Vetrate

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Vetrate

Il vetro per finestre era già stato impiegato nell’antichità (Egitto, Siria, Asia Minore, e quindi in molte città romane), e nel corso del medioevo venne preferito alle pietre diafane, quali la selenite e l’alabastro, largamente utilizzate negli edifici di culto paleocristiani. La storia iniziale della vetrata presenta ancora punti oscuri: disponiamo di un numero abbastanza esteso di fonti scritte, ma di scarsissime testimonianze materiali.
Tecniche.
Le lastre erano ottenute con il procedimento della soffiatura, già in uso nelle vetrerie del mondo antico, che consentiva di ottenere superfici di vetro alte intorno ai 60 cm e dello spessore di qualche millimetro, con fasi di raffreddamento oltremodo graduali fino alla solidificazione (necessaria per assicurare al materiale una buona omogeneità e resistenza). Le varie lastre colorate venivano poi soprammesse al disegno della figurazione, realizzato su di una tavola ingessata delineata con una punta metallica, il cui tratto era poi ripassato con colore nero o rosso. Nel trecento, invece, come supporto per il disegno, si cominceranno a usare cartoni incollati. La trasparenza del vetro assicurava la possibilità di segnare sulla lastra con del gesso i contorni individuati dal sottostante modello grafico. Sulla base di tali contorni, si realizzava il taglio della lastra con un ferro infuocato o con pietre dure appuntite, principalmente il diamante. Si ottenevano così tessere, la cui colorazione era ottenuta con l’aggiunta di ossidi metallici e variando le condizioni di cottura, poiché uno stesso composto, modificando sia le condizioni di ossidazione all’interno del forno, sia i tempi di permanenza, dà esiti differenti nella colorazione. Le tessere venivano quindi ricomposte su un piano di lavoro provvisorio. Per evitare una eccessiva riduzione delle misure delle tessere di vetro destinate a raffigurazioni variate e complesse, non che per delineare particolari contorni e per graduare i passaggi di luce in grado di descrivere il modellato delle figure, si utilizzava la grisaille. Era questo un composto vetroso a più bassa temperatura di fusione colorato con ossidi metallici, variamente coprente a seconda della composizione. La grisaille veniva stesa sulla tessera vitrea, generalmente sulla superficie destinata ad essere rivolta verso l’interno e poi era sottoposta a cottura in moda da aderire saldamente alla tessera. Si riusciva così a delineare ed ombreggiare con effetti oltremodo ricchi e variati, rendendo la vetrata, nel suo insieme, un campo per una particolarissima tecnica di decorazione pittorica. Operazioni finali erano il fissaggio dei singoli frammenti colorati e dipinti a grisaille nel reticolo dei listelli di piombo saldati tra di loro (curando che l’incastro tra vetro e piombo fosse mantenuto ben fermo da un particolare mastice), l’armatura della vetrata con sbarre metalliche e infine l’ancoraggio del tutto alla muratura.
Questa tecnica rimase immutata fino agli inizi del Trecento, quando venne introdotto il giallo d’argento, un prodotto ottenuto da un sale minerale che, disteso sul vetro e sottoposto a cottura, gli conferiva appunto un colore giallo o modificava altri colori. Fu un’innovazione di particolare importanza che permisi di diminuire il numero di piombi di separazione, rendendo possibile la coesistenza su uno stesso pezzo di vetro, di due colori e che rappresentò una prima tappa verso la pittura di smalti su vetro.
il Duecento.
In Francia, intorno alla fine del sec.XII, alcune delle vetrate rompono con la tradizione romanica e propongono nuovi schemi di rappresentazione. Rispetto alla vetrata romanica, quella gotica, si distingue sia nella rappresentazione dei personaggi, dei panneggi, sia nell’impaginazione generale. Come nella nuova cattedrale di Chartres, le scene sono sottolineate dalle armature di ferro che, abbandonando le semplici forme a grata, elaborano schemi complessi che accompagnano e accentrano le forme e il disegno dei medaglioni mistilinei. Gli episodi prendono posto in medaglioni di forme diverse che, variatamente sovrapposti e combinati, si situano contro un fondo variegato come immagini su un tappeto.
La fattura è più sbrigativa, rispondendo forse così all’esigenza di far fronte in breve tempo all’enorme programma. I nuovi modi si diffondono rapidamente mentre più tardi , verso la fine del secolo, si fanno strada altre formule e altri schemi. I rapporti tra vetrate e miniature erano sempre stati stretti, e con tutta probabilità i miniatori lavorano talora nel campo delle vetrate. Alla fine del sec. XIII i modi gotici sono penetrati dovunque in Europa. La Germania che durante gran parte del secolo aveva mantenuto uno stile distinto e che aveva in tal modo resistito alla penetrazione gotica francese, accetta ora incondizionatamente il nuovo stile. Quanto all’Inghilterra, i modi gotici francesi erano penetrati ben più precocemente, e già dalla fine del sec. XII i rapporti tra Canterbury e Sens erano intensi sia nell’ambito architettonico sia in quello delle vetrate.

Il Trecento
Il sec. XIV vede l’abbandono delle forme più peculiari sperimentate nel Duecento: si accantona infatti definitivamente la formula della vetrata-tappeto e si instaura un rapporto privilegiato con la pittura e la miniatura; è un secolo in cui si realizzano opere di grande valore nel campo delle vetrate. Accanto alle aree in cui quest0arte era tradizionale emerge ora, con l’imporsi dello stile gotico nell’architettura, l’Italia centrale: Assisi, Siena, Orvieto, Perugia, Firenze. Se il primo ciclo consistente, quello del coro della chiesa superiore di S. Francesco ad Assisi, è progettato è prodotto intorno alla metà del duecento da maestri tedeschi, e se il grande finestrone del transetto sinistro della chiesa è dovuto a maestri gotici probabilmente francesi, sono poi alcuni tra i massimi pittori del secolo a progettare le vetrate italiane. Le chiese italiane si adornano di vetrate realizzate e messe in opera talora da maestri locali, talora da maestri di origine tedesca.
In Francia si generalizza il fondo chiaro, si fa largo uso del giallo d’argento, in certi casi si introduce la rappresentazione tridimensionale di origini italiane, mediata dalle miniature di J.Pucelle. nella cattedrale di Strasburgo e in altri edifici alsaziani, si trovano gli esempi più significativi di questa importantissima innovazione che, con la sua capacità di simulare spazio e volume, rivoluzionerà profondamente l’arte della vetrata, negandone la tradizionale bidimensionalità. Anche in Germania (nella seconda metà del secolo) si precisa la tendenza a sviluppare gli inquadramenti architettonici delle scene in modo tridimensionale; esempi insigni di questa tendenza in aria tedesca sono in Austria. Nel corso del Trecento l’Inghilterra svolge un ruolo importantissimo nello sviluppo del linguaggio gotico, e lo confermano le vetrate, dove si incontra spesso una abbreviazione formale in senso espressivo, che appare anche nella pittura contemporanea.

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