Il neoclassicismo e Canova

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

- Il Neoclassicismo -
Nella seconda metà del 1700 (in pieno illuminismo) si forma un movimento di carattere artistico, che in un secondo momento investe anche il campo della letteratura, che va sotto il nome di Neoclassicismo. Con questo termine si usa indicare il periodo compreso fra la metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, nel corso del quale si è convinti di poter raggiungere un “nuovo classicismo”, operando il recupero della civiltà antica.
Il momento d’inizio coincide con gli scavi, effettuati da Winckelmann, di Pompei ed Ercolano, simboli della cultura classica. Quest’importante scavo archeologico fece nascere nell’opinione pubblica un interesse per il mondo classico e per le sue idee (in particolare l’ideale d’armonia e l’ideale di bellezza). Questa nuova corrente investì l’Europa e specialmente l’Italia, che aveva sempre cercato di valorizzare, anche in epoche precedenti, la cultura classica. L’imitazione del mondo classico fu codificata dallo stesso Winckelmann, nel suo libro “Storia dell’arte antica”. Egli affermò non l’imitazione delle opere classiche, ma l’imitazione del modo con cui l’artista del mondo classico aveva imitato la natura, che resta anche per il neoclassico il punto di partenza. “L’opera d’arte è espressione del bello ideale, raggiungibile non imitando la natura, ma scegliendo da essa le parti più belle e fondendole insieme. Soltanto i Greci hanno raggiunto il bello ideale, così l’opera greca è la sola da imitare”.
Il ritorno al mondo classico non è un fatto nuovo, ma è una costante che si ritrova in molte epoche storiche come ad esempio durante l’Umanesimo alla ricerca dell’Humanitas o con l’Arcadia insieme al rifiuto degli eccessi del barocco. Il Neoclassicismo scoprì l’archeologia e propose il raggiungimento di un ideale di bellezza ispirato all’atteggiamento del mondo classico; non si tratta di una fuga ma di un’affermazione, in un’epoca di soprusi e di rivolte, dei grandi ideali (patria, popolo, libertà…) che si andavano a identificare con la bellezza.
Le caratteristiche del Neoclassicismo, oltre alla ricerca della perfezione, all’imitazione dei classici e al richiamo all’arte greca e romana, comprendono anche un diverso rapporto tra artista e pubblico, una corrispondenza gestuale e psico-mimica della figura, un forte simbolismo e un uso dell’arte come strumento di propaganda.
Il maggiore scultore europeo dell’età neoclassica e l’ultimo artista italiano di risonanza internazionale, che sintetizza e conclude la grande tradizione scultorea italiana ed interpreta le aspirazioni contemporanee al bello ideale e alla rinascita dell’arte antica è Antonio Canova (Possagno, Treviso 1757 – Venezia 1822).
Imparando a conoscere il corpo umano, egli si esercita a disegnare i calchi in gesso di statue antiche, abituandosi a trasfigurare il vero nelle forme classiche.
Nel 1781 il Canova si trasferisce a Roma, dove entra in contatto con l’ambiente neoclassico influenzato dalle teorie di Winckelmann.
La sua scultura si basa principalmente su tre punti:
• dà plasticità alle sue sculture, tanto da far sembrare la carne quasi vibrante. Inoltre, era solito ricoprire le sculture con delle patine di cera, che aumentavano questo effetto di plasticità e davano più morbidezza ai panneggi, sempre presenti nelle sue opere.
• nelle sue opere si nota un acceso rigore intellettuale, che toglie ogni movimento alla scultura, conferendogli una netta rigidezza. I volti non mostrano alcuna espressione o sentimento.
• la maggior parte delle sue opere nasce da un’ispirazione venuta dalla natura che lo circonda.
Viene spesso incaricato di progettare monumenti funebri.
Sul tema funebre il Canova tornerà altre volte: egli credeva, infatti, che il passaggio dalla vita alla morte è destino comune ad ogni uomo, mentre, per la fede cristiana, la morte non è che il momento del passaggio dalla vita terrena a quella eterna, per il razionalismo, invece, essa rappresenta la fine.
Per quanto riguarda le opere più importanti realizzate dal Canova si può ricordare il Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria, dalla forma piramidale per quell’interesse all’antico Egitto (Retour d’Egypte).
Si può notare in basso a destra sui gradini il genio funebre, sulla sinistra un mesto corteo che si accinge a penetrare nella tomba con un movimento ritmico, lento ma continuo, a cui contribuisce il panno disteso sotto i loro piedi e a destra, sdraiato, un leone, in atto malinconico, che rappresenta la tenerezza coniugale. Il messaggio di quest’opera è un messaggio di addio.
La fama del Canova è ormai tale che Napoleone dal 1804 si fa ritrarre da lui, sia a mezzo busto che intero, nell’aspetto di Marte pacificatore, in piedi, nudo, un braccio alzato appoggiato all’asta, l’altro più basso con in mano il globo sormontato dalla vittoria alata. La statua di Napoleone Buonaparte come Marte pacificatore, vuole esserel’esaltazione eroica di Napoleone: al di là della realtà fisica, esprime l’ideale.
Il corpo è strutturato secondo un modello di perfezione nei rapporti proporzionali e la testa è regolarizzata. Ed è nudo perché secondo Canova:“il linguaggio sublime dello statuario è il nudo”. Infatti, la bellezza ideale del corpo umano non può nascere dal suo camuffamento con vesti, ma dalla perfetta corrispondenza di tutte le parti fra loro, in una scelta armonica delle migliori.
La statua, tuttavia, ha una certa freddezza. Canova, in realtà, non sente l’eroismo dell’uomo superiore, dominatore morale di sé stesso: egli, più che l’ideale etico, sente l’ideale estetico.
Paolina Borghese è rappresentata nell’atteggiamento di Venere, vincitrice del pomo aureo nel giudizio di Paride. Giace semisdraiata su un lettuccio, il busto nudo sollevato e sostenuto dal braccio destro appoggiato sui cuscini, nella posa dei convitati romani.
La composizione permette un passaggio graduale dalla orizzontalità del giaciglio alla verticalità della testa, con un morbido andamento sinuoso, reso evidente dalla linea del contorno, determinata dalla posa frontale e dallo stacco fra il colore del marmo e lo spazio che la circonda.
Le superfici sono trattate pittoricamente con sottili trapassi luminosi, generati dall’incre-sparsi del lenzuolo ricamato sotto il peso della giovane donna distesa, dalle pieghe del panno che ne riveste la parte inferiore. Ciò conferisce al corpo nudo un calore tiepido, cui non è estraneo l’accostamento al marmo degli ornamenti dorati del lettuccio, e che certamente Canova desiderava, avendo coperto le superfici con una patina che dava loro un tono ombrato.
Ebe, la coppiera degli dei, avanza con la leggerezza di una danzatrice, in un perfetto ed armonico bilanciamento del movimento delle braccia e delle gambe, mentre la tunica, che avvolgendosi alla cintura, rende visibili le andature del seno, si appiattisce e si velifica anteriormente, ricevendo la luce, e svolazza posteriormente con ricchi giochi chiaroscurali.
Anche questa statua aveva ricevuto una patina sul corpo e tonalità rosate sul viso, così da rendere più vivo e palpitante il marmo, che riceve riflessi dorati dalla collana, dalla brocca e dalla coppa.
Per quanto riguarda l’architettura, possiamo ricordare un opera importante del Canova: il Tempio.
Il Tempio del Canova è costruito su un'altura soleggiata a 342 metri sul livello del mare e a 350 metri dalla Gypsoteca (sotto). Poggia su tre ampie gradinate di diversa pendenza su un vasto acciottolato di cogoli bianchi e nerastri, raccolti sul Piave e disposti in artistiche forme geometriche. Nel Tempio del Canova si possono distinguere tre elementi architettonici, l'uno inserito nell'altro, come fossero parti armoniche di una ideale successione: il colonnato, che richiama il Partenone di Atene; il corpo centrale, assai simile al Pantheon di Roma; l'abside dell'altare maggiore, elevata di sei gradini rispetto agli altri due elementi. Le tre parti possono essere considerate i simboli di tre età della storia: la civiltà greca, la cultura romana e infine la grandezza cristiana, compimento ultimo e salvifico della storia di ogni singolo uomo e di tutto l'universo, che trova il suo significato profondo nel mistero della Trinità, raffigurata nella pala dell'altare maggiore. Il pronao è sorretto da una doppia fila di otto colonne, di ordine dorico come il capitello, sostenenti un architrave di ordine attico. La pietra delle colonne è chiamata lumachella (materiale calcareo, ricco di gusci di conchiglie) e proviene da alcune cave oggi dismesse. Ogni colonna, di slancio rastremato,misura in altezza m. 10,14. Il grande portone d'entrata è sostenuto da due formidabili stipiti monolitici di lumachella. Le due porte laterali di ridotte dimensioni, sono ricavate entro due grandi nicchie. Il frontone porta scolpite le parole latine DEO OPT MAX UNI AC TRINO: "Tempio dedicato a Dio ottimo e massimo, uno e trino". Il timpano del frontone è spoglio; quattro gradoni fanno da base alla cupola, costruita in masiero e mattoni possagnesi, e ricoperta a squame di pietre. La volta della cupola semisferica poggia su una graziosa cornice con fregi dorati ed è decorata da 224 lacunari, in sette file orizzontali concentriche; ogni cassettone, al centro, ha un rosone di legno dorato, opera di intaglio di quattordici diverse forme. Dal centro della cupola poi discende la luce, che si espande dall'alto con temperamento assai vago. Vi fa specchio il bel pavimento interno commesso prima a compartimenti di pietre bianche e rosse, e poi, esattamente sotto l'occhio della luce stessa, con ordine circolare di marmi in più colori.
La Gypsoteca di Antonio canova
Tre sono i settori principali del museo: l'ala ottocentesca, l'ala Scarpa (dall'architetto Carlo Scarpa, che la progettò nel 1957) e la pinacoteca con annessa la casa natale dell'artista. Il museo è stato recentemente allargato con un nuovo settore, annesso all'ala Scarpa. Il museo raccoglie numerose opere canoviane nei depositi (scuderia e studio). Infine è operante dal 1980 il Centro Studi canoviani, raccolta di libri, documenti e testimonianze su Canova.
Le collezioni raccolte nella Gypsoteca sono diverse: opere in gesso (e sono la maggior parte; gipsoteca infatti è una parola che deriva dal greco antico e significa "raccolta di gessi"), statue in marmo, bozzetti in terracotta e cera, dipinti (oli su tela e tempere su carta); inoltre in casa si possono vedere: alcuni attrezzi dello scultore, foto di opere canoviane raccolte in altri musei, rilievi in cera, monete commemorative, incisioni riproducenti statue canoviane, alcuni cimeli dell'artista. Dal 1992 è aperta al pubblico una mostra didattica sulle tecniche del restauro dei gessi.
Il lavoro sostenuto da Canova per realizzare una scultura era straordinario; di solito venivano rispettate quattro fasi:
- il disegno (la prima idea di un lavoro, il primo schizzo)
- il bozzetto in terra (cotta o cruda) o in cera, così da poter vedere immediatamente come poteva realizzarsi l'opera appena ideata nel disegno. Nella terracotta rimane spesso l'impronta della mano dell'artista che impaziente plasmava la materia docile e le dava forma affascinante. La datazione dei bozzetti è sempre difficile per la carenza di documenti certi.
- il gesso veniva colato su un modello, a misura, in argilla tenera, destinato ad essere distrutto. Nel gesso si inserivano le répere, quei chiodini sparsi lungo tutte le superfici della statua: con un apposito compasso appoggiato ai puntini, venivano riportate dal gesso al marmo le misure esatte del modello.
- il marmo, solitamente proveniente da Carrara, era l'ultima fase dell'opera. Dopo gli studi precedenti, la statua acquistava nitidezza, luminosità, piacevolezza. Il marmo è difficile da scolpire: se si sbaglia un colpo di scalpello spesso si è costretti ad abbandonare l'opera, con spese incalcolabili e lavoro sprecato. La tecnica del marmo e i soggetti trattati rendono davvero geniale l'opera di Antonio Canova. Per le grandi statue in marmo, Canova si faceva aiutare da numerosi operai e allievi che lavoravano nel suo studio di Roma. La parte creativa spettava comunque sempre a lui. Le opere in marmo solitamente erano fatte su commissione e quindi vendute (a papi, principi, re): ecco perché i marmi di Canova sono sparsi per il mondo, mentre i modelli in gesso e terracotta rimanevano nella bottega dell'artista.
La Gipsoteca non vuole essere un museo come gli altri (semplice esposizione di opere): essa ricostruisce abbastanza fedelmente lo studio dove lavorava Canova; tra questi gessi, si aggirava l'artista con i suoi aiutanti a misurare, ritoccare, scalpellare, incidere.

Tempio di Canova Gypsoteca
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