Interpretazioni rivoluzione francese

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Testo

Gianlupo Borgogelli 4.Lt

Alla base delle letture in fondo al capitolo undicesimo (La rivoluzione francese)

Qual è l’interpretazione marxista della rivoluzione francese ?

Tra le opere di Jean Jaurès si ricorda l'importante “Storia socialista della Rivoluzione francese”, in quest’ opera la rivoluzione viene analizzata dal basso, tenendo conto dei fattori economico-sociali e del protagonismo dei ceti popolari che avevano portato a una vittoria guidata dalla borghesia.
Jaurès diede un'interpretazione della rivoluzione francese orientata verso il marxismo, una rivoluzione figlia non della miseria, ma della prosperità, che portava all’affermazione del capitalismo. Anche altri personaggi sostenevano il pensiero marxista: Mathiez disse che la dittatura giacobina salvò la rivoluzione grazie all’alleanza tra la borghesia, i ceti medi produttivi e i sanculotti; Lefebvre sottolineò l'importanza del mondo contadino nel processo rivoluzionario, le loro rivolte ebbero un ruolo primario all’abbattimento dei privilegi feudali, inoltre si interessò dei meccanismi mentali che portarono le folle alla violenza; ribadiva inoltre il significato antifeudale e borghese della rivoluzione facendo però sorgere anche delle contraddizioni. Anche Soboul sostenne le tesi della rivoluzione borghese a sostegno popolare come Lefebvre. Studiò i sanculotti e dedusse la loro autonomia delle loro lotte per tenere alti i loro ideali di società di piccoli borghesi indipendenti.
Il trattato di Soboul “La rivoluzione francese” ripropose con monotona schematicità l'immagine della Rivoluzione borghese-capitalistica.
Sia Lefebvre che Soboul seguirono l’interpretazione marxista (influenze che presentavano un pensiero di rivoluzione molto complesso e articolato) della dittatura giacobina come strumento della vittoria definitiva della rivoluzione borghese sul feudalesimo resa possibile dall'alleanza con le masse popolari, di conseguenza studiarono aspetti economici e sociali e del ruolo delle masse urbane e contadine.

E quella cosiddetta revisionista ?

La storiografia revisionista ha origine dal pensiero dello storico liberale Alfred Cobban che Nega il carattere borghese, capitalista e antifeudale della Rivoluzione: per lui la borghesia era troppo eterogenea nella sua composizione per rappresentare una classe.
Causa della rivoluzione per Cobban era l’elitè degli uomini più potenti. Coloro che potevano fare qualcosa erano gli industriali, ma ancora troppo pochi per compiere grandi azioni, al punto di lasciare la Francia come paese prevalentemente agricolo.
Furet conferma l’idea di Cobban che un’elitè abbia dato il via al processo rivoluzionario: tale gruppo sarebbe formato da nobili e borghesi influenzati dall’illuminismo che cercano di raggiungere una monarchia costituzionale.
Considerato il maggiore esponente della storiografia revisionista, Furet ha svolto una severa critica dell'interpretazione marxista della Rivoluzione francese, riconducendone il programma originario all'azione di un'avanguardia riformista composta dai migliori elementi della nobiltà, della borghesia e del clero.

Quali sono le interpretazioni più recenti della rivoluzione francese ?

Come diceva Rao, oggi la Rivoluzione francese non si presenta più come un blocco unitario, ma come un insieme di avvenimenti che si differenziano nello spazio, nei quali i francesi si trovano coinvolti in vario modo attivamente o passivamente.
Al centro della ricerca di Hunt la rivoluzione viene vista come un grande evento “pubblico” che ha fatto diventare Parigi una sorta di “teatro”.
Vovelle di formazione marxista, analizza la rivoluzione da differenti punti di vista non riconoscendola come un entità unica e omogenea; non accetta la rigidità di alcune credenze ideologiche, ripudia l’idea che la rivoluzione borghese coincida con la realizzazione del capitalismo e rifiuta le tesi delle elitè illuminate.

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