I Longobardi

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
Download:126
Data:13.02.2008
Numero di pagine:10
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
longobardi_8.zip (Dimensione: 16.09 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_i-longobardi.doc     29 Kb


Testo

Tra il VII e il VIII secolo Roma ritorna ad essere un centro dove si incontrano
tutte le culture e quindi le forme espressive, sia del mondo mediteranno che di quello germanico e nordico.
Il VII secolo si apre sotto il segno di papa Gregorio Magno, famoso per la sua azione evangelizzatrice, che stabilì rapporti con altre civiltà e favorì l’assimilazione, da parte di queste, dell’eredità classica. Una vicenda rivelatrice è quella che lo vede inviare presso gli anglosassoni un monaco benedettino, Agostino, che ne diverrà il 1° vescovo. L’Evangeliario che questi aveva portato con se fu venerato come una reliquia, tanto da essere conservato esposto sull’altare della Cattedrale di Canterbury. Uno dei successori di Gregorio Magno, Onorio I, promuove il rifacimento della Basilica di Sant’Agnese, di età costantiniana, a tre navate, separate da colonne corinzie antiche reimpiegate, e matronei. Particolarmente suggestivo è il mosaico del catino absidale che raffigura Sant’Agnese affiancata dal committente e da un altro pontefice, Simmaco: la composizione è ispirata al linguaggio astratto bizantino. Piu’ complessi risultano i rapporti con il mondo orientale in Santa Maria Antiqua, dove varie campagne decorative si sono sovrapposte l’uno all’altra documentando due secoli di diverse scelte stilistiche e di presenze di artisti orientali a Roma.In particolare si possono ammirare la Madonna in trono fra due angeli, l’Annunciazione, Padri della Chiesa orientale Santi Basilio, Giovanni e Gregorio Nazianzeno. Alla metà dell’VIII secolo i dipinti della cappella del funzionario Teodoto rivelano influssi siriaci, particolarmente evidenti nell’iconografia di Cristo crocefisso, influssi probabilmente legati ai pontefici di quella provenienza.Oltre ai luoghi di origine dei papi, va messo in conto un continuo afflusso di artisti dal Mediterraneo orientale, sia a seguito dell’avanzata araba sia a causa della lotta iconoclasta; infatti nel 730 l’imperatore Leone III Isaurico emana un editto che vieta ogni raffigurazione della divinità in sembianze umane e impone la distruzione di tutte le immagini esistenti.
Per la prima volta dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente una parte consistente dell’Europa si ritrova nuovamente a far parte di un’unica entità politica; Carlo Magno non pianifica, però, un impero dinastico: alla sua morte (814) lascia che venga diviso tra i suoi eredi, e suddiviso ancora alla morte di questi, e ancora fino, a polverizzarsi. Soltanto con Ottone I (963) il potere centrale riprende il controllo dell’Impero.
L’unificazione politica, ottenuta con le conquiste militari, si consolida con l’unificazione culturale; Carlo Magno riunisce attorno a sé gli uomini piu’ colti dell’impero: Pietro da Pisa, Paolo Diacono, Teodulfo il Visigoto, Alcuino di York; raccoglie una ragguardevole quantità di libri, fra qui moltissimi testi
classici, e promuove una riorganizzazione del sistema scolastico, nel quale le lettere antiche hanno un ruolo predominante.
Lo strumento principale per la rinnovata diffusione della cultura è la standardizzazione della scrittura: le diverse scritture nazionali, sviluppatesi nei regni romano-barbarici, vengono sostituite da una nuova minuscola (quella che tuttora usiamo nei caratteri a stampa) molto semplice ed estremamente funzionale, compatta, veloce da scrivere e facile da leggere.
L’unificazione culturale trova uno dei suoi nuclei vitali nell’unica fede cristiana; l’appartenenza comune alla Chiesa è ulteriormente sottolineata da una riforma
che unifica i riti liturgici dei vari popoli che fanno parte dell’Impero. Gli intellettuali che attorniano l’imperatore sono quasi tutti uomini di Chiesa e il sovrano mantiene rapporti di stretta collaborazione e di appoggio reciproco con i grandi monasteri dell’Impero.
Carlo Magno e i suoi successori si propongono come legittimi eredi degli imperatori dell’antica Roma, recuperandone la cultura e facendone rivivere le espressioni artistiche, dalla produzione libraria alle arti figurative, all’architettura. Durante l’età carolingia ,vengono rinnovate le antiche basiliche paleocristiane tra cui Santa Cecilia in Trastevere, Santa Prassede e Santa Maria in Domnica e c’è una ripresa della tecnica del mosaico(ad esempio,i mosaici absidali di Santa Cecilia, Santa Prassede, quelli della Basilica dei Santi Cosma e Damiano, Santa Maria in Domnica) ; molte di queste imprese architettoniche sono legate al recupero dei corpi dei martiri dalle catacombe suburbane.
Durante l’età ottoniana, Roma continua a rivestire il ruolo di centro ideale dell’impero, ma anche Milano assume un ruolo importante, specie sul piano artistico. Famosi reperti dell’età ottoniana milanese sono:
la Situla (cioè il secchiello per contenere l’acqua benedetta),commissionata dal vescovo Gotofredo e offerta a Ottone II dove vi sono raffigurati gli Evangelisti in atto di scrivere mentre rivolgono lo sguardo alla Vergine in trono col Bambino; la spettacolare serie di formelle che costituiva la fronte dell’altare commissionato da Ottone I per offrirlo in dono alla Cattedrale di Magdeburgo, una delle città piu’ importanti dell’impero; le decorazioni in stucco dipinto del presbiterio della Basilica di Sant’Ambrogio.

I LONGOBARDI A BENEVENTO

La dominazione longobarda dura all’incirca due secoli senza tuttavia mai riuscire ad interessare completamente tutta la penisola italiana. Accanto ai Longobardi, durante tutto questo periodo, persiste un’Italia romana o, come viene piu’ spesso definita, bizantina. Al loro arrivo nel mezzogiorno d’Italia i Longobardi creano due Ducati di estrema importanza: il Ducato di Spoleto e quello di Benevento. La città di Benevento per circa 500 anni resta capitale del regno longobardo nell’Italia meridionale. Il suo Ducato rappresenta in tutti questi anni un organismo indipendente ed è certamente il piu’ vasto ed il piu’ ricco Ducato meridionale. Proprio nel meridione infatti, prima della calata longobarda, vi è una grande varietà di forme di vita e di cultura. Ed è il grande merito longobardo è senz’altro quello di riunire quest’immenso territorio in una entità politica che sopravviverà nel tempo al dominio dei loro confratelli settentrionali. Anzi, quando il regno longobardo del Nord viene distrutto dai Franchi di Carlo Magno, il Ducato di Benevento non solo rimane ancora in vita, ma per l’occasione si autopromuove a Principato. Esso subisce, proprio in virtu’ di questa opportunità, una vera e propria migrazione di profughi che dal nord si portano, nonostante il vano tentativo di Carlo Magno che tenta di arginare l’esodo, verso la longobardia minore: segno della floridezza e della solidità di questo stato.
Fondatore del Ducato meridionale è Zottone, nominato Duca personalmente da Autari, terzo Re dei Longobardi dopo Alboino ed Arduino, artefice e responsabile diretto della distruzione dell’abbazia di Montecassino. Forse, soprattutto per questo motivo, egli viene sovente descritto come uomo “rapace e crudele”.
Autari, che nel 589 discende nell’Italia meridionale giungendo fino a Reggio Calabria, occupa strada facendo anche il Sannio ed il circondario di Benevento. La città viene affidata a Zottone, uno dei suoi generali, con il compito di governare la recente conquista.
Tutto ciò dimostra in modo inequivocabile come il primo incontro delle nostre popolazioni con il germanesimo non è propriamente cordiale; ma si manifesta piuttosto come uno scontro che solo successivamente conduce ad una pacifica sistemazione territoriale attraverso un costante progresso politico.
I Longobardi giunti nel meridione non sono sostanzialmente diversi da quelli che hanno invaso l’Italia settentrionale. Sono anche loro dei guerrieri e si comportano anche loro come dei selvaggi; come tali perseverano nella loro idolatria e nelle loro primitive supersistizioni. Solamente in un secondo momento la conversione al cristianesimo e l’inserimento nella società meridionale porta ad una forte integrazione del popolo nordico con gli indigeni del sud ed alla creazione di un regno meridionale ben distinto e separato da quello dell’Italia settentrionale.
I Longobardi assumono così la consapevolezza dell’indipendenza e dell’autonomia politica. La prova dell’integrazione e dell’autonomia beneventana è data proprio dall’invasione franca dell’Italia settentrionale. I meridionali non accettano l’invasione; al contrario resistono e combattono tenacemente per rimanere Longobardi e per non piegarsi alla dominazione dei Franchi. Per ciò che riguarda l’organizzazione politica dei Longobardi si potrebbero individuare in essi alcuni elementi embrionali del sistema politico feudale. I Longobardi suddividono il regno in grandi circoscrizioni territoriali: i Ducati, il cui governo viene affidato a dei capi definiti latinamente: “Duces”. All’interno del proprio territorio il Dux rappresenta un vero e proprio piccolo re, ed impersona l’unica autorità politica riconosciuta. Il Ducato è frazionato ulteriormente in Distretti o Gastaldati ciascuno retto da un Gastaldo. Questo personaggio svolge le mansioni di un pubblico funzionario ed ha il compito di amministrare le terre possedute dalla corona.

I LONGOBARDI

La prima volta che i Longobardi si affacciano dalle nostre parti è nel VI secolo, quando cioè un gruppo di giovani guerrieri con le proprie donne decide di emigrare dalla loro zona di origine per ricercare nuove terre da abitare.
I motivi di questo trasferimento non sono del tutto noti.Forse la sovrappopolazione o la carestia o piu’ probabilmente la pressione dei popoli nemici che per identici motivi allargano i confini delle terre.
Sono barbari, e già il termine barbaro ci fa capire di chi stiamo parlando: barbaro significa chi pronuncia suoni sgradevoli inarticolati simili a quelli degli animali; (dal greco = barbaros; dal latino = balbus).
L’invasione italiana ad opera longobarda non segna solo l’inizio della fine dell’Impero romano, ma incide notevolmente il tessuto sociale al punto tale da far affermare agli storici che la penetrazione del germanesimo nella società latina si realizza solamente con l’invasione longobarda.
Perché è vero che prima di questi già altri barbari hanno tentato di impadronirsi della penisola, ma mentre i loro precursori si sono accostati alla civiltà latina con sentimento di rispetto e quasi di venerazione, i Longobardi scendono subito da conquistatori.Fin dall’inizio infatti dimostrano la determinazione di coloro che ritengono l’Italia la loro facile e definitiva preda. Per questo impongono subito un loro stato facendo della nostra terra il loro dominio.
Non hanno cioè il timore reverenziale dei loro predecessori.In fin dei conti sono dei guerrieri, e la cosa che sanno meglio fare è proprio la guerra.
In origine si chiamano Vinnili e soltanto durante la loro migrazione il loro popolo acquisisce il nuovo nome di Longobardi.
Questo termine deriva non tanto dal fatto che in battaglia usano delle lunghe lance appuntite (lunghe alabarde) come qualcuno sostiene, quanto dalla loro caratteristica di avere lunghe barbe e lunghissimi capelli spioventi sulla fronte e sulle orecchie mentre la nuca è rapata fino all’occipite.
L’origine tradizionale di questi conquistatori è dalla penisola scandinava.Attraverso un lungo esodo questo popolo giunge fino alle rive del Reno.
Sono adoratori del dio Odino, corrispondente al Giove della mitologia greca: Odino, che rappresenta il Dio germanico scelto dai Longobardi come divinità suprema durante la loro migrazione, è innanzitutto il Dio della guerra.
Il perchè di questa scelta è facilmente intuibile: la migrazione di per sé stessa comporta un continuo stato di guerra perché si invadono nuovi territori, perché ci si imbatte con nuove popolazioni a cui questi territori appartengono. E’ evidente come in tali condizioni risulti indispensabile la scelta di un Dio della guerra come nume protettore. E’ superfluo ricordare come peraltro i Longobardi fino alla fine della loro dominazione terranno fede alla loro fama di combattenti e guerrafondai. L’origine tradizionale di questi conquistatori è dalla penisola scandinava, attraverso un lungo esodo questo popolo giunge fino alle rive del Reno e infine in Italia, sotto la guida di Alboino. Le città si arrendono quasi senza combattere: la classe dirigente fugge a Ravenna, a Roma e a Costantinopoli; da Milano il vescovo e tutto l’alto clero si rifugiano a Genova, dove rimarranno per piu’ di settant’anni. Alboino sceglie come capitale Verona e si insedia in un Palazzo reale che era stato fatto costruire e utilizzato come residenza del re goto Teodorico. Dopo un primo periodo di grave instabilità politica interna, fomentata da Bisanzio, la monarchia longobarda si consolida con Teodolinda e con il suo secondo marito Agilulfo. Teodolinda accelera l’integrazione dei Longobardi con la popolazione locale promovendone la conversione al Cattolicesimo. Questo obiettivo la porta ad essere la prima committente di nuovi edifici, tra cui San Giovanni Battista a Monza.
Nei decenni che seguono, la pace sociale e la prosperità economica si traducono in grande fervore dell’attività edilizia, ma l’orificeria manterrà un ruolo di primo piano, tale da riverberarsi in tutte le altre espressioni artistiche, compresa la stessa architettura, come documentano ad esempio, i capitelli della Chiesa di Sant’Eusebio a Pavia: alcuni di essi, con reticoli a settori triangolari o con forme fogliacee estremamente allungate, sembrano riprodurre le sagome dei castoni delle gemme caratteristici delle fibule coeve. Le architetture realizzate tra VII e VIII secolo sono per lo piu’ edifici di culto (chiese, santuari, monasteri benedettini) i cui schemi planimetrici si rifanno a modelli del periodo paleocristiano. Ne sono esempio la chiesa di Santa Maria in Pertica a Pavia e la Chiesa di Santa Sofia a Benevento. Quest’ultima fu fondata dal duca Arechi II, come santuario della nazione longobarda beneventana; è a pianta mistilinea, semicircolare nella parte presbiteriale, con tre absidi sporgenti, e per il resto frastagliata a forma di stella. L’interno è caratterizzato da una cupola su tiburio esagonale sorretta da sei colonne, attorno a cui si dispone un’ulteriore corona di dieci pilastri. Dall’esterno l’impianto centrale, il frastagliamento della struttura perimetrale, la muratura che alterna corsi orizzontali di blocchi di pietra e di mattoni e la copertura con tetto spiovente dovevano dare l’impressione di una grande e variopinta tenda con le pareti mosse dal vento. Le due absidi laterali conservano brani degli affreschi che in origine dovevano ricoprire tutto l’interno, con Storie di Cristo.
Pochi anni dopo il regno longobardo soccomberà all’avanzata dei Franchi, con la sconfitta di re Desiderio alle Chiuse di Susa da parte di Carlo Magno; il solo Ducato di Benevento conserverà la propria indipendenza ancora per quasi tre secoli.
Dopo aver varcato le Alpi nel Friuli, prima di proseguire verso sud, Alboino aveva nominato Duca del primo territorio conquistato il nipote Gisulfo, che aveva occupato Cividale, il centro piu’ importante della regione.Il suo momento piu’ felice, sia politicamente che artisticamente, fu durante il Ducato di Ratchis;poco prima, nel 737, il patriarca di Aquileia, Callisto, aveva trasferito a Cividale la sede vescovile.Di questo fervido periodo si conservano il Fonte battesimale, vasca ottagonale coperta da baldacchino, e l’altare della Cattedrale, un parallelepipedo in pietra scolpita a rilievo su tre delle quattro facce: sulla fonte principale dell’altare è presente una bella rappresentazione di Cristo entro una mandorla sorretta da angeli in volo, mentre su i due lati minori ci sono l’Adorazione dei Magi e la Visitazione. La figura umana vi appare deformata secondo un criterio espressionistico: assumono dimensioni maggiori del naturale i volti dei protagonisti e braccia e mani, in modo da metterne alla massima evidenza i gesti.
L’ordine gerarchico vale anche per le dimensioni dei personaggi, tanto piu’ grandi quanto maggiore è la loro dignità, prima fra tutti la Vergine Maria, che in entrambi gli episodi porta una croce sulla fronte. Le forme plastiche sono risolte con sagome appiattite, seppur increspate in superficie dall’inesauribile gioco di scanalature che rimpiazzano l’andamento morbido e voluminoso dei panneggi classici. Quasi nulli o del tutto stilizzati gli elementi che dovrebbero suggerire l’ambientazione delle scene: a rafforzare il senso di irrealtà dello spazio circostante sono inseriti qua e là elementi decorativi di riempimento. La disposizione degli oggetti non risponde a criteri di equilibrio compositivo: al contrario è privilegia l’asimmetria. Se si confrontano questi rilievi con le testimonianze scultoree del periodo di Liutprando, come le due lastre di recinzione presbiteriale dall’Oratorio di San Michele alla Posterla a Pavia o i frammenti dell’arredo della chiesa di Santa Maria d’Aurora a Milano, appare evidente in queste, invece, un dichiarato intento di fedeltà alla tradizione naturalistica dei primi secoli cristiani.

Esempio