La scultura del trecento

Materie:Tesina
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

LICEO SCIENTIFICO GALILEO GALILEI, NARDÒ (LE)

TESINA STORIA DELL'ARTE

Il trecento è un secolo di guerre e di disastrose pestilenze ciò nonostante e anche uno dei periodi più ricchi e stimolanti dal punto di vista artistico e culturale. Sin dalla seconda metà del duecento era nata una nuova e attiva classe sociale: la borghesia. Essa prende il nome da Burg che in tedesco significa città fortificata. Col passare del tempo, infatti, le città erano diventate sempre più numerose e potenti e la loro popolazione cresceva a ritmo incessante. La città vide, poi, la nascita dell'artigianato, organizzato inizialmente in botteghe e poi protetto e incrementato dalle Arti, potentissime associazioni di categoria. La vita artistica e culturale, infatti, nonostante un periodo di sanguinose lacerazioni sociali e di devastanti epidemie non conobbe alcuna battuta d'arresto. Anzi, sembra addirittura crescere per quantità e qualità. Così, di fronte al dilagare della peste e al fallimento delle più grandi famiglie di mercanti e banchieri, assistiamo a una fioritura improvvisa e generalizzata di nuove costruzioni (soprattutto cattedrali e palazzi pubblici, orgoglio della borghesia cittadina), di nuovi straordinari cicli di affreschi e di nuove, grandissime opere letterarie.
In Italia la nuova arte si formò soprattutto in area toscana e umbra.
Ma, i prodromi di questa nuova visione artistica ebbero origine su un’area più vasta che coinvolgeva soprattutto l’Italia meridionale.
Qui, infatti, durante la dominazione di Federico II, si avviarono molti cantieri artistici, nei quali la sperimentazione di un linguaggio più naturalistico ispirato ai capolavori dell’arte classica avvenne con maggior intensità e consapevolezza. La scomparsa di Federico II nel 1250, provocò forse una diaspora di artisti che dal meridione si spostarono nell’Italia centrale in cerca di nuovi committenti.
Tra questi ci fu probabilmente il maggior protagonista della scultura intorno alla metà del Duecento: Nicola Pisano, il quale a dispetto del nome, forse attribuitogli in seguito, era di documentate origini pugliesi.
La sua presenza a Pisa, a partire dal 1250, permise la nascita di una nuova tendenza scultorea che fornì una componente fondamentale alla nuova arte italiana che si formava in quegli anni.
Egli è il capostipite di una tradizione scultorea che vede, nel corso del Duecento e del Trecento notevoli protagonisti, quali il figlio Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio, Tino di Caimano, Andrea Pisano, ecc, anche se gli esiti scultorei di questi successori sono alquanto diversi dal linguaggio plastico di Nicola.
Soprattutto per la scultura, il percorso di rinnovamento è segnato dallo studio dell’arte classica.
In particolare, dallo studio degli antichi bassorilievi romani (sarcofagi, archi trionfali, are votive, colonne istoriate, ecc.), trassero indicazioni per il recupero dei volumi e dello spazio.
In sostanza le figure prendono una forma più volumetrica, più piena e tornita, e queste stesse figure si pongono su una successione di piani, che riescono a scandire e misurare lo spazio in profondità.
In sostanza, così come avveniva in pittura, c'era da conquistare la terza dimensione virtuale, quella che riesce a sfondare visivamente il piano di rappresentazione per darci l’illusione visiva di vedere in profondità.
Il senso di salda volumetria delle figure, proprie del linguaggio di Nicola Pisano, subì in seguito una più decisa contaminazione con lo stile gotico, avvertibile nell’opera del figlio Giovanni e degli altri scultori che da lui presero esempio nel corso del Trecento.
Del resto l’arte gotica, soprattutto in Francia e Germania, conosceva una evoluzione nel campo scultoreo di grande forza espressiva.
Caratteri peculiari delle sculture gotiche erano un certo espressionismo «patetico» (che trasmettevano, cioè, pathos in maniera molto accentuata) ed una forma compositiva che accentuava l’inarcamento laterale delle figure, o un loro tendenziale avvitamento sull’asse verticale, così da trasmettere una sensazione di movimento che attenuava la rigidità statuaria delle figure.
Queste suggestioni della scultura gotica produssero una decisa influenza anche sulla scultura italiana del Trecento, che si presentò quindi come una originale sintesi tra saldezza monumentale tipica del classicismo romano ed espressionismo della figura di matrice nordica.
La figura di Nicola insomma assume un ruolo chiave nello sviluppo della scultura italiana in quanto capostipite di un gruppetto di illuminati allievi che ne stravolgeranno il corso tanto nel nord Italia, con Giovanni di Balduccio, quanto al sud con Tino di Camaino. Ed è proprio in questi decenni, gli ultimi del Duecento e i primi del Trecento, che l’arte italiana vive un momento straordinario non solo nella scultura ma anche nelle pittura con Giotto, Duccio, Simone Martini, solo per citarne alcuni.
La Toscana è il centro del mondo e, oltre a Tino e a Giovanni di Balduccio, i suoi artisti “vanno a ruba” tra i committenti italiani (si pensi a Giovanni Pisano a Genova, lo stesso Giovanni di Balduccio a Bologna) e non solo italiani (Simone in Francia e un po’ più tardi, lo Starnina in Spagna).
Ma dietro questi grandi nomi blasonati spuntano dagli studi di Bartalini i profili di altri personaggi degni di attenzione. E quindi la relativa domanda su quanto l’orbita di questi grandi nomi, spesso capomastri nei cantieri delle cattedrali, tra cui anche Andrea e suo figlio Nino Pisano, condizionano la scultura della loro epoca. Che importanza assunsero davanti ai loro contemporanei, ad esempio, Agostino di Giovanni, artefice della avveniristica Annunciata, e suo figlio Giovanni d’Agostino. O Marco Romano, figura emblematica della fronda contro Giovanni Pisano, restituitaci dagli studi modernissimi del compianto Giovanni Previtali.
All’interno del Gotico italiano, periodo di cruciale importanza in fatto d’arte e di architettura, si è sviluppata, a partire dalla Toscana, una teoria progettuale fondata sul disegno, che avrebbe costituito la base per la produzione di capolavori dell’architettura e scultura monumentale del Trecento, come la facciata del duomo di Orvieto, la cattedrale di Siena, il duomo di Milano o il San Petronio di Bologna.
I disegni architettonici medievali italiani, veri progetti in scala, ma al tempo stesso colorati disegni ricchi di particolari decorativi, sono al centro di una ricerca che mette in luce gli aspetti ideativi e compositivi del Gotico italiano e contribuisce a spiegare la prassi operativa seguita nei cantieri della penisola, da Nicola Pisano a Lorenzo Maitani e ad Antonio di Vincenzo.

VITA E OPERE DI NICOLA PISANO, GIOVANNI PISANO E TINO DI CAMAINO.

Perugia, fontana Maggiore, ornata da sculture di Giovanni e Nicola Pisano.

Costruita tra il 1275 e il 1278 per portare l'acqua in città dal nuovo acquedotto di monte Pacciano, la fontana maggiore è un gioiello di scultura e il simbolo della Perugia medievale. I lavori dell'acquedotto e della fontana furono diretti da Frate Bevignate, che riuscì, laddove altri prima di lui avevano fallito, a risolvere brillantemente il problema dell'approvvigionamento idrico della città. Al disegno della fontana si dedicarono Nicola e Giovanni Pisano, i due grandi protagonisti della scultura italiana duecentesca. Nel 1260, Nicola de Apulia aveva firmato come Nicola Pisano il pulpito del Battistero di Pisa, un'opera di fondamentale importanza che inaugurò una nuova stagione dell'arte figurativa italiana con un decisivo superamento della tradizione romanica. Benché non vi siano documenti di un'attività dell'artista nella sua terra d'origine, la maturità del linguaggio che utilizzò in Toscana presuppone un'assimilazione profonda e meditata del classicismo della civiltà federiciana dalla quale venne all'artista anche la conoscenza dei traguardi raggiunti dalla scultura gotica nella prima metà del XIII secolo.
Nicola aveva fondato una florida bottega con la quale fu impegnato in opere di notevole importanza tra cui le più rilevanti sono: l'arca di San Domenico per la chiesa dei domenicani di Bologna e la fontana maggiore di Perugia. Giovanni Pisano rimase a lungo a operare nell'ambito della bottega paterna, e non è facile identificare la sua mano nelle opere di collaborazione con il padre.
Nella fontana di Perugia si realizza una straordinaria unità di intenti tra le due personalità. I due artisti la vollero elevata su una gradinata circolare e formata da due vasche di pietra bianca e rosa, sormontate da una conca bronzea da cui si levano tre ninfe o virtù teologali. L'opera è un esempio di fontana medievale a bacini sovrapposti tra i più monumentali, per la sua collocazione al centro della piazza e per la ricchezza della decorazione plastica che si presenta come una summa enciclopedica della cultura dell'epoca. La vasca inferiore è formata da un poligono di venticinque lati e su ogni lato, separati da una colonnina, sono scolpiti due bassorilievi. Le cinquanta formelle raffigurano il calendario dei lavori agricoli, episodi biblici, storici e mitologici, oltre a due scene tratte dalle favole di Esopo, nonché i simboli della città (il grifo), del partito guelfo (il leone) e dell'impero (l'aquila). Chiudono la rassegna le sette arti liberali e la filosofia. La conca superiore è un bacino poligonale di dodici lati, decorato con i personaggi, reali e immaginari, che hanno reso grande Perugia: dal mitico fondatore troiano Euliste a sant'Ercolano, il vescovo difensore della città contro i Goti. Nelle statuine possiamo riconoscere ancora personaggi dell'Antico e del Nuovo testamento e il ritratto del podestà e del capitano del popolo. La tensione dinamica dei corpi nello spazio e i giochi lineari dei panneggi che diventano linee di forza che strutturano la figura rivelano nelle sculture, più che nelle formelle della bacino inferiore, la presenza della mano giovanile di Giovanni Pisano. L'artista lascia la sua firma su un'iscrizione della vasca inferiore, quasi a sottolineare un processo di autonomia ormai compiuto. E possiamo misurare a quale grado di originalità fosse giunto tale processo quando troviamo Giovanni al lavoro da solo nella grande impresa della facciata del duomo di Siena, a partire dal 1284.

(Battistero Pisa)

Giovanni Pisano
Nato intorno al 1248, defunto intorno anni 1315-1320, oltre a seguire le orme del padre lavorò anche come architetto. Fra i suoi lavori principali: alcune decorazioni nel Duomo di Siena, il pulpito di S.Andrea a Pistoia, il pergamo di Pisa, alcune decorazioni a S.Quirico d'Orcia e numerose statue (diverse Madonne come a Prato e Padova, un Crocifisso ora a Londra, il monumento funebre per Margherita di Brabante del quale restano a Genova dei frammenti ecc.)

(S.Andrea, Pistoia)

Il Vasari nelle sue "Vite" dedicò alcune pagine ai due artisti così sintetizzando la loro opera "....l'opere di scoltura ed architettura di costoro...meritano d'esser celebrate, avendo essi in gran parte levata via - nel lavorare i marmi e nel fabricar - quella vecchia maniera greca goffa e sproporzionata, et avendo ancora migliore invenzione nelle storie, e dato alle figure migliore attitudine....." Secondo diversi critici l'opera di Giovanni Pisano ebbe grande influenza su tutta la scultura del Trecento.

Tino di Camaino
Nel 1306 era a Pisa (fonte battesimale del Duomo e tomba-altare di san Ranieri, ora al Mus. dell'Opera del Duomo), dove nel 1315, come capomastro del Duomo, eseguì il sepolcro di Arrigo VII di Lussemburgo (parzialmente ricomposto); ma per aver combattuto coi guelfi contro i pisani a Montecatini (agosto 1315) dovette riparare a Siena. Qui, col padre, fu capomastro del Duomo fino al 1320 e attese al monumento funebre al cardinal Petroni (1315-17); poi si stabilì a Firenze (1321-23), dove il monumento al vescovo Orso in uomo (1321, parzialmente ricomposto) reca con la sua firma un attestato di omaggio al padre.

Trascorse l'ultimo periodo della sua vita (dal 1323-24 ca) a Napoli al servizio del re Roberto d'Angiò: dei numerosi monumenti funebri a personaggi della corte angioina da lui eseguiti, spesso con collaboratori, i più importanti sono quelli alla regina Maria d'Ungheria in Santa Maria Donnaregina (1325), quello a Caterina d'Austria in San Lorenzo Maggiore (1323) e quelli di Carlo di Calabria (1335 ca) e Maria di Valois (1337-38) in Santa Chiara..
Come architetto lavorò all'arsenale, al porto e alla Certosa di San Martino.
Nella chiara riaffermazione dei valori volumetrici, nella pacata ritmica dei bassorilievi animati da sottili accenti pittorici, nella funzione di sintesi della linea, la scultura di Tino di Camaino si pose in antitesi col plasticismo scarnito e convulso di Giovanni Pisano, allineandosi con le esperienze della contemporanea pittura senese, specie del Lorenzetti; e a lui si deve la definitiva e più ricca elaborazione dello schema di monumento funerario gotico derivato da Arnolfo.
Grande fu la sua influenza sulla scultura del Trecento in Toscana e in tutto il Mezzogiorno.

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