Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia Dell'arte |
Voto: | 2.5 (2) |
Download: | 343 |
Data: | 30.01.2001 |
Numero di pagine: | 11 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
Download
Anteprima
pontormo_1.zip (Dimensione: 11.21 Kb)
readme.txt 59 Bytes
trucheck.it_pontormo.doc 38.5 Kb
Testo
PONTORMO
Secondo un’iscrizione che si trovava nel coro della chiesa fiorentina di San Lorenzo, Jacopo sarebbe nato il 28 maggio 1494. Suo padre, Bartolomeo di Jacopo di Martino Carucci era un allievo del Ghirlandaio stabilitosi a Pontorme, piccolo borgo presso Empoli, non lontano da Firenze. Rimasto orfano, trovo` un protettore in Bernardo Vettori che lo mise a bottega da Leonardo Da Vinci (1506 – 1507). Nel corso di questo primo apprendistato Jacopo studio` le opere dei maggiori artisti copiando le opere di Masaccio, Michelangelo, Leonardo e altri artisti. Di fatto, lo studio dei suoi lavori rivela con quale assiduita` avesse studiato l’arte fiorentina.
Successivamente si sposto` nella bottega di Pietro di Cosimo, che ormai anziano e un po’ eccentrico, compi` la formazione artistica del futuro pittore.
Se, per certi versi, l’arte del Pontormo conobbe uno sviluppo influenzato dalle ricerche dei suoi contemporanei e fu inevitabilmente segnata da Michelangelo, certe stravaganze sono il frutto di questo insegnamento fuori dall’ordinario.
A differenza di Andrea del Sarto, formatosi dieci anni prima nella stessa bottega, la singolare personalita` di Pietro di Cosimo corrispondeva bene a quella del giovane, e gli insegnamenti che gi trasmise, quasi sicuramente non furono solo di natura artistica, ma anche culturali in senso piu` ampio. In seguito Jacopo si sposto` nella bottega appena fondata, detta scuola di san Marco e si ritrovo` a fiancheggiare Fra Bartolomeo. Ma con il ritorno dei Medici, la compagnia di San Marco inizio` a ricevere un numero inferiore di commissioni, e quindi fu sciolta nel 1513. Quindi il giovane raggiunse la bottega di Andrea del Sarto. Successivamente si reco` a Roma, viaggio che era ritenuto indispensabile alla formazione dei giovani artisti affinche` assorbissero l’arte del mondo antico e studiare le opere di Raffaello e Michelangelo.
A questo periodo risale la prima opera pittorica di Jacopo: la Santa Caterina d’Alessandria. Grazie a quest’opera e` possibile delineare lo stile iniziale di Jacopo.
Benche` la permanenza di Pontormo nella bottega di Andrea sia stata di breve durata, le opere del maestro dell’Annunziata segnarono profondamente il giovane. Quanto il fiorentino parti` per la Francia, Jacopo si svincolera` dall’influenza del maestro, per dare libero corso a uno stile piu` personale.
Le prime testimonianze dell’attivita` di Pontorno sono tavole di dimensioni piccole o medie destinate alla devozione privata. Pero`, come sempre, la loro attribuzione e` piu` o meno dibattuta e incerta. E` il caso di una finissima Madonna col bambino e san Giovannino, che presenta certi tratti propri dello stilista e per la quale esiste pure un disegno preparatorio autografo. Tuttavia, la fiacchezza del modellato e di un’articolazione delle mani incompatibile con quelle del Santa Caterina, s’e` preferito considerarla opera della bottega di Pontorno che fu istituita molto presto.
L’anno 1513 fu particolarmente favorevole ai Medici, infatti la famiglia riassunse la direzione degli affari pubblici e in quest’occasione furono commissionate molte opere, favorendo cosi` la nascita del piu` importante ciclo fiorentino d’affreschi del secondo decennio del Cinquecento col concorso di Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino e Pontormo.
Andrea, aveva intrapreso la realizzazione della Nativita` della Vergine, composizione grandiosa, nella quale la monumentalita` di Michelangelo e Raffaello era calata in un’atmosfera di perfetta fiorentinita`, l’affresco poneva in via definitiva i fondamenti d’un linguaggio artistico nuovo. Da parte loro, Pontormo e Rosso si sforzarono di marcare una nuova tappa nello sviluppo della creativita` artistica. Pontormo, cosciente della posta in gioco della commissione, s’applica intensamente, una Visitazione a cui si dedichera` per due anni. Piu` che espressione del genio individuale di Pontorno, l’affresco risulta essere la somma di quanto l’artista aveva acquisito durante la sua formazione.
Andrea espulse Jacopo dalla bottega in seguito alla realizzazione di alcuni affreschi che aveva suscitato l’ammirazione di Michelangelo.
Sembra che nel biennio 1513 – 1515, l’artista avesse raggiunto un certo livello di notorieta` e infatti nel 1514 dipinge la sua prima opera indipendentemente. La Sacra conversazione e` un capolavoro del classicismo fiorentino.
Ma fu grazie a Michelangelo che Pontormo opero` il suo rinnovamento artistico. I legami tra i due, infatti, resteranno costanti fino alla morte di Pontormo.
Il primo segno manifesto dell’influenza di Michelangelo in un’opera di Jacopo appare nella Santa Veronica nella capella del papa a Santa Maria novella. In questo caso, Pontormo opera un adattamento della Madonna del Tondo Doni di Michelangelo. Benche` eseguita in tempi brevissimi, quest’opera segna una tappa importante nell’evoluzione del pittore che, col Rosso, gettera` le basi della Maniera.
Con la Visitazione del Pontormo, affresco ultimato nel 1516, al scena artistica fiorentina entra in crisi. Quest’ultima sara` accentuata dalla mancanza di una personalita` autenticamente in grado d’imporsi sulla scena cittadina: Fra Bartolomeo muore, Andrea Del Sanrto si trasferisce in Francia e a Firenze restano il Rosso e il Pontormo, che possono cosi` imporre il proprio stile.
Negli anni 1517-18, Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino e Pontorno realizzarono ciascuno una pala d’altare: la Madonna delle Arpie, la pala di Santa Maria Nuova e la Pala Pucci, Tre capolavori che rispecchiano gli interrogativi dell’epoca. La tentazione “Anticlassica’di Rosso e Pontormo coincide con questa crisi. La riscoperta delle opere di Michelangelo permettera` di abbozzare una soluzione.
Da questo rinnovato incontro sbocceranno le primizie del manierismo fiorentino. Questo termine e` di creazione tardo ottocentesca degli storici di lingua tedesca, che intendevano designare con una connotazione peggiorativa le creazioni postraffaellesche del cinquecento. Questa parole rimane, nonostante tutto, l’unica in grado di qualificare il cambiamento intervenuto in Italia.
Il manierismo nasce a Firenze alla fine del secondo decennio del Cinquecento. Le prime opere sono, relativamente al Pontormo e al Rosso, i Santi della chiesa di Pontorme e le Nozze della Vergine nella chiesa fiorentina di San Lorenzo.
Lo screzio tra Andrea e Jacopo fu di breve durata. Successivamente i due artisti si riavvicinarono, favorendo un’emulazione artistica che si dimostro` feconda. Nel 1515, in vista delle nozze del figlio, Salvi Borgherini aveva commissionato la realizzazione di una serie di pannelli raffiguranti la vita del Giuseppe biblico.
I Fratelli di Giuseppe ne implorano il soccorso, primo pannello dipinto da Pontorno e nei due successivi, opera una profonda trasformazione privilegiando una certa teatralita` delle scene.
Il 1517 rivesti’ una particolare importanza per la cultura fiorentina, e in quest’anno, Francesco Pucci commissiona a Jacopo l’esecuzione di una pala per la sua cappela mortuaria. Da questa pala filtra in maniera inequivocabile il desiderio di una riforma della chiesa. Com’e` logico, trattandosi di una pala funebre, il destino del defunto e` il tema centrale della Pala Pucci. Benche`, secondo le volonta` del testamento di Francesco Pucci, l’opera sia dedicata a San Giuseppe, i santi Giovanni evangelista e Francesco vi occupano un posto privilegiato. La scelta di questi due santi, entrambi patroni di Francesco Pucci, costituisce una chiara allusione alla sorte dell’uomo dopo la morte. San Francesco invoca l’intercessione di San Giuseppe, perche` il defunto ottenga la vita eterna. Il ruolo d’intercessione del secondo santo e` rafforzato dalla gestualita` della Vergine e del san Giovannino, collocati al centro della pala.
Dal punto di vista formale, la Pala Pucci sembra essere tradizionale, con una compoosizione piramidale. Ma, nel disegno che costituisce il progetto destinato da Pontormo a Pucci, la composizone e` radicalmente “anticlassica”, e asimmetrica con la Sacra famiglia relegata sulla sinistra. Nel dipinto, la chiave di volta, grazie ad un sottile gioco di gesti e sguardi, rimane comunque il personaggio di Giuseppe che viene cosi` a dislocare il fuoco della composizione verso sinistra, come era gia` previsto nel progetto iniziale.
Ultimata la Pala Pucci, Jacopo intraprese il completamento della decorazione della camera Borgherini con la realizzazione del pannello con Giuseppe d’Egitto, opera che il Vasari reputava il suo capolavoro. Il modo di trattare il paesaggio e le figure piccole evoca lo stile degli eccentrici fiorentini come il Bachiacca, nutriti di influssi nordici. Di fatto, pero`, l’impressione d’insieme rimanda ai pannelli dei cassoni della seconda meta` del Quattrocento; mentre l’aspetto monumentale delle figure e l’ampiezza della scena della presentazione di Giacobbe al faraone s’ispirano alle creazioni romane di Raffaello e di Michelangelo.
In questo periodo le commissioni si moltiplicano, quindi prosegue le sue indagini stilistiche e s’avvia verso la Maniera.
Entra in contatto di nuovo con Michelangelo, i due artisti lavorano contemporaneamente e si influenzano a vicenda: e` con i Santi di Pontorme, cerniera tra “anticlassicismo” e Maniera, che l’influenza soprattutto della Leda leonardesca si fara` piu` evidente. La posa adottata da Leonardo per la Leda era gia` stata ripresa inversamente da Michelangelo nel Cristo. La seconda versione di questa statua, e` iul principale modello scelto da jacopo per l’esecuzione della figura di San Michele nella pala dei Santi.
Per quel che concerne la ritrattistica del Pontorno, e` possibile tracciare un’evoluzione analoga a quella osservata per la produzione delle opere sacre, con la sola differenza che il riferimento costante non e` piu` Michelangelo ma Raffaello.
Cosi` Il ritratto di un incisore di pietre dure riprende la posa adottata nel Ritratto di Bindo Altoviti. Rispetto al suo modello, Pontormo introduce nel ritratto un elemento aggiuntivo; presumibilmente aneddotico: una natura morta, nel caso specifico un utensile di oreficeria.
Nello stesso periodo, Pontormo partecipo’, a fianco di Andrea del Sarto, Bachiacca e Franciabigio, alla decorazione dell'anticamera di Giovanmaria Benintendi, per la quale realizzo` un’Adorazione dei magi; il pannello evoca l’incompiuta Adorazione dei Magi leonardesca. Il rinnovato interesse per Leonardo, destato dalla Leda, si manifesta in Jacopo alla fine del secondo decennio del Cinquecento. In questa tavola e` particolarmente evidente nei volti che, oltre a una probabile influenza delle stampe nordiche, sembrano essere stati ripresi direttamente dai celebri disegni leonardeschi delle “teste di carattere”.
La notorieta` raggiunta dal Pontormo indussero Ottaviano de’ Medici, incaricato da Leone X delle commissioni artistiche, a suggerire al pontefice di affidare a Jacopo la realizzazione delle lunette del salone della villa di Poggio a Caiano.
In vista dell’ottenimento della commissione, il pittore schizzo` un progetto per ognuna delle lunette, che probabilmente, reco` di persona a Roma per sottometterlo all’approvazione del pontefice.
Il soggetto principale del dipinto e` la rinascita della natura in primavera, simbolo del rinnovamento della dinastia medicea. L'affresco era stato commissionato in onore della nascita di Cosimo I; i rami di alloro che spuntano dal tronco morto rappresentano infatti le rinnovate speranze dinastiche della famiglia in seguito alla nascita del piccolo. In quest’ottica, l’affresco risulta essere anche l’illustrazione dell’oroscopo tracciato il giorno di quella nascita.
Le divinita` vestono i panni di “villani” e sottolineano in tal modo la vocazione campestre della villa, in contrasto con gli affreschi storici sulle altre pareti del salone. Il realismo di queste figure agresti e dei putti gioiosi conferisce a quest’opera un aspetto naturalistico fino ad allora sconosciuto nell’arte fiorentina.
Questo realismo, che in seguito l’artista abbandonera`, preannuncia quello che alla fine del Cinquecento e dell’inizio del Settecento, senza che ci sia tuttavia tra i due un rapporto di influenza specifico. L’impressione di serena tranquillita` e` accentuata dall’aspetto amichevole, ma sospettoso, del cane, che sembra voler partecipare ai festeggiamenti di cui e` teatro il salone.
Durante l’epidemia di peste scoppiata a Firenze nel 1523, Pontormo si rifugia, in compagnia del Bronzino, alla certosa del Galluzzo, a sud della citta`. Con ogni probabilita`, all’inizio di questo suo soggiorno risale il Doppio ritratto della collezione Cini a Venezia. Nel dipinto, il genero di Becuccio Bicchieraio e` ritratto con un altro personaggio non identificato; entrambi potrebbero essere stati tra gli ospiti dei certosini durante l’epidemia.
La decorazione del chiostro della certosa del Galluzzo a opera di Jacopo e` legata a una personalita` di grande rilievo: Leonardo Buonafe`.
Secondo i critici, gli affreschi della certosa rappresentano l’inizio della decadenza di Jacopo. Di fatto, gli affreschi della certosa sembrano costituire un autentico omaggio a Durer: a ciascuna composizione del Pontormo corrisponde puntualmente una stampa della Piccola o della Grande passione. Tuttavia e` forse opportuno attribuire quest’orientamento a uno specifico desiderio del committente.
Nel terzo decennio, in contrasto con l’idea di decadenza che accrediteranno invece certi suoi detrattori, Jacopo sembra uin realta` in pieno possesso dei suoi strumenti. Nella cena di Emmaus per il refettorio della foresteria della cerosa, che ritrae i pellegrini e il Cristo circondati dai monaci del convento in veste di servitori del redentore, Jacopo accoglie come modello una stampa di Durer. Il risultato comunque e` differente da quello ottenuto negli affreschi del chiostro, nella stessa misura, che il naturalismo “precaravaggesco” adottato in quell’epoca dall’artista differisce da quello festoso di Poggio a Caiano.
Pontormo rappresenta con minuzia gli oggetti della vita quotidiana: la brocca, i bicchieri e la caraffa costituiscono una straordinaria natura morta, degna dei maestri nordici. L’aspetto familiare della scena e` accentuata dalla presenza di animali domestici. Grazie a una cornice scolpita, che riproduceva l’architettura delle porte della stanza, la scena dava in origine l’impressione di essere collocata nel prolungamento del refrettorio. In tal modo, il Cristo benedicente, circondato dai ritratti dei monaci, si faceva piu` umano e sembrava partecipare al destino comune di ognuno.
Ancora nel 1525, dipinse per Lodovico Capponi la Pieta` nella cappella della chiesa di Santa Felicita. In questa opera, la cifra di Michelangelo e` tale da farla apparire come una trasportazione in pittura del pensiero del Buonarroti. L’aspetto piu` rilevante e` la scelta cromatica, infatti Jacopo non fece altro che adottare la tavolozza di Michelangelo. I colori sono gli stessi del Tondo Doni e riutilizzato in maniera ancora piu` sofisticata nella volta della Cappella Sistina. I colori del Pontormo sono appunto quelli della Sistina riadattati, queste diverse sfumature di blu, questi rossi vivi, questi verdi teneri, questi arancioni o questi grigi malva, questi rosa radiosi, e conferiscono alla Pieta` una serenita` che associa alla morte quella della resurrezione. L’invenzione e` comunque opera del Pontormo.
Nel frattempo, la situazione politica cambia, Firenze e` in pericolo e molti artisti si impegnano attivamente nella difesa della citta`: non si tratta solo di combattere per un’idea, ma anche per difendere la propria liberta`. Michelangelo e` nominato capo dei Dieci della guerra. L’impegno di Pontormo e` certamente dello stesso ordine ed e` quindi opportuno considerare l’insieme delle opere da lui create in questo periodo anche sotto questa ottica. Il quadro piu` affascinante, dipinto in quest’epoca e` La visitazione. L’incontro delle due sante donne, che tradizionalmente simbolo della transizione dell’Antico al Nuovo testamento, puo’ essere interpretato come un’allegoria dell’abbraccio tra la Vecchia chiesa di Roma e la nuova chiesa Cattolica. La cornice in cui e` ambientata la Visitazione e` manifestamente la stessa della citta` di Firenze, come indicano i palazzi sulla sinistra e le mura sulla destra, evocazione di quelle che Michelangelo andava fortificando in quel tempo.
Inoltre, poco dopo, Jacopo riceve la commissione d’una pala d’altare raffigurante la Madonna col bambino. La pala doveva essere esposta nel giorno di sant’Anna, che celebrava l’espulsione del tiranno Gualtieri di Brienne, duca d’Atene. Quindi la commissione acquisiva un significato particolare, e Pontormo, per sottolineare la specificita` della repubblica fiorentina, adotta lo stile esaltato dai pittori attivi durante il rpecedente governo repubblicano, e in particolare quello di Botticelli.
Infatti privilegia figure slanciate, soprattutto quando dipinge la figura della Madonna, con un corpo esile e affilato. Il modello del gruppo centrale, la Madonna seduta in grembo a Sant’Anna, richiama il celebre cartone leonardesco della Sant’Anna. Ma rinnova le forme massicce aggiungendo teste piu` minute e mani piu` delicate.
Dopo l’entrata dell’esercito imperiale a Firenze, papa Clemente VII, fece giurare perdono agli artisti che continuarono a lavorare sia per le famiglie che avevano difeso la citta` sia per i nuovi signori di Firenze. Pontormo invece si riservera` per solo poche commissioni ufficiali che sono spesso andate distrutte. Dipinge il Ritratto di Amerigo Antinori, personaggio noto per la sua ostilita` verso i Medici e probabile amico dell’artista. Da questo ritratto e` da notare un’evoluzione della sua arte come segnala la pennellata meno densa e piu` nervosa rispetto alle opere precedenti. Continua la collaborazione artistica con Michelangelo, che consegna un cartone con Noli me tangere che affido` poi a Jacopo per realizzarne l’opera.
Inoltre l’artista continua anche a collaborare assiduamente con il Bronzino, che pare abbia partecipato ad Amore e Venere.
Dopo l’assassinio del Duca Alessandro, il potere passa a Cosimo dei Medici, che decise di farsi ritrarre appunto da Jacopo. Il piu` bello di questa serie e` il Ritratto di Cosimo I in divisa d’Alabardiere. L’artista rappresenta il giovane con un’alabarda in mano, in posa davanti alla raffigurazione della fortezza da Basso, vestito in quella che era presumibilmente la tenuta dei giovani della milizia repubblicana.
Dal 1546 fino alla morte, Pontormo fu impegnato nella decorazione di un’opera grandiosa che avrebbe dovuto celebrare il prestigio di Cosimo I, presentandosi come la risposta fiorentina al Giudizio universale. Un tale terimine di paragone puo’ spiegare come mai la scelta cadde su Jacopo, il piu` michelangiolesco degli artisti fiorentini. Ma Jacopo non avrebbe portato a termine i lavori, completati solo dopo la sua morte. Inoltre una dura sorte sarebbe toccata al ciclo, andato distrutto nel 1738, a causa della totale ristrutturazione della chiesa.
Un’idea dei soggetti e dello stile e` data da una serie di disegni preparatori, ma non sono completamente affidabili. Un’altra testimonianza su come dovevano comparire le figure di Pontormo e` fornita dall’opera del Bronzino Martirio di San Lorenzo, che rivela le indagini anatomiche compiute dall’artista, anche se probabilmente i suoi soggetti, a differenza di quelli michelangioleschi, non erano nudi.