Economia, società e cultura nell'Europa del Seicento

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Testo

17. Economia, società, cultura nell’Europa del Seicento
1. La crisi del XVII secolo: i movimenti d’insieme
A partire dal 1570 tre ondate di peste invasero l’Europa colpendo, ognuna, regioni e città diverse: la prima coinvolse Genova e Venezia; la seconda Genova, Barcellona e l’intera Catalogna; la terza la Spagna, la Germania, la Francia e l’Inghilterra.
Queste regioni, oltre ad essere colpite dalla peste, dovettero subire anche lunghi periodi di carestie, che andarono a colpire ovviamente il settore agricolo; il tutto, peggiorato anche dal clima umido e freddo che si era abbattuto in quel periodo.
Nn venne colpito solo il settore agricolo; anche quello tessile e manifatturiero ne risentì altamente, tanto che ben presto l’Inghilterra e le Fiandre dovettero lasciare il primato d produzione all’Olanda; quest’ultima, approfittando del periodo di crisi, riuscì anche ad introdursi facilmente nei commerci dell’area mediterranea. Tutto ciò portò all’inizio di una certa concorrenza tra i vari stati e l’unico modo per eliminarla e per far prevalere un paese soltanto era quello di introdurre qualcosa di efficace, che riducesse le quote altrui e mettesse fine a questa situazione: ecco la nascita del termine “mercantilismo”, con il quale si indica la prevalenza delle esportazioni sulle importazioni e sul commercio interno, l’aumento vertiginoso dei dazi per evitare grosse importazioni in modo da non dare un ulteriore guadagno ai paesi concorrenti. Il termine si completa cn l’aggiunta di un ulteriore termine, quello di “monopolio”, attraverso il quale si privilegiarono determinate compagnie commerciali sorte in quel periodo in aree d intenso traffico ben specifiche, tralasciandone altre.

2. Il primato economico dell’Olanda
I paesi che riuscirono ad affrontare meglio la crisi furono l’Olanda e l’Inghilterra. L’Olanda era una delle sette Province unite dei Paesi Bassi che in precedenza avevano dichiarato la loro indipendenza dalla Spagna; nel momento in cui l’Inquisizione aveva esiliato numerosi gruppi di calvinisti, questi si recarono direttamente ad Amsterdam, dove portarono le loro competenze commerciali e finanziarie. Intorno al 1600 gli olandesi avevano allargato i loro commerci prima nell’area baltica a danno delle città dell’Hansa tedesca, poi nell’Oceano Indiano a danno dei mercanti portoghesi, decisi alleati spagnoli. Inizialmente le spedizioni commerciali non ebbero esiti eclatanti, ma diedero un ottimo input per successive partenze. Ben presto di formarono diverse compagnie olandesi che commerciavano nell’area indiana, ma per eliminare la competizione interna e in fondo anche quella esterna, si diede vita ad una sola Compagnia Olandese delle Indie Orientali, l’unica ad avere il monopolio assoluto su quella specifica area geografica. I contrasti commerciali tra Olanda e Portogallo diventarono una vera e propria guerra che sfociò in un conflitto nel 1665, vinta dagli olandesi, che vide il quasi totale annientamento dell’impero commerciale di Lisbona. Questo tipo di offensiva fu esteso dagli olandesi verso tutti i nemici europei e nel 1630 ottennero il controllo sulle Molucche. Il Portogallo mantenne il dominio solo su Goa, lasciando il Capo di Buona Speranza agli olandesi. Nel 1621 venne creata una seconda compagnia olandese, stavolta delle Indie Occidentali, che però inizialmente si occupava di pirateria; essa fondò la città di Nuova Amsterdam in America (New York) e si interessò sempre in forma maggiore alle piantagioni di zucchero in Brasile.
Le ragioni del successo olandese erano diverse: innanzitutto, la furbizia dimostrata nel sapersi inserire nelle aree commerciali in cui gli altri paesi erano nettamente in declino; capirono che era inutile scambiare con le merci indiane prodotti europei che non interessavano, ma piuttosto introdurre lo scambio di merci asiatiche, di cui invece c’era molta più richiesta, eliminando l’utilizzo di argento e metalli preziosi; era un paese governato da mercanti, che avevano come unico obiettivo la realizzazione di un profitto e non l’estensione territoriale o l’egemonia su altri paesi; l’agricoltura era molto più avanzata, anche grazie alle tecniche introdotte, come la bonifica delle terre e l’introduzione di canali d’irrigazione; la mentalità del Paese stesso era differente dal resto dei paesi europei, poiché la terra veniva sempre dopo alla navigazione, al commercio e all’industria e questo tipo di pensiero garantiva una tranquillità interna ed una pace duratura con i paesi vicini.
3. Lo sviluppo economico dell’Inghilterra
La Compagnia inglese delle Indie Orientali era stata creata due anni prima rispetto a quella olandese; nonostante ciò, l’Inghilterra ebbe sempre un ruolo subordinato a quello olandese, senza riuscire mai a primeggiare. Facendo un veloce confronto e partendo dal settore tessile, benché l’Inghilterra in Europa si era sempre fatta riconoscere per la produzione di lana e tessuti in generale, era ancora molto arretrata nel campo della tintura, settore che lasciava nelle mani delle industrie dei Pesi Bassi; per quanto riguarda il campo agricolo, invece, riuscì ad avere un certo rilievo puntando sui pascoli e sulla produzione di leguminose e foraggi; venne cambiato il modo di pensare in campo agronomico e quindi non bastavano più i piccoli terreni a conduzione familiare, bensì campi da almeno 25 – 30 ettari in cui introdurre l’uso di manodopera salariata.
Già nel XV secolo in Inghilterra si era dato il via alle recinzioni della terra, passando da un sistema a campi aperti ad uno a campi chiusi (enclosures); sul campo in questione, era il proprietario che decideva cosa applicare, se il pascolo o la coltivazione di un determinato prodotto. Durante la crisi in cui caddero tutti i paesi europei, i prezzi ovviamente salirono ma, con l’arresto della crescita demografica, cominciarono nuovamente a scendere; in questo modo, però, i proprietari terrieri perdevano finanziariamente e quindi dovettero inventare qualcosa per guadagnare comunque: eliminarono le richieste di piccoli canoni in natura o denaro da parte delle famiglie contadine e avviarono la gestione di aziende basate sulla manodopera salariata. Una parte di aristocrazia terriera passò a questa nuova gestione della terra, detta “capitalistica”, benché la maggior parte della borghesia venne danneggiata prima dall’inflazione del Cinquecento e poi dalla caduta dei prezzi del Seicento.
Nel mondo rurale, sono due i gruppi sociali che meritano attenzione; innanzitutto la “gentry”, una piccola nobiltà che si era formata dopo la guerra delle due rose; inizialmente aveva acquistato una terra o un titolo nobiliare dal re, per poi comprare possedimenti ecclesiastici. Poi gli “yeomen” o “freeholders”, che si erano arricchiti nel momento dell’inflazione o traendo vantaggio dall’aumento dei prezzi agricoli. Gli unici a risentirne furono i contadini che, o per un motivo o per un altro, scesero notevolmente di livello, arrivando a toccare quello dei barboni e dei mendicanti che, periodicamente, venivano cacciati dalla città.

4. Il declino della Spagna e dell’Italia
Due furono le cause principali del declino spagnolo: la diminuzione del tesoro americano che, fermandosi nelle colonie, non arrivava più alla madrepatria e il non saper fronteggiare la crisi da parte della Castiglia.
Già in passato l’Inquisizione si era occupata dell’espulsione di massa di gruppi di ebrei e adesso si apprestava ad allontanare un altro gruppo etnico, quello dei “moriscos”, di religione musulmana; inizialmente venne proposto loro il battesimo ma mentre alcuni si convertirono, altri continuarono a predicare la loro religione di nascosto. Così si passò all’esilio che, nonostante in teoria doveva andare incontro al paese, non fece altro che danneggiarlo poiché venne espulsa una grande fetta di lavoratori che venne presto a mancare nell’agricoltura spagnola.
Inizialmente l’Italia non aveva dovuto affrontare grossi problemi economici, anzi; si trovava in un ottimo periodo di prosperità, in cui l’industria tessile andava a gonfie vele, nell’area padana so coltivava il baco da seta e Venezia continuava ad avere un ruolo fondamentale nel commercio mediterraneo. Solo in seguito, con la grave crisi, le industrie laniere fallirono, anche a causa della concorrenza olandese e inglese. I proprietari terrieri dovettero fare qualcosa per affrontare la crisi e attuarono la “rifeudalizzazione”, cioè l’acquisto di terre e il successivo impossessamento di alcuni poteri giuridici e politici. Nel Mezzogiorno d’Italia la crisi si fece sentire maggiormente e regioni importanti come il regno di Napoli e la Sicilia divennero terra di baroni e banditi. I contadini erano ridotti in totale miseria e i signori vivevano nel lusso sfrenato e solo di rendita, senza interessarsi davvero dei propri lavoratori.
Dopo la pace di Cateau – Cambresis la Spagna aveva ottenuto un quasi totale controllo dell’Italia; non per questo, però, bisogna pensare che la decadenza italiana fu subordinata semplicemente a quella spagnola. Molte famiglie di mercanti lasciarono il loro lavoro per salvare il loro patrimonio e la vendita di titoli feudali e terreni diete il via al “nuovo feudalesimo” e, tutto questo, solo per salvare paesi indebitati fino al collo.
5. La rivoluzione scientifica
Nonostante il XVII secolo fu invaso da guerre, crisi ed epidemie, il campo scientifico conobbe un periodo di grande avanzamento e attenzione.
Niccolò Copernico, attraverso i suoi studi, contrappose al sistema geocentrico utilizzato fino a quel momento, che vedeva la Terra al centro dell’Universo e il Sole e gli altri pianeti che vi ruotavano intorno, un sistema eliocentrico, che vedeva al centro il Sole. Non solo questa teoria non venne accettata perché fino a quel momento si era creduta un’altra cosa, ma anche perché andava contro alcuni passi della Bibbia, in cui si parlava del Sole che sorge e tramonta e che, quindi, non poteva essere la Terra a muoversi; inoltre, se questa si fosse mossa davvero, gli esseri umani se ne sarebbero accorti e ci sarebbero state continue scosse di terremoto. Il dibattito tra le due versione si era aperto, ma la teoria egocentrica era sempre quella preferita.
In seguito Tycho Brahe, per cercare di sistemare le cose, formulò un sistema che univa sia quello egocentrico che quello eliocentrico: disse che tutti i pianeti, eccetto la Terra, ruotavano attorno al Sole e che poi, l’insieme Sole – pianeti ruotava a sua volta attorno alla Terra immobile. Sulla base di questo, Giovanni Keplero disse che era corretta solo la teoria eliocentrica e dimostrò anche che le orbite dei pianeti non erano di forma circolare, bensì ellittica. Parallelamente, Galileo Galilei introdusse l’uso del cannocchiale per osservare il cielo, scoprendo i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno e la superficie “bucata” della Luna.
Solo dopo 70 anni dalla teoria di Copernico, l’Inquisizione prese in considerazione una denuncia contro Copernico che vedeva in Galilei il suo miglior seguace. La sua teoria venne definita eretica, i suoi libri vennero proibiti e, benché Galilei non fosse stato nominato, indirettamente gli venne detto di non continuare con la teoria eliocentrica. In seguito, però, anche lui si ritrovò davanti l’Inquisizione e dovette ritrattare ciò che aveva scritto nei suoi numerosi libri. Solo dopo molti anni gli scienziati furono liberi di seguire la teoria che preferivano e solo le sette più estremiste continuarono a condannare Copernico.
Molti anni dopo, tra la metà del Seicento e l’inizio del Settecento, l’inglese Isaac Newton completò la teoria di Copernico, ovviamente quella esatta, con la legge di gravità, dimostrando che la forza centripeta del Sole attira in modo diverso i pianeti in base alla loro distanza e alla loro massa.
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