L'Europa e l'Italia dal 1848 al 1859

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Testo

L'Europa e l'Italia dal 1848 al 1859
Una grave crisi dell'agricoltura e dell'industria fece precipitare nel 1848 la
situazione politica europea.
L'ondata rivoluzionaria investi' nel febbraio del '48 la Francia, dove al
governo sempre piu' reazionario di Luigi Filippo, repubblicani e democratici
risposero cacciando il re e costituendo un governo provvisorio, presieduto dal
poeta Lamartine, al quale parteciparono anche i socialisti, tra cui Louis
Blanc. L'assemblea eletta a suffragio universale per dare alla Francia una
costituzione repubblicana risulto' composta in maggioranza di moderati e
conservatori; il proletariato, deluso nelle sue speranze, reagi' con
l'insurrezione, che tuttavia venne soffocata nel sangue, dalle truppe regolari
del generale Cavaignac. In dicembre Luigi Napoleone Bonaparte fu eletto
presidente della repubblica.
Nell'impero asburgico le rivendicazioni ebbero carattere liberale e nazionale:
oltre alle riforme e alla costituzione si chiedeva da parte dei popoli soggetti
una maggiore autonomia dal governo austriaco. In marzo scoppiarono tumulti a
Vienna e Metternich fu costretto ad abbandonare l'incarico. Contemporaneamente
a Praga e a Budapest si costituirono governi provvisori. Nonostante le promesse
iniziali della monarchia austriaca, le insurrezioni di Vienna e di Praga furono
rapidamente domate e anche in Ungheria, malgrado l'eroica resistenza dei
patrioti, venne ristabilito l'ordine con l'aiuto dello zar di Russia (agosto
1849).
Nela confederazione germanica, dove in quegli anni si era andata affermando la
potenza della Prussia, scoppiarono nel marzo del '48 in vari Stati numerose
insurrezioni che costrinsero i principi a concedere riforme e a indire
un'assemblea di rappresentanti di tutti gli Stati per elaborare una nuova
costituzione. L'assemblea si riuni' a Francoforte e decise di dar vita a una
nuova Confederazione germanica, di cui fu offerta la corona al re di Prussia.
Ma questi, temendo l'ostilita' dell'Austria, esclusa dalla Confederazione,
rifiuto' l'offerta e fece sciogliere l'Assemblea.
Se la prima scintilla delle rivoluzioni avutesi in Europa nel '48 era stata
l'insurrezione di Palermo, gli avvenimenti di Parigi, Vienna, Praga e Budapest
ebbero a loro volta profonde ripercussioni nella penisola italiana.
Per prima si sollevo' Venezia (17 marzo); poi Milano (18-22 marzo) che
costrinse Radetzky a ritirarsi verso le fortezze del quadrilatero.
Contemporaneamente insorgevano altre citta' della Lombardia e del Veneto. In
Piemonte, Carlo Alberto, sollecitato dai moderati milanesi ad intervenire, il
23 marzo dichiaro' guerra all'Austria, giungendo a Milano quando ormai gli
Austriaci l'avevano abbandonata. L'inseguimento di Radetzky procedette
lentamente anche perche' Carlo Alberto, durante l'intero corso della guerra, si
preoccupo' di ottenere consensi fra i moderati, sollecitando l'annessione delle
terre liberate al Piemonte, anziche' condurre con fermezza le operazioni.
Nel frattempo, a Napoli, Firenze e Roma le manifestazioni dei patrioti alla
dichiarazione di guerra di Carlo Alberto indussero i sovrani a inviare truppe
regolari in appoggio a quelle piemontesi. Ma l'atteggiamento di Carlo Alberto e
la prospettiva di un ingrandimento del Piemonte dispiacquero ben presto ai
sovrani i quali tra la fine d'aprile e il maggio richiamarono le truppe. A
combattere a fianco del Piemonte rimasero i volontari, assai malvisti da Carlo
Alberto, e i regolari che disobbedirono agli ordini (fra cui Guglielmo Pepe).
Dopo alcuni successi iniziali le truppe piemontesi posero l'assedio a Peschiera
con l'intento di passare a Verona e di stanarne Radetzky. Questi, passato a
Mantova, tento' di sorprendere alle spalle i Piemontesi, ma fu sconfitto a
Goito (30 maggio 1848). Lo stesso giorno Peschiera austriaca si arrendeva.
Mentre i soldati acclamavano Carlo Alberto re d'Italia, Milano, Parma, Modena e
poi Venezia votavano l'annessione al Piemonte.
L'entusiasmo fu breve: nel giro di tre settimane Radetzky riconquistava tutte
le citta' venete tranne Venezia e, battuto Carlo Alberto a Custoza (25 luglio),
si apprestava ad attaccare Milano, quando si vide consegnare dal re la citta'
tra l'indignazione dei Lombardi. Chiuse questa prima fase della prima guerra
d'indipendenza l'armistizio Salasco (9 agosto).
Venuta meno la fiducia nel re di Savoia, ai democratici non restava che puntare
sull'entusiasmo e l'azione del popolo.
Cosi' mentre Venezia, che non aveva accettato l'armistizio, tornava repubblica
e si batteva contro gli Austriaci, in Toscana e a Roma sorsero nel febbraio '49
governi provvisori retti da democratici. In Piemonte le pressioni dei
democratici indussero il re a riprendere la guerra, che tuttavia nel giro di
tre giorni si concluse con la disfatta di Novara (23 marzo '49), cui segui'
l'abdicazione di Carlo Alberto e la firma dell'armistizio di Vignale tra il
nuovo re Vittorio Emanuele II e Radetzky.
In Toscana, fallito il tentativo democratico, Leopoldo II riprese la sua
politica reazionaria.
Restavano in armi Roma e Venezia. Verso Roma, in aiuto di Pio IX, rifugiatosi
sin da novembre '48 a Gaeta, mossero Ferdinando di Napoli. Austria, Spagna, la
Francia di Luigi Napoleone. I volontari accorsi da ogni parte a salvare il
governo democratico, primo fra tutti Garibaldi, contesero a palmo a palmo la
citta' agli invasori. Tutto fu inutile: il primo luglio Roma si arrendeva.
In agosto cadeva fiaccata dal colera e costretta alla fame, la gloriosa
repubblica di Venezia.
All'ondata rivoluzionaria del 1848-49 segui' in Europa un periodo di assestamento.
In Francia il timore di un'avanzata delle forze socialista permise a Luigi
Napoleone Bonaparte di compiere quel colpo si stato che lo avrebbe portato a
trasformare la repubblica in un impero da lui retto, con l'appoggio
dell'esercito, della borghesia finanziaria e industriale, dei contadini
proprietari di terra e dei cattolici. Con lui la Francia cerco' di
riconquistare una posizione di supremazia in Europa e porto' avanti
l'espansione coloniale in Africa e in Asia.
Negli Stati italiani, escluso il Piemonte, i governi reazionari ripresero il
sopravvento e l'attivita' cospirativa dei democratici, d'ispirazione
mazziniana, fu stroncata duramente. In particolare nel Lombardo-Veneto, negli
anni 1851-55, il governo austriaco pronuncio' diverse condanne a morte: fra le
vittime furono Amatore Sciesa, i martiri di Belfiore, Tito Speri. Nel '57
falli' un tentativo di sbarco nell'Italia meridionale, capeggiato da Carlo
Pisacane, il quale sosteneva che solo migliorando le condizioni dei contadini
si sarebbe riusciti ad averli alleati nella lotta per l'indipendenza.
In Piemonte, la sconfitta subita da Carlo Alberto a Novara rafforzo' la
posizione dei democratici che si opposero alla firma della pace con l'Austria.
Per superare il momento critico, il nuovo re Vittorio Emanuele II sciolse il
Parlamento e indisse nuove elezioni che diedero la maggioranza ai moderati. La
pace con l'Austria fu firmata e il governo presieduto da D'Azeglio avvio' una
politica di riforme riuscendo tra l'altro a far approvare le leggi Siccardi.
Nel novembre 1852 al ministero D'Azeglio succedette quello di Camillo Benso di
Cavour, che gia' era stato ministro dell'agricoltura e delle finanze, il quale,
appoggiandosi abilmente ai rappresentanti del suo gruppo di centro-destra e a
quelli del centro-sinistra guidati da Rattazzi, formo' una coalizione
(connubio) che gli permise di realizzare il suo programma politico; e cioe',
all'interno del paese, di potenziare l'agricoltura e il commercio e di
realizzare imponenti opere pubbliche e, sul piano internazionale, di porre
all'attenzione delle grandi potenze il problema dell'unita' italiana.
L'occasione si offri' con la guerra di Crimea (1853-55) intrapresa dalla Russia
per l'espansione verso il Mediterraneo contro la Turchia. Appoggiarono
quest'ultima la Francia e l'Inghilterra. Il Piemonte, invitato ad aderire
all'alleanza antirussa, invio' un corpo di 15.000 soldati al comando di Alfonso
Lamarmora, che si distinsero nella battaglia della Cernaia. Dopo la resa di
Sebastopoli, lo zar fu costretto a trattare la pace.
Al congresso di Parigi (1856), pur senza ottenere vantaggi territoriali, Cavour
pote' porre alle grandi potenze la questione italiana. Successivamente, al
convegno di Plombieres del 1858 Cavour ottenne da Napoleone III un impegno
all'appoggio della Francia nel caso che l'Austria avesse attaccato il Piemonte;
e a guerra vinta, la cessione a Vittorio Emanuele II del Lombardo-Veneto. In
cambio il Piemonte avrebbe ceduto alla Francia la Savoia. Rimaneva in sospeso
la questione di Nizza sulla quale Napoleone III aveva avanzato delle richieste.

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