Dall'impero zarista all'U.R.S.S

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Testo

DALL’IMPERO ZARISTA ALL’U.R.S.S.

Uno dei motivi che portò al crollo dell’impero zarista fu il fatto che già dagli inizi del nostro secolo vi erano ancora profonde disuguaglianze sociali : i contadini (che erano la stragrande maggioranza della popolazione) vivevano in condizioni miserabili, mentre i grandi proprietari terrieri rimanevano legati ai loro antichi privilegi.

Dal 1905 l'impero zarista era attraversato da una grave crisi che nella guerra conobbe il suo atto finale.
Già' le prime fasi del conflitto mostrarono l'inadeguatezza dell'esercito russo, che combatteva con abnegazione, ma le armi erano scarse ed inefficienti, i soldati mal addestrati e pareva non esserci alcuna programmazione.
Vi era assenza di munizioni, trasporti e validi capi militari.
Ma i costi umani che la guerra nel corso dei mesi imponeva alla Russia diventarono ben presto insostenibili.
D’altra parte non era facile stare al passo col flusso del progresso e con un’industrializzazione che, per un paese che da solo occupa una superficie di circa un terzo del globo terrestre, si rivelò non essere all'altezza della situazione.
Lo sviluppo industriale procedeva così lentamente che non serviva quasi a scopi bellici, poiché erano solo tre le città che si potevano definire industrializzate : Mosca, Pietroburgo e Odessa.
Ad aggravare il fatto, come detto in precedenza, non vi era una tecnologia adeguata per la costruzione di armi utili a contrastare la Germania.
Neanche l’aumento della rete ferroviaria non migliorò la situazione, che difatto era disastrosa.

Da un punto di vista politico era ormai consolidata l’opposizione di due schieramenti : i bolscevichi (capeggiati da Lenin) e i menscevichi.
Fra loro continuavano gli scontri e non riuscivano a trovare un accordo in nessuna riforma.
La concezione del partito da parte di Lenin e dei bolscevichi doveva essere vista come un ristretto manipolo di quadri rivoluzionari fortemente centralizzato.
In parole povere il partito non doveva quasi essere accessibile dall’esterno e così si potevano fare riforme senza troppe opposizioni.
I menscevichi configuravano il partito come un’organizzazione aperta a chiunque, quindi con un potere decentrato.
Inoltre Lenin credeva davvero nel realizzarsi di una rivoluzione in Russia a breve termine, mentre Plechanov (il rappresentante menscevica) non la ipotizzava nemmeno.
Questi contrasti esplosero in occasione della rivoluzione del 1904-1905.
Tale rivoluzione dimostrò inevitabilmente come la classe borghese non potesse reggere al potere.
Infatti, di fronte al rischio che la rivolta contro l’assolutismo zarista potesse assumere caratteri sociali , trasformandosi in una rivoluzione proletaria, preferì rinunciare ad assumere il potere e venne a patti con le vecchie aristocrazie.
Durante la rivolta di Pietroburgo era nato un soviet di lavoratori, un organismo composto di 550 rappresentanti dei 250.000 lavoratori.
Naturalmente tutto questo, sia da un punto di vista politico che sociale, non poteva che provocare ripercussioni interne : in patria la situazione già critica con la guerra si fece insostenibile.
Ben presto cominciarono a mancare alimenti e ogni bene di prima necessita', l'impoverimento del popolo russo aumento' a dismisura ed inoltre milioni di famiglie, specie contadine, vedevano partire i loro giovani verso una guerra che si stava rivelando un'orrenda carneficina.
Ad aggravare poi il problema dei contadini fu un riforma agraria varata dal 1906 dal ministro Stolypin che mirava alla creazione di una libera proprietà contadina.
Ma tutto questo ebbe l’effetto opposto.
Le terre venivano lavorate dai contadini membri della comunità, i quali erano retribuiti come braccianti della stessa.
L’intento della riforma era quello di offrire la possibilità ad ogni capofamiglia di acquistare una parte di terreno.
Però molti contadini non furono in grado di amministrarla bene e dovettero venderla a contadini più ricchi.
Inoltre lo stato rimborsò i grandi proprietari che avevano ceduto la terra i quali, a loro volta, riacquistarono la terra a prezzi minori.
La riforma fu un totale fallimento, infatti, oltre ad impoverire i contadini, arricchì i proprietari terrieri e fece entrare nell’ambito agricolo anche la ricca borghesia.
La situazione era ormai insostenibile.

In quel momento lo zar NICOLA II avrebbe dovuto quantomeno accogliere alcune minime richieste del popolo affamato, ma niente di ciò' avvenne e le conseguenze furono definitive.
NICOLA II decise di mettersi lui al comando delle forze armate, decentrando il potere.
A questo punto anche negli ambienti aristocratici la situazione era giudicata non più' tollerabile: un vero governo in pratica non c'era, la guerra si era rivelata un disastro e nelle piazze le agitazioni andavano montando.
Nei giorni dal 23 al 26 febbraio del 1917 (secondo il calendario russo) si svolse la rivoluzione di Febbraio.
In quei giorni Pietrogrado (nome assunto da Pietroburgo durante la guerra) fu teatro di violente e spontanee manifestazioni di piazza contro la mancanza di viveri e la diffusa povertà'. La polizia zarista, quella che sparo' sul popolo nella già' citata "domenica di sangue" del 1905, venne disarmata ed in larga parte solidarizzo' con gli insorti.
Venne quindi formato un governo provvisorio.
NICOLA II, giudico' illegittimo questo governo, ma non poté' che prenderne atto e, su insistenza dello stesso nuovo governo, fini' per abdicare.
Il 15 marzo cadeva cosi' il dominio degli zar e il potere venne assunto da un governo costituente, presieduto dal liberale Karenskij.
Nei mesi in cui il governo operò vennero ristabilite libertà da tempo limitate dal dominio zarista.

Ai primi di Aprile rientrarono in Patria Lenin e altri bolscevichi esiliati.
Lenin in un primo tempo non pensava che in Russia fosse possibile realizzare una rivoluzione socialista ma, giunto a Pietrogrado, cambiò radicalmente la sua idea.
In breve tempo enunciò i capisaldi del proprio programma rivoluzionario socialista nelle famose “Tesi d’Aprile”.
Queste contenevano riflessioni di carattere politico.
Partendo dalla considerazione che non era possibile porre fine alla guerra mediante una pace senza abbattere il capitalismo, propose che tutto il potere passasse nelle mani del soviet, così da formare una repubblica di soviet espansa a tutta la Russia.
Le possibilità di realizzare questo programma si accrebbero quando la Russia, grazie ad un’iniziativa del governo di Karenskji, perse tragicamente un’ennesima battaglia in Galizia.
Questo fu un altro duro colpo per i sostenitori della guerra.
Intanto i costi aumentavano vertiginosamente e il malcontento popolare era ormai al limite del livello di sopportazione.
Intanto le elezioni del giugno del 1917 videro un ribaltamento di fronte e diedero ragione e potere alla sinistra.

Ottobre fu il mese cruciale.
I reparti si rifiutavano di partire per nuove spedizioni di guerra e grandi dimostrazioni si svolsero in Pietrogrado.
Era il segno eloquente dello sgretolamento del potere centrale.
Il 10 ottobre una riunione del comitato bolscevico optò per una soluzione rivoluzionaria.
Fu eletto un ufficio politico con a capo, fra gli altri, Lenin e Stalin (il presidente del soviet di Pietrogrado).
I soviet erano ormai l’unico punto di riferimento per il popolo, e per tanto furono questi organismi ad assumere il potere.
Vista la situazione i bolscevichi insorsero e nominarono un capo rivoluzionario; il 25 ottobre vennero arrestati i capi del governo provvisorio ma Karenskji riuscì a fuggire.
I soviet, dove i bolscevichi erano in netta maggioranza, erano riusciti a prendere definitivamente il potere : il capo del nuovo governo fu Lenin.

C'era ora da ricostruire un paese uscito prostrato dalla guerra, da ricreare il settore industriale ed agricolo e da risollevare tutta l'economia.
Non a caso, Lenin aveva preso il potere nella ferma convinzione che di li a poco lo scoppio di una rivoluzione a livello europeo, a partire soprattutto dalla Germania, avrebbe consentito una sorta di cooperazione internazionale fra Russia ed Occidente.
Ma la convinzione dominante ovunque, in parte anche fra gli stessi bolscevichi, era che difficilmente il nuovo governo avrebbe potuto durare e che la sua caduta sarebbe stata al massimo, questione di mesi.

Verso la fine del 1917 si voto' per la creazione dell'assemblea costituente, una questione che Lenin aveva rimandato a dopo la presa del potere.
L'assemblea si riunì' per la prima volta il 18 gennaio 1918, ma essa a dispetto delle speranze bolsceviche, segno' una netta maggioranza per i socialrivoluzionari, che ottennero, nelle loro varie componenti, 410 seggi su 707. I bolscevichi n'ebbero solo 170, ma i partiti moderati, praticamente scomparvero (i cadetti ebbero solo 16 seggi).
Certo, si era votato in condizioni particolari, ma ciò' testimoniava quando la situazione si fosse radicalizzata nel corso della guerra.
La maggioranza per i partiti di sinistra era schiacciante. Ma ai bolscevichi non bastò. Il voto contadino era andato in massa ai socialrivoluzionari, ma Lenin sostenne che era diritto del proletariato urbano delle fabbriche, roccaforte bolscevica, di decidere la vera forma di governo.
Cosi' il 19 gennaio, truppe bolsceviche sciolsero l'assemblea con la forza.
Da quel momento iniziava a tutti gli effetti, il dominio bolscevico in Russia. Sarebbe terminato 72 anni dopo.

Il primo vero provvedimento del governo bolscevico fu l'uscita dalla guerra, attraverso l'armistizio con la Germania.
Il protagonista delle trattative fu Trockij, ma arrivare alla pace fu molto difficile.
Le condizioni che la Germania voleva imporre alla Russia erano tremende sotto il punto di vista territoriale ed economico.
Fu Lenin che decise di tagliare la testa al toro, fondamentale disse che era l'ora di "uscire dalla guerra", perché' lo voleva il popolo, che cosi' anche più' in fretta avrebbe dimenticato lo scioglimento dell'assemblea costituente.
Si arrivo' allora alla pace di Brest-Litovsk.
Le condizioni imposte alla Russia furono davvero terribili. Essa perse: Finlandia, Lettonia, Estonia, Lituania, Ucraina e Polonia, quasi 1/4 del suo territorio.

In politica interna intanto i bolscevichi avevano cominciato a dare ai contadini gran parte delle terre disponibili, iniziando una collaborazione col mondo rurale, destinata ben presto ad incrinarsi.
Comitati di operai si formarono nelle fabbriche dove i lavoratori potevano controllare la produzione ed avevano ottenuto le auspicate otto ore lavorative.
Nella primavera del 1918 il governo decise poi di avviare un'ampia opera di nazionalizzazioni e fu cosi' che banche, industrie e l'intero commercio fini' nelle mani dello Stato.
Ora si doveva trovare il personale in grado di gestire tutto ciò', e la creazione di un apparato statale valido fu uno dei più' grandi problemi dei primi mesi di governo bolscevico.
Inoltre ben presto i rapporti con le masse contadine peggiorarono.
La nazionalizzazione delle terre imponeva che i contadini consegnassero parte delle eccedenze della loro produzione allo Stato, che li avrebbe indennizzati per quanto ceduto.
Ma la cosa era assolutamente improponibile, perché' la quantità' di cereali, grano, mais o altro ancora che lo stato comincio' a richiedere era ben superiore alle capacita' di produzione del mondo rurale e gli indennizzi erano ben poca cosa.
Fu cosi' che la risposta dei bolscevichi per garantire l'approvvigionamento dello stato fu quella di creare le cosiddette "squadre annonarie" che si sarebbero occupate di requisire ai contadini i beni in eccesso.
Inoltre in questo compito furono coadiuvati dalla polizia politica creata dai bolscevichi fin dai primi mesi di governo: la CEKA.. L'esigenza di avere una sorta di "guardiano della rivoluzione" era infatti nata fin da subito.

Uno degli slogan che aveva dominato negli anni della rivolta era: " potere alle masse" .
Ma le masse erano davvero in grado di gestire il potere?
Da subito Lenin capì che ciò non era possibile.
Lenin, indubbiamente con lucidità', capi' che non era possibile dare il potere in mano a persone che avevano contribuito alla vittoria bolscevica, ma che non avevano nessuna esperienza, né tantomeno conoscevano l'economia.
Nacque cosi' il dibattito sui cosiddetti specialisti borghesi, in altre parole sul ruolo da assegnare alle persone formatesi al tempo degli zar, ma in possesso delle adeguate competenze per gestire l'apparato statale.
Cosi' Lenin riconobbe che nelle fabbriche gli operai dovevano controllare la produzione e non essere sfruttati, ma che era ugualmente necessario che vi fosse qualcuno che conosceva i mezzi per produrre e che coordinasse gli operai nel loro lavoro.
E questo qualcuno era quasi sempre un ex- funzionario zarista. Naturalmente la base operaia non accettò queste decisioni, loro odiavano profondamente i vecchi padroni, ma dovette adeguarsi.
Lenin fu infatti irremovibile, per incentivare l'economia ed aumentare la produzione il ricorso a chi già' conosceva il mestiere era fondamentale.
Se parte degli specialisti borghesi vennero costretti a collaborare, bisogna riconoscere che molti lo fecero davvero con convinzione.

L'iniziale accordo tra Stato e ceto contadino, si era andato incrinando con la nascita delle prime odiate squadre annonarie che avevano il compito di requisire il surplus agricolo.
Presto il conflitto divenne una vera e propria guerra, quando cioè' venne instaurato il cosiddetto "comunismo di guerra".
Per garantire la produzione e gli approvvigionamenti si creo' una vera e propria militarizzazione della società' dal 1918 al 1920.
In quegli anni il partito fu per lungo periodo isolato dal paese e resto' in carica spesso grazie solo alla determinazione.
Il lavoro divenne obbligatorio, si era pagati (spesso in natura) in base a quanto si produceva, i sindacati vennero scavalcati, i lavoratori non potevano lasciare il posto di lavoro ne’tantomeno scioperare.
In caso contrario la Ceka reagiva con estrema brutalità'.
Ma nelle zone rurali, e poi anche nelle fabbriche, la reazione fu dura. Cominciò a scoppiare una lunga e violenta serie di scioperi di protesta e di insurrezioni contadine col risultato che il paese finì nel caos totale.
La risposta fu il "terrore rosso", ovvero lo stroncare sempre e con decisione qualsiasi rivolta.
I contadini spesso creavano vere e proprie organizzazioni con programmi politici e proprie rivendicazioni.
Tuttavia i bolscevichi non vollero, in quegli anni, alcuna collaborazione da parte dei socialrivoluzionari, forti fra i contadini, che anzi furono tra i maggiori obiettivi delle repressioni.
Ma all'inasprimento degli anni del comunismo di guerra, aveva contribuito anche un altro pericolo che pareva minacciare il potere bolscevico. Truppe controrivoluzionarie si andavano creando nella zona del Don, con la ferma intenzione di dare vita ad una controrivoluzione.
Si era alle soglie della guerra civile.

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