Garibaldi

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Testo

Garibaldi

Generale e uomo politico italiano (Nizza 1807-Caprera 1882) . Figlio di un capitano mercantile, fu avviato giovanissimo alla
vita di mare. A 26 anni comandava già una nave propria quando
a Taganrog, sul Mar Nero, s'incontrò con un mazziniano che lo
iniziò alla Giovine Italia. A Marsiglia (1834) conobbe Mazzini che
lo incaricò di promuovere nella flotta militare un moto
rivoluzionario. Fallito il tentativo, G. fuggì in Francia, inseguito
da una condanna a morte, e si portò quindi nell'America
Meridionale. Qui, scoppiata l'insurrezione repubblicana nella
provincia del Rio Grande do Sul contro il governo imperiale
brasiliano, G. vi partecipò combattendo valorosamente in mare e
in terra, così come combatté successivamente per l'indipendenza
dell'Uruguay contro l'Argentina. In America G. conobbe Anna
Maria Ribeiro (Anita) che sposò nel 1842. Scoppiata nel 1848 la
I guerra per l'indipendenza italiana, G. accorse in patria, formò
un corpo di volontari e batté gli Austriaci a Luino (15 agosto
1848) e a Morazzone (26 agosto), ma dovette poi sciogliere la
sua formazione. La proclamazione della repubblica a Roma lo
indusse a recarsi in quella città dove ebbe il comando di una
parte dell'esercito. Diede la misura delle sue capacità il 30 aprile
1849, quando, grazie a una sua audace mossa, le esigue forze
della Repubblica Romana respinsero il primo grande attacco dei
Francesi assedianti. Questi rinnovarono l'assalto il 3 giugno e per
un mese i difensori sostennero una strenua lotta. Il 1º luglio i
Francesi entrarono in città e G. volle allora portare il suo aiuto a
Venezia, ancora in armi contro l'Austria, ma le navi austriache
intercettarono la navigazione di G. e lo costrinsero a cercare
scampo nelle paludi di Comacchio, dove gli morì la moglie,
stremata dalle fatiche. Scampato alla cattura, G. dovette ancora
lasciare l'Italia. Riprese in America la vita del marinaio e compì
numerosi, lunghi viaggi intercontinentali, fino a quando, nel
1854, poté tornare in Italia dove, abbandonata l'intransigenza
repubblicana di Mazzini, assunse una posizione incline a
collaborare con la monarchia nella lotta allo straniero, ciò che gli
consentì nel 1859 di combattere a fianco dell'esercito regolare
nella II guerra di indipendenza al comando dei Cacciatori delle
Alpi . L'armistizio di Villafranca (1859) lo amareggiò e lo
ferì soprattutto la cessione di Nizza alla Francia.
Gli anni Sessanta
Represse il desiderio di starsene appartato e alle notizie della
rivolta scoppiata a Palermo organizzò la leggendaria spedizione in
Sicilia, detta poi "dei Mille ". I 1089 volontari partirono da
Quarto, presso Genova, il 5 maggio 1860 per sbarcare a Marsala
l'11 successivo. A Salemi, tre giorni dopo, G. assumeva la
dittatura in nome di Vittorio Emanuele, proclamando così la
fusione tra l'idea monarchica e quella unitaria. La vittoria di
Calatafimi del 15 maggio aprì a G. la via di Palermo, dove egli
giunse il 27. Dopo tre giorni di aspra lotta anche Palermo fu
conquistata. La liberazione della Sicilia fu completata con la
vittoria di Milazzo del 20 luglio e G. poté felicemente passare lo
Stretto di Messina con un esercito ormai numeroso e muovere
dalla Calabria su Napoli che fu liberata il 7 settembre. Un
tentativo borbonico di riscossa venne stroncato con la vittoria del
Volturno l'1-2 ottobre. G. rimise la dittatura nelle mani del re e si
ritirò nell'isola di Caprera da poco acquistata; ma più tardi il
Parlamento criticò severamente Cavour che aveva temuto una
marcia su Roma e la proclamazione di una Repubblica italiana.
Nuovo obiettivo divenne pertanto la liberazione di Roma. G. tentò
di ripetere contro lo Stato Pontificio la fortunata impresa dei
Mille, scegliendo come base del movimento la Sicilia, ma
intervenne la minaccia di un'azione di Napoleone III e il governo
italiano dovette stroncare l'iniziativa garibaldina. Truppe regie
affrontarono i garibaldini il 29 agosto 1862 sull'altopiano di
Aspromonte, in Calabria. Nello scontro G. rimase ferito e venne
fatto prigioniero. Portato a La Spezia, fu liberato poco dopo. Allo
scoppio della III guerra di indipendenza nel 1866, G. accorse da
Caprera per mettersi a disposizione del governo che gli diede
ancora il comando dei volontari, ca. 30.000 uomini. Con parte di
questi, G. operò brillantemente nel Trentino, riportando a
Bezzecca (21 luglio 1866) l'unica vittoria italiana di quella
sfortunata guerra. Conclusasi la campagna, G. riprese il suo
vecchio piano di liberare Roma con un'azione rivoluzionaria.
Raccolse dei volontari e, non più seriamente ostacolato dal
governo, entrò nello Stato Pontificio, vincendo i papalini a
Monterotondo. Intanto era sbarcato a Civitavecchia un corpo
francese che, insieme ai pontifici, attaccò i garibaldini a Mentana
il 3 novembre 1867, sconfiggendoli grazie anche alla superiorità
dell'armamento. G. ancora una volta fu fatto prigioniero e portato
a La Spezia, quindi liberato. Nel 1870, caduto Napoleone III, G.
offrì i suoi servigi alla Repubblica francese, in guerra contro i
Prussiani ed ebbe da quel governo il comando di un corpo di
volontari che riportò la vittoria di Digione (21-23 gennaio 1871).
L'ultimo periodo
Nell'ultimo decennio della sua vita G., anche se in non buone
condizioni fisiche, si dedicò attivamente alla vita politica in
Parlamento e nel Consiglio Comunale di Roma. Risolto il
problema dell'Unità e dell'indipendenza la sua attenzione si
spostava sui temi della democrazia e della questione sociale. Su
questi aspetti si sviluppava anche un'aspra polemica con Mazzini
e con i suoi seguaci: li divideva la priorità da dare alla battaglia
politica (costituente per Mazzini, suffragio universale per G.) e il
giudizio sull'Internazionale dei lavoratori, cui G. era favorevole.
Proprio il suo dichiararsi internazionalista, anche se si trattava di
un'adesione solo ideale e non senza contraddizioni, lo poneva al
centro dell'attenzione del nascente movimento operaio
organizzato: le società di mutuo soccorso, di miglioramento, di
resistenza, lo invitavano ai loro banchetti e gli offrivano la
presidenza delle loro associazioni. Massone, repubblicano,
anticlericale, fu però alieno, come dimostra la sua storia, dal fare
di questi suoi principi una discriminante all'azione militare e
politica. Antiasburgico e filofrancese, negli ultimi anni della sua
vita si oppose, anche se senza successo, all'alleanza che si
andava profilando con l'Austria e la Germania (la "Triplice", 20
maggio 1882) che fu sancita pochi giorni prima della sua morte.
Interessante anche la sua opera di scrittore. Di lui ci restano i
romanzi: Cantoni il volontario(1870), Clelia o il governo del
monaco(1870), I Mille(1874). Importanti le sue Memorie, più
volte edite. Compose versi e un Poema autobiografico
(postumo, 1911).

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