove possono professare liberamente la loro religione .