L'età giolittiana

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

L’età giolittiana.
1. I caratteri generali dell’età giolittiana.
§ Nel 1901 il re Vittorio Emanuele II nominò presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli, affiancato come ministro degli Interni da Giovanni Giolitti, un politico pratico, moderato, esperto della macchina burocratica statale grazie all’esperienza nell’amministrazione finanziaria e burocratica dello Stato. L’anziano Zanardelli lasciò che fosse Giolitti a prendere le decisioni più importanti, nel 1903 accettò le dimissioni e fece si che Giolitti gli subentrasse come primo Ministro. Dal 1901 al 1914 Giolitti esercitò un’influenza autorevole sul piano politico e questo periodo fu definito età giolittiana.
§ L’età giolittiana coincise con il decollo della rivoluzione industriale in Italia, nel periodo che va dalla fine della grande depressione del 1896 al 1908. I progressi si registrarono nell’industria siderurgica (nascita di grandi stabilimenti di Terni e dell’Ilva di Piombino), elettrica , meccanica (Fiat, Alfa Romeo e Lancia), per quanto riguarda settore tessile nell’industria del cotone. Queste industrie avevano sede nel triangolo industriale (Torino, Milano e Genova). L’agricoltura crebbe nella Pianura Padana, dove furono migliorate le tecniche produttive.
§ Lo sviluppo economico ed industriale italiano fu favorito da alcune condizioni:
- l’industria fu aiutata dall’intervento stabile,m infatti furono importanti le commesse statali nel campo dei trasporti ferroviari che incentivarono la crescita nel settore meccanico e siderurgico;
- l’industria si sviluppò all’interno di un sistema protetto, infatti, la politica protezionista, attuata con l’imposizione di le tasse sui prodotti esteri, favorì lo sviluppo delle industrie del Nord danneggiando il Sud, ove chiuse le porte dei mercati esteri per i propri prodotti tipici (olio, vino, agrumi ecc.);
- le grandi banche, che finanziarono le industrie nuove dei settori più dinamici capaci di autofinanziarsi, contribuirono allo sviluppo ed in questo periodo nacquero le banche miste (Banca Commerciale e Credito Italiano), fondate con l’aiuto di capitali esteri (tedeschi) che raccoglievano i risparmi inattivi dei privati e li rimettevano in attività proprio nella produzione industriale.
§ Lo sviluppo industriale portò notevoli miglioramenti nel livello medio di vita. Le città si avvalsero dell’illuminazione elettrica, i trasporti urbani e gli altri servizi pubblici mutarono il modo di vivere della gente. L’acqua corrente e il gas nelle abitazioni rappresentavano un notevole progresso. Le condizioni igieniche migliorarono, grazie alle innovazioni in campo medico e sanitario. Le conseguenze furono anche negative: la popolazione si spostò dalla campagna verso le città industriali. Nel triangolo industriale si concertarono più della metà di tutti i lavoratori dell’industria italiana (57%). La vita delle città comportò nuovi disagi per gli operai delle classi operaie, che vivevano in quartieri sovraffollati, malsani e degradati. Nelle case il riscaldamenti era un lusso e i servizi igienici erano in comune.
§ Giolitti svolse a livello economico e sociale un’azione politica, infatti elaborò delle riforme con lo scopo di allargare la base della partecipazione alla vita dello Stato Italiano coinvolgendo il Partita Socialista Italiano, che interpretava la protesta della classe operaia. Al suo interno si formarono due correnti:
- quella riformista, guidata da Filippo Turati, Claudio Treves e Leonida Bissolati, che ritenevano si dovesse cambiare la società gradualmente tramite riforme, ma era necessario dialogare con le forze governative e partecipare alla vita politica parlamentare; Turati pensava si dovesse dare una appoggiare alle iniziative democratiche di Giolitti, per garantire al Partito Socialista nuovi spazi d’azione.
- quella massimalista, guidata da Costantino Lazzari, Benito Mussolini e Labreola, che ritenevano si dovesse cambiare la società ricorrendo alla rivoluzione senza scendere a patti con i governi borghesi; Giolitti cercò l’appoggio dei riformisti, per rafforzare la democrazia italiana, e invitò a questo scopo lo stesso Turati a far parte del suo governo, ma non accettò poiché era troppo forte all’interno del partito l’opposizione dei massimalisti e un suo ingresso avrebbe creato una frattura, infatti Turati fu messo in minoranza dai massimalisti in due occasioni: nel 1904 Congresso di Bologna e a settembre fu proclamato il primo sciopero generale nazionale con la vittoria dei massimalisti che richiamavano al sindacalismo rivoluzionario di Sorel; per reazione Giolitti indisse nuove elezioni, che furono vinte dai liberali, Turati e i riformisti tornarono alla guida del partito, ma furono superati dai massimalisti nel Congresso di Reggio Emilia del 1912, anno in cui Mussolini assunse la carica di direttore dell’”Avanti”, giornale del Partito socialista.
§ Banca Mista. Si chiamava così perché superava la tradizionale distinzione tra banca commerciale (dedita alla raccolta e all’amministrazione del capitale depositato dai risparmiatori, con finanziamenti solo a breve periodo) e la banca d’affari (specializzata negli investimenti industriali con il prestito di capitali anche a medio e a lungo termine). Diventando mista, la banca poteva svolgere entrambe le funzioni; controllare di questa trasformazione per la banca era il rischio di fallire insieme alle industrie che finanziava, trascinando nel fallimento anche i risparmiatori.
§ Una piaga sociale: l’alcolismo. L’alcolismo, l’abuso di bevande alcoliche, è una piaga che l’umanità conosce fin dalla preistoria. Da sempre l’uomo ha imparato a bere l’uva fermentata. Con la rivoluzione industriale questa piaga si è aggravata ed ha conosciuto un notevole incremento. Molti di fronte alle disumane condizioni di lavoro a cui erano sottoposti si rifugiarono nell’alcool: operi, contadini in misera o chiamati ad un lavoro eccessivo. Nel 1887, vi erano 15 morti per alcolismo ogni milione di abitanti. Nel 1909, nel pieno dell’età giolittiana, che coincide per l’Italia con la rivoluzione industriale, questa percentuale era salita fino a 41. Il disagio legato all’industrializzazione, iniziò a diminuire e con esso il numero dei morti per alcolismo.
§ Massimalismo. I massimalisti erano una componente del movimento operaio; il loro nome deriva dal fatto che pretendevano la realizzazione completa del programma socialista (rivoluzione), in contrapposizione ai riformisti che si accontentano di obiettivi più limitati (riforme). Il termine ebbe origine in Germania, nel dibattito che il Partito socialdemocratico tedesco svolse in occasione del congresso di Erfurt (1891). La contrapposizione tra revisionisti e rivoluzionari non era ancora esplosa e K. Kautsky riuscì a conciliare diverse aspirazioni proponendo un documento in cui distingueva tra:
- un programma massimo (abolizione della proprietà privata) che costituiva l’obbiettivo finale del movimento;
- un programma minimo (suffragio universale, limitazione della giornata lavorativa a 8 ore, altre leggi sociali ecc) che indicava gli obbietti immediati da perseguire.
La distinzione massimalismo / riformismo caratterizzò dal 1895 anche il Partito socialista italiano. Le polemiche tra i due schieramenti esplosero quando si trattò di definire l’atteggiamento da tenersi di fronte alle proposte riformiste di Giolitti.
Riformisti
Massimalisti
Filoparlamentari
Antiparlamentari
Legalità
Violenza
Riforme
Rivoluzione
Turati, Treves, Bissolati
Labriola, Lazzari, Mussolini.
2. Il doppio volto di Giolitti.
§ Il modo di fare politica di Giolitti fu definito del doppio volto:
- un volto aperto e democratico nell’affrontare i problemi del Nord;
- un volto conservatore e corrotto nello sfruttare i problemi i del Sud;
§ Al Nord furono consentiti gli scioperi e Giolitti fece assumere al governo una posizione di neutralità di fronte ai conflitti sindacali. Giolitti era contrario alla lotta di classe, ma era convinto che la peggior forma di lotta di classe sarebbe quella che fosse iniziata da un governo il quale si dichiarasse rappresentate di una classe contro l’altra. Per Giolitti non esisteva in Italia pericolo rivoluzionario, a meno che il governo non avesse spinto i lavoratori alla ribellione armata; questo sarebbe successo se i lavoratori non avessero trovato forme legali di protesta. Con ciò il polito corrispondeva alle critiche dei conservatori che ritenevano la sua azione di governo troppo tollerante nei confronti dei movimenti operai. Giolitti non si limitò a consentire gli scioperi, ma varò alcune riforme per migliorare le condizioni degli operai:
- l’orario di lavoro fu diminuito con un massimo di 10 ore;
- fu organizzata la Cassa nazionale per l’invalidità e la vecchiaia per i lavoratori;
- furono presi provvedimenti allo scopo di tutelare la maternità delle lavoratrici e il lavoro dei fanciulli (età minima 12 anni).
La lotta sindacale portò all’aumento dei salari dei lavoratori, che cominciarono ad acquistare oltre ai prodotti alimentari anche quelli industriali e di conseguenza nel Nord si diffuse il benessere economico tipico della società di massa.
§ Altri interventi furono:
- statalizzazione delle ferrovie, in campo assicurativo con la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita (1912) e fu creato un apposito ente INA (Istituto nazionale assicurazioni) che avrebbe dovuto avere il monopolio del settore;
- non fu attuata la riforma tributaria, che consentisse di garantire una maggiore giustizia fiscale;
- non fu affrontata la questione meridionale, tranne la costruzione dell’acquedotto pugliese e gli interventi si limitarono a leggi speciali per porre rimedio a situazioni particolari (terremoti che si su cedettero nel 1905 – 1907 – 1908);
gran parte del flusso del denaro che arrivò al Sud alimentando clientele e corruzione. Gli scioperi del Sud furono bloccati dalle forze dell’ordine per volere di Giolitti, attuando una pesante repressione e causando vittime. Il Sud, era politicamente un serbatoio di voti da controllare in modo spregiudicato:
- attraverso i prefetti (rappresentati dello Stato nelle province), che per suo ordine impedivano i comizi degli oppositori del governo;
- tramite le forze dell’ordine, che arrestano i sindacalisti;
- ricorrendo alla corruzione, alle minacce e ai brogli per fare eleggere parlamentari a lui fedeli.
Giolitti fu criticato dall’opposizione e fu definito ministro della malavita dallo storico e politico pugliese Gaetano Salvemini.
§ I salari dei lavoratori del Sud scesero portando povertà e disoccupazione. Molti contadini meridionali, disoccupati, furono costretti a partire per l’estero in cerca di lavoro e gli Italiani emigrarono tra il 1900 – 1914 verso il Nord Europa, Usa e alcuni paesi dell’America del Sud (Brasile e Argentina). L’emigrazione fu un fenomeno doloroso, poiché chi lavorava all’estero mandava parte della propria paga (rimesse) in Italia, aumentando la ricchezza del nostro paese, inoltre i lavoratori rimasti videro il loro potere contrattuale rafforzarsi e i salari gradualmente salire.
3. Tra successi e sconfitte.
§ Giolitti riprese la politica coloniale per vari motivi:
- voleva dimostrare ai nazionalisti che il suo era un governo in grado di aumentare il prestigio internazionale dell’Italia;
- voleva assecondare i maggiori gruppi industriali e finanziari (cattolico Banco di Roma, che aveva cospicui interessi economici in Libia);
- voleva accontentare l’opinione pubblica che riteneva necessario conquistare nuove terre per dare lavoro ai braccianti del Sud e a tutti gli emigranti.
Giolitti s’interesso alla Libia, situata di fronte alle coste della Sicilia. Internazionalmente parlando, il momento era favorevole, poiché il governo italiano, accettando il dominio francese in Tunisia e Marocco, ottenne il diritto di conquista della Libia. Nel 1911, l’Italia dichiarò guerra alla Turchia, che dominava la Libia. L’esercito occupò le principali città, ma dopo i primi successi iniziarono le difficoltà: la popolazione araba della Libia organizzò una resistenza e l’Italia reagì con durezza inviando in Livia altri militari fino a formare un contingente di 100 mila uomini. Non riuscendo a piegare la resistenza libica, l’Italia attaccò la Turchia, inviando una marina nell’Egeo e occupando alcune isole Sporadi che andarono a formare il dominio italiano del Dodecaneso (12 isole) con capoluogo Rodi. I Turchi, spaventati da un’incursione nello Stretto dei Dardanelli, firmarono nel 1912 il trattato di Losanna con il quale cedevano all’Italia il dominio sulla Libia.
§ L’avventura colonia comportò spese a cui non corrispose la creazione di grandi opportunità per gli emigranti italiani, che continuavano a privilegiare le mete tradizionali. La Libia non era né fertile né rigogliosa e non aveva grandi ricchezze minerarie, infatti Salvemini la definì uno scatolone di sabbia. A trarre vantaggi economici dell’avventura coloniale libica furono le banche (che finanziavano i nuovi insediamenti italiani), gli armatori e l’industria militare. Sul territorio, la sovranità italiana sulla Libia fu limitata alla fascia costiera e solo nel 1927 il regime fascista l’avrebbe estesa ai territori desertici dell’interno, impiegando contro la resistenza araba feroci tecniche di repressione.
§ La principale riforma democratica fu l’approvazione nel maggio 1912 del suffragio universale maschile, infatti, furono ammessi al voto senza nessuna limitazione i cittadini maschi che avessero compiuto il trentesimo d’età. Per accedere al voto all’età di 21 anni era necessario aver adempito agli obblighi del servizio militare o saper leggere o scrivere. Non era un vero e proprio suffragio universale, poiché le donne lo conquistarono nel 1946, ma fu un passo avanti la democrazia. Lo scopo di Giolitti era di allargare la base politica dello Stato Italiano, infatti intendeva avvicinare alle istituzioni il movimento dei socialisti e cattolici, due movimenti rimasti fino ad allora esclusi dalla partecipazione politica diretta e per aver la meglio sui socialisti (dominatrice del mondo operaio) occorreva allearsi con i cattolici (dominatrici del mondo contadino).
§ Il non expedit (divieto sancito nel 1874 da Pio IX per tutti i cattolici di votare ed essere votati nelle elezioni dello Stato Italiano, che aveva usurpato il potere papale) fu ammorbidito in parte da Pio X: i cattolici si recarono alle urne nel 1904 e votarono i canditati liberali nell’intento di sconfiggere i socialisti, nemico pericoloso. Non era permesso di costituire un partito cattolico, ma dopo l’enciclica Rerum Novarum del 189, i cattolici erano impegnati nella società tramite l’Opera dei Congressi, federazione di circoli che si occupavano dall’assistenza caritativa all’animazione culturale. Sorsero i sindacati cattolici e le cooperative bianche (bianco era il colore dei cattolici, rosso quello dei socialisti), ma fu fondata l’Azione Cattolica, organizzazione che inquadrava il laicato cattolico sotto guida del papa e dei vescovi. Nel 1913 Giolitti stipulò con l’Unione elettorale cattolica, preseduta da Filippo Gentiloni, un accordo: il Partito Gentiloni. I cattolici promettevano di votare quei candidati liberali che avessero sottoscritto l’impegno di difendere la Chiesa (opponendosi a norme anticlericali in materia di insegnamento e di morale, come la concessione del divorzio). Grazie a questo patto, nelle elezioni del 1913 Giolitti riuscì ad ottenere la maggioranza.
§ La guerra in Libia indebolì il governo guidato da Giolitti. Molti criticavano il capo dell’esecutivo, mentre l’economia attraversava un momento di crisi. Giolitti preferì dare le dimissioni e pensava che sarebbe stato richiamato presto al potere, come avvenne negli anni precedenti, ma il re indicò come suo successore Antonio Salandra, politico conservatore che non seguì l’esempio di Giolitti nei confronti delle manifestazioni popolari. Nel 1914 in Romagna e nelle Marche scoppiarono dei disordini, che per la presenza dei socialisti ebbero il nome di settimana rossa e Salandra inviò un esercito per reprimerli. L’Italia tornava ad un clima di tensione che aveva caratterizzato la crisi di fine secolo. La situazione internazionale stava precipitando verso la prima guerra mondiale e all’intervento dell’’Italia nel conflitto Giolitti si opporrà inutilmente e l’età giolittiana era finita.

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