Piero della Francesca

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

FLAGELLAZIONE DI CRISTO

Prima di rientrare a Borgo San Sepolcro, Piero deve aver sostato ad Urbino.
Risale probabilmente a questo primo soggiorno nella città marchigiana (1450)
uno dei dipinti su tavola più famosi dell'autore: la "Flagellazione di Cristo", oggi nella Galleria Nazionale di Urbino.
Un'opera che contiene velate allusioni alla realtà contemporanea certo oggi non facili per noi a cogliere.
La composizione è come suddivisa in due scene, separate dalla colonna che sostiene il tempio, entro cui si svolge la Flagellazione di Cristo.
Sulla destra si possono notare tre figure disposte in semicerchio, la cui identità rimane tuttora incerta.
L'importanza assunta dall'architettura in questo dipinto, valorizzata dalla luminosa tonalità del tempio classico, suggerisce la vicinanza di Piero agli studi contemporanei dell'Alberti.
Nel Quattrocento ogni grande pittore prospettico aveva alle sue spalle un architetto.
Lo spettatore può osservare il dipinto solo da un punto di vista situato al centro, dato che lo spazio della composizione è strettamente unitario, e tale unità è raggiunta mediante lo studio rigoroso di un unico punto di fuga.
Una nitida atmosfera avvolge in secondo piano le figure degli astanti alla flagellazione, con effetti che anticipano la pittura veneziana da Antonello a Messina a Giovanni Bellini. Entro la sintesi di uno spazio unitario Piero non rinuncia a scrutare nei minimi particolari il soffitto a cassettoni del tempio o la scultura bronzea sulla colonna che riflette mirabilmente la luce.
Questi effetti ottenuti con una tecnica sottile, certamente assimilata dalla visione di dipinti fiamminghi, sono resi in uno stile originale che a mala pena rivela la fonte a cui attinge.
Lo splendore del damasco indossato dal personaggio all'estrema destra, nel suo contrasto fra l'oro e l'azzurro, rivela il gusto di Piero per il lusso dei vestiti e per gli abiti foggiati secondo la moda, che erano stati banditi da molti pittori fiorentini dietro l'esempio austero di Masaccio.
E' anche questo un elemento che Piero aveva accolto dalla tradizione tardo-gotica e che riscopriva arricchito dalla più recente cultura fiamminga nella lucentezza delle stoffe di cui la tecnica ad olio esaltava altresì le qualità di vellutata morbidezza.

IDENTIKIT DI UN ENIGMA

Non c'è studioso di Piero della Francesca che non si interroghi sull' “enigma”
della Flagellazione: anche tra quelli che, in altre circostanze, si
manifestano scarsamente interessati all'iconologia. La ragione è che, in questo caso,
non si tratta di ricercare significati nascosti in un soggetto sconosciuto.
Ciò che resta oscuro è il soggetto stesso, ciò che sembra resistere ad ogni
possibile decifrazione è il nesso logico che lega i tre personaggi di destra alla scena sacra.
Molte ipotesi sono state avanzate, nella prima metà del XX secolo, ad esempio,
trovò larghi consensi un'indicazione settecentesca che ravvisava nel giovane biondo a piedi scalzi Oddantonio duca di Urbino. Egli perì in una congiura dell'anno 1444 insieme ai suoi malvagi consiglieri, che, secondo un'ipotesi successivamente affacciata, sarebbero rappresentati al suo fianco.
Il dipinto, quindi, istituirebbe un confronto tra il destino del principe e quello
stesso del Cristo.
In un saggio del 1951 Kenneth Clark gettò le basi per una differente lettura del dipinto: Cristo flagellato alla presenza di un personaggio con turbante, starebbe
a significare le tribulazioni della Chiesa a opera dei Turchi, che nel 1453 aveva-
no conquistato la gloriosa sede cristiana di Costantinopoli.
Da allora la principale preoccupazione dei pontefici fu di organizzare una crociata contro i maomettani, la cui espansione minacciava lo stesso Oriente.
Pio II fu il più attivo promotore di questa impresa, mai realizzata, ma da lui fortemente voluta. Nel dipinto di Piero i tre personaggi di destra sarebbero, appunto, dei contemporanei, interessati a organizzare la riscossa cristiana.
L'uomo barbuto, aggiungeva il Clark, potrebbe essere Tommaso Paleologo,
fratello dell'ex imperatore d'Oriente.
Questa idea di base si è rivelata la più attendibile nell'opinione della maggioranza degli studiosi.

Un dettaglio che ribadisce l'orientamento di Clark è la colonna cui il Cristo è
legato, sormontata da una statua pervasa di luce che sorregge un globo.
Gli studiosi concordano sul significato solare di questo simulacro, ma hanno proposto le più svariate supposizioni sul luogo che esso designerebbe: si è pensato al Laterano o a Gerusalemme.
Eppure la spiegazione forse è più semplice. Quando Costantino trasferì la pro-
pria sede a Bisanzio, ribattezzandola Costantinopoli, fu eretta nel centro del
foro una statua bronzea dell'imperatore, issata su una colonna.
Costantino vi era raffigurato come Helios, nell'atto di tenere in meno un globo.
E' probabilmente a questo leggendario monumento che Piero intese alludere,
riproducendo l'iconografia attestata dalle fonti. Se la flagellazione del Cristo alla presenza del turco è una metafora del triste destino di Costantinopoli, espugnata da
Maometto II, appare logica e conseguente l'identificazione simbolica della
colonna con quella di Costantino, emblema della città "martire".
La flagellazione immaginata da Piero rappresenta una seconda "passione" del Cristo, avvenuta non più a Gerusalemme, ma a Costantinopoli.
C'è poi una scritta, oggi irreperibile, che il Passavant (1839) trascrisse e che
doveva leggersi nella perduta cornice del dipinto: "Convenerunt in unum".
Sono parole tratte da un versetto del secondo Salmo. La frase potrebbe alludere alla convergenza di sforzi intesi ad operare in favore della cristianità, e in particolare ad un convegno di principi e regnanti che in Mantova indette papa Pio II.

IL GIOVANE RE

L'identificazione del giovane non sembra però conciliabile con la traccia fornita dal Clark, pertanto molti studiosi hanno abbandonato il suo tracciato.
Il giovane scalzo può ben essere Mattia Corvino, re d'Ungheria, salito al trono
nel 1458, preoccupato per le minacce di invasione da parte dei Turchi nel suo territorio e disposto a capeggiare una spedizione di forze alleate che muovessero al contrattacco, puntando alla riconquista di Costantinopoli.
Il riscontro con alcuni ritratti del sovrano risulta incoraggiante.
Mattia, nato verso il 1440, non era ancora ventenne alla data del convegno di Mantova: l'età si addice al personaggio rappresentato da Piero della Francesca, ma risulta calzante anche il modo in cui viene rappresentato. I ritratti di Mattia lo mostrano quasi invariabilmente a capo nudo, cinto come un imperatore romano da una corona d'alloro, sulle chiome bionde e arricciate che gli contornano il viso. Nel dipinto di Piero, la testa bionda si staglia appunto contro un alto albero di alloro.
Un'altra caratteristica fisiologica del giovane re è il suo naso piuttosto grosso
e pronunciato, e a ben guardare è grosso e pronunciato anche il naso del giovane ritratto nella Flagellazione; inoltre tra i ritratti che presentano Mattia senza l'alloro in capo, ma bensì con la corona regale, uno lo mostra ricoperto da una veste rossa, ovvero, il colore scelto da Piero.

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