Neoclassicismo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Tendenza artistica e letteraria moderna, che si ispira all'antichità classicacismos.m. Tendenza artistica e letteraria moderna, che si ispira all'antichità classica.Correntemente ritenuto uno stile di origine puramente intellettuale, avente per meta ideale l'imitazione delle forme e la riesumazione degli spiriti dell'arte antica, il neoclassicismo si originò dalla progressiva repulsione per il barocco e il rococò, dalle nuove scoperte e pubblicazioni archeologiche, dalle dottrine e dalle teorie di Winckelmann, Mengs e Milizia. La sua genesi tuttavia non è così semplice: il neoclassicismo non è riconducibile solo all'ispirazione teorica e archeologica, e dalla metà del Settecento si espande per ragioni più profonde e complesse, investendo progressivamente non solo architettura, pittura e scultura, arti decorative e arredamento e perfino moda e costume, ma musica e letteratura, storiografia e pensiero e diviene espressione del tempo e manifestazione completa e diffusa di un modo di vivere. Infatti, le ultime manifestazioni del barocco e del rococò urtano contro un gusto e un pensiero che cercano anche nelle opere degli artisti nuova semplicità e schiettezza, e un carattere di limpida logica, di razionalità, di nuova aderenza morale. La critica guarda all'attività artistica, applicando a essa questi stessi princìpi di analisi, volti alla ricerca sia di un concetto del bello assoluto e universalmente valido — il bello ideale — sia di una genesi razionale del processo creativo e delle leggi che reggono l'opera d'arte. Nasce così una teoria dell'arte quale frutto della sola intelligenza consapevole, teoria che ignora il processo intuitivo della creazione artistica, in luogo del quale pone le formule ibride della scelta e del giudizio, del fine e del contenuto, sia per l'artista sia per il critico. Da ciò il concetto di imitazione della natura, ma anche di discriminazione e selezione del dato naturale. Questa ricerca del bello ideale, questa esigenza di canoni e di regole e questa riforma dei fini illustrativi, spinte da scavi e scoperte archeologiche disordinati eppure fortunatissimi, dalla pubblicazione di imponenti repertori illustrati, dalla rinascita dello spirito antiquario, del collezionismo e della museografia, si rifanno all'esempio di chi aveva sublimato l'imitazione della natura, i Greci e i Romani, e alla loro storia: e ciò sulla scorta dell'architettura che, forte del nuovo razionalismo, aveva già guardato spontaneamente a quei modelli nella ricerca di forme più consone al nuovo gusto.L'antichità diviene parte viva della cultura e della vita, mentre nascono, dal concorso di tutte queste forze, una teoria estetica, una metodologia artistica e un insegnamento, storie e trattati, scuole e accademie, esposizioni periodiche e concorsi. Teorici furono gli italiani Algarotti, Lodoli, Milizia, e, tra gli stranieri Burke, Hogarth, Sulzer e il Mengs. Ma il vero mentore, colui i cui scritti, accentrati intorno alla monumentale Storia dell'arte dell'antichità (1764), ebbero risonanza e influenza europee, divenendo il vangelo di tre generazioni di artisti e di studiosi, fu il Winckelmann. La sua Storia rivoluzionaria si impone per lo sforzo teso a cogliere il linguaggio dell'opera d'arte in sé, a scoprirne la presunta genesi e il presunto organismo, a interpretarla secondo lo stile anziché secondo il contenuto illustrativo, contrapponendo alle vecchie cronache e biografie di artisti la nuova storia e critica dell'arte come storia delle sue forme successive. Fatalmente l'impulso andò oltre la meta, lo stile divenne canone e programma sempre più rigido, e il neoclassicismo mezzo di istruzione, miglioramento e magari edificazione.

Canova (Antonio), scultore italiano (Possagno, Treviso, 1757 - Venezia 1822). La sua formazione avvenne nelle botteghe dei tagliapietre e plasticatori della sua terra natale, del nonno paterno Pasino e di Giuseppe Bernardi detto Torretti, che il Canova undicenne seguì a Venezia come apprendista. A Venezia, frequentò la scuola del nudo all'Accademia e studiò i calchi di opere antiche raccolti dal nobile Daniele Farsetti nel suo palazzo alla Riva del Carbon, ma soprattutto respirò l'atmosfera del mondo veneziano settecentesco, nel quale aspetti di gusto classico sono nel Canaletto e persino nel Tiepolo, nel Temanza tenacemente fedele al Palladio e in Gian Antonio Selva, l'artista più congeniale al Canova. Nella bottega del Bernardi Torretti il Canova quindicenne scolpì per Iseppo Falier due canestri di frutta (Venezia, Ca' Rezzonico) e subito dopo le statue di Orfeo ed Euridice (Pradazzi d'Asolo, villa Falier), in cui l'attento studio del vero si sposa all'essenzialità del modellato. Nel 1779 lo scultore, che dal 1774, morto il Bernardi Torretti, aveva studio proprio nei chiostri di Santo Stefano, ottenne un vivo successo alla fiera della «Sensa» col gruppo di Dedalo e Icaro (Venezia, Museo Correr), prima opera di grande impegno nel classico equilibrio della composizione, ma tutta veneta nella chiara ascendenza a Giacomo Piazzetta. Nell'autunno dello stesso anno il Canova si recò a Roma, ove lo aveva preceduto il Selva, ospite dell'ambasciata veneta a palazzo Venezia. Dopo un breve ritorno nel Veneto, si stabilì definitivamente a Roma nel 1781. A Roma, dove imperavano le dottrine di Gavin Hamilton, il linguaggio figurativo aveva il proprio modello ideale nelle sculture greche del periodo aureo. L'imitazione dell'antico già appare nel modello del Teseo col Minotauro del 1781 (Venezia, Accademia), per il quale lo stesso ambasciatore Zulian aveva donato un blocco di marmo al giovane scultore. Ma il mondo romano era anche fervido di incontri, ricco di opere a stampa e disegni (Piranesi, Adam, Leroy), che il Canova poté conoscere e studiare, e che resero possibile il monumento a Clemente XIV, commesso allo scultore nel 1782 e compiuto nel 1787 (Roma, chiesa dei Santi Apostoli). All'amicizia di Giovanni Volpato il Canova dovette l'importante incarico, che lo impose all'attenzione generale. A quel monumento seguì, realizzato tra il 1788 e il 1792, nella basilica vaticana, il monumento a Clemente XIII. Tra le due tombe papali, e negli anni immediatamente successivi, nacquero l'Adone incoronato da Venere (Possagno, Gipsoteca canoviana), l'Amore e Psiche (Louvre), scultura neoclassica, prassitelica, che invano si è cercato di riportare a moduli settecenteschi, la Ebe (Museo di Forlì), il modello dell'Ercole e Lica(Venezia, Accademia), la Maddalena penitente (Tremezzo, villa Carlotta), la Morte di Adone (Possagno, Gipsoteca), il monumento a Maria Cristina d'Austria (Vienna, chiesa degli Agostiniani). Invitato da Napoleone a Parigi nel 1802, modellò il busto del Primo console (Possagno, Gipsoteca), cui seguirono la statua idealizzata dell'imperatore, gettata in bronzo a Milano per il Beauharnais nel 1811 (palazzo di Brera), la Paolina Borghese o Venere Vincitrice (Roma, Museo Borghese), la regale Madame Mère (Possagno, Gipsoteca). Negli anni tra il 1806 e il 1815 scolpì anche la Venere Italica (Firenze, Galleria Pitti), le Danzatrici (Possagno, Gipsoteca), il Palamede e la Tersicore (Tremezzo, villa Carlotta), il busto di Juliette Recamier (Lione, palazzo di San Pietro), le Grazie(Leningrado, Ermitage). Assai importante fu la sua missione a Parigi, nel 1815, per la restituzione delle opere d'arte asportate da Napoleone. Il suo ritorno a Roma con i capolavori restituiti (166 pezzi già alla Santa Sede) fu trionfale. Il pontefice lo creò marchese di Ischia (poi Ischia di Castro) con la pensione annua di 3.000 scudi che destinò a beneficio degli artisti. Nel 1815 fu a Londra, ove ammirò, appena portati in Inghilterra da lord Elgin, i marmi del Partenone (British Museum). Intorno al 1818 ideò, col Selva, il tempio di Possagno che costruì interamente a proprie spese e donò al comune. Principe perpetuo dell'Accademia di San Luca, morì a Venezia nella casa di Antonio Francesconi in Campo San Gallo il 13 ottobre 1822. Fu sepolto a Possagno nel tempio da lui costruito. La conoscenza della vastissima opera del Canova si completa coi dipinti, coi disegni e coi bozzetti. Fra i primi l'Autoritratto(Firenze, Uffizi), il Ritratto Svajer (Venezia, Museo Correr) e il Ritratto di Luigia Giuli (Possagno, Gipsoteca). Imponente la sua opera di disegnatore. Il suo segno è improvviso, irrequieto, carico di intenzioni pittoriche (ben 1.765 disegni nel solo Museo di Bassano). Lo stesso impeto creativo si ritrova nei bozzetti in creta, alti poco più di un palmo, conservati dall'artista con geloso pudore (Possagno, Gipsoteca). Modellati col pollice o a colpi di stecca, fissano in pochi tratti tutta la potenza dell'invenzione del Canova.

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